Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-10-27, n. 202107217

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-10-27, n. 202107217
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202107217
Data del deposito : 27 ottobre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/10/2021

N. 07217/2021REG.PROV.COLL.

N. 05407/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5407 del 2020, proposto da
A S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato F P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Bruno Sassani in Roma, via XX Settembre 3;

contro

Toscana Aeroporti S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato I M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana (Sezione Prima) n. 664/2020, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Toscana Aeroporti S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 giugno 2021 il Cons. G L B e dato atto che nessuno è comparso per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana ha accolto il ricorso proposto da Toscana Aeroporti s.p.a. contro la società A s.r.l. per ottenere la condanna di quest’ultima al risarcimento dei danni derivati dalla mancata stipula del contratto di appalto per il servizio di collegamento navetta dall’aerostazione dell’aeroporto di Pisa fino al parcheggio degli autonoleggi e al parcheggio di sosta lunga P4.

1.1. La sentenza – esposti i fatti e le vicende procedimentali e processuali che avevano comportato l’annullamento dell’aggiudicazione e l’esclusione dalla gara della società aggiudicataria A per non avere completato la consegna della documentazione amministrativa necessaria per la stipulazione del contratto (presentando la documentazione per due automezzi diversi da quelli dichiarati in gara, mentre il terzo mezzo, da utilizzare nei momenti di maggior richiesta, era risultato già impiegato in altro servizio), cui era seguita l’aggiudicazione alla Galileo s.r.l. (seconda classificata);
dato atto che i provvedimenti adottati dalla stazione appaltante erano stati impugnati dalla società ed il ricorso era stato respinto con la sentenza dello stesso Tribunale amministrativo regionale del 27 luglio 2015, n. 1119, passata in giudicato - ha deciso come segue:

- ha respinto l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo avanzata dalla società resistente, ritenendo la giurisdizione esclusiva ai sensi dell’art. 133, comma 1°, lett. e), n. 1, cod. proc. amm., come da giurisprudenza della Corte di Cassazione ed amministrativa citata in motivazione ed in conformità a quanto affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 179 del 15 luglio 2016, disattendendo il diverso orientamento espresso da Cass. civ. sez. un. 5 ottobre 2018, n. 24411, invocata dalla parte resistente;

- ha respinto l’eccezione di tardività dell’azione risarcitoria, sollevata da quest’ultima ai sensi dell’art. 30, commi 3 e 5, cod. proc. amm., riconducendo la fattispecie alla previsione del comma 2° dell’art. 30 cod. proc.amm., relativa al risarcimento dei danni da lesione di diritti soggettivi in caso di giurisdizione esclusiva, e quindi reputando operante l’ordinario termine di prescrizione dell’azione risarcitoria;

- nel merito, ha richiamato la decisione di cui a T.a.r. Toscana, sez. I, 27 luglio 2015, n. 1119, pronunciata tra le stesse parti nel giudizio avente ad oggetto i provvedimenti di annullamento dell’aggiudicazione alla società A e di aggiudicazione alla Galileo;

- ha quindi ribadito il mancato colpevole rispetto da parte della società prima aggiudicataria del termine essenziale per la stipulazione del contratto e, per contro, il rispetto da parte della stazione appaltante del termine di vincolatività dell’offerta della concorrente aggiudicataria;

- ha escluso la possibilità, per la stazione appaltante, di ricorrere allo scorrimento della graduatoria all’epoca previsto dall’art. 140 del d.lgs. n. 163 del 2006 (ritenuta previsione di natura eccezionale), con conseguente inapplicabilità dell’art. 1227, comma 2, cod. civ.;

- ha escluso inoltre che potesse essere considerata in violazione di tale ultima norma la scelta della stazione appaltante di procedere all’aggiudicazione alla seconda classificata e non di indire una nuova gara, ritenendo non sussistente alcun obbligo in proposito e pertanto non sussistente alcuna possibilità di sindacare nella presente sede la scelta di procedere all’aggiudicazione al secondo classificato (reputata in sentenza “ rispondente a criteri di celerità ed alla finalità di assicurare il servizio in tempi brevi ”).

1.2. Per la quantificazione del danno, il primo giudice ha richiamato e fatto proprio l’orientamento giurisprudenziale (che ha indicato come espresso dalla sentenza del Cons. Stato, III, 31 agosto 2016, n. 3755), che ha ammesso il risarcimento del danno in favore dell’amministrazione anche in caso di mancata escussione della cauzione provvisoria e comunque per i danni eccedenti l’importo di quest’ultima.

Ha quindi riconosciuto alla ricorrente il risarcimento delle seguenti voci di danno:

- il danno emergente “ derivante dall’aver dovuto aggiudicare la gara ad un prezzo maggiore e quantificabile (peraltro nella sostanziale assenza di contestazioni al proposito ad opera della resistente) nella somma di € 51.300, ovvero nella differenza tra gli € 604.262 offerti dalla Galileo s.r.l. e gli € 552.962 offerti dalla resistente ”;
con una quantificazione ritenuta dal giudice sufficiente ad assorbire del tutto ed escludere “ ogni necessità di affrontare le questioni relative all’importo della cauzione non escussa (€ 6.240) ”;

- il danno derivante “ dal minore contenuto tecnico della prestazione della Galileo s.r.l. rispetto all’offerta della resistente, ovvero ad elemento che aveva portato, in sede di gara, ad attribuire un maggiore punteggio all’offerta della A s.r.l. (in particolare, 28 punti in luogo di 16,6, al netto della riparametrazione successivamente effettuata) sulla base anche di alcune migliorie (display con gli orari delle corse;
portale internet;
ecc.) proposte dalla stessa
”;
con liquidazione equitativa ex art. 1226 cod. civ. pari ad una maggiorazione del 40% dell’importo già liquidato a titolo di danno emergente.

