Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-09-14, n. 202308324
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Testo completo
Pubblicato il 14/09/2023
N. 08324/2023REG.PROV.COLL.
N. 06337/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6337 del 2019, proposto da Orinvest S.r.l. e Namira S.G.R.P.A., in persona dei legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dagli avvocati A T, G C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio G C in Roma, via Cicerone n.44;
contro
Regione Liguria, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati M C, E R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio E R in Roma, via Tagliamento, 14;
Comune Arenzano, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Luca Gabrielli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via F. Nicolai, 70/8 Sc B;
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. 00395/2019,
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Liguria e del Comune Arenzano;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 giugno 2023 il Cons. L F e uditi per le parti gli avvocati presenti, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I fatti rilevanti ai fini del decidere possono essere ricostruiti come segue.
Orinvest srl riferisce di essere proprietaria di aree ubicate nel comprensorio della Pineta del Comune di Arenzano, che, per effetto del locale piano urbanistico approvato nel 2001, rientravano nella zona BC5, la quale comprendeva lotti edificati, lotti liberi in quanto non ancora edificati e aree destinate a servizi.
Con delibera della giunta regionale n. 219 del 2013 è stata approvata la variante al predetto piano che ha introdotto, in relazione ai terreni di proprietà della Orinvest, una disciplina meno favorevole della precedente.
Orinvest ha, pertanto, impugnato con ricorso principale quest’ultima delibera dinanzi al Tar per la Liguria sostenendo che la stessa ha illegittimamente determinato una incisiva limitazione alle possibilità edificatorie relative ai fondi di sua proprietà.
Con successiva delibera della giunta regionale n. 754 del 2017 la Regione ha approvato il nuovo piano urbanistico del comune di Arenzano.
Orinvest ha, quindi, impugnato con motivi aggiunti anche quest’ultima delibera regionale.
Il Tribunale Amministrativo Regionale, con sentenza 15 aprile 2019, n. 350, ha dichiarato:
-improcedibile l’impugnazione principale per sopravvenuta carenza di interesse, in ragione dalla sopravvenienza costituita dall’approvazione del nuovo piano urbanistico.
- inammissibile l’impugnazione per motivi aggiunti sul rilievo per cui Orinvest avrebbe erroneamente impugnato un atto endo-procedimentale in luogo del provvedimento definitivo di approvazione del nuovo piano urbanistico.
Orinvest ha proposto appello per chiedere la riforma della pronuncia di primo grado.
Il Comune di Arenzano non si è costituito in giudizio.
All’udienza del 22 giungo 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
L’appello è infondato.
Con il primo motivo di appello Orinvest lamenta l’illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui ha dichiarato improcedibile il ricorso finalizzato a censurare la legittimità della menzionata delibera della giunta regionale n. 219/2013 recante l’approvazione della variante al piano urbanistico con la quale è stata introdotta, in relazione ai terreni di proprietà della Orinvest, una disciplina meno favorevole della precedente.
A sostegno del motivo in esame si assume che la successiva delibera della giunta regionale n. 754/2017, con la quale la Regione ha approvato il nuovo piano urbanistico del comune di Arenzano, sarebbe affetta dal vizio di illegittimità derivata, stante lo stretto nesso di presupposizione con la precedente variante. E ciò in quanto il nuovo PUC, nel ricomprendere le aree di proprietà di Orinvest in ambito O3R, espressamente rinvia per la loro disciplina ai contenuti della variante del 2013 per la zona BC5.
Il motivo non è fondato.
Come noto, l’interesse a ricorrere, la cui carenza è rilevabile d’ufficio dal giudice in qualunque stato del processo, costituisce una condizione dell’azione che deve persistere per tutto il giudizio, dal momento introduttivo a quello della sua decisione ( ex multis , Cons. Stato Sez. V, n. 6549/2010).
È altrettanto noto che la dichiarazione di improcedibilità della domanda per sopravvenuta carenza di interesse presuppone il verificarsi di una situazione di fatto o di diritto del tutto nuova rispetto a quella esistente al momento della proposizione del ricorso, tale da rendere certa e definitiva l’inutilità della sentenza ( ex plurimis , Cons. St., Sez. VI, n. 4204/2019).
L’esclusione di ogni risultato utile può verificarsi quando, come nel caso in esame, l’atto oggetto di impugnazione ha di fatto consumato la sua efficacia, con sostanziale sopravvenuta carenza di interesse a coltivare la relativa impugnazione.
