Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-08-18, n. 201704033

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-08-18, n. 201704033
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201704033
Data del deposito : 18 agosto 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/08/2017

N. 04033/2017REG.PROV.COLL.

N. 05326/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale n. 5326 del 2009, proposto dal Comune di Nervesa della Battaglia, in persona del sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati P M e L M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato L M in Roma, via Federico Confalonieri, 5;

contro

L T, C T, F T e A T, rappresentati e difesi dall'avvocato M Z, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F L in Roma, via del Viminale, 43;

nei confronti di

Regione Veneto, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Andrea Manzi, Ezio Zanon e Chiara Drago, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, 5;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. Veneto – Venezia - Sezione I, n. 00386/2009, resa tra le parti, concernente adozione e approvazione di piano regolatore generale.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dei signori L T, C T, F T e A T;

Visto l’atto di costituzione in giudizio con contestuale appello incidentale della Regione Veneto;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 maggio 2017 il consigliare Daniela Di Carlo e uditi per le parti gli avvocati A. Reggio D'Aci (su delega dell’avvocato L. Manzi), Lorenzoni (su delega dell’avvocato M. Zanchettin) e A. Manzi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.La presente controversia origina dal ripensamento, operato dal Comune di Nervesa della Battaglia nelle more dell’iter di adozione e approvazione del piano regolatore generale, di stralciare i lotti di proprietà dei signori Turchetto Luigia, Turchetto Carla, Turchetto Franco e Travaini Alberto dall’ambito delle aree edificabili, tra le quali li aveva, in un primo momento, classificati.

2. Questi, in breve, gli accadimenti.

I signori Turchetto-Travaini sono proprietari di una superficie complessiva di circa 65.172 mq in Comune di Nervesa della Battaglia.

Il comune, già dotato di regolamento edilizio con annesso programma di fabbricazione (delibera di Giunta regionale n. 365 del 25 gennaio 1977 e s.m.i.) decideva di dotarsi di piano regolatore generale con delibera consiliare n. 72 del 23 dicembre 2002.

Per effetto della nuova programmazione i fondi dei signori Turchetto-Travaini, già classificati come zona agricola, assumevano destinazione residenziale con capacità edificatoria pari a circa 11.000 mq su un totale di 65.000 mq, venendo ricompresi in un’area individuata come “Progetto Norma n. 22” e assoggettata a trumento attuativo, alla quale il nuovo PRG aveva impresso classificazione C2.

In data 23 maggio 2003 il piano veniva inviato alla Regione per l’approvazione.

L’amministrazione comunale, nel frattempo mutata nella sua compagine politica, decideva di rivedere completamente le proprie scelte programmatorie e, col pretesto di esaminare osservazioni al piano giunte fuori termine e, pur tuttavia, pertinenti alla nuova impostazione pianificatoria desiderata per il territorio comunale, adottava la delibera di consiglio comunale n. 31 del 17 aprile 2004, operante una significativa riduzione dei “Progetti Norma” a destinazione residenziale e produttiva previsti dal PRG adottato nel 2002. In particolare, per quanto concerne la presente controversia, veniva disposto lo stralcio del Progetto Norma n. 22, con la conseguente riconduzione in zona classificata agricola dei fondi appartenenti ai signori Turchetto-Travaini.

La suddetta delibera non veniva fatta oggetto di pubblicazione ma immediatamente inviata alla regione a modificazione del precedente piano adottato.

La regione, in esito all’istruttoria, rinviava l’adozione del piano al comune con proposte di modifica e contestualmente lo invitava alla pubblicazione della delibera n. 31/2004 perché introduceva modifiche tanto sostanziali e significative al piano da necessitare di un nuovo contraddittorio con gli interessati mediante presentazione di eventuali controdeduzioni.

A ciò ottemperava il comune, esitando infine il PRG nella definitiva approvazione regionale.