1.3. Accolto il ricorso secondo quanto sopra specificato, la società A è stata condannata a corrispondere alla ricorrente, a titolo di risarcimento del danno, la somma complessiva di € 71.820,00, maggiorata di rivalutazione dal giorno dell’annullamento dell’aggiudicazione (13 febbraio 2015) al deposito della sentenza e di interessi legali fino al soddisfo.

La società resistente è stata inoltre condannata al pagamento delle spese processuali, liquidate nell’importo di € 3.000,00, oltre accessori di legge, a favore della ricorrente.

2. Avverso la sentenza la società A ha avanzato appello con tre motivi.

2.1. Toscana Aeroporti si è costituita per resistere al gravame.

2.2. All’udienza del 24 giugno 2021, la causa è stata assegnata a sentenza, previo deposito di memorie e repliche delle parti.

3. Col primo motivo d’appello è riproposta, in primo luogo, la questione di giurisdizione, impugnando il capo di sentenza col quale è stata respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sollevata in primo grado dalla società resistente.

Premesso che non è in contestazione che la presente controversia abbia ad oggetto diritti soggettivi, l’appellante sostiene la giurisdizione del giudice ordinario, in quanto nella fase di gara compresa tra l’aggiudicazione e la sottoscrizione del contratto, come nella specie, il riparto di giurisdizione sarebbe fondato, a suo avviso, sulla natura della posizione giuridica soggettiva coinvolta, vigendo il normale criterio di riparto imperniato sulla distinzione fra interesse legittimo e diritto soggettivo, con la conseguenza che se la controversia ha ad oggetto un diritto soggettivo, come la presente, la giurisdizione apparterrebbe al giudice ordinario.

Nel criticare la sentenza, che ha fatto proprio l’orientamento giurisprudenziale che ritiene sussistere la giurisdizione esclusiva ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. e), n.1, cod. proc. amm., l’appellante sostiene che si tratterebbe di un orientamento tutt’altro che consolidato, come risultante da sentenze di segno contrario pronunciate dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, tra cui le sentenze n. 416 del 14 gennaio 2020 e n. 24411 del 5 ottobre 2018.

3.1. Con lo stesso primo mezzo l’appellante ripropone l’eccezione di irricevibilità del ricorso per tardività, già respinta dal primo giudice.

Viene criticata l’applicazione dell’art. 30, comma 2, cod. proc. amm., sostenendosi che, una volta ritenuta la giurisdizione amministrativa, si dovrebbero applicare tutte le regole proprie di quest’ultima, in specie quella per la quale l’azione risarcitoria conseguente all’annullamento di un provvedimento amministrativo va proposta nel termine di 120 giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza. Nel caso in oggetto, ad avviso dell’appellante, il termine decorrerebbe dalla sentenza di rigetto del ricorso avverso il provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione.

4. Nessuno dei due profili di censura è meritevole di accoglimento.

4.1. Sulla questione di giurisdizione si registra in effetti un orientamento non univoco delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

Passando in rassegna le pronunce più recenti, intervenute dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (Codice del processo amministrativo), si contrappongono:

- le decisioni che, interpretando sistematicamente la previsione della giurisdizione esclusiva dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1 cod. proc. amm. (in linea di continuità con gli artt. 6 e 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205), affermano che nelle procedure ad evidenza pubblica aventi ad oggetto la conclusione di contratti da parte della pubblica amministrazione, spetta al giudice amministrativo la cognizione dei comportamenti e degli atti assunti prima dell'aggiudicazione e nella successiva fase compresa tra l'aggiudicazione e la stipula del contratto, mentre sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, quale giudice dei diritti, nella fase successiva afferente l'esecuzione del rapporto (così, tra le altre, Cass. S.U., ord. 8 luglio 2015, n. 14188, nonché Cass. S.U., 23 luglio 2013, n. 17858 e id., 25 maggio 2018, n.13191, che hanno affermato la giurisdizione del giudice amministrativo, la prima, in un caso di mancata stipulazione del contratto imputabile al privato e, le altre due, in casi di mancata stipulazione del contratto imputabile alla stazione appaltante;
nonché Cass. S.U., ord. 29 gennaio 2018, n. 2144 e Cass. S.U., ord. 13 marzo 2020, n. 7219, in casi entrambi riservati alla cognizione del giudice ordinario perché attinenti all’adempimento di obbligazioni successive alla stipulazione del contratto e di fonte contrattuale, ma ai quali la Corte Suprema ha affermato contrapporsi la cognizione del giudice amministrativo per tutta la fase precedente la stipulazione del contratto);

