Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-10-26, n. 202006483

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-10-26, n. 202006483
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202006483
Data del deposito : 26 ottobre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/10/2020

N. 06483/2020REG.PROV.COLL.

N. 06000/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6000 del 2011, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato R M, presso il quale è elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Paolo Emilio, n. 34;

contro

- Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliato in Roma, alla Via dei Portoghesi, n. 12;
- Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, in persona del Comandante pro tempore;
- Comando Interregionale Carabinieri “-OMISSIS-” – S.M. – Ufficio Personale, in persona del Comandante pro tempore;
- Comitato di Verifica per le Cause di Servizio – Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Presidente pro tempore;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima-bis) n. -OMISSIS-, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 ottobre 2020 il Cons. Roberto Politi;
nessuno comparso per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso N.R.G. -OMISSIS-, proposto innanzi al T.A.R. del Lazio, il signor -OMISSIS-– militare in servizio nell’Arma dei Carabinieri – ha chiesto l’annullamento del provvedimento n. 4032 del 27 maggio 2010, con il quale era stata respinta l’istanza, dal medesimo presentata, volta a conseguire il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio e la liquidazione dell’equo indennizzo per la seguente infermità: “-OMISSIS-”.

A sostegno della proposta impugnativa, ha confutato il parere reso dal Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, sostenendo di essere stato impegnato in prolungati turni lavorativi, diurni e notturni, suscettibili di provocare fattori di stress a fondamento dell’accusata patologia;
ed ha articolato doglianze avverso gli atti impugnati, corredate da documentazione medica di parte.

2. Costituitasi l’Amministrazione intimata, il Tribunale ha respinto il ricorso, e ha condannato la parte soccombente al pagamento, in favore della resistente Amministrazione, delle spese di lite, per complessivi € 1.000,00.

3. In particolare, il Tribunale ha ritenuto che:

- “la -OMISSIS-sofferta dal ricorrente è stata riconosciuta, dal competente “Comitato di Verifica”, come non dipendente da fatti di servizio”;

- “non risulta che gli organi di amministrazione attiva fossero (e siano) in possesso di elementi tali da potersi discostare (motivatamente) da una simile valutazione”;

- “neppure nel corso del presente giudizio, sono – del resto – stati forniti dei dati concreti: idonei a confutare le conclusioni alle quali è pervenuto quell’autorevole, e qualificato, Consesso”;

- “il giudizio in questione – espressione di un apprezzamento di natura tecnica: insindacabile, nella predetta sede, se non entro limiti (tradizionalmente) assai ristretti – non presenta certo quei caratteri di illogicità, superficialità o incoerenza che – soli – potrebbero invalidarlo (né, d’altro canto, risulta essere il frutto di evidenti errori di fatto)”.

4. Avverso tale pronuncia, il signor -OMISSIS-ha interposto appello, lamentando quanto di seguito sintetizzato:

- ferma l’obiettiva consistenza delle peculiari condizioni che hanno caratterizzato lo svolgimento del servizio dall’appellante prestato, secondo modalità temporali talora incompatibili con la fruizione di turni di riposo, non avrebbe formato oggetto di compiuta considerazione la presenza di condizioni di stress psico-fisico, refluito, poi, nell’insorgenza di uno stato ipertensivo-vascolare;

- il Comitato di Verifica non avrebbe fornito convincente apporto motivazionale alla tesi, dal medesimo sostenuta, circa l’esclusa rilevanza, sotto il profilo eziopatogenetico causale e/o concausale, delle condizioni di svolgimento dell’attività lavorativa dall’interessato disimpegnata, rispetto all’insorgenza/ingravescenza della patologia in capo a quest’ultimo riscontrata.

Il Tribunale di prime cure non avrebbe considerato le argomentazioni, anche a carattere scientifico, addotte dalla parte a sostegno della propria tesi;
per l’effetto, contestandosi quanto nella gravata sentenza sostenuto, circa l’assenza di “un principio di prova atto a suffragare la veridicità di quanto” dal ricorrente di prime cure argomentato.

Inoltre, dal verbale redatto dalla C.M.O. di Caserta emergerebbe la presenza di un accertamento diagnostico (-OMISSIS-) non riconducibile alla patologia per la quale l’odierno appellante aveva richiesto il riconoscimento della causa di servizio e l’equo indennizzo;
lamentandosi, ulteriormente, che sia stato omesso lo svolgimento di indagini cliniche volte ad appurare il collegamento causale fra le condizioni del servizio dall’interessato prestato e le ricadute di carattere psico-fisico da esse indotte.

