Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-09-23, n. 201504452

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-09-23, n. 201504452
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201504452
Data del deposito : 23 settembre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08124/2014 REG.RIC.

N. 04452/2015REG.PROV.COLL.

N. 08124/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 8124 del 2014, proposto da:
REGIONE EMILIA ROMAGNA, in persona del Presidente della giunta regionale in carica, rappresentata e difesa dagli avv. G P e S C, con domicilio eletto presso l’avv. Andrea Manzi in Roma, Via Federico Confalonieri, n. 5;

contro

ASSOCIAZIONE UDICON - UNIONE PER LA DIFESA DEI CONSUMATORI, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. S C e S D C, con domicilio eletto presso Studio Alfredo e Giuseppe Placidi in Roma, Via Cosseria, n. 2;

nei confronti di

FEDERCONSUMATORI EMILIA-ROMAGNA;
CITTADINANZATTIVA EMILIA-ROMAGNA, non costituite in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA, sez. I, n. 576 del 4 giugno 2014, resa tra le parti, concernente silenzio serbato dall'amministrazione su istanza di accesso di atti e documenti relativi alla rendicontazione di contributi regionali;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Associazione U.Di.Con - Unione per la Difesa dei Consumatori;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 giugno 2015 il Cons. C S e uditi per le parti gli avvocati G P e S D C;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO

1. L’Unione per la Difesa dei consumatori – U.Di.Con. Emilia Romagna (d’ora in avanti, anche solo U.Di.Con), che in virtù della delibera della Giunta regionale dell’Emilia Romagna n. 2109 del 28 dicembre 2012 aveva ottenuto un contributo, ex l.r. 7 dicembre 1992, n. 45, di €. 26.280,00 (a fronte di una spesa ammessa a contributo di €. 43.800,00, con istanza in data 23 settembre 2013 ha chiesto, ai sensi degli artt. 22 e ss. della legge 7 agosto 1990, n. 241, l’accesso, con rilascio di relativa copia, agli atti e ai documenti inerenti la rendicontazione dei contributi assegnati agli altri soggetti, pure beneficiari di contributi per effetto della medesima delibera: ciò in quanto, con nota prot. 188862 del 29 luglio 2013, l’amministrazione regionale aveva comunicato l’avvio del procedimento di revoca del contributo per asserite significative difformità nella realizzazione del progetto presentato.

2. Il Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, sez. I, con la sentenza n. 576 del 4 giugno 2014, nella resistenza dell’intimata amministrazione regionale, accogliendo il ricorso di U.Di.Con. avverso il silenzio - rifiuto formatosi sull’istanza di accesso, ha dichiarato il diritto della ricorrente ad ottenere visione e copia della documentazione richiesta.

Ad avviso del tribunale infatti la qualità di soggetto assegnatario del contributo revocando avrebbe determinato in capo ad U.Di.Con. la sussistenza dell’interesse concreto, diretto ed attuale al richiesto accesso ai documenti, sia in ragione del principio di trasparenza dell’azione amministrativa, sia in attuazione del principio di pienezza del diritto di difesa.

3. La Regione Emilia Romagna ha dedotto l’erroneità e l’ingiustizia della sentenza e ne chiesto la riforma, negando innanzitutto l’esistenza in capo a U.Di.Con. di qualsiasi interesse connesso a finalità difensive, giacchè il provvedimento di revoca del contributo non postulava l’esercizio di poteri discrezionali, fondandosi sulla mera applicazione vincolata di criteri fissati nel bando;
né U.Di.Con. poteva vantare un interesse giuridicamente tutelato a verificare la corretta applicazione di quegli stessi criteri, che avevano determinato l’avvio del procedimento di revoca del contributo, nei confronti degli altri beneficari dei contributi, ciò dando luogo ad un’inammissibile forma di controllo generalizzato sull’operato dell’amministrazione.

L’U.Di.Con. si è costituita in giudizio, deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza dell’avverso gravame, di cui ha chiesto il rigetto.

4. Con ordinanza n. 812 del 18 febbraio 2015 sono stati disposti incombenti istruttori, onerando il particolare la Segreteria della Sezione di acquisire il fascicolo di primo grado e le parti di produrre copie degli atti relativi ai procedimenti amministrativi richiamati nelle loro difese (bando per l’assegnazione dei contributi, graduatoria degli assegnatari, comunicazione dell’avviso di avvio del procedimento di revoca, atto di revoca ed ogni altro documento utile): a tanto ha ritualmente provveduto l’amministrazione appellante.