- le decisioni che, all’opposto, prescindendo dall’art. 133, comma 1, lett. e), n.1 cod. proc. amm. o interpretandolo restrittivamente, finiscono per escludere dal suo ambito di applicazione i comportamenti e gli atti che si collocano nella c.d. fase intermedia tra l’aggiudicazione e la stipulazione del contratto, reputando che, in tale fase, il riparto di giurisdizione vada effettuato secondo la regola generale fissata dall’art. 7, comma 1 e 4, cod. proc. amm. e attribuendo quindi alla cognizione del giudice amministrativo soltanto le controversie nelle quali si faccia questione di interessi legittimi (così Cass. S.U., ord., 4 luglio 2017, n. 16419 e id., 17 dicembre 2020, n. 28979, che hanno affermato la giurisdizione del giudice ordinario in controversie risarcitorie introdotte rispettivamente dalla pubblica amministrazione per responsabilità precontrattuale del privato affidatario e da quest’ultimo per responsabilità della p.a. per lesione dell’affidamento riposto nella legittimità degli atti di gara, poi revocati o annullati;
Cass. S.U. 5 ottobre 2018, n. 24411, che ha ritenuto vertente in materia di diritti soggettivi, quindi rientrante nella giurisdizione ordinaria, la controversia avente ad oggetto un provvedimento di “decadenza dall’aggiudicazione” adottato dalla stazione appaltante dopo l’aggiudicazione definitiva e prima della stipulazione del contratto;
di recente, Cass. S.U., ord., 17 giugno 2021, n. 17329, che ha affermato la giurisdizione del giudice ordinario relativamente alla domanda risarcitoria della stazione appaltante conseguente alla violazione dell’obbligo di rinnovare la polizza fideiussoria scaduta prima dell’aggiudicazione).

Queste ultime decisioni sono espressione di un indirizzo, esplicitato nella sentenza n. 24411/2018, che intende superare la diversa ricostruzione dei rapporti tra le giurisdizioni in materia di pubblici appalti in passato seguita in via prevalente dalla stessa Corte di Cassazione.

Invero, come evidenziato nella sentenza oggetto del presente appello, sin dall’entrata in vigore della legge n. 205 del 2000, è prevalso un modello ricostruttivo della fase compresa fra l'aggiudicazione e la stipulazione del contratto, considerata a valenza “pubblicistica”, in termini tali da ricomprendere nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche le controversie risarcitorie da responsabilità, appunto, precontrattuale (da ultimo, si veda, in tal senso, Cass., Sez. Un., 29 maggio 2017, n. 13454, che richiama altri precedenti che fecero quell'affermazione, reputata espressione di un “ vasto orientamento delle Sezioni Unite in materia di appalti pubblici ”: Cass. S.U. 27 febbraio 2007, n. 4425 e id., 4 febbraio 2009, n. 2634, tra le altre).

4.1.1. La giurisprudenza del Consiglio di Stato interpreta l’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1, cod. proc. amm. riferendo l’ambito di applicazione della giurisdizione esclusiva a tutte le fasi della procedura di gara ad evidenza pubblica comprendendovi quella successiva all’aggiudicazione, prima della stipulazione del contratto, e segnatamente ascrive alla propria cognizione le controversie concernenti:

- sia l’esercizio di poteri di autotutela tesi alla rimozione degli atti di gara, compresi l’annullamento e la revoca dell’aggiudicazione ex art. 32, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016, e le conseguenze che ne derivano in termini risarcitori per la lesione del legittimo affidamento del privato nella legittimità di quegli atti (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 4 maggio 2018, n. 5, nonché le decisioni in tema di risarcimento dei danni per responsabilità precontrattuale della p.a. in caso di revoca, pur legittima, degli atti di gara e/o dell’aggiudicazione: cfr. Cons. Stato, V, 28 gennaio 2019, n. 697;
id. V, 13 luglio 2020, n. 4514;
id., V, 26 aprile 2021, n. 3303 e 12 luglio 2021, n.5274, tra le altre);

- sia il provvedimento di “decadenza” dall’aggiudicazione adottato nei confronti dell’aggiudicatario per mancanza dei requisiti, generali o speciali di partecipazione (cfr., tra le tante, già Cons. Stato, V, 23 febbraio 2015, n. 844) emersa dopo l’aggiudicazione, in occasione della verifica ex art. 32, comma 7, del d.lgs. n. 50 del 2016, ovvero per inottemperanza ad obblighi di allegazione documentale preordinati alla stipulazione del contratto (cfr. Cons. Stato, V, 29 luglio 2019, n. 5354 e id., 2 agosto 2019, n. 5498);
con conseguente giurisdizione amministrativa in tema di escussione della cauzione provvisoria ed eventuale risarcimento dei danni derivati alla pubblica amministrazione, in qualità di stazione appaltante, dalla mancata stipulazione del contratto imputabile all’aggiudicatario “decaduto” (cfr. Cons. Stato, III, 31 agosto 2016, n. 3755 e, di recente, id., II, 31 dicembre 2020, n. 8546).

4.1.2. Si ritiene di dover dare seguito a tale ultimo orientamento, confermando, nel caso di specie, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, per le ragioni che seguono.

Ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1) c.p.a., sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie “ relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi include quelle risarcitorie e con estensione della giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell'aggiudicazione ed alle sanzioni alternative ”.

La disposizione riflette la costruzione c.d. bifasica tradizionale, per la quale nella formazione dei contratti ad evidenza pubblica, le “procedure di affidamento” si collocano in una fase pubblicistica perché consistono in peculiari procedimenti amministrativi, che si concludono con il provvedimento di aggiudicazione;
a questa segue la “stipulazione del contratto” che comporta la formale assunzione degli impegni negoziali e dà luogo alla fase esecutiva, la quale, ponendo le parti in posizioni sostanzialmente paritetiche, è rimessa alla cognizione del giudice ordinario.

In effetti, la ricostruzione a due fasi - sistematicamente coerente con la previgente disciplina dei contratti pubblici, nella quale, in prevalenza, il provvedimento di aggiudicazione teneva luogo del contratto - è stata messa in crisi, dapprima con il d.lsg. n. 163 del 2006 e, poi, col d.lgs. n. 50 del 2016. L’attuale Codice dei contratti pubblici (in linea di continuità col precedente) prevede che l’aggiudicazione non equivale ad accettazione dell’offerta (art. 32, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016);
colloca nella fase successiva all’aggiudicazione la verifica del possesso dei requisiti (art. 32, comma 7) e l’esercizio dei poteri di autotutela assoggettati alle disposizioni di cui alla legge n. 241 del 1990 (art. 32, comma 8, primo periodo);
impone una crasi temporale tra l’adozione del provvedimento di aggiudicazione e la stipula del contratto (essenzialmente ai fini del c.d. stand still , preordinato al consolidamento della scelta del contraente, a fronte della possibile proposizione di ricorsi giurisdizionali: art. 32, commi 10 e seg.).