Conclude, pertanto, l’appellante per l’accoglimento dell’appello e, in riforma della sentenza impugnata, del ricorso di primo grado, con ogni statuizione conseguenziale anche in ordine alle spese del doppio grado di giudizio.

5. In data 3 agosto 2011, l’Amministrazione appellata si è costituita in giudizio, depositando in atti memoria di controdeduzioni.

6. L’appello viene trattenuto per la decisione alla pubblica udienza del 13 ottobre 2020.

DIRITTO

L’appello è infondato.

1. Va, in primo luogo, rammentato che, come costantemente affermato dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr., ex plurimis, Sez. II, 12 marzo 2020, n. 1768), il giudizio medico legale afferente alle domande di equo indennizzo si fonda su nozioni scientifiche e su dati di esperienza di carattere tecnico-discrezionale;
che, in quanto tali, “ sono sottratti al sindacato di legittimità del Giudice Amministrativo salvi i casi in cui si ravvisi un’irragionevolezza manifesta o un palese travisamento dei fatti, ovvero quando non sia stata presa in considerazione la sussistenza di circostanze di fatto tali da poter incidere sulla valutazione medica finale ”.

Il sindacato esercitabile nella sede giurisdizionale di legittimità, per quanto intrinseco, deve tuttavia ritenersi limitato ad ipotesi di omessa valutazione di circostanze di fatto, ovvero di manifesta irragionevolezza, o, ancora, di palese travisamento delle risultanze di fatto.

Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, infatti, il giudice amministrativo può censurare la sola valutazione che si ponga al di fuori dell’ambito di opinabilità, in quanto, altrimenti, il suo apprezzamento finirebbe per giustapporsi a quello altrettanto opinabile dell’Amministrazione, sostituendolo ed esondando, conseguentemente, nell’ambito delle attribuzioni a quest’ultima riservate.

Le valutazioni del Comitato di Verifica si dimostrano, per l’effetto, insindacabili ove adeguatamente motivate e, soprattutto, coerenti con le circostanze di fatto emerse nel corso del procedimento.

Del resto, anche l’esame della documentazione di parte rientra nell’alveo dell’esercizio di un potere di discrezionalità tecnica attribuito alla Pubblica Amministrazione, con la conseguenza che il giudice potrà esercitare il proprio sindacato solo in caso di macroscopiche illegittimità, “ ferma restando l’impossibilità di sostituire il proprio giudizio a quello dell’Amministrazione procedente ” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 23 aprile 2019, n. 2593).

Le competenze del Comitato di Verifica non possono, quindi, in alcun modo essere surrogate, soprattutto alla luce del disposto dell’art. 11 del D.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461, che fa menzione dei soli pareri resi da tale organo collegiale ai fini dell’accertamento della riconducibilità delle cause di infermità o lesione ad attività lavorativa, non prendendo in considerazione eventuali valutazioni svolte da altri organi, quali il C.M.O., essendo il solo Comitato di verifica preso in considerazione dall’articolato del su menzionato decreto.

2. Sotto altro profilo, parte appellante lamenta che il Tribunale sarebbe incorso in errore nell’enucleare il concetto di “ causalità di servizio” (segnatamente, con riferimento all’adesione dal medesimo prestata al giudizio di non riconducibilità alle condizioni di lavoro che hanno caratterizzato l’attività disimpegnata dal sig. -OMISSIS-delle patologie dal medesimo accusate).

Va, in proposito, evidenziato che il giudice amministrativo “ non deve accertare la sussistenza di un nesso di causalità tra la patologia insorta ed i fatti di servizio ” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 4 settembre 2019, n. 6091), in quanto tale valutazione spetta – unicamente – al Comitato di verifica per le cause di servizio (C.V.C.S.), organo tecnico munito di speciale competenza tecnica e di articolata composizione professionale.

Invero, alla Commissione medica ospedaliera spetta il giudizio diagnostico sulle infermità e lesioni denunciate dal pubblico dipendente;
e, per il caso che da esse siano residuati postumi invalidanti a carattere permanente, l’indicazione della categoria di menomazioni alle quali essi devono ritenersi ascrivibili.

Al Comitato di verifica sulle cause di servizio spetta, diversamente, il diverso compito di accertare l’esistenza di un nesso causale fra le patologie riscontrate dalla Commissione a carico del pubblico dipendente e l’attività lavorativa da lui svolta (Cons. Stato, sez. V, 28 maggio 2010, n. 3411).

Non è quindi condivisibile quanto dall’appellante osservato, circa la mancata effettuazione, ad opera della C.M.O., di accertamenti sullo stato ipertensivo e di una “anamnesi lavorativa mirante ad accertare gli effetti psicofisici del lavoro svolto”: tale indagini appieno rientrando, secondo quanto in precedenza osservato, nella attribuzioni rimesse al Comitato al fine della verifica in ordine alla riconducibilità – o meno – di una patologia a fatti di servizio rilevanti sotto il profilo causale efficiente e/o determinante.

