Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2013-11-28, n. 201305698
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N. 05698/2013REG.PROV.COLL.
N. 03940/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3940 del 2013, proposto da:
-OMISSIS- in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. F R, con domicilio eletto presso Gianluca Graziani in Roma, via Alcide De Gasperi n.35;
contro
-OMISSIS- in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. A N e A E, con domicilio eletto presso Roberta Niccoli in Roma, via E.Glori n.30/40;
nei confronti
U.T.G. - Prefettura di Napoli, Ministero dell' Interno in persona dei rispettivi rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n.12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI SEZIONE I n. -OMISSIS-
Visto il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di -OMISSIS-, di U.T.G. - Prefettura di Napoli e del Ministero dell' Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 ottobre 2013 il Cons. R C e uditi per le parti gli avvocati Ricca, Erra e dello Stato Varrone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La società ricorrente impugnava davanti al T Campania, sede di Napoli, il provvedimento dell’-OMISSIS-del 1° giugno 2012, con il quale era stata disposta la risoluzione dei contratti stipulati con la medesima società a seguito delle aggiudicazioni relative alle gare n. -OMISSIS-e n. -OMISSIS- e la nota della medesima -OMISSIS- prot. n. -OMISSIS- del 3 aprile 2012 con la quale era stato comunicato l’avvio del procedimento finalizzato alla risoluzione contrattuale;impugnava altresì l’informativa della Prefettura di Napoli prot. n. -OMISSIS- del 14 marzo 2012, recante elementi valutabili a carico della società ricorrente ai sensi dell’art. 1 septies del d.l. n. 629/1982, sulla cui base era stato emanato il provvedimento di risoluzione contrattuale sopra citato.
Avverso il provvedimento di risoluzione e la presupposta informativa, la ricorrente deduceva la violazione della normativa in tema di informazioni antimafia e del protocollo di legalità, nonché la violazione della legge sul procedimento amministrativo.
In particolare la ricorrente sosteneva che:
- vi sarebbero stati vari vizi del procedimento in violazione dell’art. 7, 3 co.4 della legge n. 241/1990;
- la stazione appaltante non aveva inoltrato la richiesta di informativa nei termini di legge, “dal momento che la stessa doveva essere esperita immediatamente, una volta ricevuta la richiesta di partecipazione al bando da parte dell’-OMISSIS-” con conseguente “violazione del combinato disposto degli artt. 10 e 11 del d.p.r. 252/98 e dell’art. 1 septies del d.l. n. 629/82 in riferimento all’applicazione delle penali previste dal protocollo di legalità stipulato con la Prefettura di Napoli”;
- la stazione appaltante aveva risolto i contratti, non sulla base di controindicazioni evidenziate all’interno della informativa prefettizia, bensì sulla scorta di un’autonoma valutazione di un procedimento penale in corso, in violazione del protocollo di legalità;
- nessuno degli altri soci della -OMISSIS-, ad eccezione del socio condannato, aveva precedenti penali o procedimenti penali in corso;
- l’autorità prefettizia, nell’emettere l’informativa atipica, aveva travisato la portata delle risultanze processuali emerse a carico del socio condannato il quale aveva ottenuto la sospensione condizionale della pena e non era stato sottoposto a misure interdittive di carattere giudiziario, con conseguente inconfigurabilità di un suo legame con i circuiti dell’eco-mafia;
- il provvedimento di risoluzione era affetto da difetto di motivazione sotto il profilo dell’omessa valutazione delle circostanze evidenziate nell’informativa prefettizia, essendosi limitato a richiamare quest’ultima “senza dire nulla sul suo contenuto”.
Il T riteneva che tutte le suddette censure non meritassero accoglimento respingendo il ricorso e compensando le spese del giudizio.
Nell’atto di appello la società ricorrente deduce la erroneità della sentenza sotto molteplici profili.
