Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-11-17, n. 201505235

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-11-17, n. 201505235
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201505235
Data del deposito : 17 novembre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01241/2015 REG.RIC.

N. 05235/2015REG.PROV.COLL.

N. 01241/2015 REG.RIC.

N. 01310/2015 REG.RIC.

N. 01603/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1241 del 2015, proposto da:
Comune di Este, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dagli avv. R R, N P, con domicilio eletto presso N P in Roma, Via Barnaba Tortolini, 34;

contro

A V, M R L, rappresentati e difesi dagli avv. F S, Chiara Reggio D'Aci, con domicilio eletto presso Chiara Reggio D'Aci in Roma, Via del Vignola N. 11;

nei confronti di

Ministero dei Beni e Le Attività Culturali – Soprintendenza per i Beni Archeologici e del Paesaggio del Veneto Orientale, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, tutti rappresentati e difesi dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, sono ope legis domiciliati;
Parco Regionale dei Colli Euganei, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall'avv. A P, con domicilio eletto presso A P in Roma, Via degli Scipioni 268;



sul ricorso numero di registro generale 1310 del 2015, proposto da:
Ente Parco Regionale dei Colli Euganei, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall'avv. A P, con domicilio eletto presso A P in Roma, Via degli Scipioni, 268/A;

contro

A V, M R L, rappresentati e difesi dagli avv. Chiara Reggio D'Aci, F S, con domicilio eletto presso Chiara Reggio D'Aci in Roma, viale del Vignola N.5;

nei confronti di

Ministero per i Beni e Le Attivita' Culturali, Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio del Veneto Orientale, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, tutti rappresentati e difesi dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, sono ope legis domiciliati;
Comune di Este, New Capital di Imperatore Carletto, Immobiliare Serena Srl, Piccadilly Sas di Battistella Damiano in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica;



sul ricorso numero di registro generale 1603 del 2015, proposto da:
New Capital di Imperatore Carletto, Immobiliare Serena Srl,
in persona dei rispettivi legali rappresentanti in caricarappresentati e difesi dall'avv. Francesco Volpe, con domicilio eletto presso Andrea Manzi in Roma, Via Federico Confalonieri 5;
Piccadillj Sas di Battistella Damiano &
C.;

contro

A V, M R L, rappresentati e difesi dagli avv. F S, Chiara Reggio D'Aci, con domicilio eletto presso Chiara Reggio D'Aci in Roma, viale del Vignola 5;

nei confronti di

Parco Regionale dei Colli Euganei, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall'avv. A P, con domicilio eletto presso A P in Roma, Via degli Scipioni, 268/A;
Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, Soprintendenza per i Beni Archeologici e del Paesaggio del Veneto Orientale in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, tutti rappresentati e difesi dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, sono ope legis domiciliati;
Comune di Este in persona del legale rappresentante in carica;

per la riforma

quanto al ricorso n. 1241 del 2015:

della sentenza del T.a.r. del Veneto –Sede di Venezia- Sezione Ii n. 01433/2014, resa tra le parti, concernente delibera di approvazione piano attuativo e permesso di costruire;

quanto al ricorso n. 1310 del 2015:

della sentenza del T.a.r. del Veneto –Sede di Venezia- Sezione Ii n. 01433/2014, resa tra le parti, concernente delibera di approvazione piano attuativo e permesso di costruire

quanto al ricorso n. 1603 del 2015:

della sentenza del T.a.r. del Veneto –Sede di Venezia -: Sezione Ii n. 01433/2014, resa tra le parti, concernente delibera di approvazione piano attuativo e permesso di costruire;


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di A V e di M R L e di Min.Beni e Le Attività Culturali - Sopr.Per i Beni Archeologici e del Paes. del Veneto Orientale e di Parco Regionale dei Colli Euganei e di A V e di M R L e di Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali e di Soprintendenza Per i Beni Architettonici e Per il Paesaggio del Veneto Orientale e di A V e di Parco Regionale dei Colli Euganei e di Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali e di M R L;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 settembre 2015 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli Avvocati Rampazzo, Scagliotti, Stigliano Messuti, per l'Avvocatura Generale dello Stato, Petretti Volpe;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con la sentenza in epigrafe impugnata il Tribunale amministrativo regionale del Veneto – Sede di Venezia – ha scrutinato, previa riunione, due distinti ricorsi di primo grado, corredati da motivi aggiunti, proposti dalla odierna parte appellata.

In punto di fatto, era accaduto che con il ricorso n. 1729 del 2011 parte appellata aveva chiesto l’annullamento dell’autorizzazione del 09/05/2011 prot. n. 12966/2010/1585 rilasciata dal Parco Regionale dei Colli Euganei in relazione al Piano Attuativo del comparto n. 26 nel Comune di Este;

dei pareri del 24/02/2011 e del 26/01/2011 espressi dalla Commissione Tecnica del Parco Regionale dei Colli Euganei.

Il procedimento era proseguito, e parte appellata (ricorso n. 1843 del 2012)aveva impugnato la delibera di Giunta Comunale 21/5/2012 n. 80 avente ad oggetto: "Piano Urbanistico Attuativo. Scheda Progetto Comparto 26 proposto dalle ditte New Capital, Immobiliare Serena S.r.l., Piccadillj S.a.s. ai sensi dell'art. 20 della L.R. 11/2004. Approvazione", e comunicata agli originarii ricorrenti in data 3/10/2012 con nota comunale 2/10/2012 prot. n. 21845/12, la delibera di Giunta Comunale 26/3/2012 n. 43 avente ad oggetto l'adozione del Piano Attuativo relativo al Comparto 26. Aveva parimenti chiesto l’annullamento dell'art. 13 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale del Comune di Este, laddove interpretato nel senso di consentire l'attuazione del Comparto n. 26 mediante la suddivisione in sub comparti implicante di fatto lo "stralcio" del mappale 327 in proprietà di parte appellata del predetto Comparto n. 26 e dei pareri della Commissione Edilizia del Comune di Este resi nelle sedute n. 140 del 12/10/2010, n. 143 del 9/11/2010, n. 145 del 23/11/2010 e 8/3/2012.

Con successivi motivi aggiunti aveva gravato il permesso di costruire rilasciato dal Comune di Este in data 24/10/2012 a New Capital di Imperatore Carletto, Immobiliare Serena S.r.l. e Immobiliare Piccadilly s.a.s. per la realizzazione delle opere di urbanizzazione previste dal Piano Urbanistico Attuativo del Comparto n. 26.

Parte originaria ricorrente aveva esposto di essere comproprietaria di un fabbricato che risultava inserito nel comparto n. 26 a sua volta facente parte del Parco Regionale dei Colli Euganei, (aree nelle quali erano ricomprese sia quelle in proprietà degli originarii ricorrenti che quelle delle odierne appellanti principali).

Dette ultime società avevano presentato, in data 15/07/2010, un progetto edilizio relativo al comparto 26, prevedendo la suddivisione di quest’ultimo in due sub-comparti in applicazione del disposto di cui all’art. 13 delle Norme Tecniche di Attuazione del Prg del Comune di Este.

Nell’impugnare l’autorizzazione paesaggistica del 09/05/2011 (prot. n. 12966/2010/1585) rilasciata dal Parco Regionale dei Colli Euganei in relazione al Piano attuativo del comparto n.26, unitamente ai pareri espressi dalla Commissione Tecnica dello stesso Parco, si sosteneva l’esistenza di plurimi vizii di violazione di legge ed eccesso di potere essendosi articolate due macrocensure.

Ulteriori tre vizi erano stati prospettati nell’ambito del successivo ricorso n. 1843 del 2012,mentre con i motivi aggiunti volti ad avversare il rilasciato permesso di costruire si sosteneva il ricorrere di vizi di invalidità derivata.

Il T ha innanzitutto vagliato – disattendendole- le preliminari eccezioni di inammissibilità articolate dalle parti originarie resistenti.

Ha escluso la fondatezza di quella volta alla declaratoria della inammissibilità del ricorso introduttivo RG 1843/2012 proposta dal Comune di Este: ivi si era posto in luce che le censure dedotte erano sostanzialmente finalizzate a contestare il piano attuativo per violazione del Piano Ambientale, ma poiché il piano attuativo era diretto a realizzare le previsioni del PRG tutte le censure avrebbero dovuto essere sollevate, in un momento precedente e, quindi, a seguito dell’approvazione del PRG stesso, nei termini di decadenza della relativa impugnazione.

In contrario senso, il T ha osservato che la delibera di approvazione del PUA, e il permesso di costruire relativo alle opere di urbanizzazione dello stesso PUA non erano stati censurati sotto il profilo del contrasto delle previsioni ivi contenute con il Piano Ambientale: i motivi di impugnazione proposti avverso la delibera di adozione e approvazione del PUA erano, infatti, riferiti sia ai vizi di illegittimità derivata dell’autorizzazione paesaggistica impugnata con il ricorso RG 1729/11 sia, ancora, alla violazione delle Norme di attuazione del PATI e, ancora, alla violazione dell’art. 13 delle NTA del Prg e dell’art. 20 della L. Reg. n.11/2004;
in via subordinata era stata altresì impugnato l’ art. 13 delle NTA del Prg del Comune di Este.

Il mezzo proposto non si limitava a censurare previsioni urbanistiche, ma contestava l’autorizzazione paesaggistica e il contenuto del PUA, ritenuto “lesivo”, in quanto diretto a prevedere un’edificazione eccessiva rispetto alle disposizioni urbanistiche vigenti.

Ne conseguiva la doverosa reiezione della eccezione

E parimenti, ad avviso del T, doveva essere respinta l’eccezione di irricevibilità del ricorso introduttivo del giudizio RG 1843/12: ciò in quanto il termine per impugnare il PUA non coincideva con la la data della pubblicazione nell’albo pretorio della delibera di approvazione (come di regola doveva avvenire per i soggetti “terzi”), ma con la data di ricevimento della specifica comunicazione inoltrata ai destinatari in quanto soggetti direttamente incisi.

Era evidente il carattere lesivo delle delibere di adozione e approvazione del PUA considerando che il Comune di Este con detti provvedimenti aveva , tra l’altro, inteso incidere sull’edificabilità di un area di cui sono proprietari anche gli stessi Sig.ri Vigato e Lunardi, (area che, originariamente inclusa nel comparto n. 26, era stata poi suddivisa in due sub-comparti, dei quali quello degli appellati costituiva il sub-comparto C1) e quello degli appellanti controinteressati il sub comparto C2).

Per altro verso, la lesività delle previsioni del Piano attuativo erano riconducibili anche alla suddivisione in sub comparti ( quest’ultima disposta in presunta attuazione dell’art. 13 delle NTA e che aveva sua volta ha determinato che le aree di parte appellata fossero del tutto escluse dalle opere di urbanizzazione).

Ne conseguiva, ad avviso del T, che il termine per impugnare la delibera del Piano attuativo, per il carattere lesivo delle sue previsioni, decorresse dal momento in cui lo stesso piano era stato comunicato.