Nel caso di specie, infatti, l’evoluzione della vicenda controversa, e, in particolare, l’adozione del provvedimento di approvazione del nuovo piano urbanistico, ha di fatto comportato il definitivo superamento delle prescrizioni introdotte dalla precedente variante impugnata con il ricorso principale.
Né può rilevare, per giungere a diverse conclusioni, l’infondata argomentazione secondo cui il nuovo piano urbanistico sarebbe affetto da illegittimità derivata dalla precedente variante.
Il tema della invalidità derivata degli atti è stato, come noto, oggetto di particolare approfondimento sia in dottrina che in giurisprudenza.
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale la nozione di atto presupposto è fondata, in relazione ad atti di un unico procedimento o anche ad atti autonomi, sull’esistenza di un collegamento fra gli atti stessi, così stretto nel contenuto e negli effetti, da far ritenere che l’atto successivo sia emanazione diretta e necessaria di quello precedente, così che il primo è in concreto tanto condizionato dal secondo nella statuizione e nelle conseguenze da non potersene discostare (cfr. Cons. St, Sez. IV, 23 marzo 2000, n. 1561/2000; Sez. V, n. 544/1986).
La dottrina, dal canto suo, ha osservato come la connessione di più provvedimenti amministrativi per presupposizione postuli un aspetto strutturale ed uno funzionale: sotto l’aspetto strutturale, gli atti sono in una relazione di successione giuridica e cronologica, o di necessario concatenamento; l’atto presupposto non soltanto precede e prepara quello presupponente, ma ne è il sostegno esclusivo; gli effetti del provvedimento pregiudiziale sono i fatti costitutivi del secondo, o meglio del relativo potere; vi è una consequenzialità necessaria tra i due provvedimenti, tale per cui l’esistenza e la validità di quello presupposto sono condizioni indispensabili affinché l’altro possa legittimamente esistere e produrre la propria efficacia giuridica.
Quanto all’aspetto funzionale, poi, gli atti risultano preordinati alla realizzazione di un unico rapporto amministrativo, riguardano, cioè, un unico bene della vita; ciascun atto spiega da solo taluni effetti giuridici, ma soltanto congiuntamente all’altro dà vita al rapporto giuridico, che rappresenta l’oggetto dell’interesse pubblico considerato dai più poteri funzionalmente collegati.
Da quanto detto emerge che, sul piano della disciplina, l’illegittimità ed il conseguente annullamento dell’atto presupposto determinano l’illegittimità di quello conseguente (c.d. trasmissione della antigiuridicità; cfr. ex multis Consiglio di Stato, sent. n. 6922/2020).
Sempre sul piano dei riflessi processuali, si è soliti, inoltre, distinguere, in ragione della maggiore o minore intensità del nesso di presupposizione, tra effetti caducanti o meramente vizianti che l’annullamento dell’atto presupposto illegittimo può produrre sull’atto presupponente.
Alla luce di tale quadro ermeneutico, rileva il Collegio che, nel caso di specie, alcun rilievo può assumere tale affascinante tematica per la semplice considerazione che alcun rapporto di presupposizione sussiste tra la pregressa variante e il successivo piano urbanistico, essendo quest’ultimo l’effetto di un nuovo, e del tutto autonomo, procedimento amministrativo. E ciò vale anche con riferimento a quelle prescrizioni del piano urbanistico che ricalcano, nel contenuto, quelle introdotte dalla precedente variante, in quanto comunque frutto di una rinnovata valutazione incanalata nell’ambito di una nuova istruttoria procedimentale.
Dal che l’infondatezza del primo motivo di appello.
Con un secondo motivo di appello Orinvest lamenta l’illegittimità della pronuncia di inammissibilità, resa dal T.ar. in relazione ai motivi aggiunti con i quali in primo grado Orinvest aveva inteso impugnare il nuovo piano urbanistico del Comune di Orenzano.
Ad avviso del T.a.r, Orinvest avrebbe erroneamente impugnato la delibera della giunta regionale n. 179/2017, anziché l’effettivo atto approvativo del nuovo piano urbanistico, costituito dalla delibera della giunta regionale 745/2017.
Il motivo è fondato.
Del tutto formalistico si rivela, ad avviso del Collegio, il ragionamento sviluppato dal T.a.r a sostegno della pronuncia di inammissibilità.
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