Nel primo motivo si lamenta il fatto che il primo giudice avesse dichiarato inammissibili le doglianze sviluppate nella memorie depositate in vista della udienza di trattazione non avvedendosi che tali memorie si limitavano a meglio esplicitare il quarto motivo del ricorso introduttivo.
Con il secondo motivo si ribadisce la erroneità della sentenza in quanto i motivi aggiunti erano stati notificati a tutte le parti in occasione all’appello cautelare davanti al Consiglio di Stato.
Con il terzo motivo si sostiene che il T, in virtù degli “ampi poteri istruttori che gli sono conferiti ..avrebbe dovuto rilevare che la interdittiva antimafia atipica era stata abrogata dal codice antimafia” e che l’applicazione della interdittiva antimafia atipica per il reato ambientale ex art. 260 d.lgs. 152/2006 era stata introdotta solo nel 2010;“pertanto …trattandosi di un reato ascritto a-OMISSIS- nel 2007, non poteva applicarsi al caso di specie” riferendosi a fatti di gran lunga precedenti alla modifica dell’art. 51 co.3 bis del c.p.p. richiamato dall’art. 10 del d.P.R. n.252/1998 per effetto della quale era stato considerato sintomatico della esistenza del tentativo di infiltrazione mafiosa. Inoltre si non era tenuto conto che, in seguito, l’attività dell’appellante non aveva dato luogo a null’altro di penalmente rilevante, che l’-OMISSIS-non disponeva di alcuna discrezionalità riguardo ai reati di ecomafia, che nella informativa non era stato precisato che la condanna del-OMISSIS- non era definitiva e la pena era stata sospesa, che la nomina di un soggetto con vari pregiudizi come liquidatore del Consorzio era stata effettuata in una assemblea in cui la società appellante era assente, che nulla di preciso era detto in relazione alle frequentazioni dei due fratelli-OMISSIS-con soggetti considerati vicini a consorterie criminali.
Con il quarto motivo l’appellante reitera le censure di difetto di motivazione del provvedimento dell’-OMISSIS-già formulate in primo grado.
Con il quinto mezzo l’appellante rileva che “con scrittura autenticata dal Notaio -OMISSIS- in Napoli del 28.2.2013 ..la -OMISSIS- ha esercitato per giusta causa con effetti immediati il recesso dal Consorzio-OMISSIS-”, in ogni caso la partecipazione al Consorzio il cui liquidatore aveva precedenti penali non valeva a denotare il pericolo di infiltrazioni nella compagine dell’appellante.
Con il sesto motivo l’appellante si duole della mancata giusta considerazione, da parte dei giudici di primo grado, della messa in liquidazione del Consorzio-OMISSIS-.
Altri motivi erano riferiti a censure già formulate in primo grado riguardanti i vizi del procedimento dell’ASIA.
Si sono costituiti il Ministero dell’Interno, la Prefettura, Ufficio Territoriale del Governo di Napoli, eccependo la nullità della notifica e la infondatezza dell’appello.
Si è costituita la società Asia Napoli insistendo per l’irricevibilità del ricorso in primo grado e per il rigetto dell’appello.
Alla pubblica udienza del 17 ottobre 2013, dopo la discussione orale, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
DIRITTO
1. La società ricorrente impugnava davanti al T Campania, Napoli, il provvedimento di risoluzione dei contratti già stipulati con l’-OMISSIS- s.p.a. (d’ora in poi ASIA) e la presupposta informativa atipica della Prefettura di Napoli.
L’informativa atipica era motivata sulla base di varie circostanze, rimesse alla valutazione dell’-OMISSIS-ed in specie in relazione al fatto che uno dei soci della -OMISSIS- era stato condannato per il reato di cui all’art. 260 del d.lgs. n. 152/2006, ossia attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, al fatto che tale socio, unitamente ad altro membro della compagine sociale, risultava intrattenere frequentazioni con soggetti controindicati ai fini antimafia, al fatto che la -OMISSIS- risultava avere partecipazioni aziendali nell’ambito di un consorzio in scioglimento e liquidazione dal luglio 2010, il cui liquidatore era stato condannato per rapina in concorso, sequestro di persona ed altro.
