Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-02-05, n. 202401158
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Testo completo
Pubblicato il 05/02/2024
N. 01158/2024REG.PROV.COLL.
N. 01691/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1691 del 2023, proposto da
Università degli Studi Guglielmo Marconi, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato A P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Liegi, 32;
contro
Ministero dell'Università e della Ricerca, ANVUR - Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Università degli Studi Roma La Sapienza, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ministero per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, Presidenza del Consiglio dei Ministri, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 09560/2022, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Università e della Ricerca e di ANVUR - Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca e di Università degli Studi Roma La Sapienza;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 novembre 2023 il Cons. M V e uditi per le parti gli avvocati Paul Simon Falzini su delega dichiarata di A P e l'avvocato dello Stato Monica De Vergori;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Avanti il giudice di prime cure l’originario ricorrente, odierno appellante, ha chiesto l’annullamento:
- del decreto del Ministero dell'Università e della Ricerca n. 1154 del 14 ottobre 2021, recante decreto autovalutazione, valutazione e accreditamento iniziale e periodico delle sedi e dei corsi di studio, nella parte in cui definisce i nuovi indicatori di accreditamento dei corsi relativamente ai requisiti di docenza ed alla numerosità massima degli studenti;
- del D.D. del Ministero del 22 novembre 2021, n. 2711;
- dell'Allegato 1 alla Delibera dell'A.N.V.U.R. n. 166 del 29 luglio 2021 recante proposta di revisione del decreto ministeriale n. 6 del 7 gennaio 2019;
- del parere dell'ANVUR di cui alla delibera n. 241 dell'11 novembre 2021;
- di tutti gli atti presupposti e connessi, ancorché non conosciuti o non ritualmente partecipati, ivi inclusi, ove occorrer possa, del D.M. 25 marzo 2 021, n. 289 (recante Linee generali d’indirizzo della programmazione 2021 2023).
Il giudice di prime cure ha respinto il ricorso.
Premessa un’analitica, ampia e puntuale ricostruzione del quadro normativo di riferimento, la sentenza impugnata ha esaminato congiuntamente i due motivi di ricorso, rigettandoli.
In particolare, ha osservato il primo giudice che gli argomenti della ricorrente volti a sostenere che le previsioni concernenti la composizione del corpo docenti e la numerosità degli studenti avrebbero determinato un’illegittima parificazione fra le Università tradizionali e quelle telematiche, non riconoscendo le peculiarità di queste ultime e determinando un insostenibile aggravio economico ed organizzativo, non possono essere accolti.
Ha ritenuto, per converso, il primo giudice, che il decreto impugnato, pur modificando la più favorevole disciplina contenuta nel d.m. n. 6/2019, mantiene elementi di differenziazione fra Università tradizionali e telematiche, coerentemente con la normativa primaria che riconosce le peculiarità che caratterizzano l’insegnamento a distanza.
Quanto ai requisiti di docenza, evidenzia il TAR che la soglia minima prevista all’allegato A del decreto impugnato sia rimasta immutata rispetto ai precedenti decreti, incluso il d.m. 6/2019.
Peraltro, il numero minimo di docenti previsto a parità di corso di studi viene differenziato in ragione delle modalità di erogazione, così che in riferimento ai corsi a distanza questo viene individuato in misura significativamente più bassa (di quasi un terzo) rispetto ai corsi tradizionali.
Quanto, invece, alla numerosità degli studenti, la ricorrente lamenta la mancata conferma del meccanismo del moltiplicatore, in base al quale per tutti i corsi interamente o prevalentemente a distanza le numerosità massime di studenti andavano triplicate.
Tuttavia, evidenzia il primo giudice che il predetto moltiplicatore abbia rappresentato un’innovazione del precedente d. m. n. 6/2019, non previsto nelle disposizioni precedenti la cui ratio è semplicemente ripresa nel decreto oggi impugnato.