Quanto alla dedotta inammissibilità della censura relativa alla violazione dell’art. 37 delle NTA ( contenuta nei motivi aggiunti), il T ne ha escluso l’accoglibilità in fatto.

L’eccezione, si fondava sulla tesi per cui detto motivo di censura avrebbe dovuto essere proposto nel ricorso introduttivo (in quanto essenzialmente diretto a contestare le previsioni del piano attuativo in quella sede impugnato) e non soltanto nei motivi aggiunti.

Il T ha osservato che la violazione dell’art. 37 delle NTA era contenuta sia nel ricorso introduttivo RG 1729/2011, (come vizio dell’autorizzazione paesaggistica sia) ancora, nell’atto introduttivo RG 1843/2012( come motivo di illegittimità del PUA): l’eccezione era infondata in punto di fatto, quindi.

Nel merito, il primo giudice ha ritenuto fondato il primo motivo del ricorso RG 1729/2011 con contestuale annullamento dell’autorizzazione paesaggistica ivi impugnata.

Ha infatti espresso il convincimento per cui in effetti sussisteva la contrarietà tra la lottizzazione proposta da parte appellante principale e la disciplina del Piano Ambientale, contenuta negli artt. 26 comma 2 e 37 delle Norme Tecniche del Piano Ambientale del parco Regionale dei Colli Euganei.

L’art. 37 sanciva che non era possibile nuova edificazione, nelle aree prevalentemente vegetate, fino all’adeguamento degli strumenti urbanistici generali agli indirizzi del Piano Ambientale.

Nel contempo l’art. 26 delle NTA precisava i criteri e gli indirizzi per la pianificazione urbanistica relativamente alle “aree urbane consolidate” poste all’interno di zone qualificate come “di urbanizzazione controllata” e nell’ambito di detti criteri si prevedeva che ai sistemi di aree da mantenere “prevalentemente vegetate” fosse assicurata un’edificazione non superiore al 10%.

Appariva quindi nodale l’esatta interpretazione di detto ultimo limite entro il quale l’edificazione avrebbe potuto essere assentita.

Il T ha quindi riassunto i termini del contrasto tra le parti processuali:per parte appellata, il limite del 10% si doveva calcolare solo sulla zona C e si doveva riferire al comparto 26;
l’Ente Parco Regionale dei Colli Euganei sosteneva che lo stesso limite non potesse essere calcolato sulla base delle singole porzioni, ma al contrario si sarebbe dovuto fare riferimento all’intera superficie del Parco Urbano Cà Borin, (superficie coincidente con l’Ambito n. 6 e, quindi, non con il comparto 26).

Il Comune di Este sosteneva invece, che il limite del 10% doveva essere calcolato sull’” intera area classificata come vegetata”.

Ad avviso del T, doveva affermarsi la correttezza dell’interpretazione della originaria ricorrente ( considerando l’espresso riferimento alle “aree urbane consolidate” e alle zone di “urbanizzazione controllata”, contenute nell’art. 26 al comma 2° lett. b) e nella parte in cui si precisava il regime di dette aree e, ciò, unitamente ad un’elencazione di disposizioni da applicare alle stesse, tra le quali, era poi ricompreso il limite del 10%).

Ne conseguiva che la detta disposizione in questione non poteva che essere applicata ad un determinato comparto (il n. 26), coerentemente con l’intento di limitare la quantità di edificazione all’interno delle aree sopra citate.

Detta tesi non si poneva nemmeno in contrasto con le disposizioni di cui ai punti 2 e 3 dello stesso art. 26 comma 2 lett. b), nella parte in cui erano dirette a impedire “espansioni ulteriori a blocco chiuso isolato in aree libere” (c.d. a macchia di leopardo) e a ridurre il consumo di suolo agricolo, misure tutte finalizzate a porre un limite all’edificazione nelle aree limitrofe al territorio del Parco.

Nemmeno su tale ultimo punto, ad avviso del T, potevano essere condivise le interpretazioni circa l’applicazione dell’art. 26 proposte dalle parti originarie resistenti.

La tesi volta a sostenere l’applicazione del limite del 10% riferito all’intero “Ambito 6” non teneva conto della circostanza per cui il tenore dell’art. 26 era inequivocabilmente diretto a riferirsi alla zona C) ;
detta interpretazione peraltro non sarebbe stata nemmeno attuabile stante la mancata perimetrazione dell’ambito sopra citato.

Nemmeno praticabile appariva l’interpretazione del Comune volta ad affermare che il limite del 10% si sarebbe dovuto applicare sull’intera area classificata come “prevalentemente vegetata”: detta area non solo non appariva compiutamente definita, ma neppure coincideva con l’Ambito n. 6.

Alla stregua di tali argomentazioni il T ha quindi affermato la contrarietà del PUA alle previsioni del piano ambientale e, ciò, considerando l’ampiezza dell’area, pari a circa 19.000 mq. che, in quanto tale, avrebbe potuto essere edificata per circa 1.900 mq., e non per 4.000 come assentito dal PUA, quindi, l’autorizzazione paesaggistica avrebbe dovuto essere negata, non solo per la contrarietà all’ art. 27, ma ancora, in applicazione delle misure di salvaguardia previste dall’art. 37 delle stesse NTA e, ciò, stante il mancato adeguamento del PRG al Piano Ambientale.

Se il PUA, infatti - attuativo del PRG - contrastava con il Piano Ambientale, ne conseguiva che nemmeno il PRG era conforme al Piano ambientale.

Né, in contrario senso, una dimostrazione dell’avvenuto adeguamento del Prg al piano ambientale poteva trarsi dalla circostanza che il piano ambientale era stato emanato in periodo di tempo (il 1998) antecedente al Prg, in quanto approvato nel corso del 2003.

Tale dato cronologico –ad avviso del giudice di primo grado- non era idoneo a dimostrare l’avvenuto recepimento delle prescrizioni del Piano Ambientale, e non provava il rispetto delle prescrizioni contenute nel Piano Ambientale.

Ne conseguiva che l’Ente Parco avrebbe dovuto rigettare l’istanza di autorizzazione paesaggistica considerando che quest’ultima, era in contrasto con gli artt. 26 e 37 delle NTA del Piano Ambientale.

Ciò implicava la illegittimità dell’autorizzazione paesaggistica ed anche delle delibere di adozione e approvazione del PUA - in parte qua - e del permesso di costruire di cui ai motivi aggiunti del ricorso RG 1843/2012 e, più in generale, degli atti in epigrafe citati.

Il T ha anche osservato che in relazione all’impugnazione delle delibere relative al PUA, di cui al ricorso introduttivo RG 1843/12, doveva essere rilevata l’esistenza anche del vizio, dedotto in via autonoma, relativo alla violazione dell’art. 13 delle NTA del PRG.

Ad avviso del tar, infatti, l’Amministrazione comunale si era attenuta ad una interpretazione erronea dell’art. 13, nella parte in cui consentiva che l’attuazione delle previsione contenute nelle “schede norma” potesse avvenire per stralci, individuando dei sub-comparti e che, ancora, detti singoli sub comparti potessero essere realizzati autonomamente.

L’art. 13 subordinava l’attuazione per “stralci” al rispetto del presupposto che i sub-comparti, in cui il comparto veniva ad essere scomposto, avesse tutte le caratteristiche di un comparto urbanistico e, quindi, fossero in possesso della rispettiva quota standard in percentuale ad ogni abitante insediabile e che, ancora, i singoli sub comparti fossero funzionali al disegno urbanistico.

Detti requisiti non risultavano rispettati per quanto concerne il sub comparto C1, in quanto il progetto presentato dalle odierne appellanti comportava l’attuazione pressocchè integrale del comparto n.26, con la previsione di un’attività edilizia che interessava tutte le aree in proprietà e la realizzazione di tutti gli standard pubblici.

Condividere l’interpretazione delle odierne appellanti avrebbe prodotto l’effetto di legittimare l’attuazione dell’intero comparto 26 in conseguenza della sola approvazione del PUA riferito al sub-comparto C2, legittimando una mancata applicazione del requisito delle maggioranze necessarie per approvare il piano attuativo tra i proprietari interessati e di cui all’art. 20 comma 6 della L. Reg. 11/2004 nella parte in cui questo prevedeva che : “i piani urbanistici attuativi di iniziativa privata sono redatti e presentati dagli aventi titolo che rappresentino almeno il 51% del valore degli immobili ricompresi nell'ambito, in base al relativo imponibile catastale e, comunque, che rappresentino almeno il 75% delle aree inserite nell'ambito medesimo. Il piano approvato è depositato ed il relativo deposito è notificato ai proprietari dissenzienti nelle forme previste per gli atti processuali civili o a mezzo di messo comunale”.

Con l’approvazione del sub comparto C2) - e nel prevedere l’attuazione dell’intero comparto -, si era esclusa la proprietà di parte appellata dalle forme di tutela dei soggetti dissenzienti previste dall’art. 20 sopra citato.

Ad ulteriore dimostrazione della correttezza dell’interpretazione dell’art.20 prima patrocinata, ad avviso del T doveva essere anche rammentato quanto contenuto nel successivo art. 21 della L. Reg. 11/2004, nella parte in cui si prevedeva che il costo dell’urbanizzazione dovesse essere posto a carico di tutti i proprietari del comparto, in modo che tutti i soggetti proprietari potessero beneficiare della capacità edificatoria del comparto e, nel contempo, contribuire agli oneri di urbanizzazione in proporzione al proprio titolo.

La suddivisione in sub-comparti, in violazione dei presupposti di cui all’art. 13 delle NTA del Prg, aveva l’effetto di “violare” la stessa nozione di comparto urbanistico, così come definita dall’art. 21 laddove si prevedeva al primo comma che “il comparto urbanistico è costituito dall’insieme degli immobili da trasformare appartenenti a più proprietari o soggetti aventi titolo ad edificare e costituenti una unità minima di intervento”, (disposizione questa, ad avviso del T, evidentemente diretta a consentire la realizzazione di interventi unificatori unitari su aree appartenenti a diversi proprietari).

I riuniti ricorsi RG 1729/11 e RG 1843/12 sono stati quindi accolti alla stregua di tali assorbenti considerazioni.

Ricorso n. 1603/2015

La controinteressata originaria parte resistente rimasta soccombente, New Capital di Imperatore Carletto, Immobiliare Serena S.r.l. e Immobiliare Piccadilly s.a.s. ha impugnato la detta decisione criticandola sotto ogni angolo prospettico.

Ha ripercorso il contenzioso pregresso da essa stessa avviato con esito sfavorevole (sentenza reiettiva del T n. 1756/2009 sul ricorso n. 1219/2009) ed ha fatto presente la specificità della situazione di fatto: le appellanti possedevano il 93,84% delle aree di cui al comparto C26 classificato dal PRG del Comune di Este zona C2, ubicato ai margini del perimetro del c.d. “Parco ambientale dei Colli Euganei”.