I signori Turchetto-Travaini si determinavano, pertanto, ad impugnare:

a) con ricorso principale la delibera n. 31 del 17 aprile 2004, formalmente rubricata “esame e controdeduzioni alle osservazioni al PRG adottato presentate fuori termine”;
nonché tutti gli atti presupposti e conseguenti, tra i quali la delibera di giunta comunale n. 1 del 16 gennaio 2004 e la determinazione n. 18 del 20 gennaio 2004;

b) con primo ricorso per motivi aggiunti la delibera di giunta regionale n. 50 del 14 gennaio 2005, di approvazione con proposte di modifica del PRG nonché l’allegato parere della Commissione tecnica regionale n. 293 del 17 novembre 2004;

c) con secondo ricorso per motivi aggiunti la delibera di consiglio comunale n. 21 del 21 aprile 2005, di controdeduzione alle proposte regionali di modifica;
la delibera di consiglio comunale n. 32 del 21 giugno 2005, di controdeduzione alle osservazioni pervenute a seguito della ripubblicazione del PRG;
l’elaborato tecnico a firma dell’ing Fustinoni, prot. n. 7712 del 17 giugno 2005;
i verbali della III Commissione consiliare per l’edilizia;

d) con terzo e ultimo ricorso per motivi aggiunti la delibera di giunta regionale n. 1064 dell’11 aprile 2006 recante approvazione definitiva del PRG, nonché i connessi pareri tecnici espressi dai competenti uffici regionali.

I deducenti esponevano numerosi vizi di violazione di legge e di eccesso di potere, lamentando, in sintesi, che l’amministrazione comunale, in totale spregio dell’iter procedurale legalmente previsto, avesse del tutto inopinatamente mutato il piano regolatore nonostante il piano medesimo fosse stato già inviato alla regione per l’approvazione;
esaminato osservazioni tardive nonostante fosse scaduto il termine per la loro presentazione;
provveduto alla mera ripubblicazione del piano senza ricorrere alla normale procedura di approvazione di variante;
deciso di stralciare i lotti dei deducenti dall’ambito delle aree a destinazione edificabile senza spiegare le concrete ragioni della scelta e senza procedere a nuovo dimensionamento per il calcolo degli standards.

3. Il T.a.r. per il Veneto, sede di Venezia, sezione I, con la sentenza n. 386 del 16 febbraio 2009,

a) accoglieva il ricorso principale ritenendo assorbente la censura di eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà e illogicità della motivazione dell’impugnata delibera n. 31 del 17 aprile 2004;

b) per l’effetto, annullava per illegittimità derivata tutti gli atti impugnati con ricorso principale e con i tre ricorsi per motivi aggiunti;

c) compensava integralmente tra le parti le spese di lite.

4. La sentenza è stata oggetto di appello principale da parte dell’amministrazione comunale e di appello incidentale da parte della Regione Veneto.

5. Il Comune di Nervesa della Battaglia, in particolare, ha impugnato la sentenza esponendo le seguenti censure:

5.1) Violazione o falsa applicazione dell’art. 9, comma 2, della legge n. 1150 del 1942 e dell’art. 42, commi 3 e 4 della l.r. Veneto n. 61/1985. L’appellante principale asserisce l’erroneità della sentenza nella parte in cui ritiene che la trasmissione del piano all’autorità regionale consumi il potere comunale di procedere all’esame di eventuali osservazioni, sia pure presentate in ritardo.

5.2) Violazione dell’art. 112 c.p.c. e del principio di inammissibilità del ricorso giurisdizionale avverso atti amministrativi endoprocedimentali, ai sensi dell’art. 100 c.p.c.. L’appellante principale assume l’erroneità della caducazione per illegittimità derivata di tutti gli atti impugnati giacché fondata sulla declaratoria di illegittimità di un atto meramente endoprocedimentale, quale sarebbe – a suo dire - la delibera consiliare n. 31 del 2004.

5.3) Violazione dei principi generali di strumentalità delle forme e di conservazione degli atti giuridici, come desumibili dagli artt. 21 octies e 21 nonies della l. n. 241/1990, nonché dei principi di economicità, efficienza e celerità dell’azione amministrativa, come enucleati dall’art. 97 Costituzione e codificati dall’art. 1 della l. n. 241/1990. L’appellante principale sostiene la legittimità dell’agire comunale a motivo della ripubblicazione del piano e della equipollenza, rispetto alla procedura di nuova adozione di delibera consiliare, e ai fini della garanzia degli interessi partecipativi dei privati, dell’esame delle deduzioni e delle controdeduzioni esperibili al piano così ripubblicato, in ottemperanza a quanto prescritto, tra l’altro, dall’autorità regionale con d.g.r. n. 50 del 14 gennaio 2005.

