Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-01-08, n. 202100308

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-01-08, n. 202100308
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202100308
Data del deposito : 8 gennaio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/01/2021

N. 00308/2021REG.PROV.COLL.

N. 09788/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9788 del 2014, proposto da
G B, rappresentato e difeso dall'avvocato M S, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza Oreste Tommasini, n. 20;

contro

Comune di Bova Marina, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato G C, con domicilio eletto presso lo studio Alessandro Fusco in Roma, via Crescenzio, n. 58;
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n.12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria n. 222/2014.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2020 il Cons. Giordano Lamberti e dato atto che l’udienza si svolge ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto legge n. 28 del 30 aprile 2020 e dell'art. 25, comma 2, del decreto legge n. 137 del 28 ottobre 2020 attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario generale della Giustizia amministrativa;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 - G B è titolare dal 1982 di concessione su area demaniale marittima nel territorio del Comune di Bova Marina, dove ha realizzato, in località San Pasquale, un villaggio turistico denominato “la Perla Jonica”.

In data 21.8.2006, ha presentato al suddetto Comune richiesta di variante del Piano di Utilizzazione dell’Arenile, al fine di poter realizzare, su un’area contigua a quella oggetto della concessione, un villaggio turistico con manufatti in ampliamento del precedente.

2 - Con la deliberazione n. 15 del 29.3.2007, il Consiglio Comunale di Bova Marina ha approvato la variante al Piano di Utilizzazione dell’Arenile per un’area di mq. 5540, che è passata da destinazione a libera balneazione a destinazione turistica.

2.1 – Grazie a tale variante parte appellante ha ottenuto la concessione demaniale n. 173 Registro Concessioni della Regione Calabria (n. 213 del 6 luglio 2007), nonché l’autorizzazione edilizia del 10 agosto 2007, in forza della quale ha realizzato l’ampliamento del precedente villaggio turistico mediante bungalow prefabbricati in legno.

3 – In data 4.1.013, il Comune ha comunicato l’avviso di avvio del procedimento di annullamento in autotutela degli atti amministrativi sopra indicati, essendo emerse varie illegittimità nella deliberazione di variante del C.C. n. 15/2007 e nei successivi provvedimenti relativi alla realizzazione del villaggio turistico nella zona oggetto della variante stessa.

3.1 - Con la deliberazione n. 38 dell’11.4.013, la Commissione Straordinaria del Comune di Bova Marina ha annullato in via di autotutela la deliberazione del Consiglio Comunale n. 15 del 29.3.2007, relativa alla variante del Piano di Utilizzazione dell’Arenile (per mancato esame del parere contrario della Sovrintendenza archeologica, nonché per la mancata acquisizione dell’autorizzazione paesistica e mancata approvazione della variante da parte della Provincia) ed ha formulato richiesta al Responsabile del Settore Servizi Tecnici di annullamento degli altri atti sopra indicati (Concessione demaniale del 2007 e autorizzazione edilizia del 2007).

3.2 - Con la determinazione n. 82 del 9 maggio 2013, il Comune ha annullato in autotutela la concessione demaniale n. 173;
con successiva determinazione del 13.5.2013 ha annullato anche l’autorizzazione edilizia rilasciata il 10.8.2007.

Con la successiva ordinanza n. 37 del 13.5.013, è stato ordinato lo sgombero dell’area demaniale marittima della superficie di mq 5.540, nonché dell’ulteriore area occupata dalla abusiva occupazione del demanio con massicciata in massi naturali, per renderle completamente libere da persone e cose.

4 - Con ricorso al TAR per la Calabria, parte appellante ha impugnato i suddetti provvedimenti, unitamente al parere negativo della Soprintendenza del 9.10.2006.

Con la sentenza n. 222/2014, l’adito TAR ha respinto il ricorso.

Avverso tale sentenza ha proposto appello l’originaria parte ricorrente per le ragioni di seguito esposte.

5 - In via preliminare, deve essere disattesa l’istanza di rinvio della discussione formulata da parte appellante al fine di attendere l’esito del processo penale, in assenza di espressa adesione della altre parti del giudizio ed avuto riguardo all’assenza di ogni profilo di pregiudizialità o connessione giuridicamente rilevante tra processo penale ed amministrativo, che neppure l’istante prospetta.