La restante parte del comparto “26” apparteneva a parte odierna appellata.

Si trattava di una porzione minima, ma su di essa insisteva un edificio: avuto riguardo al maggior valore rivestito dall’area di parte appellata (proprio in quanto già edificata) le società appellanti non possedevano il 51% del valore delle aree utile per l’intero comparto.

Essendo stato vano ogni tentativo di raggiungere un accordo, le appellanti proposero al comune quanto segue:

giovandosi della prescrizione di cui all’art. 13 comma 5 delle NTA al PRG del Comune di Este chiesero al comune di frazionare il Comparto “26” in due sub comparti: il Comparto C2, coincidente con le aree di propria pertinenza;
ed il Comparto C1 (corrispondente alle aree di proprietà della odierna parte appellata coniugi Vigato).

E pur potendo limitarsi a prevedere di realizzare gli standards proporzionali all’area da essi posseduta, rendendosi conto che la loro proprietà “esauriva” la superficie dell’area, si fecero carico degli standards calcolati sull’intero comparto “originario” n. 26 ( e quindi, anche del sub comparto C1 ove insistevano i fondi di parte appellata).

La parte originaria ricorrente avversò anche detta iniziativa, mercè i ricorsi favorevolmente delibati dal T.

Così riepilogata la “causale” del contenzioso, parte appellante ha sostenuto che erroneamente era stata disattesa l’eccezione di tardività del mezzo di primo grado n. 1843/2012 proposto avverso il PUA (che ove accolta avrebbe comportato la inammissibilità dei motivi aggiunti veicolati avverso il permesso di costruire, attinto per mera invalidità derivata) e di conseguente improcedibilità del mezzo n. 1729/2011 (ivi si contestava l’autorizzazione paesaggistica sottesa al piano, ma dalla irricevibilità della impugnazione avverso il Piano Attuativo scaturiva la improcedibilità di detto –primo in ordine cronologico -mezzo).

Il PUA relativo al comparto 26 era stato approvato il 21 maggio 2012 (delibera n. 80);
la delibera predetta era stata pubblicata dal 22 maggio al 6 giugno sull’Albo Pretorio: anche tenuto conto del periodo feriale, il termine sarebbe scaduto il 21.9.2012 (60gg più 45 gg di sospensione feriale).

Il mezzo fu proposto il 30.11.2012;
era quindi tardivo.

Il T ha opinato diversamente, facendo decorrere il termine impugnatorio dalla data del 3.10.2012 (data in cui a parte appellata fu recapitata la nota comunale del 2.10.2012 che li informava dell’avvenuta approvazione del PUA).

Ma tale nota, non poteva “rimettere in termini” parte appellata.

Essa infatti, in quanto non proprietaria di aree ricadenti nel comparto C2 non era “soggetto inciso” dalla delibera n. 80 del 21 maggio 2012: l’unico effetto della delibera era quello (favorevole) di esonerarle, in futuro, quando avessero voluto sviluppare la residua area C1 (questa sì di loro proprietà) dall’intraprendere le opere di urbanizzazione visto che delle opere di urbanizzazione dell’intero originario comparto “26” si era fatta carico l’odierna parte appellante.

La giurisprudenza secondo cui il termine decorreva dalla comunicazione, era stato evocato dal T del tutto a sproposito: era ben vero invece che tale principio era applicabile soltanto nel caso di strumento urbanistico impositivo di vincolo espropriativo. Ma non era questo certamente il caso: parte appellata, semmai, riceveva un vantaggio, in quanto la propria area era stata trasformata in area ad “edificazione diretta”.

Né v’era alcun altro diretto interesse di parte appellata da tutelare (tanto che, laddove il mezzo fosse stato tempestivo, esso avrebbe dovuto essere disatteso per difetto di interesse): essi noli appellati non ricavavano alcun danno dall’attuazione del comparto in stralci(ma anzi, semmai, vantaggio, dall’avvenuta suddivisione del Comparto in due sub comparti). Ed anzi, nel corso del giudizio culminato nella sentenza del T n. n. 1756/2009 essi avevano palesato una posizione opposta, opponendosi alla attuazione dell’intero Comparto “26”.

I paragrafi 2.8 e 2.9. della gravata decisione erano del tutto errati, quindi.

Nel merito, l’interpretazione fornita dal T all’art. 13 delle NTA al PRG era errata: ivi si prevedeva il limite minimo di standards per ogni sub comparto. Nulla vietava che in un singolo sub comparto si realizzasse una percentuale di opere di urbanizzazione per l’intero originario comparto.

Neppure (punti 3.4. e 3.5. dell’appello, pag. 37 e sgg) risultava violato l’art. 20 della legge regionale n. 11/2004: ciò, a tutto concedere, sarebbe stato vero, laddove il PRG non avesse espressamente stabilito che era possibile procedere per sub comparti.

Ma così non era, proprio in virtù dell’art. 13 delle NTA al PRG che rimetteva tale scelta (se procedere all’attuazione dell’intero comparto, ovvero per stralci) all’ampia discrezionalità del pianificatore.

Con la quarta censura (pagg. 41 e segg. dell’appello) è stata sostenuta la erroneità della sentenza nella parte in cui affermata la illegittimità dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dall’Ente Parco Colli Euganei e presupposta dal PUA, in quanto asseritamente in contrasto con l’art. 26 comma 2 lett. .B delle NTA al Piano ambientale del Parco Colli Euganei.

Ad avviso dell’appellante, il T aveva errato, non cogliendo che all’ Ente Parco Colli Euganei (e quindi al Piano ambientale del Parco Colli Euganei) non poteva essere rimesso il compito (spettante solo al PRG) di incidere sulla delimitazione dei comparti urbanistici.

Il limite del 10% di copertura edificata, quindi, non poteva riferirsi al comparto, ma al 10% dell’Ambito individuato dal Piano paesistico.

Era apodittica l’affermazione contenuta nella sentenza, secondo cui l’Ambito di piano paesistico territoriale non fosse perimetrato;

e l’affermazione del T secondo cui il Comune di Este secondo cui la citata prescrizione del Piano ambientale del Parco Colli Euganei era intesa ad evitare l’edificazione c.d. “a macchia di leopardo” era corretta, ma il primo giudice non aveva colto che il Comune l’aveva rispettata concentrando il 10% della copertura di superficie su di un unico comparto.

Con il quinto motivo (pagg. 50-51) è stato censurato il capo accoglitivo della censura di illegittimità dell’autorizzazione paesaggistica per supposta violazione dell’art. 37 delle NTA al piano paesistico ambientale: quest’ultimo risaliva al 1998;
ad esso aveva dato attuazione il Comune di Este, variando il PRG nel 2003.

Parte appellata ha depositato una articolata memoria, nell’ambito della quale ha riproposto le tesi già vittoriosamente sostenute in primo grado ed ha pertanto chiesto la reiezione del mezzo. In punto di fatto ha puntualizzato che:

a)le aree per cui è causa di cui al comparto 26 ricadono nel perimetro del Parco Colli Euganei e sono assoggettate al relativo Piano Ambientale;

b)esse sono comprese in zona UC (zona di Urbanizzazione Controllata) e nell’ambito di queste vanno qualificate quali zone di Urbanizzazione Consolidata, (ex art. 26 comma 2 lett. b NTA del PA);

c) sono qualificate come “prevalentemente vegetate” ex art. 26 comma 2 NTA del PA);

d) nella stessa zona il Piano Ambientale prevedeva la realizzazione di un Parco Urbano che spettava all’Amministrazione Comunale perimetrale, ela cui realizzazione era normata ex art.26 comma 2 e 35 comme 6 delle NTA del PA);

Ripercorso l’andamento del contenzioso, ha fatto presente che le riproposte eccezioni connesse di tardività del mezzo di primo grado n. 01843/2012, di difetto di legittimazione, e di improcedibilità conseguente del mezzo n. 01729/2011 non meritavano accoglimento.

Ciò in quanto:

a)innanzitutto, se anche si fosse affermata la tardività del mezzo di primo grado n. 01843/2012, ugualmente ciò non avrebbe determinato la improcedibilità del mezzo n. 01729/2011: quest’ultimo, infatti, era volto ad attingere la autorizzazione del 09/05/2011 prot. n. 12966/2010/1585 rilasciata dal Parco Regionale dei Colli Euganei in relazione al Piano Attuativo del comparto n. 26 nel Comune di Este;
detta autorizzazione costituiva presupposto legittimante del Piano Attuativo del comparto n. 26: annullata la prima, sarebbe caduto anche il secondo,e pertanto in ogni caso nessuna improcedibilità del ricorso n. 01729/2011 avrebbe mai potuto essere dichiarata;

b)in ogni caso, erano errate le eccezioni connesse di tardività del mezzo di primo grado n. 01843/2012, e di difetto di legittimazione ed interesse di quest’ultimo.

Ciò in quanto:

b1)parte appellata non era “soggetto terzo” rispetto al Piano Attuativo del comparto n. 26 : esso riguardava sia l’area C1 che quella C2, ricomprendeva, quindi, le aree (1200 mq circa) di pertinenza di parte appellata ed iscritte al comparto C1;
operava in materia l’art. 20 comma 6 della legge regionale veneta n. 11/2004. Il mezzo era pertanto tempestivo. Per altro verso, l’interesse a gravare tale piano sussisteva senz’altro: in virtù della suddivisione e dell’allocazione di tutte le opere urbanistiche in area C2, l’area di pertinenza di parte appellata inclusa nel sub comparto C1 restava priva di disciplina urbanistica autonoma. In sostanza il successivo sviluppo dell’area restava “affidato” alla (non certa) attuazione delle opere di urbanizzazione da parte delle appellanti società, proprietarie delle aree ricadenti in comparto C2. A tale “interesse”, si sommava quello a che venisse rispettata la prescrizione di cui all’art. 26 del Piano Ambientale del Parco Regionale dei Colli Euganei in punto di rispetto della percentuale delle aree da destinare ad edificazione.

b2) per altro verso, era certo che il Piano Attuativo avversato facesse riferimento all’intero comparto originario “26”. Per prevenire equivoci, però, se anche si fosse voluto ritenere che detto Piano Attuativo avversato non facesse riferimento all’intero comparto originario “26”, ma soltanto al sub comparto c2, ugualmente sussisteva legittimazione ed interesse a gravarlo: sarebbe stata violata, in tale caso, la disposizione di cui all’art. 13 delle NTA del PRG e della scheda norma;

c) era ben vero che il predetto art. all’art. 13 delle NTA del PRG consentiva l’attuazione per stralci. Ma ciò riguardava appunto l’attuazione, e non l’approvazione del comparto, che doveva essere unica;
ed in ogni caso, la suddivisione in stralci sarebbe stata possibile –proprio ai sensi del predetto art. all’art. 13 delle NTA del PRG- laddove ogni sub comparto fosse stato autonomo, sotto il profilo urbanistico: ma ciò non era accaduto nel caso di specie, laddove tutte le opere di urbanizzazione erano concentrate nel sub comparto C2.

