Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-01-11, n. 202300388

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-01-11, n. 202300388
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202300388
Data del deposito : 11 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/01/2023

N. 00388/2023REG.PROV.COLL.

N. 00465/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Cglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 465 del 2021, proposto da
-OMISSIS-., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato P L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Giovanni Antonelli 15;
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , in proprio e in qualità di impresa consorziata di -OMISSIS- Scarl, rappresentata e difesa dagli avvocati P G A, P L e L D D, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. P L in Roma, via Giovanni Antonelli 15;

contro

C S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

nei confronti

Elba - Compagnia di Assicurazioni e Riassicurazioni S.p.A., Accadueo S.r.l., non costituite in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione II, 16 ottobre 2020, n. -OMISSIS-, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di C S.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 giugno 2022 il Cons. Giorgio Manca e viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La società -OMISSIS- -OMISSIS-., ha partecipato ai lotti 1, 5, 7 e 9, oggetto della procedura per «l’affidamento dei servizi integrati, gestionali ed operativi, da eseguirsi negli istituti e luoghi di cultura individuati dall’art. 101 del D.Lgs. n. 42/2004 (c.d. Gara Musei)» , indetta dalla C con bando del 5 agosto 2015, indicando quali consorziate esecutrici -OMISSIS- S.p.A. e Gestione Integrata S.r.l.

2. Con nota del 20 luglio 2020 C disponeva l’esclusione della società consortile per la violazione, da parte di -OMISSIS- S.p.a. (nel frattempo subentrata alle consorziate -OMISSIS- e -OMISSIS- ), del disposto dell’art. 38, comma 1, lett. f) , del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Con nota del 28 luglio 2020 C richiedeva l’escussione delle cauzioni provvisorie rilasciate dalla -OMISSIS-per i lotti 1, 5, 7 e 9. Con separate note datate 30 luglio 2020, C segnalava l’esclusione all’Anac.

3. Il provvedimento di esclusione è stato motivato con riferimento a plurimi fatti che la stazione appaltante ha qualificato come gravi illeciti professionali idonei a incidere sull’affidabilità dell’operatore economico e a integrare la causa di esclusione di cui all’art. 38, comma 1, lett. f) , del d.lgs. n. 163 del 2006.

3.1. Segnatamente C ha fatto riferimento:

a) al provvedimento sanzionatorio n. 27646 del 17 aprile 2019, adottato dall’Autorità garante per la concorrenza e il mercato (AGCM) anche nei confronti delle società consorziate -OMISSIS- e Gestione Integrata , con il quale è stato accertato l’illecito antitrust consistente nell’aver «posto in essere [in concorso con altre società] un’intesa restrittiva della concorrenza contraria all’articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), e consistente in un’intesa unica, complessa e articolata avente ad oggetto la ripartizione dei lotti posti a gara in relazione alla procedura ad evidenza pubblica per la fornitura su tutto il territorio nazionale dei servizi di facility management (quarta edizione, gara FM4)» ;

b) alla sentenza di condanna emessa il 14 luglio 2020 dal Tribunale di Messina, I Sez. Penale, per corruzione in atti giudiziari, nei confronti dell’ex presidente e del procuratore di -OMISSIS- , e del direttore tecnico e del procuratore con poteri rilevanti di -OMISSIS- One (subentrata);

c) al rinvio a giudizio per turbata libertà degli incanti (articoli 110 e 353 del codice penale) di persone che hanno svolto il ruolo di presidente, direttore tecnico e procuratore con poteri rilevanti presso -OMISSIS- One ;

d) al provvedimento del 15 maggio 2020, prot. n. 20752, con il quale C ha disposto la risoluzione per inadempimento della convenzione c.d. SIC 3 , sottoscritta con il raggruppamento costituito tra -OMISSIS- (poi divenuta -OMISSIS- One S.p.A.), mandataria, e -OMISSIS- S.p.a. (mandante).

4. La società consortile -OMISSIS- ha impugnato il provvedimento di esclusione e l’escussione delle cauzioni provvisorie con ricorso innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio che, con sentenza 16 ottobre 2020, n. -OMISSIS-, lo ha respinto ritenendo infondate tutte le censure.

5. La medesima società, rimasta soccombente, ha proposto appello reiterando i motivi del ricorso di primo grado in chiave critica della sentenza di cui chiede la riforma.

6. Resiste in giudizio la C S.p.a. chiedendo che l’appello sia respinto.

7. All’udienza del 7 giugno 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

8. Con il primo motivo (cfr. pp.

6-15 dell’atto di appello), gli appellanti deducono l’ingiustizia della sentenza nella parte in cui ha respinto le censure secondo le quali il procedimento di verifica del requisito di cui all’art. 38, comma 1, lett. f) , del d.lgs. n. 163 del 2006, si è svolto in violazione dei principi che presiedono al corretto svolgimento del procedimento amministrativo, anche in termini di proporzionalità e adeguatezza dell’azione amministrativa. La pronuncia del T.a.r. è criticata in quanto richiamerebbe argomenti di natura puramente formalistica, del rispetto dei principi e delle norme del procedimento amministrativo, la cui denunciata violazione avrebbe compromesso sia la possibilità per -OMISSIS- di difendersi adeguatamente in sede procedimentale, sia la dimostrazione dell’effettivo possesso e mantenimento dei requisiti.

Le appellanti ribadiscono, pertanto, che se C avesse proceduto alla verifica immediatamente dopo l’ammissione con riserva delle appellanti (aprile 2018), sarebbero mancati gli successivamente addotti a sostegno dell’esclusione impugnata. Secondo le appellanti la condotta inerte di C sarebbe censurabile anche sotto il profilo della mancanza di imparzialità e trasparenza anche con riferimento alla richiesta rivolta a -OMISSIS- di confermare l’offerta e di presentare una nuova cauzione che, altrimenti, sarebbe stato impossibile escutere.