Invero, seppur i fatti oggetto del procedimento penale siano in parte coincidenti con quelli sottesi alle censure poste a fondamento del ricorso, stante la tendenziale autonomia e separazione tra giudizio penale ed amministrativo, non è necessario attendere che il Giudice penale valuti tali fatti, ben potendo a ciò provvedere la Sezione, la quale può altresì liberamente valutare anche gli elementi emersi in sede di indagine penale, senza alcun vincolo di pregiudizialità rispetto all’accertamento del Giudice penale;
invero, secondo i principi generali che presiedono alla valutazione delle risultanze istruttorie, enunciati dall’art. 116 c.p.c. e dall’art. 64 cod. proc. amm., deve ritenersi ben possibile valutare gli elementi emersi durante il procedimento penale, a prescindere dal riconoscimento di un giudicato facente stato nel presente giudizio ( Cfr . Cons. St. n. 825 del 2017 e Cons. St. n. 1833 del 2012).

6 – Con il primo motivo di appello si deduce l’erroneità della sentenza impugnata nella parte relativa alle censure rivolte al parere negativo della Sovrintendenza.

Il TAR ha ritenuto tali censure, in primo luogo, inammissibili per difetto di interesse, in quanto la deliberazione del C.C. n. 15 del 29.3.2007 di approvazione della variante del P.U.A. era comunque illegittima per difetto dell’autorizzazione paesaggistica di competenza della Provincia.

In ogni caso, il TAR ha esaminato la censura anche nel merito ritenendola infondata, in quanto “ tale parere risulta adeguatamente motivato ed ha dato legittima e doverosa applicazione del decreto impositivo del vincolo indiretto” .

Con l’appello si critica sia l’aspetto relativo all’inammissibilità della censura, rilevando che in realtà doveva ritenersi sussistente l’autorizzazione paesaggistica;
sia la pronuncia di infondatezza, insistendosi per l’illegittimità del parere della Soprintendenza per le ragioni già dedotte con il ricorso di primo grado.

La manifesta infondatezza di quest’ultimo rilievo comporta il rigetto della censura, senza la necessità di esaminare l’aspetto relativo alla sussistenza o meno dell’autorizzazione paesaggistica, rispetto alla quale appare tuttavia eloquente il contenuto della relazione del tecnico nominato nell’ambito del procedimento penale che ha interessato la vicenda.

6.1 – Secondo l’appellante, il parere archeologico sarebbe illegittimo perché basato esclusivamente sulla esistenza di un vincolo indiretto gravante sull’area.

Al riguardo rileva che, la finalità del vincolo indiretto è quella di assicurare una tutela di tipo complementare alla cornice ambientale del bene oggetto di vincolo diretto, evitando che siano danneggiate la prospettiva e la luce degli immobili riconosciuti beni culturali o ne siano alterate le condizioni di ambiente e decoro.

Rileva inoltre che, nel caso di specie, il bene da proteggere consiste in un rudere interrato in zona lontana da quella in questione, sicché nessun danneggiamento alla prospettiva, alla luce e ad altro elemento il villaggio poteva arrecare al bene soggetto a vincolo diretto, tenuto conto del fatto che tra le due zone vi è una barriera antropica naturale ed artificiale (si troverebbero, infatti, tra l’una e l’altra un ampio agrumeto, la strada ferrata e la strada statale).

6.2 – Come anticipato la censura è infondata, dovendosi integralmente confermare la valutazione del giudice di prime cure.

L’art. 2 del d.m. 9/8/88 impositivo del vincolo prevede che “ Per gli immobili campiti in grigio chiaro (sottoposti a vincolo indiretto) nell’unita planimetria è fissato un indice di fabbricabilità dello 0,003, con l’obbligo di mantenere eventuali nuove costruzioni, anche sotterranee, alla distanza di almeno 30 mt. dagli immobili sottoposti a vincolo diretto…”.

La medesima disposizione elenca inoltre le seguenti prescrizioni:

a) il divieto di operare movimenti di terra, tali da alterare l’altimetria attuale dei suoli, fatta eccezione per quelli che si rendessero indispensabili per dotare l’area di infrastrutture (rete stradale, idrica, elettrica, fognante, parcheggi), volte a garantire la fruizione delle strutture insediative esistenti e delle strutture archeologiche una volta che le stesse siano state rimesse in luce;

b) divieto di collocazione di manufatti di qualsivoglia destinazione, anche mobili e precari, a distanza inferiore di 30 metri dai suoli di cui all’art. 1…”.