Parte appellata ha poi riproposto (punto 3.5. della memoria di costituzione ) il mezzo di primo grado rimasto assorbito, secondo cui l’approvazione del Piano Attuativo sarebbe stata affetta da sviamento, riposante nella circostanza che tale modo di procedere era stato volto ad eludere il principio di maggioranza (era incontestato, ed ammesso da parte appellante, che quest’ultima non possedeva la maggioranza dell’originario comparto 26).

E ove l’art. 13 delle NTA del PRG fosse stato interpretato nel senso di consentire l ‘ approvazione di un PUA comprensivo soltanto di una parte del comparto n. 26 del PRG, esso sarebbe stato illegittimo, per contrasto con la norma (art. 17 comma 2 lett. B) della legge regionale del Veneto n. 11/2004, che riservava allo strumento urbanistico generale la perimetrazione degli ambiti da assoggettare a strumento attuativo.

Con il quarto motivo della memoria ha contestato la tesi appellatoria secondo cui la sentenza di primo grado aveva errato nell’interpretare l’art. 16 e l’art. 26 del Piano Ambientale del Parco Regionale dei Colli Euganei

Il perimetro del Parco Urbano non era stato dettagliatamente individuato dal Piano Ambientale.

Con la quinta censura ha ribadito che sussisteva contrasto tra gli atti avversati e l’art. 37 del Piano Ambientale.

Ciò perché, come colto dal T, al momento dell’ esame da parte dell’Ente Parco della conformità al Piano Ambientale della variante al PRG,la conformità era stata espressa sulla variante “adottata”: la scheda norma del PRG relativa al comparto “26” era stata introdotta ed approvata dal Comune solo in fase successiva all’adozione, e quindi in fase di approvazione delle controdeduzioni (id est: nel 2002).

Alla camera di consiglio del 31 marzo 2015 fissata per la delibazione dell’incidente cautelare la controversia è stata rinviata al merito,

Alla odierna pubblica udienza del 22 settembre 2015 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.


Ricorso n. 1241/2015;

Il Comune D’Este ha gravato la suindicata decisione proponendo un articolato appello.

Ha in primo luogo ripercorso il contenzioso, anche infraprocedimentale, ed ha riproposto tre eccezioni/doglianze preliminari (tardività del mezzo n. 01843/2012;
difetto di interesse a gravare previsioni che di fatto, allocando tutte le opere di urbanizzazione nel subcomparto C2, consentivano che i coniugi Vigato procedessero ad edificazione “diretta” nel proprio sub comparto C1;
omessa preventiva e tempestiva impugnazione del PRG).

Nel quarto motivo ha censurato la statuizione di primo grado, nella parte in cui aveva accolto il primo mezzo di primo grado (ric. 01729/2011) teso a gravare l’autorizzazione del 09/05/2011 prot. n. 12966/2010/1585 rilasciata dal Parco Regionale dei Colli Euganei in relazione al Piano Attuativo del comparto n. 26 nel Comune di Este ed i pareri del 24/02/2011 e del 26/01/2011 espressi dalla Commissione Tecnica del Parco Regionale dei Colli Euganei.

Il T aveva accolto il mezzo, ravvisando la contrarietà tra la lottizzazione proposta dalla Società New Capital e la disciplina del Piano Ambientale, di cui agli artt. 26 comma 2 e 37 delle Norme Tecniche del Piano Ambientale del parco Regionale dei Colli Euganei.

Ad avviso del Comune, il T non aveva colto che l’ art. 26 commi 1 e 2 delle Norme Tecniche del Piano Ambientale del parco Regionale dei Colli Euganei non era norma a regime del Pua, e non integrava norma prescrittiva, ma di indirizzo per l’elaborazione degli strumenti urbanistici generali;
la detta norma non poteva avere portata direttamente prescrittiva sul PUA.

Per altro verso, il Comune di Este aveva sostenuto che il limite del 10% ivi contenuto andava calcolato sull’” intera area classificata come vegetata”.

Il T erroneamente aveva disatteso l’argomento, ed il connesso argomento dell’Ente Parco, sulla base di un ragionamento errato in fatto.

Si è detto infatti, nella gravata sentenza che l’applicazione del limite del 10% riferito all’intero “Ambito 6” era impossibile sulla base di una errata interpretazione dell’art. 26 (“il tenore dell’art. 26 è inequivocabilmente diretto a riferirsi alla zona C”) e stante la mancata perimetrazione dell’ambito sopra citato.

Parimenti, si è sostenuto che il limite del 10% non poteva applicarsi sull’intera area classificata come “prevalentemente vegetata”, in quanto quest’ultima né era compiutamente definita, e neppure coincideva con l’Ambito n. 6.

Ma tali conclusioni, in punto di fatto erano sbagliate (non potevano esistere aree “indefinite”).

Con la quinta censura ha rammentato che dalla tesi per cui l’ art. 26 commi 1 e 2 delle Norme Tecniche del Piano Ambientale del parco Regionale dei Colli Euganei (ed il limite del 10% ivi contenuto) andasse riferito al Pua, il T aveva fatto discendere la riscontrata violazione dell’37 delle Norme Tecniche del Piano Ambientale del parco Regionale dei Colli Euganei.

Ciò sostenendo il mancato adeguamento del PRG al Piano Ambientale.

Ma il PRG era successivo al Piano Ambientale del parco Regionale dei Colli Euganei;
il Parco Regionale dei Colli Euganei aveva attestato la conformità del PRG al Piano.

Allora, semmai, doveva essere ipotizzato non un”mancato adeguamento”, ma uno “scorretto adeguamento”: ma ciò non era possibile rilevarlo, stante la circostanza che il PRG non era stato neppure impugnato.

Nella sesta censura ha censurato la riscontrata violazione dell’art. 13 delle NTA al PRG: l’allocazione di opere di urbanizzazione unicamente nel sub-comparto C2 era funzionale all’intero (originariamente unico) comparto “26”.

E gli standards allocati nel sub-comparto C2 erano funzionali anche al comparto C1.

Parte appellata ha depositato una articolata memoria, nell’ambito della quale, ha in primo luogo riproposto i motivi di censura contenuti nei due mezzi di primo grado e non esaminati dal T perché assorbiti, tra cui le plurime censure avversanti l’autorizzazione paesaggistica.

Alla odierna pubblica udienza del 22 settembre 2015 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.


Ricorso n. 1310/2015;

L’ Ente Parco Regionale dei Colli Euganei ha proposto un articolato appello, nell’ambito del quale, nel chiedere la riforma dell’appellata decisione, ne ha sostenuto la erroneità in quanto essa:

a)aveva dichiarato l’illegittimità del PUA per contrasto al Piano Ambientale, e per incidens avrebbe affermato la illegittimità del PRG, in quanto contrastante con il Piano Ambientale, senza cogliere la causa di inammissibilità rappresentata dalla omessa impugnazione del PRG;

b)nel merito, ha sostenuto che il T non aveva colto che l’art. 26 delle NTA al Piano Ambientale Parco Regionale dei Colli Euganei era norma di indirizzo,rivolta ai comuni in vista della redazione del PRG e non immediatamente prescrittiva.

Ciò ai sensi dell’art. 2 delle NTA al Piano Ambientale Parco Regionale dei Colli Euganei predette.

Il riferimento alla percentuale del 10% contenuto sub art. 26 comma 2 n. 4 era da intendersi collegato (non già al singolo comparto urbanistico come inesattamente ritenuto dal T, ma) ai “sistemi di aree da mantenersi prevalentemente vegetate”.

Ritenere che esso si riferisse al singolo comparto urbanistico (la cui delimitazione era rimessa esclusivamente al pianificatore comunale) era errore prospettico rilevante.

Invece, il limite del 10% andava calcolato sull’intero Ambito 6 di Cà Borin.

L’interpretazione del T aveva come unico risultato quella di impedire la realizzazione del Parco Urbano.

Anche il richiamo alla supposta violazione dell’ art. 37 delle NTA al Piano Ambientale Parco Regionale dei Colli Euganei era errato.

Il Parco si era pronunciato favorevolmente;
semmai doveva essere ipotizzato non un”mancato adeguamento”, ma uno “scorretto adeguamento”.

La sentenza era comunque errata anche per extrapetizione, nella parte in cui aveva annullato un PRG mai impugnato.

Parte appellata ha depositato una articolata memoria, nell’ambito della quale, ha in primo luogo riproposto i motivi di censura contenuti nei due mezzi di primo grado e non esaminati dal T perché assorbiti, tra cui le plurime censure avversanti l’autorizzazione paesaggistica.

Ha in particolare riproposto il motivo del mezzo di primo grado, secondo cui l’autorizzazione paesaggistica rilasciata (e che costituiva il presupposto del Piano Attuativo) oltre ad essere viziata perché contrastante con il Piano Ambientale, lo era parimenti perché fondata su una istruttoria parziale ed incompleta.

Ha poi sostenuto che la detta l’autorizzazione paesaggistica fosse viziata per difetto di motivazione: a seguito del Parere reso dalla Commissione Tecnica il 26.1.2011, secondo cui “l’intervento non era compatibile con il PA”, l’autorizzazione paesaggistica si sarebbe dovuta fondare su una complessa ed articolata motivazione.

Detta motivazione, invece, era non soltanto scarna, ma anche apparente facendo riferimento alle resultanze dell’istruttoria: essa nulla chiariva, ed in detti termini l’atto risultava viziato anche sotto tale profilo.

Con la terza censura ha ribadito che il PUA violava la regola generale secondo cui si richiedeva il consenso unanime dei proprietari incluse nei Piano Attuativo, ovvero le maggioranze qualificate ex art. 20 comma 6 della l.R. Veneta n. 11/2004.

Con la quarta doglianza (2.1)ha fatto presente che era certo che il Piano Attuativo avversato facesse riferimento all’intero comparto originario “26”. Per prevenire equivoci, però, se anche si fosse voluto ritenere che detto Piano Attuativo avversato non facesse riferimento all’intero comparto originario “26”, ma soltanto al sub comparto c2, ugualmente sussisteva legittimazione ed interesse a gravarlo: sarebbe stata violata, in tale caso, la disposizione di cui all’art. 13 delle NTA del PRG e della scheda norma.

Ha inoltre insistito nel ritenere gli atti gravati viziati da sviamento, ed ha in via subordinata rilevato (riproponendo un motivo già avanzato in via subordinata in primo grado nell’ambito del mezzo n. RG 1843/12) che laddove l’art. 13 delle NTA del PRG fosse stato interpretato nel senso di consentire l ’approvazione di un PUA comprensivo soltanto di una parte del comparto n. 26 del PRG, esso sarebbe stato illegittimo, per contrasto con la norma (art. 17 comma 2 lett. B) della legge regionale del Veneto n. 11/2004, che riservava allo strumento urbanistico generale la perimetrazione degli ambiti da assoggettare a strumento attuativo.