5. All’udienza pubblica del 24 giugno 2015, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

6. Ai fini della corretta soluzione della controversia in esame la Sezione osserva quanto segue.

6.1. Con la legge 7 dicembre 1992, n. 45, la Regione Emilia Romagna ha emanato “Norme per la tutela dei consumatori e degli utenti”.

Per quanto qui interessa: a) l’art. 1 (“Finalità”) ha dichiarato che la Regione “…promuove la tutela dei diritti dei cittadini come consumatori ed utenti finali e non professionali di beni e servizi”, precisando l’intenzione di qualificare i consumi secondo gli obiettivi indicati al comma 2;
b) l’art. 3 (“Partecipazione delle associazioni di consumatori e utenti”) ha affermato “…la funzione sociale delle associazioni di consumatori ed utenti”, evidenziando che la Regione, cui è attribuita l’istituzione e la tenuta del registro delle associazioni dei consumatori e degli utenti, “…può avvalersi delle loro proposte e suggerimenti nell’esercizio dei propri compiti” (comma 1) e “…consultare, nella fase di elaborazione dei programmi e dei provvedimenti previsti dalla legge, le associazioni iscritte al registro dei consumatori e degli utenti” (comma 2);
c) l’art. 9 (“Incentivi”) ha previsto che la Giunta regionale “al fine di promuovere lo sviluppo dell’associazionismo tra i consumatori e gli utenti, è autorizzata ad erogare contributi, fino ad un massimo del sessanta per cento della spesa ritenuta ammissibile, alle associazioni dei consumatori ed utenti iscritte al registro di cui all’art. 3, per la realizzazione di progetti e programmi di attività rientranti nelle finalità di cui all’art. 1”, stabilendo “…di norma annualmente, criteri, termini e modalità per l’erogazione dei contributi…”

6.2. Con delibera n. 1312 del 10 settembre 2012 (avente ad oggetto: “L.R. n. 45/1992 – Criteri e modalità per la concessione dei contributi alle associazioni dei consumatori ed utenti iscritte al registro regionale – anno 2012”) la Giunta regionale ha approvato, ai sensi dell’art. 9, comma 2, della citata legge regionale n. 45 del 1992, criteri, termini e modalità (contenuti nell’allegato A) per la concessione dei contributi alle predette associazioni per l’anno 2012.

Quanto alla revoca dei contributi, l’art. 9 del predetto allegato A dispone che: “Il contributo è revocato qualora il progetto: a) sia realizzato in modo difforme da quello presentato e approvato;
b) non venga avviato entro due mesi dalla data di concessione del contributo;
c) risulta realizzato in misura inferiore al 50% dell’importo ammesso”.

6.3. Deve aggiungersi in punto di fatto che con nota prot. n. 188862 del 29 luglio 2013 l’amministrazione regionale ha comunicato alla U.Di.Con, l’avvio del procedimento di revoca del contributo concesso, a causa di “una significativa difformità nella realizzazione del progetto rispetto a quello presentato e approvato a seguito di valutazione tecnica e qualitativa”, precisando che tale difformità era consistita: a) nella totale mancata realizzazione dell’azione 3, “Attività informativa e sensibilizzazione presso scuole”, la quale prevedeva complessivamente n. 60 iniziative presso le scuole primarie e medie inferiori e gli istituti secondari superiore;
b) nella totale mancata realizzazione di iniziative territoriali in più della metà delle province della regione e precisamente nelle province di Piacenza, Rimini, Forlì – Cesena, Ferrara e Ravenna;
c) nella mancata realizzazione nell’ambito del’azione 5, “Azioni di informazione e sensibilizzazione. Azioni nei comuni colpiti dal sisma”, dei n. 10 punti informativi nelle aree colpite dal sisma che, nell’ambito della valutazione qualitativa del progetto da parte del gruppo di lavoro interdisciplinare, ha rappresentato una significativa nota di merito;
d) nella significativa riduzione complessiva degli ambiti territoriali previsti, pari al 75%, nonché nella riduzione delle iniziative territoriali complessivamente previste, pari al 21% circa (non considerando i comuni e le iniziative di cui al punto precedente).