Risulta così delineata, sotto il profilo sostanziale e per via normativa, una terza fase, intermedia alle due tradizionalmente delineate (cioè collocata tra i due confini “esterni” dell’aggiudicazione e della stipula del contratto), alla quale vanno riferite le segnalate oscillazioni interpretative dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1, Cod. proc. amm.

Queste si giustificano perché, mentre la disposizione processuale non ha fatto altro che ribadire un criterio di riparto della giurisdizione (tra le due fasi “tradizionali” della fattispecie formativa del contratto pubblico, l’una di spettanza del giudice amministrativo, l’altra del giudice ordinario) del tutto consolidato nella elaborazione giurisprudenziale (ponendo fine expressis verbis al solo pregresso contrasto che concerneva la sorte del contratto in caso di annullamento dell’aggiudicazione) non sembra invece aver considerato, perché non letteralmente menzionati, gli atti (e i comportamenti) compiuti nello spazio giuridico interinale che segue l’aggiudicazione e precede il contratto.

Sul punto, tuttavia, le richiamate disposizioni del Codice dei contratti pubblici consentono di interpretare sistematicamente e teleologicamente la norma sul riparto di giurisdizione, osservandosi che la dilazione temporale imposta dall’attuale disciplina, “ non sottrae la relativa subfase alla fase pubblicistica (e, di conserva, alla giurisdizione amministrativa), trattandosi di fase ancora esposta all’esercizio di poteri autoritativi di controllo e di eventuale autotutela della stazione appaltante ” (così testualmente Cons. Stato, V, n. 5498/19 citata).

Invero, dal punto di vista sistematico vanno reputate controversie “ relative a procedure di affidamento ” ad evidenza pubblica ex art. 133, comma 1, lett. e), n. 1 (primo inciso), cod. proc.amm. perciò riservate alla giurisdizione esclusiva, quelle che attengono ad atti che, pur collocandosi dopo l’aggiudicazione, riguardano comunque la procedura di affidamento, nel senso che ne determinano le sorti o incidono sull’individuazione del contraente e comunque sono originate dall’adozione o dalla caducazione di provvedimenti amministrativi.

Trattandosi di giurisdizione esclusiva, ai sensi della richiamata disposizione, la cognizione è da intendersi estesa alle controversie risarcitorie, anche se essa può riguardare non (solo gli) atti, ma (anche i) comportamenti, come è tipico per le fattispecie che vengono ricondotte ad ipotesi di responsabilità precontrattuale della p.a., originate da violazione delle regole di correttezza e buona fede e dalla lesione del legittimo affidamento del privato, ovvero per quelle che vengono ricondotte ad ipotesi di c.d. responsabilità precontrattuale di quest’ultimo quando la mancata stipulazione del contratto sia imputabile al privato aggiudicatario;
nell’un caso e nell’altro si tratta di giurisdizione esclusiva estesa a posizioni di diritto soggettivo.

Sebbene infatti, mutuando il linguaggio di alcuni dei citati precedenti di legittimità (in specie, Cass. n.16419/17 e n. 17329/21), tali controversie risarcitorie possano apparire soltanto “ occasionate ” dalla procedura di evidenza pubblica, in realtà esse trovano in questa la loro ragion d’essere, in quanto si originano dalla caducazione di un atto della serie procedimentale pubblica, disposta dall’amministrazione nell’esercizio di poteri di autotutela riconosciuti dalla legge.

D’altra parte, l’interpretazione teleologica dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1 cod. proc. amm. non può prescindere dal considerare che la ratio dell’opzione per la giurisdizione esclusiva risiede giustappunto della sua previsione in una materia dove diritti ed interessi sono intimamente correlati. Come affermato dalla Corte di Cassazione, riguardo all’azione risarcitoria per lesione dell’affidamento riposto dall’operatore economico concorrente sulla legittimità dell’aggiudicazione poi annullata in autotutela “ la giurisdizione esclusiva prevede la cognizione, da parte del giudice amministrativo, sia delle controversie relative ad interessi legittimi della fase pubblicistica, sia delle controversie di carattere risarcitorio originate dalla caducazione di provvedimenti della fase predetta, realizzandosi quella situazione d'interferenza tra diritti ed interessi, tra momenti di diritto comune e di esplicazione del potere che si pongono a fondamento costituzionale delle aree conferite alla cognizione del giudice amministrativo, riguardo ad atti e comportamenti assunti prima dell'aggiudicazione o nella successiva fase compresa tra l'aggiudicazione e la mancata stipula del contratto ” (così Cass. S.U. n. 13454/17 citata).

In sintesi, così come il giudice amministrativo conosce dei provvedimenti amministrativi successivi all’aggiudicazione, costituenti un proseguimento della fase pubblicistica della procedura (adottati in funzione di revisione o di riesame in autotutela ovvero di verifica della correttezza dell’aggiudicazione e dell’affidabilità dell’aggiudicatario funzionale alla stipulazione del contratto), la sua giurisdizione esclusiva include le controversie risarcitorie (attinenti indifferentemente alla lesione di diritti soggettivi o di interessi legittimi), la cui instaurazione trova fondamento e ragion d’essere nell’adozione o nella caducazione di detti atti.