I motivi di illegittimità del Pua, si riflettevano sul permesso di costruire, che era parimenti illegittimo, e doveva essere annullato.

In vista dell’odierna pubblica udienza del 22 settembre 2015, in data 21 luglio 2015 le parti hanno presentato memorie tese a ribadire le proprie rispettive difese, ed in particolare, con memoria di replica depositata il 27 agosto 2015 l’appellante Ente Parco ha ribadito le proprie doglianze

Alla odierna pubblica udienza del 22 settembre 2015 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.

DIRITTO

1. I suindicati appelli devono essere riuniti in quanto oggettivamente e soggettivamente connessi e diretti a gravare la medesima sentenza.

1.1. Di essi deve essere affermata la infondatezza.

1.2. Il Collegio prenderà innanzitutto in esame le riproposte (da parte della ditta controinteressata, da parte del Comune e da parte dell’Ente Parco) eccezioni di tardività ed inammissibilità del’originario mezzo di primo grado n. 01843/2012 in quanto esse prospettano una carenza di condizione dell’azione (supposta carenza di interesse a ricorrere della parte originaria ricorrente, omessa impugnazione del PRG, etc) che è necessario esplorare anche nell’odierno grado di giudizio.

1.2. Si anticipa, tuttavia, che è ben dubbio che dette doglianze siano supportate da un effettivo interesse.

E’ senz’altro condivisibile infatti, la considerazione di parte appellata secondo cui se anche si dovesse affermare la tardività del mezzo di primo grado n. 01843/2012, ugualmente ciò non determinerebbe la improcedibilità del mezzo n. 01729/2011: quest’ultimo, infatti, era volto ad attingere la autorizzazione del 09/05/2011 prot. n. 12966/2010/1585 rilasciata dal Parco Regionale dei Colli Euganei in relazione al Piano Attuativo del comparto n. 26 nel Comune di Este;
detta autorizzazione costituiva presupposto legittimante del Piano Attuativo del comparto n. 26: annullata la prima, cadrebbe anche il secondo,e pertanto in ogni caso nessuna improcedibilità del ricorso n. 01729/2011 avrebbe mai potuto essere dichiarata.

1.2.1 In ogni caso, la doglianza di tardività ed inammissibilità per carenza di interesse del’originario mezzo di primo grado n. 01843/2012 non è fondata.

1.2.2. Parte appellante, per sostenerla, ricorre ad argomenti dialettici che peraltro, almeno in parte, sono in contraddizione tra loro.

Anche a volere seguire l’appellante nella esposizione dei presupposti di fatto della propria tesi (del che, peraltro, potrebbe fondatamente dubitarsi) il Collegio dimostrerà come essa non meriti positivo riscontro.

E ciò, in disparte la circostanza che il comune ebbe a notificare a parte appellata l’avviso della avvenuta approvazione del piano, con ciò, evidentemente rendendosi conto che ciò fosse necessario (parte appellante sottolinea che detta comunicazione intervenne solo il 2.10.2012, con nota comunicata il 3.10.2012, e quindi quando il termine decorrente dalla pubblicazione –dal 22.5.2012 al 6.6.2012 essendo stata la delibera approvata il 21.5.2012- era scaduto)

1.2.3. In primis, invero, l’appellante pare concordare con la tesi a più riprese affermata dalla giurisprudenza ( ex aliis T.A.R. Brescia Lombardia sez. I 05/11/2010 n. 4559) secondo cui mentre i proprietari di immobili diversi da quelli inclusi nel piano attuativo — esterni cioè al suo ambito territoriale — non hanno titolo alla notifica individuale dell'atto di approvazione del piano, per cui trova applicazione nei loro confronti la norma che, per i terzi, ancora la decorrenza del termine impugnatorio al momento della pubblicazione, i proprietari di immobili inclusi nel piano hanno diritto alla notifica individuale.

1.2.4. Ritiene però che detto orientamento non sia traslabile alla fattispecie, perché la delibera approvata il 21.5.2012 riguardava il subcomparto C2;
parte appellata non possedeva immobili in detto comparto ma soltanto nel subcomparto C1 e, quindi, non sarebbe (stato) soggetto “inciso” cui doveva notificarsi la delibera predetta.

1.2.5. Può in contrario senso osservarsi (ma stante la intima connessione delle dette censure pregiudiziali la tematica verrà successivamente esaminata anche in sede di scrutinio del merito) che:

a) è soltanto in virtù del PUA presentato ad iniziativa privata dalla odierna parte appellante, che l’originario unico comparto “26” viene frazionato in due sub comparti, C1 e C2: ciò sarebbe sufficiente a disinnescare l’eccezione in quanto, seppure per frazionare il comparto “26”, il sub comparto C1 viene “normato” dalla delibera di Giunta Comunale 21/5/2012 n. 80 gravata;

a1)anche sotto il profilo della intestazione, poi, la detta delibera di Giunta Comunale 21/5/2012 n. 80 recava oggetto: "Piano Urbanistico Attuativo. Scheda Progetto Comparto 26”: essa quindi, si riferiva all’intero ed unico comparto originario (seppure per smembrarlo e consentirne la attuazione a stralci): la sua approvazione doveva essere comunicata agli appellati che possedevano immobili in area C1, incontestabilmente, sino a quel momento, facente appunto parte del comparto “26”;

b)e ciò, è tanto più vero, che il PUA presentato ad iniziativa privata dalla odierna parte appellante si è dovuto fare carico di prevedere opere di urbanizzazione ricadenti nel comparto C2 ma “serventi” anche il comparto C1, a testimonianza che la originaria previsione di unicità del Comparto non era senza rilievo.

Ma anche a volere seguire ancora l’appellante, questi riconosce la circostanza in ultimo citata, e sostiene che la circostanza che essa stessa si è dovuta fare carico di prevedere opere di urbanizzazione ricadenti nel comparto C2, integrerebbe la conseguenza che parte appellata riceveva un vantaggio da tale previsione, e quindi non avrebbe potuto dolersene in quanto trattavasi di una previsione assimilabile ad una donazione indiretta.

1.2.6. Come è agevole riscontrare, parte appellante muove da una prima affermazione (ma sarebbe meglio definirla petizione di principio) obliando che il Pua da essa presentato frazionava ciò che era unitario;
e “saltando” tale passaggio sostiene che - visto che il predetto Pua normava direttamente solo l’area C2, dove gli appellati non possedevano immobili - essi non erano soggetti incisi. Da tale (comunque fallace) punto di partenza, è poi costretto a recedere, quando ammette che il detto PUA si faceva carico di opere di urbanizzazione da eseguirsi nel comparto C2 indirettamente disponendo anche per il comparto C1 (dove è incontestato che parte appellata possieda immobili) in quanto risultava che ivi non ne dovessero essere eseguite e che le opere eseguite in area C2 “servissero” anche l’area C1.

E poi sostiene che essi non avevano interesse a gravarlo, in quanto destinatari di una “donazione indiretta”.

Anche a volere seguire l’appellante in tale artificiosa “scomposizione”, possono muoversi tre obiezioni:

a)il solo fatto che il PUA prevedesse comunque prescrizioni (anche sub species della allocazione integrale in comparto C2 di opere di urbanizzazione) interessanti il comparto C1 disinnesca l’eccezione di tardività, da valutarsi sotto il profilo astratto della individuazione dei soggetti aventi diritto a diretta notifica: chi possedeva immobili nel comparto C1 era per ciò solo soggetto “inciso”, nel senso di avente diritto alla notifica dell’approvazione del Piano medesimo, evento dal quale decorreva il termine per impugnare;

b)armonicamente ai principi civilistici in punto di necessaria accettazione delle “donazioni indirette” (e comunque di possibilità di rifiuto delle medesime) parte appellata poteva e può opporsi alla esecuzione da parte di terzi delle dette opere sul comparto ove detiene immobili, ed essa ha documentato le ragioni per cui tali previsioni, che “saturano” detto comparto non le siano gradite.

A monte, il quesito cui occorre fornire risposta è il seguente: parte appellata, titolare di beni insistenti in un comparto ab origine “unico”, aveva o no diritto a che l’atto amministrativo che frazionava in due il comparto ab origine unico le fosse notificato? Poteva opporvisi? E quale atto avrebbe dovuto impugnare?

La risposta è scontata: la delibera n. 80/2012: non foss’altro per tali considerazioni essa avrebbe avuto diritto a che tale delibera le fosse notificata, e da tale data decorreva il termine per impugnarla (arg ex art. 20 comma 6 della legge regionale veneta n. 11/2004: “ I piani urbanistici attuativi di iniziativa privata sono redatti e presentati dagli aventi titolo che rappresentino almeno il 51% del valore degli immobili ricompresi nell'ambito, in base al relativo imponibile catastale e, comunque, che rappresentino almeno il 75% delle aree inserite nell'ambito medesimo. Il piano approvato è depositato ed il relativo deposito è notificato ai proprietari dissenzienti nelle forme previste per gli atti processuali civili o a mezzo di messo comunale. Dopo l'entrata in vigore del piano, l'inutile decorso dei termini previsti per la sua attuazione costituisce titolo per procedere all'espropriazione degli immobili degli aventi titolo dissenzienti secondo le modalità e per gli effetti previsti dall'articolo 21.”.

Le censure/doglianze preliminari proposte dalla società appellante nell’ambito del ricorso n. 1603/2015 vanno pertanto disattese.

1.2.7. A quanto sinora detto può aggiungersi una ulteriore notazione, che comunque è del tutto accessoria ed ultronea e si rassegna per mere ragioni di completezza espositiva.

1.2.8. Nessuna delle parti appellanti ha sostenuto che la delibera 80/2012 non fosse diretta a normare quello che in origine era l’unico comparto “26” (e d’altro canto, sol che si legga l’intestazione della delibera, ciò sarebbe stato arduo: e sol che si consideri che ivi era prevista la ripartizione degli standards per l’intero comparto originariamente unico, ancor più difficile ).

Parte appellata, però, nell’ultima parte della memoria depositata nell’ambito del mezzo n. 1603/2015 e di quella resa nell’ambito del ricorso n. 1310/2015 ha chiarito che, se anche si fosse voluto opinare che la delibera ab origine si fosse diretta alla normazione del (solo) comparto C2, essa sarebbe stata illegittima per straripamento di potere.

Tali considerazioni non sono state contestate dalle parti appellanti: può in più aggiungersi, che anche in tale ipotesi il termine sarebbe disceso (non dalla pubblicazione ma) dalla effettiva conoscenza, in quanto si sarebbe addivenuti ad una illegittima riperimetrazione incidente (anche) sul comparto C1.

Da qualunque angolo prospettico si valuti, la eccezione è infondata.