La società appellante censura, sia la nota prefettizia contenente una informativa c.d. atipica, sia il provvedimento di risoluzione dei contratti dell’ASIA.
2. Va premesso che nel nostro ordinamento la informativa antimafia c.d. atipica (o supplementare), elaborata dalla prassi, rinviene il suo fondamento normativo nel combinato disposto dell'art. 10, co. 9, del d.P.R. 252/1998 e dell'art. 1septies, del d.l. 629/1982, convertito in legge 726/1982, nonché nell'art. 10, co. 7, lett. c), del d.P.R. 252/1998.
La informativa c.d. atipica, a differenza di quella c.d. tipica, non ha carattere direttamente interdittivo, ma consente alla stazione appaltante l'attivazione di una valutazione discrezionale in ordine all'avvio o al prosieguo dei rapporti contrattuali in relazione all'idoneità morale del contraente sicché la sua efficacia interdittiva può scaturire da una valutazione autonoma e discrezionale dell'amministrazione destinataria. (cfr. Cons. Stato, III, 14 settembre 2011, n. 5130;VI, 28 aprile 2010, n. 2441;I, 25 febbraio 2012, n. 4774).
3. La appellante lamenta, in generale, la erroneità, la carenza di motivazione e di istruttoria della nota prefettizia che non aveva fornito le necessarie precisazioni sul momento in cui era stato nominato il nuovo amministratore del Consorzio-OMISSIS-, sul fatto che la sentenza di condanna del-OMISSIS- non era definitiva e prevedeva la sospensione condizionale della pena, sul fatto che nessuna interdizione era stata pronunziata dal giudice penale nei confronti del-OMISSIS-, né nei confronti della -OMISSIS-.
4. Va premesso, quanto alla impugnativa della informativa prefettizia, che sebbene l’appello avverso la sentenza risulti notificato nei confronti dell'amministrazione statale appellata soltanto presso l'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli nel cui distretto si trova il giudice territoriale che ha emanato la sentenza impugnata e non presso l'Avvocatura Generale dello Stato, ai sensi dell'art. 11 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, la nullità della notificazione deve ritenersi sanata dalla costituzione in giudizio dell'amministrazione evocata, dovendosi applicare la sanatoria prevista dall'art. 156 c.p.c. nell'ipotesi in cui l'amministrazione intimata si sia costituita in giudizio, sebbene non sia stata precedentemente effettuata presso l' Avvocatura Generale dello Stato la notificazione del ricorso in appello al Consiglio di Stato.
5. Deve essere in primo luogo esaminata la eccezione di tardività del gravame riferita alla nota prefettizia.
L’eccezione è fondata.
Risulta infatti che la società appellante aveva avuto notizia degli estremi e del contenuto essenziale della nota prefettizia sin dal 3.4.2012, a seguito di specifica comunicazione dell’ASIA, mentre ha impugnato tale atto, unitamente alla risoluzione dell’ASIA, solo il 29.6.2012.
Occorre al riguardo evidenziare che la comunicazione della interdittiva, in relazione agli accordi contrattuali intercorsi con la stazione appaltante (artt. 21.1.lett.J del C.S.A. e 7 del contratto), sia essa tipica che atipica, determinava in via automatica la risoluzione del contratto. Gli accordi infatti prevedevano tale risoluzione “qualora a carico dell’impresa venga adottata una misura interdittiva dall’Autorità Prefettizia ovvero il Prefetto fornisca informazione antimafia ex art. 1 septies D.L. n.629/82”, quest’ultima integrante la informativa atipica.