Le appellanti deducono inoltre la violazione delle garanzie partecipative derivante dalla ostensione solo parziale della documentazione oggetto di istanza di accesso e all’oscuramento dei provvedimenti penali sulla base dei quali è stato avviato il procedimento di esclusione, nonché la concessione di un termine di soli 8 giorni (decorrenti dalla comunicazione del 22 giugno 2020 e non dalla ricezione di questa) per la produzione di memorie e documenti pertinenti l’oggetto del procedimento.

8.1. Il motivo è infondato.

8.2. In linea di principio, è noto che – salve le ipotesi in cui la legge prevede diversamente - il termine di conclusione dei procedimenti amministrativi non ha natura perentoria. Il mancato rispetto può dare luogo unicamente alle conseguenze previste dalla legge per contrastare l’inerzia dell’amministrazione (articoli 2 e 2-bis della legge n. 241 del 1990 e articoli 31 e 117 del codice del processo amministrativo) ma non incide sulla validità del provvedimento finale adottato dall’amministrazione procedente. Nel caso di specie, inoltre, la lamentata lungaggine della procedura di gara (e in particolare della fase relativa al controllo dei requisiti generali nei confronti dell’offerta individuata come potenziale aggiudicataria) non è ingiustificata, né quindi si pone in contrasto con i principi di proporzionalità e ragionevolezza invocati dagli appellanti, posto che – come si evince agevolmente dalla documentazione agli atti – il protrarsi dei tempi per la conclusione della procedura di gara si spiega con il numero delle offerte presentate e, soprattutto, con la complessità delle verifiche effettuate da C. Complessità relative alla selezione dei fatti acquisiti al procedimento e oggetto di valutazione, all’inquadramento giuridico di questi sotto il profilo della gravità e alla incidenza sull’affidabilità professionale degli operatori economici coinvolti.

8.3. In ogni caso, instaurare una relazione di tipo causale tra il dilatarsi dei tempi del subprocedimento di verifica dei requisiti dichiarati in gara e l’avvenuta conoscenza dei fatti (tale per cui se il procedimento si fosse concluso in un minor tempo quei fatti non sarebbero stati acquisiti e valutati ai fini dell’esclusione) è certamente errato per almeno due ordini di ragioni: per l’esistenza del principio di continuità nel possesso dei requisiti anche dopo l’aggiudicazione e nella fase di esecuzione del contratto (si veda Cons. Stato, ad. plen., n. 4 del 2011 e più di recente Cons. Stato, V, 15 dicembre 2020, n. 8021) e per la possibilità dell’amministrazione aggiudicatrice di esercitare i poteri di autotutela e di riesame della decisione di aggiudicare il contratto (art. 11, comma 9, del codice del 2006;
art. 32, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016). Per cui, anche se il procedimento fosse stato concluso tempestivamente, ciò non avrebbe impedito successivi interventi in autotutela da parte della stazione appaltante.

8.4. Anche per quanto concerne il rispetto delle garanzie partecipative le censure non colgono nel segno posto che la stazione appaltante, pur non essendovi tenuta (sulla scorta di una costante giurisprudenza che esclude la necessità della previa comunicazione di avvio del subprocedimento di esclusione dalla gara: in termini Cons. Stato, sez. V, 30 maggio 2022, n. 4366), ha svolto un adeguato contraddittorio su tutti i profili oggetto di valutazione ai fini della verifica (come si evince dalla narrazione degli sviluppi procedimentali contenuta nel provvedimento di esclusione, sostanzialmente non smentita dalle appellanti).

9. Con il secondo motivo, le appellanti censurano la sentenza sotto due distinti profili: aver ritenuto che la rilevanza sul piano dell’affidabilità professionale e morale dell’illecito antitrust di cui al provvedimento di AGCM del 17 aprile 2019, già richiamato sopra, sia estendibile anche alla società -OMISSIS- One S.p.a., seppure questa sia subentrata nel corso della gara alle consorziate -OMISSIS- S.p.a. e -OMISSIS- s.r.l. (cfr. pp. 16-24 dell’appello);
aver considerato il predetto provvedimento come fonte idonea a provare le condotte di rilevanza penale oggetto dei procedimenti penali avviati nei confronti dei cessati amministratori, ai fini delle valutazioni da effettuare ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f) , del codice del 2006.

9.1. Sotto il primo profilo, le appellanti deducono l’erroneità della sentenza per non aver considerato che -OMISSIS- One , affittuaria dei rami aziendali, non è subentrata per ciò stesso in tutti i rapporti attivi e passivi delle affittanti, così mutuando anche le eventuali circostanze escludenti che possono rilevare (ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f) , del d.lgs. n. 163 del 2006) in capo alle sue danti causa. La successione di -OMISSIS- One alla società -OMISSIS- (e alla società -OMISSIS- ) sarebbe avvenuta non già a “titolo universale”, come erroneamente assunto dal T.a.r., ma a “titolo particolare”, per cui il subentro non potrebbe che essere circoscritto, sotto il profilo oggettivo, a quel complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa che, per espressa volontà delle parti, è stato effettivamente trasferito dal soggetto affittante a quello affittuario, rimanendo ogni altro bene dell’azienda della società affittante nell’esclusiva titolarità di quest’ultima.