1.3.Quanto alla eccezione di carenza di interesse un’ultima considerazione v’è da ribadire:

a)non soltanto va evidenziata la singolarità di una simile eccezione avanzata dalla parte intimata, a fronte della circostanza che parte originaria ricorrente vibratamente ribadisce il proprio interesse ad impugnare gli atti gravati, e segnala che già in passato era vittoriosamente insorta avverso la iniziativa pianificatoria avviata dalla ditta New capital;

b)sotto il profilo oggettivo, nella memoria di costituzione (capo 2.1. pagg. 11 e 12)parte appellata ha chiarito che essa avrebbe legittimazione ed interesse (se non altro derivante dalla incontestabile vicinitas) a dolersi della a soluzione adottata che “vedrebbe “ le opere viabilistiche tutte allocate nel sub comparto C2 e di incertezza, comunque, in ordine alla effettiva esecuzione delle medesime, “rimesse” alla integrale iniziativa di parte controinteressata odierna appellante;

c) ed ha altresì chiarito che – anche facendo “semplice” riferimento alla sua posizione di proprietaria di aree ubicate nelle immediate vicinanze del compendio immobiliare oggetto di trasformazione, non potrebbe dubitarsi della propria legittimazione ad opporsi alla cementificazione di un’area destinata a Parco.

Anche tale eccezione, per le assorbenti considerazioni sinora elencate, va quindi disattesa.

2. Devono adesso essere esaminate le doglianze/eccezioni preliminari prospettate dall’appellante Comune D’Este (ric. n. 1241/2015) e Dell’Ente Parco regionale Colli Euganei (ric. n. 1310/2015) .

2.1.Quanto all’eccezione di tardività del mezzo n. 1843/2012 e di supposta carenza di interesse, si è già detto prima.

2.1.1. Quanto alla riproposta eccezione relativa alla omessa impugnazione del PRG, si osserva quanto segue.

Parte appellata non doveva impugnare il PRG, né, a fortiori, possono ipotizzarsi conseguenze preclusive nei suoi confronti per non avere intrapreso tale iniziativa.

2.2. Ciò per più ragioni: sia di ordine generale (ciò risponde ad un consolidato indirizzo - ex aliis Consiglio di Stato sez. III 16/04/2014 n. 1955 - secondo il quale “ in tema di disposizioni dirette a regolamentare l'uso del territorio negli aspetti urbanistici ed edilizi, contenute nel piano regolatore, nei piani attuativi o in altro strumento generale individuato dalla normativa regionale, vanno distinte le prescrizioni che, in via immediata, stabiliscono le potenzialità edificatorie della porzione di territorio interessata -nel cui ambito rientrano le norme di c.d. zonizzazione, la destinazione di aree a soddisfare gli standard urbanistici, la localizzazione di opere pubbliche o di interesse collettivo- e le altre regole che, più in dettaglio, disciplinano l'esercizio dell'attività edificatoria, generalmente contenute nelle norme tecniche di attuazione del piano o nel regolamento edilizio -disposizioni sul calcolo delle distanze e delle altezze, sull'osservanza di canoni estetici, sull'assolvimento di oneri procedimentali e documentali, regole tecniche sull'attività costruttiva, ecc.-: mentre per le disposizioni appartenenti alla prima categoria s'impone, in relazione all'immediato effetto conformativo dello ius aedificandi dei proprietari dei suoli interessati che ne deriva, ove se ne intenda contestare il contenuto, un onere di immediata impugnativa in osservanza del termine decadenziale a partire dalla pubblicazione dello strumento pianificatorio, a diversa conclusione deve pervenirsi, invece, con riguardo alle prescrizioni di dettaglio contenute nelle norme di natura regolamentare destinate a regolare la futura attività edilizia, che sono suscettibili di ripetuta applicazione ed esplicano effetto lesivo nel momento in cui è adottato l'atto applicativo e, dunque, possono essere oggetto di censura in occasione della sua impugnazione.”).

Ma soprattutto con riguardo alla specifica fattispecie, come plasticamente ricavabile dalla sentenza del T Veneto regiudicata n. 01756/2009 resa con riferimento alla medesima area e cui a più riprese si è fatto riferimento nella sentenza di primo grado e negli scritti difensivi,

la creazione di un unico comparto “26” garantiva parte appellata (che possedeva e possiede le maggioranze prescritte per opporsi a qualsivoglia trasformazione sgradita) circa la non adottabilità, in sede di pianificazione attuativa, di scelte dalla stessa non condivise.

Ciò è sufficiente a rilevare che non si vede perché la pregressa impugnazione del PRG fosse condizione necessaria per la proposizione delle impugnazioni di primo grado.

La omessa impugnazione del PRG quindi, per le ragioni già dette non impediva l’impugnazione del PUA.

Per più radicali motivi, inoltre, non precludeva l’impugnazione dell’ autorizzazione paesaggistica rilasciata: invero, a quest’ultima (provvedimento autonomo, e proveniente da una amministrazione diversa rispetto al Comune, e finalizzato alla tutela di un interesse diverso, di natura non urbanistico ma anche ambientale) si “rimprovera” di non avere colto la lottizzazione proposta contrastasse con la disciplina del Piano Ambientale negli artt. 26 comma 2 e 37 delle Norme Tecniche del Piano Ambientale del parco Regionale dei Colli Euganei.

Se anche si fosse ritenuto che il PRG ciò avesse consentito (ma, certamente, non reso obbligatorio non essendo questa l’unica opzione possibile) , l’Ente Parco da esso non era vincolato, ben potendo rilevarne il contrasto in sede di disamina del Piano Attuativo.

La sottile distinzione tra “mancato adeguamento” del PRG alle prescrizioni di Piano, e “scorretto adeguamento” ( sulla quale pure ci si soffermerà di seguito) non si risolve a vantaggio dell’accoglimento della eccezione: se l’Ente Parco rilasciò il parere favorevole sul PRG avendo presente una stesura che non contemplava l’ambito “26” ciò significa che adeguamento in parte qua non vi fu.

E ciò poteva essere rilevato soltanto in sede di presentazione del Piano attuativo.

Ciò che si rimprovera all’Autorizzazione paesaggistica riposa proprio in tale omesso rilievo: e l’impugnazione di quest’ultima è condizione necessaria e sufficiente per sollevare la censura.

Anche tale eccezione, quindi, va disattesa.

3. Può adesso essere esaminato il merito della controversia, e stante la intima connessione delle censure proposte dalle tre parti appellanti esse saranno esaminate congiuntamente, al fine di tentare di evitare di ripetere più volte i medesimi concetti.

3.1. Al fine di sgombrare il campo da censure manifestamente infondate e comunque rivestenti una portata logica pregiudiziale evidenzia immediatamente il Collegio che non appare fondata la riproposta tesi di parte appellante (punto 3.5. della memoria di parte appellata nell’ambito del ricorso n. 1603/201) contenuta in una doglianza del mezzo di primo grado rimasta assorbita, secondo cui l’approvazione del Piano Attuativo sarebbe stata affetta da sviamento, riposante nella circostanza che tale modo di procedere era stato volto ad eludere il principio di maggioranza (era incontestato, ed ammesso da parte appellante New Capital, che quest’ultima non possedeva la maggioranza dell’originario comparto 26).

Invero l’appellante controinteressata società New Capital ammette di non possedere le prescritte maggioranze, per l’intero comparto “26”. E la sentenza del T Veneto n. 1756/2009, regiudicata, ciò ha avvalorato e definitivamente sancito;
tuttavia parte appellante ha un (non illegittimo, in se e per se) interesse a “superare” detta prescrizione, e non costituisce sviamento “utilizzare” le eventuali norme che ciò consentano (ad esempio, come nel caso di specie, ricorrendo al frazionamento del comparto).

In se e per sé ciò non determina alcuno “sviamento”: il problema riposa nel verificare se tale operazione sia, o meno, legittima, alla luce delle norme di legge e delle prescrizioni urbanistiche che regolamentano la fattispecie.

Se lo fosse, tale attività sarebbe legittima;
al contrario, se -come ritenuto dal T- non lo fosse, sarebbe illegittima.

Ma l’illegittimità, riposerebbe nel contrasto con la norma di legge o di regolamento, e non invece nel vizio di sviamento, che postula una surrettizia attività elusiva di un precetto a fini non consentiti.

Più chiaramente: se nelle pieghe della legislazione urbanistica venisse rinvenuta una disposizione che consente di superarne un’altra, “preclusiva” di una certa attività, non sarebbe corretto ricorrere al concetto di “sviamento”.

Se invece, la norma “ampliativa” suddetta non esiste, allora si ha illegittimità: ma non per “sviamento”, ma per contrasto rispetto alla disposizione preclusiva.

La riproposta censura di parte appellata –sulla quale si è pregiudizialmente soffermati perché costituente leit motiv di buona parte dell’originario mezzo di primo grado - va quindi disattesa.

3.2. Nel merito, ritiene il Collegio che il decisum del T sia immune dalle prospettate doglianze.

3.2.1. Verranno (per quanto possibile, posto che vi sono elementi di connessione e reciproca interferenza) separatamente esaminate le censure attingenti il capo della impugnata decisione che ha annullato l’autorizzazione paesaggistica gravata mercè il primo (sotto il profilo cronologico) ricorso di primo grado, e quelle attingenti i capi che hanno annullato la delibera di approvazione del Piano attuativo di iniziativa privata presentato dalla appellante New Capital.

4. Quanto al secondo gruppo di doglianze, le disposizioni primarie da tenere presente sono due, e riposano negli artt. 17 e 20 della legge regionale veneta n. 11/2004.

Di esse, appare opportuno riportare per esteso il testo.

L’art. 17 (recante Contenuti del Piano degli interventi -PI) così dispone: “1. Il piano degli interventi (PI) si rapporta con il bilancio pluriennale comunale, con il programma triennale delle opere pubbliche e con gli altri strumenti comunali settoriali previsti da leggi statali e regionali e si attua attraverso interventi diretti o per mezzo di piani urbanistici attuativi (PUA).

2. Il PI in coerenza e in attuazione del piano di assetto del territorio (PAT) sulla base del quadro conoscitivo aggiornato provvede a:

a) suddividere il territorio comunale in zone territoriali omogenee secondo le modalità stabilite con provvedimento della Giunta regionale ai sensi dell'articolo 50, comma 1, lettera b);

b) individuare le aree in cui gli interventi sono subordinati alla predisposizione di PUA o di comparti urbanistici e dettare criteri e limiti per la modifica dei perimetri da parte dei PUA;

c) definire i parametri per la individuazione delle varianti ai PUA di cui all'articolo 20, comma 14;

d) individuare le unità minime di intervento, le destinazioni d'uso e gli indici edilizi;

e) definire le modalità di intervento sul patrimonio edilizio esistente da salvaguardare;

f) definire le modalità per l'attuazione degli interventi di trasformazione e di conservazione;

g) individuare le eventuali trasformazioni da assoggettare ad interventi di valorizzazione e sostenibilità ambientale;

h) definire e localizzare le opere e i servizi pubblici e di interesse pubblico nonché quelle relative a reti e servizi di comunicazione, di cui al decreto legislativo n. 259 del 2003 e successive modificazioni, da realizzare o riqualificare;

i) individuare e disciplinare le attività produttive da confermare in zona impropria e gli eventuali ampliamenti, nonché quelle da trasferire a seguito di apposito convenzionamento anche mediante l'eventuale riconoscimento di crediti edilizi di cui all'articolo 36 e l'utilizzo di eventuali compensazioni di cui all'articolo 37;

j) dettare la specifica disciplina con riferimento ai centri storici, alle fasce di rispetto e alle zone agricole ai sensi degli articoli 40, 41 e 43;

k) dettare la normativa di carattere operativo derivante da leggi regionali di altri settori con particolare riferimento alle attività commerciali, al piano urbano del traffico, al piano urbano dei parcheggi, al piano per l'inquinamento luminoso, al piano per la classificazione acustica e ai piani pluriennali per la mobilità ciclistica.