Nel parere impugnato (nota prot. n. 17947 del 9 ottobre 2006) si legge che: il progetto non è assentibile in quanto ostacolando la visuale del piano naturale della spiaggia è in palese contrasto con le prescrizioni di quell’area che ricade per intero tra quelli sottoposti a vincolo indiretto con D.M. 9 agosto 1988 per i quali (vedasi lett. b) del foglio 2 è fatto divieto di alterare e quote naturali dei terreni .... ed eseguire opere, anche di carattere temporaneo che ostacolino la visuale dei caratteri geomorfologici del terreno (quali ad esempio serre o massicce recinzioni)” .

Tale valutazione non appare censurabile, essendo invece logica e coerente con le prescrizioni di cui al vincolo che grava sull’area, avuto riguardo alla consistenza delle opere ivi realizzate e tenuto conto che la Soprintendenza dispone di un’ampia discrezionalità tecnico - specialistica nel dare i pareri di compatibilità ed il potere di valutazione tecnica esercitato è sindacabile in sede giurisdizionale soltanto per difetto di motivazione, illogicità manifesta ovvero errore di fatto conclamato ( cfr. Cons. Stato, sez. VI, 4 ottobre 2013, n. 4899, e 11 settembre 2013, n. 4481).

Invero, trattasi della realizzazione di 24 unità abitative che impattano inevitabilmente con l’ambiente circostante e che, per la funzione a cui sono adibite, anche se consistenti in componenti prefabbricate in legno, non possono ritenersi temporanee o provvisorie ed in ogni caso appaiono idonee ad alterare “ l’altimetria attuale dei suoli” .

La prospettazione di parte appellante facente leva sul carattere temporaneo delle opere deve essere disattesa, tenuto conto che: a) dagli accertamenti svolti durante il procedimento penale che ha interessato la vicenda è emersa la realizzazione di getti di calcestruzzo che costituiscono il sottofondo dei manufatti (circostanza confermata anche dal tecnico di parte appellante);
b) tali manufatti sono destinati ad abitazioni, hanno rilevanti dimensioni, risultano stabilmente infissi al suolo, sono muniti di impianto idrico ed elettrico, e risultano allacciate ai servizi di rete, fognatura, acquedotto, rete elettrica.

Più in generale, deve osservarsi come, in ambito edilizio, si sia ormai consolidato l’orientamento in base al quale si deve seguire non il criterio strutturale, ma il criterio funzionale, per cui un’opera se è realizzata per soddisfare esigenze che non sono temporanee non può beneficiare del regime proprio delle opere precarie anche quando le opere sono state realizzate con materiali facilmente amovibili ( cfr . Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1291 del 1° aprile 2016). Anche nella prospettiva paesaggistica o archeologica, non possono essere quindi considerati manufatti precari, destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee, quelli destinati ad una utilizzazione perdurante nel tempo, e l’alterazione del territorio non può essere considerata né temporanea né precaria né irrilevante ( cfr . Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4116 del 4 settembre 2015).

Oltretutto, durante le indagini penali è stata accertata altresì la presenza di altri “ getti di calcestruzzo nella recinzione del villaggio turistico anche in tal caso si ha una modifica dello stato dei luoghi e difformità dal progetto, in quanto nello stesso era previsto che la recinzione del villaggio sarà realizzata con pannelli e pilastrini ancorati a terra con speciali staffe, tali da non creare impatto visivo”.

Le ulteriori considerazioni dell’appellante si risolvono in una critica all’operato della Sovraintendenza e attengono al merito della valutazione, che però non può essere sindacato da questo Giudice, il cui controllo, come già evidenziato, è limitato al vaglio di ragionevolezza e logicità della motivazione ( cfr . Cons. St., sez. VI, 28.12.2015, n. 5844;
Cons. St., sez. VI, 28.10.2015, n. 4925;
Cons. St., sez. VI, 04.06.2015, n. 2751).

7 – Con il secondo motivo di appello si insiste nel contestare la violazione delle norme e dei principi sull’annullamento d’ufficio, richiamando i primi tre motivi del ricorso al TAR con cui il ricorrente aveva formulato varie censure sull’esercizio da parte del Comune del potere di annullamento d’ufficio per violazione dell’art. 21 nonies della legge n. 241/90.

La censura è infondata per le ragioni di seguito esposte.

Per un miglior inquadramento del contesto all’interno del quale è intervenuto il provvedimento di annullamento impugnato è utile ricordare che i fatti oggetto di causa sono stati oggetto del procedimento penale che ha direttamente coinvolto B G e gli amministratori e funzionari locali (proc. n. 1081/09

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