9.2. Il motivo è infondato.

Secondo la giurisprudenza del Cglio di Stato, premesso che il contratto di cessione o di affitto d'azienda determina l'automatico trasferimento all'acquirente (o all'affittuario) di tutti i rapporti compresi nel complesso aziendale, sia attivi che passivi, ne deriva ulteriormente che la cessione o l'affitto di ramo d'azienda comporta una sostanziale continuità tra i due soggetti imprenditoriali (secondo le conclusioni cui è giunta l'adunanza plenaria del Cglio di Stato nella sentenza n. 10 del 4 maggio 2012). Del resto, come sottolineato nella pronuncia da ultimo richiamata, la responsabilità per il fatto di un soggetto giuridico terzo a cui soggiace il cessionario trova risposta nel principio ubi commoda, ibi incommoda : il cessionario, come si avvale dei requisiti del cedente sul piano della partecipazione a gare pubbliche, così risente delle conseguenze, sullo stesso piano, delle eventuali responsabilità del cedente, dunque anche sotto il profilo delle eventuali condotte che possono integrare il grave illecito professionale. In siffatta direzione, «la continuità imprenditoriale tra l'affittuario e l'affittante risulta insita in re ipsa nello stesso trasferimento della disponibilità economica di una parte dell'azienda ad altra impresa, giuridicamente qualificabile come affitto, ad eccezione della sola ipotesi in cui il soggetto interessato (cessionario) abbia fornito la prova di una completa cesura tra le gestioni» (cfr. Cons. Stato, sez. V, 5 novembre 2014, n. 5470). Prova che, nel caso di specie, non risulta fornita.

9.3. Col secondo profilo di censura, le appellanti ribadiscono che il provvedimento AGCM (peraltro non definitivo e ancora sub judice ) non può costituire prova delle condotte prese in considerazione da C, contrastando tale assunto col fondamentale principio di presunzione di innocenza enunciato dagli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, dall’art. 27 della Costituzione e dall’art. 6, § 2 della CEDU.

9.4. Le appellanti richiamano, inoltre, i motivi di censura del provvedimento di AGCM dedotti nei ricorsi innanzi al T.a.r. per il Lazio e nei successivi giudizi di appello avverso le sentenze di primo grado (che hanno accolto i predetti ricorsi solo in punto di sanzioni). Nel caso in esame le condotte cui ha fatto riferimento C non solo non sarebbero coperte dal giudicato, ma neppure è stata emessa una sentenza di condanna (è stato adottato unicamente un decreto di rinvio a giudizio);
in ogni caso dovrebbe essere escluso che il grave errore professionale possa dedursi da procedimenti penali in corso perché in tal modo si sovrapporrebbe la causa ostativa di cui alla lett. f) dell’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006 con quella prevista dalla lett. c) della medesima disposizione, con conseguente violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione. Ne discende, secondo le appellanti, che l’inaffidabilità professionale di -OMISSIS- One (data la sua estraneità alle ipotizzate condotte illecite) avrebbe richiesto, da parte di C, un mezzo di prova maggiormente adeguato, posto che la mera pendenza di un procedimento penale non potrebbe avere effetti automatici nel procedimento amministrativo.

Tali principi, così come si ricaverebbe anche dalla giurisprudenza della Corte di giustizia UE, imporrebbero che il giudizio di inaffidabilità di un concorrente discenda da un accertamento pieno e definitivo, ovvero da una sentenza, ancorché non passata in giudicato, che abbia accertato la sussistenza di una violazione.

10. Le censure non colgono nel segno.

10.1. In linea generale, per quanto concerne i profili di rilevanza dell’illecito antitrust quale grave illecito professionale valutabile ai fini dell’esclusione dalla procedura di gara (secondo quanto previsto, ratione temporis , dall’art. 38, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 163 del 2006: «Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi […] i soggetti: […] f) che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, […] hanno commesso un errore grave nell'esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante» ) è bene precisare, innanzi tutto, che non è revocabile in dubbio l’assunto secondo cui rientra nell’ambito dei gravi illeciti professionali valutabili ai fini dell’esclusione dalla procedura di gara anche la condotta costituente illecito anticoncorrenziale, accertata e sanzionata mediante il provvedimento dell’AGCM (conformemente agli orientamenti giurisprudenziali più recenti: in termini cfr. Cons. Stato, V, 29 ottobre 2020, n. 6635 e da ultimo Sez. V, 7 febbraio 2022, n. 845;
va rammentato, peraltro, che in precedenza la giurisprudenza aveva escluso la rilevanza del provvedimento sanzionatorio antitrust quale grave errore professionale non perché ritenesse necessario il previo vaglio giurisdizionale ma perché – interpretando l’art. 38 cit. allora vigente – si riteneva che i fatti rilevanti erano esclusivamente quelli relativi alla fase esecutiva dell’appalto, e non quei fatti commessi nel corso della procedura di affidamento del contratto: cfr. Cglio di Stato, V, 4 dicembre 2017, n. 5704 e 5 febbraio 2018, n. 722).

10.2. Va rilevato inoltre che con la sentenza del Cglio di Stato, sez. VI, 9 maggio 2022, n. 3572, sono stati respinti gli appelli proposti da -OMISSIS- S.p.A. e -OMISSIS- s.r.l. avverso le sentenze che avevano accolto i ricorsi di primo grado limitatamente alla determinazione della sanzione irrogata nei confronti delle società, respingendo le censure sollevate avverso la sussistenza dell’intesa anticoncorrenziale tra le società ricorrenti. In particolare, la sentenza d’appello ha accertato «la sussistenza di plurimi elementi probatori che dimostrano con certezza la sussistenza dell’illecito, costituiti da elementi esogeni di oggettivo riscontro che si inseriscono in un contesto comportamentale caratterizzato da evidenti anomalie nelle condotte riscontrate, le quali riacquistano una coerenza complessiva solo alla luce della concertazione posta in essere dalle parti» (punto 10.1. del diritto e al punto 10.3. l’indicazione degli elementi di prova della esistenza della concertazione).

10.3. Peraltro, indipendentemente da quanto appena segnalato, la questione introdotta dalle appellanti circa la ritenuta necessità che l’accertamento dell’illecito anticoncorrenziale sia assistito da un previo vaglio giurisdizionale del provvedimento dell’Autorità non è comunque fondata in termini generali.