3. Il PI può, altresì, definire minori distanze rispetto a quelle previste dall' articolo 9 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 del Ministro per i lavori pubblici "Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell' articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765":

a) nei casi di gruppi di edifici che formino oggetto di PUA planivolumetrici;

b) nei casi di interventi disciplinati puntualmente.

4. Per individuare le aree nelle quali realizzare interventi di nuova urbanizzazione o riqualificazione, il comune può attivare procedure ad evidenza pubblica, cui possono partecipare i proprietari degli immobili nonché gli operatori interessati, per valutare le proposte di intervento che risultano più idonee a soddisfare gli obiettivi e gli standard di qualità urbana ed ecologico-ambientale definiti dal PAT. La procedura si conclude con le forme e nei modi previsti dall'articolo 6.

5. Il PI è formato da:

a) una relazione programmatica, che indica i tempi, le priorità operative ed il quadro economico;

b) gli elaborati grafici che rappresentano le indicazioni progettuali;

c) le norme tecniche operative;

d) il prontuario per la qualità architettonica e la mitigazione ambientale;

e) il registro dei crediti edilizi;

f) una banca dati alfa-numerica e vettoriale contenente l'aggiornamento del quadro conoscitivo di riferimento nonché le informazioni contenute negli elaborati di cui alle lettere a), b), e c).”.

Il successivo art. 20 (recante “Procedimento di formazione, efficacia e varianti del piano urbanistico attuativo”) invece, prevede che: “1. Il piano urbanistico attuativo (PUA) è adottato dalla Giunta comunale ed approvato dal Consiglio comunale. Qualora il piano sia di iniziativa privata la Giunta comunale, entro il termine di settantacinque giorni dal ricevimento della proposta corredata dagli elaborati previsti, adotta il piano oppure lo restituisce qualora non conforme alle norme e agli strumenti urbanistici vigenti.

2

3. Entro cinque giorni dall'adozione il piano è depositato presso la segreteria del comune per la durata di dieci giorni;
dell'avvenuto deposito è data notizia mediante avviso pubblicato nell'albo pretorio del comune e mediante l'affissione di manifesti. Nei successivi venti giorni i proprietari degli immobili possono presentare opposizioni mentre chiunque può presentare osservazioni.

4. Entro settantacinque giorni dal decorso del termine di cui al comma 3, il Consiglio comunale approva il piano decidendo sulle osservazioni e sulle opposizioni presentate. Il Consiglio comunale in sede di approvazione del piano dichiara, altresì, la sussistenza delle eventuali disposizioni planovolumetriche, tipologiche, formali e costruttive contenute nel piano urbanistico attuativo (PUA) al fine di consentire la realizzazione degli interventi mediante denuncia di inizio attività (DIA) ai sensi dell’ articolo 22, comma 3, lettera b) del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 e successive modificazioni .

4-bis. I termini previsti dai commi 1, 3 e 4 sono perentori;
qualora decorrano inutilmente i termini di cui ai commi 1 e 4 il piano si intende adottato o approvato e le opposizioni e osservazioni eventualmente presentate, respinte.

5. Il piano approvato è depositato presso la segreteria del comune ed il relativo deposito, nel caso di piani urbanistici attuativi di iniziativa pubblica, è notificato a ciascun proprietario degli immobili vincolati dal piano stesso nelle forme degli atti processuali civili o a mezzo di messo comunale, entro quindici giorni dall'avviso dell'avvenuto deposito.

6. I piani urbanistici attuativi di iniziativa privata sono redatti e presentati dagli aventi titolo che rappresentino almeno il 51% del valore degli immobili ricompresi nell'ambito, in base al relativo imponibile catastale e, comunque, che rappresentino almeno il 75% delle aree inserite nell'ambito medesimo. Il piano approvato è depositato ed il relativo deposito è notificato ai proprietari dissenzienti nelle forme previste per gli atti processuali civili o a mezzo di messo comunale. Dopo l'entrata in vigore del piano, l'inutile decorso dei termini previsti per la sua attuazione costituisce titolo per procedere all'espropriazione degli immobili degli aventi titolo dissenzienti secondo le modalità e per gli effetti previsti dall'articolo 21.

7. Per i programmi integrati può essere seguita la procedura dell'accordo di programma di cui all'articolo 7.

8. Il piano entra in vigore dieci giorni dopo la pubblicazione nell'albo pretorio del comune del provvedimento di approvazione.

9. Il piano ha efficacia per dieci anni, rimanendo fermo a tempo indeterminato soltanto l'obbligo di osservare nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti gli allineamenti e le prescrizioni stabiliti nel piano stesso. La costruzione di nuovi edifici è ammessa a condizione che gli edifici siano serviti dalle opere di urbanizzazione.

10. Decorso il termine stabilito per l'esecuzione del piano, lo stesso diventa inefficace per le parti non attuate.

11. Entro sessanta giorni dalla scadenza del termine stabilito per l'esecuzione del piano urbanistico attuativo è possibile presentare un nuovo piano per il completamento della parte rimasta inattuata. Prima della scadenza, il comune può prorogare la validità del piano per un periodo non superiore a cinque anni.

12. L'approvazione del piano comporta la dichiarazione di pubblica utilità per le opere in esso previste per la durata di dieci anni, salvo diverse disposizioni di legge per la singola fattispecie, prorogabile dal comune per un periodo non superiore a cinque anni.

13. Le varianti al piano sono adottate e approvate con le procedure di cui al presente articolo entro il termine di efficacia del medesimo.

14. Possono essere approvate varianti sottoscritte dai soli titolari delle aree incluse nella variante, purché le medesime non incidano sui criteri informatori del PUA secondo i parametri definiti dal piano degli interventi”)

Come è agevole riscontrare, l’art. 17 comma 2 lett. B dispone che Il PI in coerenza e in attuazione del piano di assetto del territorio (PAT) sulla base del quadro conoscitivo aggiornato provvede ad individuare le aree in cui gli interventi sono subordinati alla predisposizione di PUA o di comparti urbanistici e dettare criteri e limiti per la modifica dei perimetri da parte dei PUA.

Il comma 6 dell’art. 20 richiamato prevede che “I piani urbanistici attuativi di iniziativa privata sono redatti e presentati dagli aventi titolo che rappresentino almeno il 51% del valore degli immobili ricompresi nell'ambito, in base al relativo imponibile catastale e, comunque, che rappresentino almeno il 75% delle aree inserite nell'ambito medesimo. Il piano approvato è depositato ed il relativo deposito è notificato ai proprietari dissenzienti nelle forme previste per gli atti processuali civili o a mezzo di messo comunale. Dopo l'entrata in vigore del piano, l'inutile decorso dei termini previsti per la sua attuazione costituisce titolo per procedere all'espropriazione degli immobili degli aventi titolo dissenzienti secondo le modalità e per gli effetti previsti dall'articolo 21.”.

La interpretazione dell’art. 13 delle NTA al Prg patrocinata dalle parti appellanti, vanifica la prescrizione di cui al comma 6 dell’art. 20 (e tanto ciò è vero che parte appellante è costretta a “giustificarla” attraverso una commistione di elementi sostanziali e procedimentali, facendo presente che dall’assetto pianificatorio gravato parte appellata non poteva ricavare alcun danno).

4.1. L’abile difesa appellatoria prospetta abilmente una congerie di argomenti che producono l’effetto di distogliere l’attenzione dalla problematica centrale.

4.1.1. I principi da tenere presenti, ad avviso del Collegio, sono i seguenti:

a)il privato proprietario può opporsi ad iniziative aliene che riguardino il compendio di propria pertinenza –laddove la legge lo consenta- anche laddove queste, per ipotesi, arrechino quello che oggettivamente potrebbe essere percepito come un vantaggio;

b)in questo senso, il jus utendi, fruendi, et abutendi, rimane pietra angolare che connota il diritto di proprietà, sia pure nei limiti di ciò che è previsto ai sensi della Costituzione, e della legge;

c)ciò che la legge consente di fare “a dispetto” della opposizione (teoricamente anche meramente “dispettosa” od emulativa) del privato non risente quindi della circostanza che in concreto al proprietario “oppositore” sia stato attribuito, o meno un vantaggio;

d)sono quindi inconferenti tutti gli argomenti prospettati in tal senso da parte appellante, prima a fini di dimostrazione della fondatezza della eccezione preliminare di carenza di interesse, e poi nel merito;

e)la legge regionale veneta infatti prescrive, come visto, che “i piani urbanistici attuativi di iniziativa privata sono redatti e presentati dagli aventi titolo che rappresentino almeno il 51% del valore degli immobili ricompresi nell'ambito, in base al relativo imponibile catastale e, comunque, che rappresentino almeno il 75% delle aree inserite nell'ambito medesimo. Il piano approvato è depositato ed il relativo deposito è notificato ai proprietari dissenzienti nelle forme previste per gli atti processuali civili o a mezzo di messo comunale. Dopo l'entrata in vigore del piano, l'inutile decorso dei termini previsti per la sua attuazione costituisce titolo per procedere all'espropriazione degli immobili degli aventi titolo dissenzienti secondo le modalità e per gli effetti previsti dall'articolo 21.”;

e1) e detta legge non impone affatto che la opposizione dei dissenzienti sia motivata, giustificata, supportata da un interesse oppositivo volto ad avversare prescrizioni lesive: i proprietari di aree inserite in un comparto possono opporsi puramente e semplicemente alle progettate attività di trasformazione,senza dovere giustificare alcunché;

f) l’art. 13 delle NTA del PRG è stato interpretato dall’Amministrazione comunale nel senso si consentire che l’attuazione delle previsione contenute nelle “schede norma” possa avvenire per stralci, individuando dei sub-comparti e che, ancora, detti singoli sub comparti possano essere realizzati autonomamente;

g)in disparte la tesi sostenuta dal primo giudice, appare troncante rilevare che la “attuazione” per stralci, postula la individuazione del sub comparto;
ma se la previa individuazione del sub comparto non rispetta il principio stabilito sub comma 6 dell’art. 20 della legge regionale veneta n. 11/2004 si perviene ad una interpretatio abrogans della norma protettiva della minoranza dissenziente dei proprietarii del comparto;

h)quanto sopra – che come si è cercato di dimostrare prescinde dalla “indagine” circa la vantaggiosità o meno dell’intervento che si ritiene di eseguire – non ritiene il Collegio possa essere consentito ex art. 13 delle NTA al Prg;

i)ivi si parla di un unico PUA, che poi – si deve convenire con parte appellante – può essere attuato per stralci;

l)ma se così è, la suddivisione in subcomparti, può ritenersi legittimata dalla richiamata disposizione sub art. 13 delle NTA, a condizione che rispetti le norme sulla maggioranza prescritte dal comma 6 dell’art. 20.

m)altrimenti argomentando, violando l’ordine della gerarchia delle fonti, si consentirebbe ad una disposizione di natura regolamentare di (non già integrare ma) stravolgere il contenuto di una disposizione della legge urbanistica veneta, nella parte in cui quest’ultima detta disposizioni che assumono valenza protettiva dello status proprietario.