5.4) Violazione o falsa applicazione degli artt. 1362 e 1367 c.c. e dei principi in tema d’interpretazione dei provvedimenti amministrativi, nonché del principio di conservazione degli atti giuridici. Violazione o falsa applicazione degli artt. 50, comma 2 e 70, l.r. n. 61/1985 – Illogicità e contraddittorietà della motivazione. L’appellante principale sostiene la non necessità dell’adozione di un provvedimento (formale) di revoca della precedente adozione del piano e di nuova adozione di PRG e, altresì, la possibilità di riqualificare in tal senso, sul piano contenutistico e sostanziale, la delibera n. 31/2004, giacché esprimente la nuova scelta programmatoria dell’ente comunale.

6. L’appello incidentale proposto dalla Regione Veneto è fondato, in sostanza, sulle medesime censure spese dall’appellante principale, avendo anch’essa dedotto:

6.1) la violazione dell’art. 9 della l. n. 1150/1942 e dell’art. 42, commi 3 e 4 dell l.r. n. 61/1985;
l’adozione del PRG, secondo l’appellante incidentale, non sarebbe in grado di consumare il potere di pianificazione urbanistica comunale, potere che l’ente manterrebbe integro nonostante la trasmissione degli atti alla regione, con possibilità di successiva modificazione;

6.2) la violazione e la falsa applicazione degli artt. 50 e 70 della l.r. n. 61/1985 – illogicità e contraddittorietà della motivazione;
il contraddittorio con gli interessati – a dire dell’appellante incidentale - sarebbe stato pienamente soddisfatto dalla (successiva) pubblicazione della delibera di accoglimento delle osservazioni tardive, come suggerito dalla regione in sede di rinvio degli atti al comune.

7. Si sono costitituiti i Turchetto-Travaini chiedendo dichiararsi l’inammissibilità, l’improponibilità, l’improcedibilità o comunque l’infondatezza nel merito dell’avverso appello, vinte le spese di lite.

8. Le parti hanno insistito ulteriormente sulle rispettive difese mediante il deposito di documenti, memorie difensive e di replica.

9. All’udienza del 4 maggio 2017 la causa è stata discussa e trattenuta in decisione.

10. Per ragioni di pregiudizialità logico-giuridica va previamente esaminata l’eccezione di sopravvenuta carenza di interesse alla decisione sollevata dagli appellanti in ragione dell’adozione, nelle more del giudizio, del nuovo PAT del Comune di Nervesa della Battaglia. Il nuovo piano, benché confermativo della scelta già fatta propria dall’amministrazione comunale in sede di adozione del primo PRG, oggetto della presente impugnazione, di non classificare come edificabili le aree di proprietà dei Turchetto-Travaini, oggetto del presente giudizio – non risulta essere stato dagli odierni appellati impugnato entro il termine decadenziale, sicché ciò denoterebbe – a parere degli appellanti – il palese difetto di interesse degli appellati medesimi alla decisione.

Si oppongono alla declaratoria di estinzione del giudizio per sopravvenuto difetto di interesse gli odierni appellati, sostenendo il proprio interesse, anche morale, a vedere confermata la sentenza di prime cure a loro favorevole.