A tale ultimo riguardo va peraltro ribadito che per consolidata giurisprudenza amministrativa in sede di giurisdizione esclusiva la legittimazione ad agire spetta anche all’amministrazione pubblica, a tutela di un proprio diritto soggettivo (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 20 luglio 2012, n. 28, richiamata anche in sentenza).

Sul punto, anche la Corte costituzionale ha avuto modo di pronunciarsi, affermando che sebbene « gli artt. 103 e 113 Cost. siano formulati con riferimento alla tutela riconosciuta al privato nelle diverse giurisdizioni, da ciò non deriva affatto che tali giurisdizioni siano esclusivamente attivabili dallo stesso privato, né che la giustizia amministrativa non possa essere attivata dalla pubblica amministrazione;
tanto più che essa storicamente e istituzionalmente è finalizzata non solo alla tutela degli interessi legittimi (ed in caso di giurisdizione esclusiva degli stessi diritti), ma anche alla tutela dell’interesse pubblico, così come definito dalla legge
» (Corte cost. 16 luglio 2016, n. 179).

4.1.3. Giova precisare che la ricostruzione che precede si pone in perfetta linea di continuità col precedente di questa Sezione V, n. 5498/19, laddove, ferma la valenza “pubblicistica” dell’attività amministrativa successiva all’aggiudicazione, in termini coincidenti con quanto sopra esposto, è stata considerata la possibilità che, nella fase procedimentale che precede la stipulazione del contratto dopo l’aggiudicazione, intervenga la c.d. esecuzione anticipata dello stipulando contratto , per solito giustificata da ragioni di urgenza. Si conviene col citato precedente che soltanto in tale eventualità “ l’instaurazione di un rapporto contrattuale (che trae, comunque, titolo nell’esito della fase selettiva) prefigura, sia pure in termini di anticipazione rispetto alle ordinarie scansioni temporali e agli ordinari adempimenti formali, una fase propriamente esecutiva, che deve considerarsi rimessa alla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto le relative vicende si strutturano in termini di adempimento delle obbligazioni contrattuali e di responsabilità conseguente al loro inadempimento ”.

Le ragioni che giustificano questa conclusione (la quale trova riscontro in precedenti giurisprudenziali di legittimità: Cass., S.U. 21 maggio 2019, n. 13660) sono coerenti con la ricostruzione sistematica della fattispecie di formazione del contratto pubblico di cui sopra, poiché fondano sulla distinzione tra inadempimento di prestazioni propriamente contrattuali , collocate in una fase, appunto, esecutiva , pur se “ anticipata ”, e violazione di obblighi gravanti sull’aggiudicatario , in base a norme di legge o alla lex specialis , preordinati alla verifica della correttezza dell’aggiudicazione ed alla stipulazione del contratto.

4.1.4. Nel caso in esame l’annullamento dell’aggiudicazione e l’esclusione della società A da parte di Toscana Aeroporti sono stati disposti per la mancata allegazione di documentazione necessaria ai fini di validare l’aggiudicazione, per procedere alla stipula del contratto.

Il provvedimento di decadenza dell’aggiudicatario è stato adottato dalla stazione appaltante per l’impossibilità di addivenire a tale stipula e dalla caducazione dell’aggiudicazione è scaturita l’azione risarcitoria per i danni sofferti dalla stessa stazione appaltante per il mancato esito fisiologico della procedura.

Sussiste la giurisdizione amministrativa esclusiva, che include la controversia risarcitoria, pur se autonomamente instaurata da parte della stazione appaltante.

Va quindi confermato il rigetto dell’eccezione di difetto di giurisdizione.

4.2. Parimenti va confermato il rigetto dell’eccezione di irricevibilità del ricorso per tardività.

L’azione risarcitoria esercitata in via autonoma nel presente giudizio attiene, come detto, ad un caso di giurisdizione esclusiva (arg. ex art. 30, comma 1, cod. proc. amm.) e il risarcimento è stato chiesto per la lesione di una posizione di diritto soggettivo (arg. ex art. 30, comma 2, cod. proc. amm.) della quale conosce, sempre in via esclusiva, il giudice amministrativo ai sensi dell’art. 30, comma 6, cod. proc.amm.

4.2.1. Contrariamente a quanto sostiene l’appellante non si applica il termine di decadenza di centoventi giorni di cui al comma 3 (decorrente dal giorno del fatto o dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo), né quello di cui al comma 5 (decorrente dal passaggio in giudicato della sentenza), dato che:

- il primo testualmente riguarda “ la domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi ”, i quali fanno capo ai privati nei confronti della pubblica amministrazione, ma non viceversa;

- il secondo riguarda l’azione di annullamento di un provvedimento amministrativo, esercitata, sempre dal privato, in un giudizio concluso con sentenza di accoglimento;
deve cioè trattarsi di una sentenza che abbia annullato l’atto amministrativo che si assume illegittimo e perciò produttivo di danni ingiusti per l’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa.

Siffatta eventualità non ricorre nel caso di specie poiché i danni dei quali è chiesto il risarcimento da parte della stazione appaltante sono conseguenza del comportamento di quest’ultima lesivo del diritto della stazione appaltante alla stipulazione del contratto;
quindi, non rileva il passaggio in giudicato della sentenza del T.a.r. della Toscana 27 luglio 2015, n. 1119, la quale è relativa ad un giudizio in cui la stazione appaltante ha rivestito la qualità di resistente.