La tesi non può essere condivisa per ragioni che possono rinvenirsi nell’ordinanza della Corte di giustizia dell’Unione europea, IX Sezione, 4 giugno 2019, in causa C-425/2018, nella quale – al punto 32 della motivazione – si è precisato che «l’accertamento di un tale errore [professionale, n.d.r.] non richiede una sentenza passata in giudicato (sentenza del 13 dicembre 2012, Forposta e ABC Direct Contact, C-465/11, EU:C:2012:801, punto 28)» , sottolineando come «la decisione di un’autorità nazionale garante della concorrenza, che stabilisca che un operatore ha violato le norme in materia di concorrenza, può senz’altro costituire indizio dell’esistenza di un errore grave commesso da tale operatore»;
e al punto 33 conclude affermando che «la commissione di un’infrazione alle norme in materia di concorrenza, in particolare quando tale infrazione è stata sanzionata con un’ammenda, costituisce una causa di esclusione
[…] » .

10.4. La diversa soluzione prospettata dalle appellanti può giustificarsi solo in base a una lettura dell’ordinanza della Corte di giustizia limitata al dispositivo (secondo cui «L’articolo 45, paragrafo 2, primo comma, lettera d), della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Cglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi […] osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che è interpretata nel senso di escludere dall’ambito di applicazione dell’”errore grave” commesso da un operatore economico “nell’esercizio della propria attività professionale” i comportamenti che integrano una violazione delle norme in materia di concorrenza, accertati e sanzionati dall’autorità nazionale garante della concorrenza con un provvedimento confermato da un organo giurisdizionale, e che preclude alle amministrazioni aggiudicatrici di valutare autonomamente una siffatta violazione per escludere eventualmente tale operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico» ), nel quale il riferimento a «un provvedimento confermato da un organo giurisdizionale» si spiega in ragione della peculiare fattispecie sottoposta all’esame del giudice europeo (come risulta dall’ordinanza di rinvio pregiudiziale del Ta.r. per il Piemonte n. 770 del 21 giugno 2018, punto 42), caratterizzata dal fatto che il provvedimento sanzionatorio della Autorità nazionale antitrust era stato oggetto di sentenza passata in giudicato.

L’interpretazione della pronuncia va condotta, peraltro, attraverso la lettura congiunta del dispositivo e della motivazione. Né si può fondatamente sostenere che il passo della motivazione sopra riferito (punti 32 e 33 dell’ordinanza) costituisca un mero obiter , sganciato dai fatti di causa e quindi non rappresentativo della effettiva ratio decidendi . Conclusione che va certamente respinta sia perché la Corte di giustizia non si limita a esternare una mera argomentazione incidentale ma richiama puntualmente un precedente specifico sulla questione (Corte di giustizia dell’U.E., sentenza del 13 dicembre 2012, Forposta , C-465/11, punto 28), che si era già espresso nel senso che il fatto rilevante come errore professionale non deve essere necessariamente accertato con sentenza passata in giudicato;
sia per ragioni di ordine generale riguardanti l’interpretazione delle sentenze degli organi giurisdizionali superiori che giudicano sulla legittimità di atti normativi, per le quali la stessa distinzione tra ratio decidendi e obiter dictum perde di significato, giacché le affermazioni di principio contenute nelle motivazioni di quelle pronunce, da considerare sempre nella loro totalità, hanno di mira la tutela di norme e di valori che travalicano la stretta connessione con la concreta fattispecie oggetto di controversia (connessione, invece, di cui occorre tenere conto nel valutare l’efficacia di precedente della sentenza di un giudice comune).

L’ordinanza della Corte di giustizia, pertanto, va correttamente intesa nel senso che la nozione di grave illecito professionale (o di errore grave nell’esercizio della propria attività professionale) comprende qualsiasi comportamento scorretto che incida sulla affidabilità e integrità professionale dell’operatore economico, che - con riferimento alle condotte costituenti illeciti antitrust – assumono rilevanza quando siano oggetto di un provvedimento emesso dall’autorità nazionale in materia, non occorrendo un ulteriore vaglio giurisdizionale (conformemente a Cons. Stato, V, 29 ottobre 2020, n. 6635;
id., V, 7 febbraio 2022, n. 845).

10.5. La medesima pronuncia della Corte di giustizia ha inoltre ribadito (al punto 34) che la decisione dell’autorità garante della concorrenza «non può comportare l’esclusione automatica di un operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico. Infatti, conformemente al principio di proporzionalità, l’accertamento della sussistenza di un “errore grave” necessita, in linea di principio, dello svolgimento di una valutazione specifica e concreta del comportamento dell’operatore economico interessato» . Il che, peraltro, corrisponde a un principio costantemente affermato dalla giurisprudenza nazionale (basti il richiamo alla sentenza dell’Adunanza plenaria del Cglio di Stato n. 16 del 2020), nonché requisito di fattispecie testualmente richiesto sia dall’art. 38, comma 1, lett. f) , del codice del 2006, sia dall’art. 80, comma 5, lettera c), del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.

10.6. Sono infondate anche le altre questioni e in particolare i rilievi basati sul contrasto con le norme convenzionali di cui all’articolo 6 della CEDU, nonché con gli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e con l’art. 27 della Costituzione.

Le norme invocate dalle appellanti presuppongono la qualificazione in senso sanzionatorio del provvedimento di esclusione da una procedura di gara, soluzione, tuttavia, alla quale non è possibile accedere dovendosi condividere la costante giurisprudenza che afferma la natura non sanzionatoria dell’esclusione (per tutte si veda Cons. Stato, sez. V, 28 settembre 2015, n. 4502, in una fattispecie relativa a esclusione motivata dalla inaffidabilità dell’operatore economico ai sensi dell’art. 38 cit .).

10.7. Alla luce dei principi enunciati, nel caso di specie la stazione appaltante, venuta a conoscenza dell’illecito anticoncorrenziale accertato nei confronti delle appellanti con il provvedimento AGCM sopra citato, ha proceduto a valutare la gravità dell’illecito professionale e la sua incidenza sull’affidabilità e integrità professionale dell’operatore economico, nei termini richiesti dalla norma.