Con riguardo alla contestata modalità di computo del “numero di studenti”, osserva il TAR che il riferimento al «numero di iscritti per la prima volta nel corso», non rappresenta una novità introdotta con il decreto impugnato, essendo invece questa la modalità di calcolo prevista per i corsi a distanza fin dal d.m. n. 987/2016 e confermata anche nel d.m. n. 6/2019, e trova la propria ratio nella peculiarità dei corsi a distanza nei quali, diversamente dai corsi convenzionali, la prevalenza degli ingressi degli studenti non si verifica al primo anno di corso ma in anni successivi al primo.
Quanto alla previsione relativa ai docenti a contratto, anche tale figura è stata introdotta nella categoria dei docenti di riferimento solo con il d.m. n. 6/2019, senza alcun limite, non essendo mai stata contemplata in precedenza.
Il d.m. impugnato ha invece previsto che questa categoria di docenti possa essere conteggiata “ entro il limite massimo di ½ della quota della docenza di riferimento non riservata ai professori a tempo indeterminato ”, stabilendo altresì che detti docenti, insieme a quelli in convezione di cui all’art. 6, comma 11, della legge n. 240/2010, e ai professori a tempo determinato con incarichi triennali, possano contribuire ai requisiti di docenza “nel limite di 1/3 del totale dei docenti di riferimento.
Con riferimento al lamentato difetto di motivazione e all’assenza di elementi giustificativi delle modifiche apportate dal d.m. impugnato, il TAR ha osservato che la natura di atto generale del decreto impugnato determina l’applicabilità dell’esenzione dall’obbligo di motivazione di cui all’art. 3, comma 2, della legge n. 241/1990.
Ciò posto, sottolinea il TAR che il provvedimento impugnato costituisce attuazione di quanto previsto dall’art. 6 del d.lgs. n. 19 del 2012, cui l’ANVUR deve provvedere ogni tre anni al fine di tenere gli indicatori costantemente coerenti con le linee guida europee per l'assicurazione della qualità del sistema universitario e con quelli di programmazione universitaria triennale, tenendo conto degli esiti dell’attività di monitoraggio.
L’intervento modificatore del Ministero trova sufficiente giustificazione, ha evidenziato il giudice di prime cure, sia sul piano giuridico che fattuale, alla luce dell’adozione, nel marzo 2021, delle nuove “ Linee generali d’indirizzo della programmazione delle università 2021-2021 e indicatori per la valutazione periodica dei risultati ”, con il d.m. n. 289/2021, che hanno rappresentato un cambiamento sul piano giuridico.
Vanno infine respinte, secondo il giudice di primo grado, le argomentazioni della ricorrente riguardanti la violazione di principi costituzionali ed eurounitari.
Tenuto conto che il decreto impugnato non impinge nel contenuto dell’offerta formativa, ma riguarda la predisposizione di standard qualitativi necessari ad assicurare la piena attuazione del diritto allo studio di cui all’art. 34 Cost., l’accertata proporzionalità dell’intervento modificatore e l’individuazione di criteri che riflettono la diversità intercorrente fra Università tradizionali e telematiche consentono di superare le doglianze della ricorrente, atteso che la mera previsione di oneri economicamente più gravosi non costituisce lesione dell’autonomia costituzionalmente riconosciuta alle Università dall’art. 33 Cost..
Parimenti, l’assenza di elementi di discriminatorietà nella disciplina primaria e secondaria, nonché nella sua attuazione a livello amministrativo, esclude che gli atti gravati costituiscano violazione di regole di matrice comunitaria, non potendosi ritenere sufficiente a tal fine, come già evidenziato in punto di legittimità costituzionale, la sola gravosità economica dei criteri imposti dall’Autorità.
Il ricorso è stato pertanto, come detto, respinto.
L’appellante ha chiesto di accogliere l’appello e, per l’effetto, annullare la sentenza impugnata, articolando plurimi motivi.
Si sono costituiti in giudizio Ministero dell'Università e della Ricerca, ANVUR - Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca, Università degli Studi Roma La Sapienza.
In data 26 ottobre 2023 ha depositato memoria la parte appellata.
In data 27 ottobre 2023 ha depositato memoria la parte appellante.
In data 7 novembre 2023 ha depositato memoria di replica la parte appellante.
Nell’udienza pubblica del 28 novembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Con il primo motivo ( Error in procedendo et in iudicando. – Omessa pronuncia sui profili di contestazione del I