E’ da condividere l’affermazione della sentenza appellata secondo cui il meccanismo dell’art. 30, commi 3 e 5, cod. proc. amm. è “ strettamente tarato sulla lesione dell’interesse legittimo del privato e … risulterebbe praticamente di impossibile applicazione alla fattispecie che ci occupa ”.

4.2.2. Essendo questa un’azione di condanna al risarcimento di danni per lesione di diritti soggettivi in materia di giurisdizione esclusiva, non è soggetta a termine di decadenza, ma soltanto all’ordinario termine di prescrizione quinquennale decorrente dalla data del fatto lesivo (nel caso di specie, l’annullamento dell’aggiudicazione in favore di A con provvedimento del 13 febbraio 2015).

Poiché la domanda risarcitoria è stata introdotta con ricorso notificato il 18 luglio 2016, l’eccezione di tardività non avrebbe potuto essere accolta.

4.3. Il primo motivo di gravame va quindi complessivamente respinto.

5. Il secondo e il terzo motivo criticano i capi di sentenza concernenti i criteri di quantificazione dei danni risarcibili.

5.1. Col secondo motivo si sostiene che le due voci di danno riconosciute dal primo giudice, lungi dall’essere ascrivibili al danno emergente per responsabilità precontrattuale dell’aggiudicatario, corrispondono al c.d. danno da lesione dell’interesse positivo alla stipula ed all’esecuzione del contratto, che invece non sarebbe risarcibile perché è mancata la stipulazione del contratto e perché la stazione appaltante non ha contestato alla società A l’inadempienza di obbligazioni contrattualmente assunte, bensì un comportamento scorretto nella fase precontrattuale.

A sostegno di tale ragione di critica l’appellante richiama l’univoco orientamento giurisprudenziale che, nel caso di risarcimento del danno in favore dell’aggiudicatario per responsabilità precontrattuale della p.a., riconosce come risarcibile, ai sensi degli artt. 1337 e 1338 cod. civ., nonché degli artt. 2056 e 1223 cod. civ., soltanto il c.d. interesse negativo, vale a dire l’interesse a non subire indebite interferenze nell’esercizio della libertà negoziale ed a non essere coinvolto in trattative inutili.

5.1.1. Ritenuto perciò risarcibile soltanto il danno relativo alle spese inutilmente sostenute ai fini della stipula (qualificabile in termini di danno emergente) nonché quello relativo alla perdita di altre occasioni di guadagno alternative (qualificabile in termini di lucro cessante), la sentenza viene censurata per aver dato seguito al precedente di questo Consiglio di Stato, III, 31 agosto 2016, n. 3755. L’appellante sostiene che la pronuncia non sarebbe pertinente e comunque che sarebbe stata superata da sentenze successive (tra le quali la decisione del Consiglio di Stato, V, 28 gennaio 2019, n. 697).

5.1.2. Ad avviso dell’appellante:

- non sarebbe configurabile alcun danno emergente perché i costi di gara non sono stati vanificati dalla condotta della A, essendo stato possibile concludere la gara e addivenire all’aggiudicazione alla seconda classificata;

- non si sarebbe avuto nemmeno un danno da lucro cessante proprio perché la gara è stata conservata, con effetti integralmente satisfattivi per la stazione appaltante, posto che le condizioni proposte dalla concorrente seconda classificata sono state accettate con valutazione positiva nell’ambito di una scelta che non era obbligata;

- se la stazione appaltante avesse ritenuto che il servizio offerto dalla Galileo fosse di qualità peggiore, ben avrebbe potuto e dovuto, a tutela del pubblico interesse, annullare la gara e procedere ad un nuovo bando.

5.1.3. Infine l’appellante torna ad invocare l’applicazione dell’art. 1227, comma 2, cod. civ., sia per il mancato ricorso da parte della stazione appaltante all’istituto previsto dall’art. 140 del d.lgs. n. 163 del 2006 sia per l’autonoma scelta di non indire una nuova gara, così precludendosi la possibilità di concludere il contratto definitivo a condizioni ugualmente o maggiormente vantaggiose rispetto a quello che sarebbe stato concluso con la società appellante.

5.2. Col terzo motivo si lamenta l’errata liquidazione equitativa della voce di danno corrispondente al minor contenuto tecnico della prestazione offerta dalla seconda classificata rispetto a quella dell’originaria aggiudicataria, deducendo che la quantificazione commisurata al 40% del danno emergente già liquidato appare “ del tutto arbitraria e sproporzionata ”.

6. I motivi non sono meritevoli di accoglimento.

6.1. La sentenza di questo Consiglio di Stato, III, 31 agosto 2016, n. 3755, relativa ad una fattispecie di illecito rifiuto dell’aggiudicatario a stipulare il contratto con l’amministrazione appaltante, ha riconosciuto in favore di quest’ultima il risarcimento del danno pari ai maggiori esborsi di denaro conseguenti all’aggiudicazione disposta per “scorrimento” in favore del concorrente secondo classificato.

Il caso concreto è analogo al presente, non costituendo differenza significativa, ai fini dell’individuazione delle voci di danno risarcibili, la circostanza di fatto - su cui insiste l’appellante – che nel caso oggetto della citata decisione il bando di gara non avesse previsto il versamento di una garanzia provvisoria per la partecipazione alla procedura.

6.1.1. Siffatta previsione farebbe la differenza se si ritenesse che, in presenza di garanzia provvisoria obbligatoria, prestata dall’aggiudicatario in fase di gara e suscettibile di escussione, oggi, ai sensi dell’art. 93, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, non fosse possibile per la stazione appaltante agire per il risarcimento del danno effettivo e di maggior importo.