Come risulta dalla ampia motivazione dell’atto di esclusione (in particolare alle pp. 12 ss.), la stazione appaltante ha diffusamente esaminato la sussistenza dei diversi presupposti della causa di esclusione di cui trattasi, con riferimento alla gravità delle condotte accertate dall’Autorità garante della concorrenza, giungendo motivatamente alla conclusione che «l’intesa anticoncorrenziale accertata con il provvedimento […] è grave in quanto ha determinato il venir meno del livello di concorrenza nella gara FM4, frustrando l’obiettivo principale di una procedura ad evidenza pubblica che basa sul corretto confronto competitivo l’individuazione dell’offerta migliore; […] il comportamento tenuto […] da -OMISSIS- ha violato apertamente i più elementari principi che governano gli affidamenti pubblici, tra i quali in particolare quelli di segretezza, buona fede, correttezza e legalità […] » ;
sottolineando, altresì, come «l’alterazione del confronto concorrenziale in una gara pubblica e la manipolazione dei suoi esiti costituisce condotta che inficia l’affidabilità e integrità morale del concorrente, rendendo intollerabile per C l’accettazione di offerte provenienti da un operatore che si è reso responsabile di una gravissima violazione anticoncorrenziale in una precedente gara indetta dalla medesima centrale di committenza nazionale che ha bandito l’iniziativa in oggetto» , rappresentando un grado di disvalore che giustifica la «complessiva inaffidabilità morale del concorrente, idonea a determinare nella presente procedura la frattura irrimediabile dell’elemento fiduciario […] » (cfr. pag. 22 ss. del provvedimento di esclusione). Nei termini riferiti, la motivazione appare sufficientemente esplicativa delle ragioni che hanno indotto la stazione appaltante all’adozione del provvedimento di esclusione delle appellanti, nonché completa ed esaustiva quanto ai presupposti di fatto che hanno connotato la vicenda procedimentale;
né sono riscontrabili quei vizi manifesti di illogicità o di contraddittorietà che soli possono essere oggetto del sindacato del giudice amministrativo di legittimità.

10.8. Infine, non sono suscettibili di favorevole apprezzamento nemmeno le doglianze con le quali le appellanti lamentano che i comportamenti presi in considerazione dalla stazione appaltante quali asseriti gravi errori professionali siano oggetto di procedimenti penali in corso, in assenza di qualsiasi accertamento definitivo.

Sul punto, oltre alle considerazioni che si sono sviluppate ai punti precedenti, è sufficiente richiamare la costante giurisprudenza secondo cui la norma in questione ha un carattere aperto, in grado di comprendere tutti quei fatti riguardanti l’operatore economico, di cui sia accertata la contrarietà a un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa, qualificabili come gravi illeciti professionali e quindi possibili oggetti della valutazione di incidenza sulla sua affidabilità professionale. Vi rientrano, pertanto, tutte le condotte ascrivibili all’operatore economico suscettibili di incidere sulla sua affidabilità professionale, indipendentemente dal fatto che tali condotte siano state oggetto di provvedimenti giurisdizionali col crisma della definitività o del giudicato (si veda, per tutte, Cons. Stato, sez. V, 5 luglio 2017, n. 3288, che - con riferimento all’art. 38, comma 1, lett. f), del d.lg. 12 aprile 2006, n. 163 – ribadisce che costituiscono possibile oggetto di valutazione discrezionale tutte le vicende pregresse, concernenti fatti risolutivi, errori o altre negligenze occorse in precedenti rapporti contrattuali con Pubbliche amministrazioni diverse dalla stazione appaltante), fermo restando che spetta all’amministrazione aggiudicatrice motivare puntualmente in ordine alla gravità dell’illecito professionale e alla sua incidenza sull’affidabilità morale e professionale dell’operatore economico.

Motivazione che - con riguardo alle condotte di cui trattasi – è ampiamente sviluppata nel provvedimento di esclusione (in particolare alle pp. 23 ss.) sia nei presupposti di fatto sia nei riflessi sul piano della inaffidabilità delle appellanti e che non è inficiata dai vizi dedotti dalle appellanti.

11. Dalle considerazioni sopra svolte discende anche l’infondatezza dell’ulteriore profilo di violazione dell’art. 38, comma 1, lett. f) , cit. con il quale le appellanti assumono che la norma prenderebbe in considerazione solo fattispecie di inadempimento contrattuale;
ipotesi che, nel caso di specie, non ricorrerebbe.

Come si è rilevato al punto precedente, la causa di esclusione di cui si argomenta è idonea a ricomprendere tutte le condotte ascrivibili all’operatore economico suscettibili di incidere sulla sua affidabilità professionale, fermo restando che la stazione appaltante è tenuta a valutare e motivare circa la gravità dell’illecito professionale imputato all’operatore economico e il venir meno dell’affidabilità.

12. Con il secondo motivo di appello, le appellanti ripropongono, in chiave critica della sentenza, anche le censure volte a contestare la rilevanza, ai fini del giudizio di inaffidabilità professionale formulato da C, dei fatti oggetto di decreto di rinvio a giudizio per il reato di turbata libertà degli incanti contestato agli amministratori cessati dalle cariche (cfr. pp. 24-32 dell’atto di appello), nonché dei fatti oggetto del procedimento penale di corruzione in atti giudiziari (pag. 32-36 dell’appello), procedimento definito con sentenza di applicazione della pena su richiesta, resa nei confronti di soggetti che non avrebbero mai rivestito alcuna carica né in -OMISSIS- One , né in -OMISSIS- .