Da qui la necessità, da parte della società, di immediata impugnazione della interdittiva al momento della conoscenza della sua esistenza che, quale ne fosse la qualificazione e anche nella ipotesi di interdittiva atipica, aveva portata preclusiva automatica, collocandosi in un rapporto di necessaria presupposizione con il successivo provvedimento dell’ASIA, determinando la necessità di risoluzione contrattuale al di là di ogni valutazione discrezionale della stazione appaltante.
Si richiama al riguardo l’orientamento giurisprudenziale prevalente secondo il quale, affinché il termine per impugnare inizi a decorrere, non è necessaria la conoscenza completa del contenuto del provvedimento e di tutti gli atti sulla cui base il medesimo è stato adottato;conosciuti infatti l'Autorità emanante, gli estremi dell’atto, il contenuto dispositivo e lesivo dell’atto, sull'interessato incombe l'onere dell'immediata impugnazione, salva la possibilità di proporre motivi aggiunti ove dalla conoscenza integrale dell'atto emergano ulteriori profili di illegittimità (ex plurimis Cons. Stato, VI, 1.2.2010 n.413).
Si aggiunga poi che, di norma, la interdittiva prefettizia è connotata da elementi di necessaria sinteticità in relazione alle indagini che la presuppongono coperte da riservatezza o dal segreto istruttorio.
L’interessata aveva quindi l’onere di impugnare immediatamente la interdittiva di cui aveva avuto tempestiva comunicazione da parte dell’ASIA, che pur astrattamente qualificabile come atto endoprocedimentale, in concreto determinava un arresto preclusivo nei suoi confronti obbligando la stazione appaltante alla risoluzione contrattuale e ledendo con immediatezza ed attualità la sua sfera giuridica, salvo proporre motivi aggiunti alla conoscenza integrale del provvedimento e all’adozione dell’atto della stazione appaltante.
Non possono quindi trovare ingresso nel presente giudizio le censure, variamente articolate nell’atto di appello, avverso la interdittiva ed in specie in ordine alla necessità, da parte del Prefetto, di pronunziare una interdittiva tipica e non atipica venendo in rilievo un reato ambientale, come tale determinante un effetto preclusivo immediato di contrarre (sul punto si tornerà), tali censure infatti avrebbero dovuto essere proposte tempestivamente all’atto della conoscenza del contenuto della interdittiva.
6. Ferma e assorbente tale pronunzia di irricevibilità, vanno rilevati ulteriori profili di inammissibilità di molte delle censure dedotte nel lungo appello in quanto, come sarà evidenziato nel prosieguo, l’appellante si limita, per alcuni motivi, a riprodurre sic et simpliciter le censure formulate in primo grado non evidenziando gli errori in iudicando che sarebbero stati commessi dal primo giudice, per altri, addirittura a formulare motivi in relazione a censure mai dedotte in primo grado in violazione del principio di divieto di nuovi motivi in appello.
7.Anche ad entrare nel merito e concentrando preliminarmente l’esame sulle censure, variamente articolate, di carenza di motivazione, di istruttoria e di travisamento della interdittiva e del provvedimento dell’ASIA, osserva il Collegio che la Prefettura ha messo a disposizione dell’ASIA, elementi istruttori, sia pur sintetici, la cui oggettiva veridicità, in relazione in specie alla condanna per reato ambientale commesso dal socio della -OMISSIS-, non può essere messa in discussione, elementi che, al più, era nella discrezionalità della stazione appaltante, ove necessario, approfondire acquisendo ulteriori atti.
D’altro canto il provvedimento dell’-OMISSIS-si è conformato all’orientamento della Prefettura che qualificava la interdittiva, “ai sensi dell’art. 1 septies del DL 629/82” come atipica, quindi riteneva che, in relazione al reato di cui all’art. 260 del d.lgs 152/2006 indicato dalla Prefettura, non potesse che pronunziarsi la risoluzione contrattuale trattandosi di un reato tipizzato dalla stessa normativa di settore come reato sensibile ai fini antimafia (cfr. art. 10, co. 7, lett. a) del d.P.R. n. 252/1998 letto in combinazione con l’art. 51, co.