In proposito la sentenza di primo grado condivide il principio (già richiamato dalla sentenza n. 3755/2016) che la stazione appaltante può agire per ottenere il risarcimento del danno effettivo per il caso di mancato stipula del contratto imputabile all’aggiudicatario, quando esso ecceda l’importo della cauzione provvisoria.

Per questa parte la sentenza non è stata specificamente appellata.

Peraltro, il detto principio è stato già affermato in giurisprudenza da Cass. S.U. 4 febbraio 2009, n. 2634 (la quale, nel vigore dell’art. 30 della legge n. 109 del 1994 - ha configurato la cauzione provvisoria o la garanzia fideiussoria in sua sostituzione, non come clausola penale, bensì come caparra confirmatoria, che consente al beneficiario non solo di incamerare immediatamente le somme oggetto della cauzione, ma anche di agire per il risarcimento del maggior danno), nonché da Cons. Stato, IV, 22 dicembre 2014, n. 6302, sia pure con affermazione incidentale.

6.1.2. L’appellante critica piuttosto le voci di danno riconosciute dal primo giudice e i relativi criteri di liquidazione.

Allo scopo richiama i numerosi precedenti giurisprudenziali anche di questo Consiglio di Stato, tra cui la sentenza 28 gennaio 2019, n. 697, che riguardano pretese risarcitorie avanzate nei confronti della pubblica amministrazione per responsabilità precontrattuale della stazione appaltante per la mancata stipulazione del contratto di appalto.

Orbene, il Collegio condivide l’affermazione ripetuta dalla giurisprudenza amministrativa (anche nella sentenza n. 697/19, citata dall’appellante, nonché in altre precedenti e successive, tra cui, da ultimo Cons. Stato, V, n. 5274/21) che, in tale fattispecie, i danni sono limitati al solo interesse c.d. negativo, ravvisabile, nel caso delle procedure ad evidenza pubblica, nelle spese inutilmente sopportate per parteciparvi e nella perdita di occasioni di guadagno alternative.

6.1.3. Tuttavia si ritiene che, nel caso in cui non si addivenga alla stipulazione del contratto per fatto colpevole dell’aggiudicatario, la responsabilità di quest’ultimo non si fonda sulla lesione del diritto di autodeterminarsi liberamente nell’attività negoziale , che la detta giurisprudenza pone a fondamento della responsabilità precontrattuale della p.a. e che tipicamente fa capo al soggetto privato.

E’ evidente che tale posizione giuridica soggettiva non è predicabile nei confronti dell’Amministrazione aggiudicatrice, atteso che questa, in quanto tenuta, nella scelta del contraente, al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica non gode della medesima “ libertà di autodeterminazione ” del privato, se non, come già affermato in giurisprudenza “ nel senso della tutela dell’affidamento riposto nel buon esito delle procedure, scongiurando fattori di indebito procrastinamento della definizione delle stesse e conseguentemente dell’interesse pubblico sotteso all’attivazione della procedura concorsuale ” (così testualmente Cons. Stato, II, 31 dicembre 2020, n. 8546).

In definitiva, la responsabilità del privato aggiudicatario per la mancata stipulazione del contratto a lui imputabile non trova la sua fonte diretta nella violazione dei canoni generali della correttezza e della buona fede nelle trattative precontrattuali: nel caso in cui sia il comportamento colpevole del privato aggiudicatario a compromettere il buon esito della procedura, non è possibile adoperare “a parti rovesciate” le stesse categorie concettuali e giuridiche elaborate dalla giurisprudenza in tema di responsabilità della pubblica amministrazione verso il privato.

Piuttosto va tenuto presente che è la stessa legge a sancire che l’aggiudicatario “decaduto” debba rispondere per la “mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione” dovuta ad ogni fatto a lui riconducibile (art. 93, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016) ed a prevedere (all’art. 32, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016) che l’offerta dell’aggiudicatario è irrevocabile fino al termine a disposizione della stazione appaltante per addivenire alla stipula (nel caso di specie rispettato, secondo quanto accertato con sentenza passata in giudicato)

Il privato offerente, pertanto, una volta intervenuta l’aggiudicazione è obbligato alla stipulazione del contratto.

Si tratta di un’obbligazione, che trova la sua ratio nella tutela dell’interesse pubblico alla sollecita definizione della procedura di affidamento e la sua fonte , non nel contratto (non ancora stipulato), bensì nel fatto di essere aggiudicatario all’esito di una pubblica gara . Si tratta di un fatto che, ai sensi dell’art. 1173 cod. civ., si pone come “ idoneo a produrre ” la relativa obbligazione di stipulare il contratto .

In sintesi, l’amministrazione - come bene osserva la Toscana Aeroporti negli scritti difensivi – gode di una tutela “rafforzata” rispetto a quella di cui gode il privato aggiudicatario nei suoi confronti, nella stessa fase che precede la stipulazione del contratto.

E’ peraltro il caso di sottolineare che la peculiare disciplina normativa rende inapplicabile alla fattispecie lo strumento civilistico dell’art. 2932 cod. civ., poiché la formazione e la stipulazione dei contratti pubblici sono per legge soggette a requisiti procedimentali e formali che ne rendono impraticabile la costituzione per sentenza.

Conseguentemente, quando l’obbligazione ex lege del privato di addivenire alla stipulazione del contratto rimanga inadempiuta per fatto dell’aggiudicatario, questi è soggetto all’escussione della garanzia prestata per la partecipazione alla gara e, se l’inadempimento sia a lui imputabile anche a titolo di colpa, è tenuto al risarcimento del danno in misura pari all’eccedenza rispetto alla già prestata cauzione (arg. ex art. 1218 c.c.).