12.1. Anche gli anzidetti profili di gravame sono infondati.

Senza ripetere le considerazioni svolte a proposito della natura di norma di chiusura del sistema attribuibile all’art. 38, comma 1, lett. f), cit. (che consente alla stazione appaltante di valutare qualsiasi condotta che si caratterizzi come grave illecito professionale, pur se non oggetto di accertamenti giurisdizionali aventi il crisma della definitività o del giudicato), come rilevato dal primo giudice, e come d’altronde risulta dalla motivazione del provvedimento di esclusione e dalla documentazione in atti, la stazione appaltante ha preso in considerazione le condotte poste in essere da soggetti che hanno ricoperto cariche sociali nell’ambito delle società -OMISSIS- e -OMISSIS- (nelle qualità di direttore tecnico, procuratore, consigliere di amministrazione e presidente) e che sono quindi imputabili a -OMISSIS- One .

12.2. Va rammentato, altresì, che ai fini della sussistenza della causa di esclusione per gravi illeciti professionali [di cui all’art. 38, comma 1, lett. f) cit.] possono assumere rilevanza tutti i fatti commessi entro i tre anni antecedenti all’avvio della procedura in corso (cfr. Corte di giustizia U.E., sez. III, 13 dicembre 2012, Forposta, C-465/11, in sede di interpretazione dell’art. 45 della direttiva 2004/18).

Nel caso di specie risulta, inoltre, che la cessazione dalle cariche da parte di tali soggetti è relativamente recente (l’ing. -OMISSIS-, procuratore speciale e direttore tecnico, risulta cessato dal 19 marzo 2019;
la -OMISSIS-, presidente del Cglio di amministrazione, risulta cessata dal 5 marzo 2020).

Dalle considerazioni che precedono discende pertanto la reiezione del motivo in esame.

13. Con il quarto motivo (pp. 36-45) le appellanti impugnano la sentenza nella parte in cui non ha accolto le censure avverso l’ulteriore motivo di esclusione costituita dalla intervenuta risoluzione per inadempimento della convenzione «per l’affidamento dei servizi relativi alla gestione integrata della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro presso le pubbliche amministrazioni» (SIC 3 – lotti 1, 4, 6) stipulata con Gi One S.p.a. e -OMISSIS- S.p.a. Secondo le appellanti detta risoluzione non potrebbe avere rilievo ai fini della valutazione dell’affidabilità professionale poiché sarebbe stata adottata da C quando il regolamento convenzionale pattuito tra le parti si era sostanzialmente realizzato e l’assetto di interessi programmato era stato attuato, in violazione del principio secondo il quale non può procedersi allo scioglimento di un contratto che abbia esaurito i propri effetti negoziali e sia sostanzialmente compiuto, attraverso l’esaurimento delle prestazioni in esso contemplate. Anche il riferimento alla clausola risolutiva espressa, prevista dall’art. 15 delle condizioni generali applicabili alla convenzione, sarebbe errato in quanto non darebbe rilevanza (quale causa di scioglimento della convenzione) a inadempimenti relativi ai contratti attuativi (se non in alcune ipotesi di gravi inadempimenti tipizzate nella clausola che non ricorrerebbero nel caso di specie).

13.1. Il motivo è infondato.

Premesso che l’art. 38, comma 1, lett. f) , cit., dispone che «sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento […] , i soggetti che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante,

hanno commesso grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara […] » , rimettendo quindi alla stazione appaltante la valutazione del comportamento tenuto dall'operatore economico nel corso dell'esecuzione del rapporto contrattuale, senza investire specificamente il profilo dell’esatto adempimento delle prestazioni del precedente contratto, la giurisprudenza ha ulteriormente precisato che «non occorre - ai fini dell'esclusione de qua - un accertamento della responsabilità del contraente per l'inadempimento in relazione ad un precedente rapporto contrattuale, quale sarebbe richiesto per l'esercizio di un potere sanzionatorio, ma è sufficiente una motivata valutazione dell'amministrazione in ordine alla grave negligenza o malafede nell'esercizio delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara, che abbia fatto venire meno la fiducia nell'impresa» (in tali precisi termini si veda Cons. Stato, sez. V, 22 ottobre 2019, n. 7160, ed ivi ulteriori richiami conformi).

13.2. In tale prospettiva deve valutarsi se la motivazione sul punto contenuta nel provvedimento di esclusione sia idonea a sorreggere la valutazione di inaffidabilità espressa dalla stazione appaltante. Dalla piana lettura degli atti (ossia, in specie, dell’atto di esclusione e dell’atto del 5 maggio 2020 con cui C ha risolto la convenzione di cui si discute) emerge la analitica trattazione delle singole condotte di inadempimento addebitate all’operatore economico e la adeguatezza del giudizio espresso dall’amministrazione sia allo scopo di pronunciare la risoluzione della convenzione sia, per quel che rileva ai fini della causa di esclusione de qua , per spiegare le ragioni della inaffidabilità quale conseguenza del grave illecito professionale. La motivazione, pertanto, esamina compiutamente tutti i profili rilevanti per la fattispecie espulsiva di cui trattasi, non evidenziandosi quei vizi di manifesta illogicità, irragionevolezza o contraddittorietà che unicamente possono essere oggetto di sindacato giurisdizionale.

14. Con il quinto motivo (pp. 46-48), le appellanti censurano la sentenza anche nella parte in cui non ha rilevato l’illegittimità del provvedimento di escussione delle cauzioni provvisorie in via derivata dai vizi dedotti avverso il provvedimento di esclusione. Vengono riproposti anche i vizi propri del provvedimento di escussione che – secondo le appellanti – sarebbe stato adottato dalla stazione appaltante senza valutare la concreta imputabilità - sul piano oggettivo e soggettivo – delle condotte contestate a -OMISSIS- , a titolo di responsabilità oggettiva, senza alcuna indagine sulla effettiva colpa del concorrente. In ogni caso, l’escussione dovrebbe comunque considerarsi illegittima per la violazione dell’art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006 il quale la prevederebbe solamente per l’ipotesi di dichiarazione mendace o omissiva sui requisiti, circostanze che non ricorrono nel caso di specie.