6.4. In tema di diritto di accesso deve rammentarsi che la giurisprudenza ha sottolineato come esso, ispirato ai principi di democrazia partecipativa, costituisca uno strumento di attuazione dei principi costituzionali di legalità, imparzialità e di buon andamento dell’azione amministrativa attraverso la partecipazione, inserendosi peraltro nel più ampio e generale ambito del diritto all’informazione dei cittadini, di matrice comunitaria, rispetto all’organizzazione ed all’attività soggettivamente amministrativa, non solo sotto il profilo della mera trasparenza e correttezza dell’azione dei pubblici poteri, ma anche e soprattutto quale presidio di prevenzione e contrasto sociale agli abusi ed illegalità degli apparati pubblici (Cons. Stato, A.P. 18 aprile 2006, n. 6;
sez. V, 17 marzo 2015, n. 1370;
30 luglio 2014, 4028;
sez. VI, 20 novembre 2013, n. 5515).

Il diritto di accesso dà vita ad un’autonoma posizione giuridica soggettiva il cui esercizio non è consentito per finalità di mero controllo della legalità dell’azione amministrativa: l’istanza di accesso deve essere infatti sorretta da un interesse diretto, concreto ed attuale, non emulativo, non riducibile a mera curiosità, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale si chiede l’accesso (Cons. Stato, sez. V, 20 gennaio 2015, n. 166;
sez. IV, 6 agosto 2014, n. 4209), con la precisazione che la titolarità del diritto di accesso non risiede esclusivamente in una situazione funzionale all’esercizio di un interesse giuridicamente protetto e suscettibile di tutela giurisdizionale, giacché il rapporto di strumentalità tra l’interesse e la documentazione richiesta è da intendersi in senso ampio in termini di utilità per la difesa dell’interesse giuridicamente rilevante, ma non quale mezzo di prova diretta della lesione di detto interesse (Cons. Stato, sez, IV, 6 marzo 2015, n. 1137;
6 agosto 2014, n. 4209;
sez. V, 17 marzo 2015, n. 1370).

E’ stato affermato che deve essere ammesso l’accesso al documento amministrativo che contiene notizie e dati che, secondo quanto esposto dall’istante ed alla luce di un esame obiettivo, attengono alla situazione giuridica tutelata (in quanto la fondano, la integrano, la rafforzano o semplicemente la citano) o con essa interferiscono in quanto la ledono, ne diminuiscono gli effetti o ancora documentano parametri, criteri e giudizi rilevanti al fine di individuare il parametro di valutazione concretamente utilizzato, così che, una volta accertato il collegamento tra l’interesse e il documento, ogni ulteriore indagine sull’utilità ed efficacia del documento stesso in prospettiva di tutela giurisdizionale ovvero sull’esistenza di altri strumenti di tutela eventualmente utilizzabili è del tutto ultronea (Cons. Stato, sez. IV, 13 dicembre 2012, n. 1211).

6.5. Ciò posto, l’appello è fondato.

6.5.1. Deve innanzitutto osservarsi che la natura, discrezionale o vincolata, dell’attività amministrativa che ha dato luogo all’atto/documento di cui si chiede l’accesso è irrilevante ai fini dell’accertamento dell’interesse, diretto, concreto e attuale che deve sorreggere l’istanza di accesso che, come accennato in precedenza, si è avuto modo di rilevare in precedenza, postula invece la sussistenza di un effettivo vincolo di strumentalità necessaria tra l’atto/documento, oggetto della richiesta di accesso, e la tutela dell’interesse giuridicamente tutelato, che si assume leso o messo in pericolo dal’attività amministrativa.

Peraltro nel caso di specie, diversamente da quanto prospettato dall’amministrazione appellante, non può ragionevolmente dubitarsi che l’esercizio del potere di revoca dei contributi in questione, così come disciplinato dall’art. 9 dell’allegato A della delibera della Giunta regionale n. 1312 del 10 settembre 2012, non si esaurisce in un’attività assolutamente vincolata, di mera verifica della sussistenza o meno dei presupposti stabiliti dalla normativa in vigore, presupponendo una puntuale attività di valutazione in concreto delle specifiche situazioni di fatto che non si limita alla mera individuazione della singola fattispecie di revoca, che implica piuttosto degli apprezzamenti, tipica espressione della discrezionalità amministrazione.