Di qui la risarcibilità della lesione non solo del c.d. interesse negativo, ma anche dell’interesse c.d. positivo dell’amministrazione correlato alla già intervenuta individuazione del futuro contraente.

Restano con ciò superati i rilievi critici dell’appellante, mentre la motivazione della sentenza va integrata come sopra.

6.1.4. Il danno risarcibile è quindi pari –come riconosciuto in sentenza – al pregiudizio sofferto dall’amministrazione, stazione appaltante, per il maggior prezzo di aggiudicazione , a seguito di nuova gara (cui si aggiunge il rimborso delle spese di indizione di tale nuova gara) ovvero a seguito dello “scorrimento” della graduatoria.

Poiché quest’ultimo comporta l’aggiudicazione al concorrente che segue l’aggiudicatario “decaduto” alle condizioni dallo stesso proposte, il danno risarcibile è commisurabile non solo ai maggiori esborsi di denaro cui è esposta la stazione appaltante, ma, sussistendone le condizioni, al pregiudizio per l’eventuale inferiore qualità della prestazione .

6.2. Nel caso di specie, il danno corrispondente al maggior prezzo di aggiudicazione è stato quantificato nell’importo, in sé non contestato, di € 51.300,00, pari alla differenza delle offerte economiche.

Va disattesa la pretesa della società A di eliminazione o riduzione della quantificazione del danno in applicazione dell’art. 1227, comma 2, cod. civ., invocata anche in appello.

Ribadita la portata eccezionale dell’art. 140 del d.lgs. n. 163 del 2006 (non applicabile quindi alla fattispecie oggetto del presente contenzioso), la scelta della stazione appaltante di fare scorrere la graduatoria, invece di indire una nuova gara non è censurabile sotto nessuno dei profili addotti dall’appellante, atteso che:

-non sussisteva alcun obbligo in tal senso, trattandosi di scelta discrezionale rimessa alla stazione appaltante, sulla cui legittimità si è tra l’altro pronunciata, con efficacia di giudicato esterno, la sentenza del T.a.r. Toscana n. 1119/2015, avente ad oggetto anche il provvedimento di aggiudicazione in favore di Galileo;

-dal punto di vista dell’entità del risarcimento, l’appellante non ha fornito la prova, nemmeno indiziaria, che la scelta di indire una nuova gara sarebbe stata meno onerosa per la stazione appaltante;
all’opposto, tale scelta (oltre ad esporre l’amministrazione all’eventuale ricorso della Galileo, che aveva formulato un’offerta peggiore di quella della A, ma comunque rispondente alle richieste della lex specialis ) avrebbe certamente comportato i maggiori oneri procedimentali connessi all’indizione della nuova gara ed i maggior esborsi dovuti alla proroga del servizio da parte del precedente gestore od al rifiuto di questi di gestire in proroga.

In definitiva, non è addebitabile alla stazione appaltante alcun comportamento rilevante ai sensi dell’art. 1227, comma 2, cod. civ.

6.3. Resta da dire della voce di danno “da minore qualità” dell’offerta della seconda aggiudicataria, che il primo giudice ha accolto nell’ an , pur riducendo considerevolmente il quantum richiesto dalla stazione appaltante e pervenendo quindi a liquidare la somma di € 20.520,00, a fronte di quella richiesta di € 106.947,00.

Trattandosi di danno di difficile, se non impossibile, liquidazione nel suo preciso ammontare, s’impone la valutazione equitativa ex art. 1226 cod. civ.. La tipologia di danno comporta che vada eseguita una comparazione qualitativa tra le due offerte in competizione.

Il metodo seguito dal primo giudice è stato quello di maggiorare il danno emergente già liquidato di una percentuale corrispondente a quella della differenza del punteggio attribuito alle due offerte tecniche (28 punti per la società A contro i 16,6 punti della società Galileo).

Si tratta di un metodo che non è stato specificamente contestato dall’appellante, la quale, con l’atto di appello, si è limitata a censurare il risultato come “ abnorme e sproporzionato ”. La censura presenta evidenti profili di inammissibilità, per violazione del canone di specificità di cui all’art. 101, comma 1, cod. proc. amm.

Peraltro, nel merito, non si riscontrano l’irragionevolezza e la sproporzione lamentate in appello sol che si consideri che, come osserva la difesa di Toscana Aeroporti, la differenza di punteggio tra le due offerte è dipesa dalla migliore valutazione ottenuta da A per tutti e tre i criteri relativi all’offerta tecnica. In particolare, l’offerta dell’aggiudicataria, poi decaduta, è stata giudicata più apprezzabile sia per le “ proposte migliorative ” (primo criterio), che per le “ caratteristiche tecniche dei mezzi messi a disposizione per l’appalto ” (secondo criterio) e per la “ maggiore esperienza determinata attraverso la quantità di contratti gestiti nel triennio precedente al bando ” (terzo criterio). Orbene, pur nell’inevitabile opinabilità della liquidazione equitativa c.d. pura, si tratta di prestazioni integrative o di elementi qualitativi significativi di cui la Toscana Aeroporti è stata privata a causa della “decadenza” della A.

6.4. Va perciò confermata la sentenza di primo grado anche in punto di quantificazione dei danni risarcibili.

7. In conclusione, l’appello va respinto.

7.1. Il contrasto di giurisprudenza sulla questione di giurisdizione e la peculiarità delle questioni attinenti ai criteri di liquidazione del danno in favore della pubblica amministrazione, in qualità di stazione appaltante, in caso di responsabilità dell’aggiudicatario per la mancata stipulazione del contratto, costituiscono giusti motivi di compensazione delle spese del presente grado.

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