11. L’eccezione non merita accoglimento.

Secondo la pacifica giurisprudenza del Consiglio di Stato, cui questo Collegio non intende discostarsi, “ La pronuncia giudiziaria d'improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza d'interesse deve essere effettuata con criteri rigorosi e restrittivi per evitare che la preclusione dell'esame del merito della controversia si trasformi in un'inammissibile elusione dell'obbligo del giudice di provvedere sulla domanda;
in particolare, a prescindere dalle ipotesi di sopravvenienza costituite da modifiche normative o accadimenti di fatto, solo laddove vi sia stata l'adozione di nuovi provvedimenti non più utilmente impugnabili, il giudice può dichiarare la sopravvenuta carenza di interesse, essendo ormai definitiva l'inconfigurabilità di qualsiasi possibile utilità discendente dalla favorevole definizione nel merito della controversia
” (Consiglio di Stato, sezione III, 3 novembre 2016, n. 4615;
in tema anche sezione IV, 17 settembre 2013, n. 4637). Ha precisato, inoltre, questo Consiglio che “ Ai sensi dell'art. 34, comma 3, c.p.a., anche se l'annullamento dell'atto impugnato non risulta più utile per la parte ricorrente, il giudice è comunque tenuto a ritenere ammissibile la richiesta di accertamento dell'illegittimità del provvedimento. Tuttavia, egli deve valutare la sussistenza dell'interesse ai fini risarcitori, in difetto del quale la declaratoria di illegittimità correrebbe il rischio di rimanere meramente astratta. Incombe sulla parte ricorrente l'onere di allegare compiutamente i presupposti per la successiva proposizione dell'azione risarcitoria ” (Consiglio di Stato, sezione IV, 28 dicembre 2012, n. 6703).

Nel caso di specie, gli appellati Turchetto-Travaini hanno puntualmente dedotto l’esistenza di un interesse, residuale, ad ottenere una pronuncia sul merito della controversia, da intendersi nel senso più ampio alla luce degli effetti connessi ad una pronuncia confermativa della sentenza di prime cure, la quale, al di là della portata meramente caducatoria, può costituire presupposto per autonome domande risarcitorie per il danno morale e materiale subito in conseguenza del mancato rilascio di titoli edilizi e il maggior valore di mercato che avrebbero acquisito i fondi (similmente a quelli limitrofi), laddove fosse stata conservata l’originaria impostazione del piano.

12. Parimenti da scrutinare con priorità, da un punto di vista logico-giuridico, è il secondo motivo di appello principale, giacché dal suo potenziale accoglimento deriverebbe l’erroneità della sentenza gravata nella parte in cui ha pronunciato l’illegittimità (derivata) di tutti gli atti impugnati.

Il comune lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c. e del principio di inammissibilità del ricorso giurisdizionale avverso atti amministrativi endoprocedimentali, ai sensi dell’art. 100 c.p.c., sostenendo l’erroneità della caducazione per illegittimità derivata di tutti gli atti impugnati giacché fondata sulla declaratoria di illegittimità di un atto meramente endoprocedimentale, quale sarebbe – a suo dire - la delibera consiliare n. 31 del 2004.

13. Il motivo è infondato.

La delibera consiliare n. 31 del 2004 è qualificabile come atto autonomamente e immediatamente lesivo, giacché essa – trasmessa alla regione proprio ai fini di una rinnovata istruttoria sulle scelte pianificatorie comunali - assegna alle aree di proprietà degli odierni appellati una destinazione urbanistica radicalmente diversa (agricola) da quella originariamente prevista nel PRG adottato e trasmesso alla regione (edilizia), con grave e attuale vulnus, pertanto, all’interesse del privato.

La riprova, peraltro, dell’immediata e attuale lesività della delibera è ricavabile dalla stessa difesa spesa dall’appellante principale in occasione della proposizione del quarto motivo di appello, fondato sulla dedotta Violazione o falsa applicazione degli artt. 1362 e 1367 c.c. e dei principi in tema d’interpretazione dei provvedimenti amministrativi, nonché del principio di conservazione degli atti giuridici - Violazione o falsa applicazione degli artt. 50, comma 2 e 70, l.r. n. 61/1985 – Illogicità e contraddittorietà della motivazione. Il comune, infatti, sostiene la non necessità dell’adozione di un provvedimento (formale) di revoca della precedente adozione del piano e di nuova adozione di PRG e, altresì, la possibilità di riqualificare in tal senso, sul piano contenutistico e sostanziale, la delibera n. 31/2004, giacché esprimente la nuova scelta programmatoria dell’ente comunale. La pretesa equiparazione e riqualificazione della delibera impugnata come revoca della precedente delibera di adozione e nuova adozione di PRG, infatti, contrasta fortemente con la tesi, per l’innanzi prospettata, di assenza di autonoma e immediata lesività.