14.1. I motivi sono infondati.

Rammentato, in fatto, che l’esclusione delle appellanti è intervenuta per il difetto del requisito generale di affidabilità dell’operatore economico, va innanzi tutto richiamato l’assunto secondo cui, nel sistema delineato dagli articoli 38, comma 2-bis, 48 e 75 del d.lgs. n. 163 del 2006, il potere della stazione appaltante d'incamerare la cauzione presentata a corredo dell’offerta (intesa quale garanzia del rispetto del patto d'integrità cui si vincola chi partecipa a gare pubbliche: in termini Cons. Stato, sez. V, 25 febbraio 2016 n. 775), si estende a tutte le ipotesi di mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell'affidatario, intendendosi per tale qualunque ostacolo alla stipulazione a lui riconducibile;
dunque non solo il rifiuto di stipulare o il difetto di requisiti speciali, ma anche il difetto di requisiti generali di cui all'art. 38 del d.lgs. citato (orientamento inaugurato dall'Adunanza Plenaria del Cglio di Stato con la sentenza n. 8 del 4maggio 2012 e confermato dalla giurisprudenza successiva: per tutte Cons. Stato, sez. V, 7 novembre 2016, n. 4644;
id., sez. V, 12 marzo 2020, n. 1760).

14.2. Altro passaggio essenziale è costituito dalla corretta qualificazione giuridica della garanzia provvisoria, che non può essere assimilata a una sanzione (connotata quindi da profili di afflittività per chi la subisce) ma costituisce piuttosto una figura di liquidazione anticipata e forfettaria del danno subito dall’amministrazione aggiudicatrice per qualunque fatto riconducibile al partecipante alla procedura di gara che abbia impedito la stipula del contratto.

14.3. Una connotazione sanzionatoria dell’escussione della cauzione deve essere esclusa (anche) sulla base dei criteri elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (c.d. criteri Engel ), come recentemente affermato dalla Corte costituzionale (sentenza 26 luglio 2022, n. 198, ai punti 8.3. ss. del “considerato in diritto”).

14.4. Come già rilevato, la natura di sanzione non può essere attribuita nemmeno all’esclusione dalla gara d'appalto disposta ai sensi dell'art. 38, comma 1, lett. f), del d.lgs. n.163 del 2006, che – come affermato - «non è una sanzione (per inadempimento di pregressi rapporti contrattuali) ma una misura selettiva preventiva sulla scelta del contrante per il contratto in formazione, per garantire alla pubblica amministrazione l’affidabilità del potenziale contraente fin dal loro contatto (cfr. Cons. Stato, V, 9 gennaio 2020, n. 158;
V, 13 luglio 2017, n. 3444);
non vi è dunque un bis in idem della sanzione e l’operatore economico, già destinatario della sanzione dell’AGCM, non viene sanzionato più volte perla medesima condotta»
(Cons. Stato, sez. V, 6 aprile 2020, n. 2260).

14.5. Né sussiste l’asserito effetto espulsivo automatico che conseguirebbe all’accertamento dell’illecito antitrust, posto che – come si è già veduto - l’esclusione dalla procedura di gara è stata disposta a seguito di un’ampia valutazione circa l’inaffidabilità dell’operatore economico, all’esito di un complesso giudizio di (in)affidabilità di cui la stazione appaltante ha dato conto nella motivazione del provvedimento.

14.6. Di recente, infine, la Corte costituzionale ha dichiarato infondati anche i dubbi di compatibilità col principio costituzionale di eguaglianza e di ragionevolezza (art. 3 Cost.) della non retroattività della disciplina più favorevole prevista dall’art. 93 del codice dei contratti pubblici vigente, come prospettati dall’ordinanza di questa Sezione del 26 aprile 2021 (cfr. la sentenza della Corte costituzionale n. 198 del 26 luglio 2022).

15. Infine, con l’ultimo motivo (pp. 48-50) l’appellante sollecita, in via subordinata, il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’U.E., ai sensi dell’art. 267, III comma, del Trattato F.U.E., di plurime questioni.

15.1. Con la prima si sollecita la rimessione al giudice europeo sulla base di quanto previsto dall’art. 23 del reg. 1/2003 del Cglio del 16 dicembre 2002 (concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del Trattato) e dai principi della responsabilità personale e di individualità della pena, al fine di stabilire se «ostino all’applicazione di disposizioni nazionali, come quella di cui all’art. 38 del d.lgs. 163/2006, che consente in caso di operazioni societarie di imputare, ai fini della esclusione da una procedura di affidamento di un appalto pubblico ai sensi del paragrafo 45 della Direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, l’illecito antitrust commesso dall’impresa cedente e/o affittante all’impresa cessionaria e/o affittuaria qualora quest’ultima non risulti né cessata, né estinta, ma, viceversa, ancora esistente ed attiva come persone giuridica autonoma e distinta e non esista alcun legame di controllo sul piano giuridico, economico, organizzativo e/o di direzione commerciale tra le sue società e qualora la cessionaria e/o affittuaria non sia subentrata nella procedura di gara in cui è stato commesso dalla sola cedente e/o affittante l’illecito antitrust» .

15.2. Posta nei termini anzidetti la questione non è rilevante perché la norma del regolamento invocato, così come i principi richiamati, presuppongono che il provvedimento di esclusione da una procedura di affidamento di un contratto pubblico sia qualificabile in termini di sanzione o di pena, il che – come si è già più volte ribadito – non è condivisibile alla luce della consolidata giurisprudenza interna ed europea.

16. Con la seconda questione si chiede il rinvio al fine di stabilire se il paragrafo 45 della Direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004 (relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi) osti all’applicazione di disposizioni nazionali come quella di cui all’art. 38 del d.lgs. 163/2006, «che consente alla Stazione Appaltante di disporre l’esclusione di un operatore economico nel caso in cui, essendosi la procedura di selezione protratta per cinque anni, vengano disposti dall’autorità giudiziaria decreti di rinvio a giudizio e/o sentenze di condanna non definitiva a carico di soggetti nel frattempo cessati dalle cariche societarie rivestite alla data di presentazione delle offerte» .