4.1.2. Larga parte dei principi sopraesposti erano stati enunciati allorchè si erano esaminate le censure preliminari e pregiudiziali.

Deve quindi affermarsi, riepilogando gli argomenti sinora enunciati, che:

a) va premesso che parte appellata ha interesse de facto ad opporsi al Piano attuativo in quanto crea un sub comparto (C1, ove insistono le arre di proprietà di parte appellata) non autonomo sotto il profilo urbanistico, ma totalmente dipendente dall’attuazione delle opere di urbanizzazione nel comparto C2;

b) va premesso parimenti che è ben vero che l’area di parte appellata diviene ad edificazione diretta, me che, appunto, ciò dipende dall’attuazione degli standards nell’area di cui al frazionato comparto C2, rimessa alla iniziativa della società contro interessata ed odierna appellante.

Ciò posto, la prescrizione di cui all’art. 20 comma 6 della legge regionale veneta non subordina il dissenso dei proprietari ad alcuna dimostrazione di concreto pregiudizio: consente che essi dissentano, e basta. Neppure è prescritto che il dissenso sia motivato.

La norma di cui all’art. 13 delle NTA, non può essere letta nel senso che essa consenta di bypassare detta prescrizione:

la sottodistinzione in sub comparti, incide sulla perimetrazione del comparto originario;
e la norma non è abilitativa di altro che dell’ “attuazione” del comparto per stralci, ma non della suddivisione del comparto unitario, in stralci.

Ed il piano predisposto da parte appellante, ed approvato dal Comune, formalmente rispetta tale precetto (tanto che il Piano si riferisce all’intero Comparto 26 ) e nella sostanza lo viola.

Ciò in quanto, non distingue tra approvazione ed attuazione, e ricorrendo al concetto di attuazione, di fatto, e prima ed a monte, perimetra il PUA suddividendolo in due comparti;
ma per fare ciò avrebbe avuto necessità che tale suddivisione avesse avuto l’unanimità di consensi, o la maggioranza prescritta ex art. 20 comma 6.

Ma ciò non è avvenuto.

E pertanto, la complessiva approvazione comunale di approvazione del Piano, è illegittima, senza che necessiti interrogarsi sulla circostanza che vi fosse una “effettiva “ lesione arrecata a parte appellata, etc.

Né più e ne meno che se ci si fosse trovati al cospetto di un dissenso espresso ex art. 20 comma 6 della legge regionale veneta n. 11/2004: esso non deve neppure essere motivato, per cui non ha luogo ad interrogarsi sulla “convenienza” del dissenso espresso dai propretarii delle aree.

4.2. Sotto il profilo formale, quindi (il Piano si riferiva all’intero comparto 26) e sostanziale (il Piano frazionava ciò che era intero, sia pure ai fini dell’attuazione per stralci) la posizione di parte appellata appare pienamente condivisibile, e la sentenza demolitoria del T va confermata per ragioni assorbenti rispetto ai (pure condivisibili) approdi sostanzialistici pure sottolineati.

4.2.1. Il principio da affermare (abilmente eluso da parte della accorta difesa della ditta controinteressata appellante: si veda pag 30 dell’atto di appello) è il seguente:

l’art. 13 delle NTA legittima (sia pur non illimitatamente, come evidenziato da parte appellata)l’attuazione del comparto per stralci;
ma la perimetrazione delle aree del comparto in sub comparti, e quindi la concreta individuazione, in seno al comparto della singola area oggetto di stralcio è soggetta al precetto di cui al comma 6 dell’art. 20 della legge 4/2011, e non è “facultizzata” dal testo dell’invocato art. 13 delle NTA che non si occupa affatto di perimetrazione interna del comparto, ma soltanto dell’attuazione.

4.2.2. E’ appena il caso di osservare, poi, che la fondatezza della tesi principale avanzata da parte appellata e ribadita con memoria nel presente grado di giudizio, emerge anche laddove si esamini la doglianza subordinata da essa avanzata nell’ambito del ricorso 1603/2015 e 1310/2015.

Ivi, l’appellata ha fatto presente che era certo che il Piano Attuativo avversato facesse riferimento all’intero comparto originario “26” (il dato non è contestato, e comunque il riferimento formale è inequivoco).

Parte appellata ha però osservato che se anche si fosse voluto ritenere che detto Piano Attuativo avversato non facesse riferimento all’intero comparto originario “26”, ma soltanto al sub-comparto c2, ugualmente sussisteva legittimazione ed interesse a gravarlo: sarebbe stata violata, in tale caso, la disposizione di cui all’art. 13 delle NTA del PRG e della scheda norma, ma soprattutto esso sarebbe stato illegittimo, per contrasto con la norma (art. 17 comma 2 lett. B) della legge regionale del Veneto n. 11/2004, che riservava allo strumento urbanistico generale la perimetrazione degli ambiti da assoggettare a strumento attuativo.

4.3. Quanto sinora affermato, con riguardo alla reiezione delle connesse censure volte a criticare la porzione demolitoria della sentenza di primo grado che ha annullato la delibera di approvazione del piano attuativo, esaurirebbe lo scrutinio del Collegio: annullato il Piano ne discende la illegittimità del titolo abilitativo rilasciato, con assorbimento degli ulteriori motivi

5. Per completezza, però, rileva il Collegio che quanto all’autorizzazione paesaggistica, rilasciata il 9. 5.2011 (parte appellata si diffonde su di essa al motivo n. 4 contenuto nella memoria depositata in appello nell’ambito del ricorso n. 1603/2015, pagg. 17 e segg.)la illegittimità della stessa emerga per una considerazione troncante.

5.1. Le parti appellati censurano nella forma, ma non nella sostanza, il ragionamento del T, che perviene alla individuazione di un vizio di istruttoria sulla scorta di un iter motivo ineccepibile.

5.1.1. L’art. 37 delle stesse NTA dispone che fino all’adeguamento del PRG al PA non sono consentite nuove edificazioni nelle aree prevalentemente vegetate.

Che l’area de quo rientri tra le “aree prevalentemente vegetate” non è contestato da alcuno.

Il problema riposa nel verificare se effettivamente il PRG sia stato adeguato al PA.

Sul punto, le parti appellanti insistono su un dato che è stato motivatamente smentito dal T, e non ne contestano un altro ( contrastante con il primo), che è stato a più riprese ribadito da parte appellata.

Premesso che a cagione di tale circostanza una interpretazione rigida potrebbe addirittura condurre ad affermare la inammissibilità del motivo (e poi, a cascata, dell’intero appello in ossequio ai principi a più riprese affermati dalla giurisprudenza civile ed amministrativa in punto di dovere di contestazione di tutti i capi autonomi della sentenza: ex aliis Stato , sez. VI, 31 marzo 2011 , n. 1981 Consiglio Stato , sez. VI, 29 marzo 2011 , n. 1897 Cass. 11-2-2011 n. 3386;
Cass. 18-9-2006 n. 20118;Cass. SU. 8-8-2005 n. 16602;
Cass. 27-1-2005 n. 1658;
Cass. 12-4-2001 n. 5493) osserva in proposito il Collegio quanto segue.

5.1.2. Parte appellante evoca il dato cronologico, per dimostrare che effettivamente il PRG sia stato adeguato al PA: ma il T aveva già fatto presente che era “del tutto irrilevante la circostanza, dedotta dalle società controinteressate, in base alle quali una dimostrazione dell’avvenuto adeguamento del Prg al piano ambientale sarebbe contenuta nella circostanza che il piano ambientale sarebbe stato emanato in periodo di tempo (il 1998) antecedente al Prg, in quanto approvato nel corso del 2003. Detta circostanza non è idonea a dimostrare l’avvenuto recepimento delle prescrizioni del Piano Ambientale, riferendo un semplice dato cronologico che, in quanto tale, non è sufficiente a provare il rispetto delle prescrizioni contenute nel Piano Ambientale.”.

Ciò in quanto l’appellata ha chiarito –senza ricevere smentita da alcuno, sul punto – che la scheda norma del PRG relativa al comparto 26 non era stata valutata dall’Ente Parco in quanto non era contenuta nella variante al PRG “adottata” (l’unica, sulla quale l’Ente Parco avesse espresso il parere di conformità) ma era stata inserita successivamente all’adozione,e prima della approvazione (ultimo motivo della memoria di parte appellata,depositata nel ricorso n. 1603/2015).

Se l’ Ente Parco si espresse nel 2001 sulla compatibilità del PRG al PA;
e se la scheda norma relativa al comparto 26 viene inserita, votata, ed approvata dal Comune, solo nel 2002, è evidente che l’Ente Parco non si è espresso sulla compatibilità di essa con il PA.

Il dato cronologico, allora, nulla prova (e di ciò il T ha dato atto): ma se così è, mentre non può dirsi che ogni autorizzazione rilasciata sia illegittima in virtù di tale “discrasia”, appare corretto che l’autorizzazione dovesse essere il frutto di una complessiva ad accurata valutazione, in

quanto non preceduta da un giudizio di compatibilità ex ante reso.

5.2. Di tale accurata motivazione (in fondo, trattavasi del primo giudizio di compatibilità tra PA e strumento urbanistico comunale variato) non v’è traccia, e pertanto anche sotto tale profilo (che prescinde dal calcolo della percentuale del 10%e dalla questione del parametro spaziale cui ancorare tale calcolo)la sentenza va confermata e le riunite impugnazioni vanno disattese.

6. Conclusivamente, i riuniti appelli vanno respinti, e la sentenza va integralmente confermata alla stregua delle considerazioni che precedono, con assorbimento delle restanti censure in quanto inidonee comunque a mutare l’esito della decisione demolitoria.

7. Alla soccombenza consegue la condanna delle parti appellanti al pagamento delle spese processuali del grado, in misura che appare equo determinare in Euro tremila per ciascuna parte appellante (€ 3000//00 per ciascuna) in favore di parte appellata A V e M R L, oltre oneri accessori, se dovuti.

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