14. Nel merito gli appelli - principale e incidentale – sono fondati.

Il giudice di prime cure ha annullato tutti gli atti impugnati reputando assorbente il denunciato vizio di eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà e illogicità della motivazione della delibera consiliare n. 31 del 2004, reputando che il procedimento di adozione del PRG doveva ritenersi concluso con la trasmissione del piano adottato alla regione per l’approvazione;
che il comune non avrebbe dovuto esaminare le osservazioni tardive e modificare, stravolgendole, le scelte pianificatorie già effettuate;
che la delibera contenente le nuove classificazioni avrebbe dovuto essere pubblicata ai fini della presentazione di eventuali osservazioni da parte degli interessati, prima di essere trasmessa alla regione;
che, in ogni caso, anche ove tale pubblicazione fosse stata effettuata, il vizio del procedimento non sarebbe stato sanato perché da un punto di vista formale sarebbe stato necessario revocare la precedente delibera di adozione del piano e adottarne una nuova, con rinnovazione di tutto l’iter istruttorio.

L’assunto non può essere condiviso.

Come correttamente osservato dalle parti appellanti, il potere di programmazione e di pianificazione urbanistica da parte del comune non può ritenersi consumato per effetto dell’adozione di un PRG, sia pure trasmesso alla regione per l’approvazione, potendo l’ente comunale rinnovare il potere nel perseguimento dell’interesse pubblico a un ordinato assetto del territorio.

È semmai vero, piuttosto, che secondo la pacifica e mai superata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato “ Nel procedimento di formazione dei piani regolatori generali, la pubblicazione prevista dall'art. 9 l. 17 agosto 1942 n. 1150, è finalizzata alla presentazione delle osservazioni da parte dei soggetti interessati, ma non è richiesta per le successive fasi del procedimento, anche se il piano originario risulti modificato a seguito dell'accoglimento di alcune osservazioni o in sede di approvazione regionale. Al suddetto principio si pongono come eccezioni le ipotesi di accoglimento delle osservazioni comportanti una profonda deviazione dai criteri posti a base del piano adottato e una modifica immediata del piano stesso;
ovvero qualora il comune in fase di controdeduzione alle proposte di modifica regionali deliberi una sostanziale modifica immediata del piano regolatore generale
” (Consiglio di Stato, sez. IV, 5 settembre 2003 n. 4977;
in argomento, ex multis , anche le sentenze n. 6178/2000;
n. 11971/2002;
e più di recente n. 4546/2010;
n. 1503/2011;
n. 1241/2014).

Il suddetto principio di diritto, invero formulato per le fattispecie relative alle modifiche del piano a seguito delle osservazioni presentate dai privati o di quelle proposte dall’ente regionale, è applicabile anche al caso di specie, attesa la medesima ratio di prevedere l’obbligo della ripubblicazione ogniqualvolta lo esigano esigenze di garanzia del contraddittorio a fronte di aspettative che potrebbero, in ipotesi, fondare un ragionevole affidamento dei soggetti interessati in ordine ad un determinato assetto pianificatorio in seguito radicalmente mutato.

Nel caso che ci occupa, infatti, l’esame delle osservazioni tardive è stata solo l’occasione (e non già il pretesto, come vorrebbero sostenere gli odierni appellati), per il comune, di ritornare sulle proprie scelte pianificatorie in materia edilizia e urbanistica, potere – come sopra detto – legittimamente esercitabile non dovendosi ritenere consumato in conseguenza della adozione di un precedente piano.

Ciò che, invece, può essere rimproverato al comune, è di avere trasmesso la delibera n. 31/2004 alla regione senza previa ripubblicazione, atteso che l’obbligo deve ritenersi principio di diritto vivente per come esso è stato, da sempre, inteso dalla costante giurisprudenza amministrativa, con precipue finalità garantistiche.

Il giudice di prime cure ritiene la predetta omissione illegittima e gravemente viziante tutti i successivi atti dell’iter di adozione/approvazione del piano. Anzi, lo stesso giudice si spinge fino a ritenere che, anche laddove la delibera consiliare fosse stata pubblicata, ciò non avrebbe sanato la grave anomalia, reputando necessario un nuovo inizio di procedimento.