16.1. Premesso che la giurisprudenza europea afferma costantemente che «la nozione di «errore nell'esercizio dell'attività professionale» comprende qualsiasi comportamento scorretto che incida sulla credibilità professionale dell'operatore in questione e non soltanto le violazioni delle norme di deontologia in senso stretto della professione cui appartiene tale operatore, che sarebbero accertate dall'organo di disciplina prevista per tale professione o da una decisione giurisdizionale passata in giudicato» (Corte di giustizia U.E., sez. III, 13 dicembre 2012, C-465/11 Forposta , al punto 27), va ulteriormente rilevato che l’art. 45 della direttiva 2004/18 (così come l’art. 57 della direttiva 2014/24) individuano un limite temporale unicamente con riferimento (non alla complessiva durata del procedimento di gara ma) all’epoca in cui i fatti rilevanti quali gravi illeciti professionali sono stati commessi (prevedendo che non assumono rilevanza quei fatti avvenuti oltre i tre anni precedenti l'avvio della procedura in corso: cfr. la sentenza Forposta sopra richiamata).

Posto che, come si è già osservato in sede di esame delle singole censure, i fatti presi in considerazione dalla stazione appaltante rientrano in tale arco temporale, la questione prospettata dalle appellanti non rileva ai fini della decisione della presente controversia.

17. Con la terza questione le appellanti sollevano il dubbio che le direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Cglio, del 26 febbraio 2014, «ostino all’applicazione di disposizioni nazionali, come quella di cui all’art. 38 del d.lgs. 163/2006, che consente alla Stazione Appaltante di disporre l’esclusione di un operatore economico non considerando la cessazione dalle cariche societarie di soggetti a carico dei quali l’Autorità giudiziaria ha disposto il decreto di rinvio nell’ambito di un procedimento penale una prova della sua affidabilità e/o comunque un mezzo atto ad evitare che l’illecito commesso in passato possa ripetersi in futuro e/o che comunque ai fini dell’operatività di siffatta misura dissociativa introduca uno sbarramento temporale ricorrendo al principio secondo cui il momento ne ultra quem per l’adozione delle misure di self cleaning è ancorato al termine di presentazione delle offerte» .

Peraltro, il tema posto dalle appellanti è stato affrontato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’U.E. la quale – come esattamente rilevato anche dalla difesa erariale – ha affermato che l’articolo 45, paragrafo 2, primo comma, lettere c), d) e g), della direttiva 2004/18/Ce, nonché i principi di parità di trattamento e di proporzionalità, consentono «ad una normativa nazionale di prevedere che l’amministrazione aggiudicatrice tenga conto, secondo le condizioni dalla stessa indicate, di una condanna penale a carico dell’amministratore di un’impresa offerente, anche se detta condanna non è ancora definitiva, per un reato che incide sulla moralità professionale di tale impresa, anche qualora il suddetto amministratore abbia cessato di esercitare le sue funzioni nell’anno precedente la pubblicazione del bando di gara d’appalto pubblico» (Corte di giustizia dell’U.E., sez. IV, 20 dicembre 2017, Mantovani , C-178/16). Pertanto la mera cessazione dalla carica societaria non preclude all’amministrazione aggiudicatrice di valutare se il fatto commesso dall’amministratore cessato possa incidere sulla affidabilità morale e professionale dell’operatore economico.

18. Con l’ultima questione le appellanti sollecitano la rimessione alla Corte di giustizia al fine di stabilire se le direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Cglio, del 26 febbraio 2014 «ostino all’applicazione di disposizioni nazionali, come quella di cui all’art. 48 del d.lgs. 163/2006, che prevedono, in caso di mancata prova o di mancata conferma delle dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell’offerta, oltre all’esclusione dalla gara, anche l’escussione della garanzia provvisoria;
in particolare, se tali disposizioni nazionali siano compatibili con i principi fondamentali del diritto dell’Unione europea e segnatamente del principio di proporzionalità»
.

Come si evince dalle osservazioni svolte ai paragrafi 14.1 e ss., sulla scorta della giurisprudenza europea deve escludersi una equiparazione tra escussione della cauzione e sanzione, come riaffermato recentemente anche dalla Corte costituzionale (sentenza n. 198 del 2022) la quale è approdata a tale soluzione riesaminando la questione proprio alla luce dei consolidati criteri elaborati dalla Corte dei diritti dell’uomo per stabilire la natura sostanzialmente “punitiva” attribuibile a una misura o a una sanzione che formalmente non è qualificata come sanzione di natura penale o repressiva. Pertanto è errato il presupposto da cui muove l’istanza di rinvio pregiudiziale, che si rivela quindi irrilevante ai fini della soluzione della controversia.

19. In conclusione, per tutte le questioni sollevate dalle appellanti non sussiste l’obbligo di rinvio pregiudiziale previsto dall’art. 267, terzo comma, del Trattato per il giudice nazionale di ultima istanza, alla luce dei criteri elaborati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia e di recente riassunti nella sentenza 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management , nella causa C-561/19, che – in particolare ai punti 33 ss. – ha precisato i criteri della c.d. giurisprudenza Cilfit sottolineando come, per escludere l’obbligo del rinvio, può considerarsi non solo il precedente riguardante un caso identico, ma anche una o più pronunce relative a situazioni analoghe a quella oggetto del giudizio nazionale, oltre ai casi in cui la questione sollevata sia irrilevante ai fini della decisione della controversia pendente presso il giudice nazionale ovvero la questione sia chiaramente risolta dalla normativa europea.

20. L’appello pertanto va integralmente rigettato.

21. Le spese del giudizio del presente grado vanno compensate tra le parti per la complessità, anche in fatto, della controversia.

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