3. Il giudizio negativo espresso dal Comitato di verifica, alla luce del suo quadro motivazionale e nei limiti del sindacato del giudice amministrativo dianzi rassegnati, risulta peraltro immune dai rilievi di parte, in quanto, come correttamente rilevato dal Tribunale, non emerge la presenza – e, comunque, l’efficacia causale e/o almeno concausale sul determinismo delle patologie dall’appellante accusate – di condizioni di lavoro tipologicamente caratterizzate quale potenziale fattore di stress psico-fisico.

A tal riguardo, parte appellante, fornisce una – peraltro generica – descrizione di alcune criticità del proprio percorso lavorativo, che avrebbero avuto un’efficienza quantomeno concausale nell’innescare il quadro morboso.

In particolare:

- l’impegno “ in turni di lavoro, diurni e notturni, che si prolungavano, per esigenze di servizio, oltre il normale orario giornaliero”;

- l’effettuazione di “ numerose ore di lavoro straordinario, alterando i cicli sonno-sveglia ed altri cicli vitali dell’organismo”;

- la mancata fruizione, talora , “dei turni di riposo, per ulteriori esigenze di servizio”;

avrebbero “comportato marcati stress psico-fisici, quali: guidare ininterrottamente, per periodi prolungati di tempo, mangiare in modo disordinato e discontinuo, riposare e dormire in modo disordinato e privo di regolari ritmi sonno-sveglia, che hanno determinato (o comunque favorito) la comparsa -OMISSIS-”.

Il Collegio non può che condividere quanto dal T.A.R. in proposito sostenuto;
e, cioè, che non vi è nessuna prova della esistenza di un nesso causale o concausale, fondato su un elevato grado di probabilità, tra le infermità denunciate e il comportamento tenuto durante il servizio prestato.

Resta fermo che nelle controversie aventi ad oggetto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle infermità denunciate da pubblici dipendenti, anche ai fini della liquidazione dell’equo indennizzo, il sindacato che il giudice della legittimità è legittimato a compiere sulle determinazioni assunte dagli organi tecnici, che si fondano su nozioni scientifiche e su dati di esperienza di carattere tecnico-discrezionale, deve necessariamente intendersi limitato ai soli casi di travisamento dei fatti e di macroscopica illogicità nonché alla verifica della regolarità del procedimento (Cons. Stato, sez. IV, 9 luglio 2012, n. 4049), circostanze che, nel caso di specie, non appaiono sussistere.

In ordine alle patologie denunciate il Comitato di Verifica si è espresso, evidenziando, in capo all’appellante, la presenza di una “patologia caratterizzata da -OMISSIS-, neppure sotto il profilo concausale efficiente e determinante, gli invocati eventi di servizio, durante il quale, peraltro, non risultano comprovati specifici fatti traumatici”.

E’ di tutta evidenza che, diversamente rispetto a quanto dalla parte sostenuto, il Comitato di Verifica si è adeguatamente soffermato sulle caratteristiche del servizio espletato dal dipendente, escludendo il ricorrere di qualsiasi relazione anche concausale con l’infermità accertata;
ed esprimendo valutazioni tecnico-discrezionali, come detto, non sindacabili in questa sede, pena l’indebita sostituzione dell’autorità giurisdizionale a quella amministrativa, tranne nelle ipotesi in cui lo stesso risulti viziato da manifesta irragionevolezza, palese travisamento dei fatti, omessa considerazione di circostanze di fatto tali da poter incidere sulla valutazione medica finale, nonché nell’ipotesi di non correttezza dei criteri tecnici e del procedimento seguito (Cons. Stato, sez. IV, 2 aprile 2019, n. 2169).

Il tenore della motivazione che connota il contributo consultivo del Comitato di Verifica ed il quadro complessivo della descritta vicenda di causa, oltre che della documentazione prodotta in atti, consentono di escludere che ricorra una qualsiasi delle suddette ipotesi, in grado di inficiare la legittimità del giudizio negativo espresso dall’organo consultivo competente e refluito, poi, nella conclusiva determinazione, recante rigetto della richiesta di riconoscimento della causa di servizio.

4. La riscontrata infondatezza delle censure articolate con il presente appello, induce il Collegio a respingere tale mezzo di tutela, con riveniente conferma dell’appellata sentenza del T.A.R. Lazio.

La peculiarità della controversia integra la presenza di adeguato fondamento per disporre fra le parti la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

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