Il ragionamento non può essere condiviso.

Quanto al primo aspetto (la mancata immediata pubblicazione) va, infatti, osservato che essa non ha comportato nessuna inversione nel procedimento di adozione/approvazione del piano, giacché è pacifico e incontestato che la regione non ha esaminato né ha espresso alcuna determinazione in merito alle proposte comunali di modifica articolate nella delibera impugnata, riservando ogni decisione all’esito della ripubblicazione, in difetto della quale le proposte medesime avrebbero dovuto considerarsi “rigettate”. Pertanto, sul piano della formazione della volontà, nessuna incidenza ha sortito la mera trasmissione della delibera impugnata, essendo rimasto provato – anche documentalmente – che il vaglio di merito di tutte le proposte di modifica sarebbe stato effettuato solo a seguito del detto incombente. Ciò che è stato, poi, effettivamente fatto dal comune, con conseguente nuova trasmissione alla regione per l’esame (mai prima di allora, si ribadisce, effettuato) e l’approvazione definitiva.

Quanto, invece, al secondo aspetto (la necessità di un nuovo avvio di procedimento) va osservato che tale obbligo, oltre a non essere previsto, contrasta con i principi fondamentali di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa, dell’effetto utile e di conservazione degli atti giuridici, oltre che di prevalenza della sostanza sulla forma.

Nel caso di specie, infatti, il comune ha rinnovato l’esercizio del potere di pianificazione urbanistica con provvedimento formale che, sostanzialmente, può anche essere qualificato in termini di revoca o modifica o variante (parziale) della precedente delibera di adozione del piano, puntualmente motivato in ordine alle attuali esigenze di pubblico interesse alla base della nuova scelta, sottoposto al contraddittorio con gli interessati mediante la ripubblicazione, le controdeduzioni alle osservazioni, la trasmissione alla regione, l’esame, la definitiva approvazione.

D’altronde, secondo la pacifica giurisprudenza amministrativa “ Le osservazioni formulate dai proprietari interessati costituiscono un mero apporto collaborativo alla formazione degli strumenti urbanistici e non danno luogo a peculiari aspettative;
pertanto, il loro rigetto non richiede una dettagliata motivazione, essendo sufficiente che siano state esaminate e ritenute, in modo serio e ragionevole, in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano regolatore generale;
d'altra parte le scelte effettuate dall'Amministrazione pubblica, nell'adozione degli strumenti urbanistici, costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità, sicché anche la destinazione data alle singole aree non necessita di apposita motivazione oltre quella che si può evincere dai criteri generali, di ordine tecnico- discrezionale, seguiti nell'impostazione del piano stesso, essendo sufficiente l'espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di modificazione al piano regolatore generale, salvo che particolari situazioni non abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiano meritevoli di specifiche considerazioni
” (Consiglio di Stato sez. IV 08 maggio 2017 n. 2089; ex multis anche n. 1700/2017;
874/2017;
2643/2016).

Nel caso di specie, attesa in effetti la possibile aspettativa nascente dall’adozione del primo piano, l’ente comunale non si è sottratto all’obbligo di autonoma istruttoria in relazione ai fondi in contestazione, motivando il consistente stralcio di zone residenziali e produttive, nonché di viabilità e servizi, per la necessità di ridurre la forbice tra fabbisogno e dimensionamento del piano, più coerente con il trend demografico dell’abitato comunale, con il tessuto urbano esistente e con i criteri di risparmio di territorio agricolo, dando dunque conto, sia pure con motivazione di carattere generale, degli obiettivi che la pianificazione urbanistica, attraverso lo strumento di piano, intende perseguire e, quindi, della coerenza delle scelte in concreto effettuate con i detti obiettivi ed interessi pubblici agli stessi immanenti ( ex multis , Consiglio di Stato sez. IV 26 febbraio 2015, n. 960;
n. 4731/2014).

Per le esposte considerazioni la sentenza impugnata merita, pertanto, di essere riformata.

15. Le spese di lite del doppio possono essere equitativamente compensate in ragione dell’estrema difficoltà ricostruttiva, in punto di fatto e di diritto, della fattispecie.

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