Infatti le fattispecie che legittimano l’esercizio del potere di revoca (quali la totale mancata realizzazione dell’azione 3, “Attività informativa e sensibilizzazione presso scuole” (la quale prevedeva complessivamente n. 60 iniziative presso le scuole primarie e medie inferiori e gli istituti secondari superiore) ovvero di totale mancata realizzazione di iniziative territoriali in più della metà delle province della regione e precisamente nelle province di Piacenza, Rimini, Forlì – Cesena, Ferrara e Ravenna ovvero ancora quella di mancata realizzazione nell’ambito del’azione 5, “Azioni di informazione e sensibilizzazione. Azioni nei comuni colpiti dal sisma”, dei n. 10 punti informativi nelle aree colpite dal sisma che, nell’ambito della valutazione qualitativa del progetto da parte del gruppo di lavoro interdisciplinare, ha rappresentato una significativa nota di merito) non si prestano ad una attività di mera meccanica verifica dei fatti su cui si fondano (mera verifica astrattamente ipotizzabile soltanto nell’ipotesi di un mancato avvio del progetto), ma comportano una (anche minima) attività di valutazione e apprezzamento dell’attività effettivamente svolta dal beneficiario del contributo per confrontarla con quella da svolgere secondo il progetto presentato, solo così potendo apprezzarsi la eventuale sussistenza della fattispecie revocatoria, fattispecie da interpretarsi in senso restrittivo, stante la sua natura, quanto meno latamente, sanzionatoria.

Ad eguali conclusioni deve giungersi anche per l’ulteriore ipotesi di revoca prevista, costituita dalla significativa riduzione complessiva degli ambiti territoriali previsti, pari al 75%, nonché nella riduzione delle iniziative territoriali complessivamente previste, pari al 21% circa (non considerando i comuni e le iniziative di cui al punto precedente), giacché anche l’individuazione di limiti quantitativi (75% e 21%, quest’ultimo peraltro meramente orientativo, come si evince dall’indicazione “circa”) non esclude che sia rimesso esclusivamente all’amministrazione l’apprezzamento in concreto della “significatività” della riduzione complessiva (degli ambiti territoriali previsti e delle iniziative territoriali) che giustifica la revoca ed il recupero del contributo, sostanzialmente a causa del mancato raggiungimento delle finalità indicate del progetto presentato (e ammesso al contributo).

6.5.2. Proprio la natura discrezionale del potere di revoca concretamente esercitato nel caso di specie (a causa di asserite significative difformità nella realizzazione del progetto presentato), se, per un verso, è idoneo a legittimare il diritto (che tuttavia non è oggetto della presente controversia) ad ottenere gli atti e documenti necessari ad individuare il metro di valutazione effettivamente utilizzato nei propri confronti onde poter adeguatamente ed efficacemente tutelare la propria posizione giuridica, non può, per altro verso, giustificare invece il diritto (che costituisce invece l’oggetto della presente controversia) di ottenere gli atti e documenti idonei a verificare l’eventuale corretto esercizio da parte dell’amministrazione regionale dell’adeguato controllo sulla concreta attuazione degli altri progetti che hanno beneficiato degli identici contributi e dell’eventuale effettivo esercizio del potere di revoca.

L’accesso a tali atti infatti risulta privo di qualsiasi utilità per la tutela dell’interesse giuridicamente rilevante proprio del ricorrente, funzionalmente limitato alla tutela della sua sola posizione giuridica e quindi alla verifica del corretto esercizio del potere sanzionatorio di revoca nei suoi confronti, altrimenti risolvendosi in un inammissibile strumento di controllo generalizzato sull’attività (di controllo) dell’amministrazione regionale.

D’altra parte è appena il caso di rilevare che anche l’accertamento, eventualmente desumibile dagli atti di cui è stato chiesto l’accesso, di illegittimità compiute dall’amministrazione regionale nell’esercizio dell’attività di controllo sull’esecuzione e/o sullo stato di attuazione di altri progetti presentati da altre associazioni, non è idonea a determinare la fondatezza della censura di eccesso di potere per disparità di trattamento che l’associazione U.DI.CON. potrebbe astrattamente far valere sotto il profilo in esame nei confronti del provvedimento di revoca del contributo, giacché, come più volte evidenziato dalla giurisprudenza, la legittimità dell'operato della pubblica amministrazione non può essere inficiata dall'eventuale illegittimità compiuta in altra situazione, così che l’eventuale disparità non può essere risolta estendendo il trattamento illegittimamente più favorevole ad altri riservato a chi, pur versando in situazione analoga, sia stato legittimamente destinatario di un trattamento meno favorevole (Cons. Stato, sez. IV, 12 marzo 2015, n. 1296;
sez. VI, 1° ottobre 2014, n. 4867).

7. In conclusione l’appello deve essere accolto e, per l’effetto in riforma dell’impugnata sentenza, deve essere dichiarato inammissibile il ricorso proposto in primo grado dall’Unione per la Difesa dei consumatori – U.Di.Con. Emilia Romagna.

La peculiarità della controversia giustifica la compensazione tra le parti costituite delle spese del doppio grado di giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi