Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2011-12-27, n. 201106865

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2011-12-27, n. 201106865
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201106865
Data del deposito : 27 dicembre 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 09655/2004 REG.RIC.

N. 06865/2011REG.PROV.COLL.

N. 09655/2004 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello nr. 9655 del 2004, proposto dalla società EDI.AB MARIGNANESE DI BORDONI FELICE &
C. S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. M M, con domicilio eletto presso l’avv. Maria Teresa Barbantini Fedeli in Roma, viale Giulio Cesare, 14,

contro

- il COMUNE DI SAN GIOVANNI IN MARIGNANO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Luigino Biagini, con domicilio eletto presso Fabrizio Magrone Brochiero in Roma, via G. Bettolo, 4;
- la REGIONE EMILIA – ROMAGNA, in persona del Presidente pro tempore, non costituita;

per l’annullamento e riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale dell’Emilia – Romagna, Sezione Prima, nr. 1091/2003 pronunciata in data 26 giugno 2003 e depositata in data 20 agosto 2003, non notificata, con la quale è stato respinto il ricorso iscritto al nr. 217/1998 proposto dalla società EDI.GAB Marignanese di Bordoni Felice &
C. S.a.s., per l’annullamento in parte qua degli atti di adozione e di approvazione della variante generale al P.R.G. 1995-97 del Comune di San Giovanni in Marignano.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione appellata;

Viste le memorie prodotte dalla appellante (in data 18 marzo 2011) e dal Comune (in data 29 marzo 2011) a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, all’udienza pubblica del giorno 29 novembre 2011, il Consigliere Raffaele Greco;

Uditi l’avv. Barbantini, su delega dell’avv. Morri, per la parte appellante e l’avv. Brochiero Magrone, su delega dell’avv. Biagini, per il Comune;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La società EDI.GAB Marignanese di Bordoni Felice &
C. S.a.s. ha impugnato, chiedendone la riforma, la sentenza con la quale il T.A.R. dell’Emilia – Romagna ha respinto il ricorso che la stessa aveva proposto avverso le delibere di adozione e approvazione della variante generale al P.R.G. del Comune di San Giovanni in Marignano, quanto alla parte di proprio interesse.

A sostegno dell’appello, la predetta società ha dedotto:

1) violazione dei principi fondamentali dell’ordinamento e della legislazione urbanistica in materia di formazione e contenuto dei piani regolatori (con riferimento alla reiezione delle censure articolate avverso la prescrizione che assoggetta in parte l’edificabilità sui suoli in proprietà della istante alla cessione gratuita di aree da destinare a “ parco o giardino pubblico di quartiere ”);

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 9 della legge 17 agosto 1942, nr. 1150, in relazione al procedimento di formazione e pubblicazione del P.R.G. (con riferimento alla reiezione della doglianza relativa all’omessa ripubblicazione del P.R.G. dopo la modifica afferente ai suoli in proprietà dell’odierna appellante).

Per resistere all’appello, si è costituito il Comune di San Giovanni in Marignano il quale ha sostenuto l’infondatezza del gravame, concludendo per la conferma della sentenza di primo grado.

Le parti hanno affidato a memorie l’ulteriore svolgimento delle rispettive tesi.

All’udienza del 29 novembre 2011, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. L’odierna appellante, società EDI.GAB Marignanese di Bordoni Felice &
C. S.a.s., è proprietaria di tre lotti di terreno siti in territorio del Comune di San Giovanni in Marignano, tutti oggetto di nuova destinazione per effetto della variante generale al P.R.G. adottata con deliberazione di Giunta Comunale nr. 36 del 10 marzo 1995: in particolare, i lotti sono stati in un primo tempo inseriti nel perimetro di un’unica “ zona di espansione ” a destinazione “C2-9”, con prescrizione di previa predisposizione di piano particolareggiato ai fini dell’edificazione per un solo lotto e individuazione degli altri due come aree da cedere al Comune per urbanizzazioni.

A seguito di osservazioni ritualmente presentate dalla società titolare dei suoli, l’Amministrazione comunale ha modificato la predetta destinazione in senso non satisfattivo delle aspirazioni della istante: infatti, i due lotti originariamente non edificabili sono stati entrambi assoggettati all’obbligo di un “ progetto unitario ” qualificandone uno come zona di completamento “B6” e l’altro come zona “G6” comprendente aree da cedere al Comune per la realizzazione di “ parco o giardino pubblico di quartiere ”.

Le menzionate prescrizioni urbanistiche – approvate dalla Regione Emilia – Romagna - sono state impugnate dalla società istante nella parte in cui l’edificabilità su uno dei due lotti in questione è condizionata alla cessione gratuita dell’altro lotto, che si va ad aggiungere all’obbligo di cessione gratuita di standard per parcheggi pubblici previsto in via generale per le zone “B”;
il T.A.R. adito ha però respinto il ricorso con la sentenza oggetto dell’odierna impugnazione.

2. Ciò premesso, va preliminarmente evidenziato che non può essere esaminata l’eccezione di improcedibilità del ricorso originario qui riproposta dall’Amministrazione comunale sul presupposto di un’asserita acquiescenza della parte privata alle prescrizioni urbanistiche de quibus.

Infatti, l’eccezione è stata espressamente e motivatamente respinta dal primo giudice, e pertanto la sua reiterazione avrebbe dovuto essere affidata ad apposito appello incidentale, e non a semplice memoria (come avvenuto nella specie).

3. Nel merito, l’appello è infondato e va conseguentemente respinto.

4. La questione centrale del presente giudizio, evocata col primo mezzo dell’odierno appello, è quella della ammissibilità di una prescrizione urbanistica che condizioni l’edificabilità su un suolo alla cessione di altre aree da destinare a opere di urbanizzazione: tale condizione è considerata illegittima dalla parte privata, mentre il Comune ha argomentato nel senso della sua ammissibilità quale legittima alternativa all’imposizione di oneri di urbanizzazione ovvero della diretta realizzazione degli standard al proprietario del suolo il quale richieda il permesso di costruire.

La Sezione reputa convincenti gli argomenti svolti dall’Amministrazione, già condivisi dal giudice di prime cure.

Ed invero, innanzi tutto occorre rilevare come non risulti contestato fra le parti, in punto di fatto, che la modifica intervenuta a seguito delle osservazioni proposte dalla società odierna appellante alla variante urbanistica adottata, al di là del particolare “regime” cui – come detto - ha assoggettato l’edificazione sui suoli in proprietà della società stessa, non ne ha mutato sostanzialmente la destinazione urbanistica (neanche sotto il profilo della suddivisione dei tre lotti in zone a diversa destinazione, come sopra precisato).

Ciò premesso, e rilevato che l’imposizione dell’obbligo di cessione di aree da parte del P.R.G. non ha comportato lo svuotamento di ogni potenzialità edificatoria del suolo interessato, va certamente escluso – in conformità al prevalente indirizzo della Sezione in materia – che essa comporti una sostanziale ablazione del suolo, costituendo al contrario legittima espressione della potestà conformativa del territorio spettante al Comune (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 gennaio 2010, nr. 216).

In particolare, nella specie l’opzione de qua è stata adeguatamente motivata dall’Amministrazione con la necessità di soddisfare in zona un fabbisogno di aree da destinare a standard, la cui effettiva sussistenza a ben vedere non è specificamente contestata neanche dalla parte odierna appellante.

Se tutto questo è vero, non può allora convenirsi con l’impostazione della parte istante la quale, nell’invocare i noti orientamenti giurisprudenziali in ordine all’illegittimità dell’apposizione di condizioni e limitazioni al permesso di costruire, assume l’irrilevanza del fatto che nella specie la condizione è contenuta in una norma urbanistica generale, e non apposta al singolo titolo ad aedificandum.

Detta circostanza, lungi dall’essere irrilevante, assume rilievo decisivo, in quanto è attraverso prescrizioni del genere che – come la Sezione ha avuto modo di rilevare ad altro riguardo (cfr. le sentenze nn. 4542 e 4545 del 13 luglio 2010) – il Comune può perseguire obiettivi di perequazione urbanistica e, al tempo stesso, assicurarsi la disponibilità delle aree per le opere di urbanizzazione senza necessità di avviare procedure espropriative.

Nelle occasioni da ultimo richiamate, sono stati precisati anche i principi e le norme che legittimano l’adozione di siffatti meccanismi, consentendo di escludere che con essi si incida in modo abusivo sullo statuto del diritto di proprietà dei suoli: fra questi, non ultimo è il carattere consensuale e facoltativo dell’atto di disposizione chiesto al privato, ciò che ricorre anche nel caso di specie, atteso che l’obbligo di cessione gratuita è destinato a operare solo se e in quanto l’interessato ritenga di avvalersi della potenzialità edificatoria del suolo (e nella misura in cui lo faccia).

Alla luce delle considerazioni che precedono, assume rilievo recessivo la questione – su cui insiste parte appellante – se le aree da destinare a “ verde pubblico di quartiere ” costituiscano urbanizzazioni primarie o secondarie: infatti, in considerazione di quello che si è visto essere il fondamento della legittimità delle prescrizioni impugnate, risulta inconferente il richiamo agli obblighi di urbanizzazione imposti all’atto del rilascio del permesso di costruire (obblighi che, come correttamente rilevato dalla società istante, investono ex lege le sole opere di urbanizzazione primaria).

5. Infondato è anche il secondo motivo d’appello, con il quale si assume che a seguito delle modifiche apportate alla variante rispetto a quella adottata, il Comune avrebbe dovuto procedere a nuova pubblicazione dello strumento urbanistico.

Infatti, se è vero che nella specie le modifiche apportate allo strumento adottato sono andate certamente al di là del mero accoglimento delle osservazioni formulate (come dimostrato, del resto, dall’impugnazione giurisdizionale proposta dallo stesso soggetto artefice delle stesse), tuttavia resta fermo il principio per cui una nuova pubblicazione del piano s’impone nel solo caso in cui le modifiche apportate siano tali da comportarne uno stravolgimento nei suoi fondamenti, determinandone una sostanziale nuova adozione (cfr. Cons. Stato, sez. III, 24 marzo 2009, nr. 617;
Cons. Stato, sez. IV, 26 aprile 2006, nr. 2297;
id., 5 settembre 2003, nr. 4980;
id., 4 marzo 2003, nr. 1197;
id., 20 novembre 2000, nr. 6178;
id., 20 febbraio 1998, nr. 301;
id.,11 giugno 1996, nr. 777);
ciò che è da escludersi che avvenga laddove, come nel caso che occupa, sia in questione una modifica “puntuale” interessante una singola area o singole aree specificamente individuate.

6. Alla luce dei rilievi fin qui svolti, la sentenza impugnata si appalesa meritevole di integrale conferma, e pertanto l’appello in epigrafe va respinto.

7. La peculiarità della vicenda esaminata giustifica l’integrale compensazione delle spese del presente grado del giudizio.

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