Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-12-29, n. 201706170
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Pubblicato il 29/12/2017
N. 06170/2017REG.PROV.COLL.
N. 02095/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2095 del 2017, proposto dalla Regione Lazio, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato R M P, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via M. Colonna N. 27;
contro
C.M.C. S.r.l., R R, A G, M T, F V, I F, A T, R C P, G G, S F, I C, G C, D M, C M, F C, R C, B C, M C, R D S, R C, A F, R R, G R, A R, P R, A Renzi, Giuseppina Renzi, Annita Dolce, Giuseppe Cesarano, Luigi Fiore, Natalina Palombo, Pietro Carbone, Renato Fraioli, Giovanni Dolce, Tommasina Giammasi, Bernadette Therese Gaffney, Alessandro Grimaldi, Domenico Grimaldi, Sante Fraioli, Gino Zurlo, Giuseppe Tudini, Loreta Notargiacomo, Giuseppina Gentile, Pietro Manna, Maddalena Dolce, Maria Grazia Passari, Anna Pia Notargiacomo, Ida Bortone, Ascenza Cedrone, A Cedrone, Angela Corsetti, Celeste Colagiovanni, Luigi Di Stefano, Giuseppe Corsetti, Renato De Angelis, Concetta Tedeschi, A De Angelis, Mario Lucchetti, A Lucchetti, Rocco Di Santo, Mario Renzi, Massimo Mollo, Rita Rasi, A Fiore, Claudio Lucchetti, Angelo Cervoni, Anna Maria Corsetti, Enrichetta Stracqualursi, Pier Benedetto Renzi, Marianna Cedrone, Marisa Stracqualursi, G C, Giuseppe Gelfusa, Anna Di Stefano, Riccardo Federici, Chiara Federici, Luciano De Angelis, Maria Pia Roscia, Silvana Stracqualursi, Silvana Teresa Fraioli, Loreto Fraioli, Barbara Fraioli, M G, D L, D L, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dagli avvocati Giampiero A, Dorodea Ciano, con domicilio eletto presso lo studio Giampiero A in Roma, via Guglielmo Pepe N. 37;
Enzo Tudini, Maria Teresa Fiore, Salvatore Cedrone, Angelina Cedrone, Angelantonio Fraioli, Eleuterio Lucchetti, G R non costituiti in giudizio;
nei confronti di
Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Gen.Le Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ambiente Frosinone Spa, Mad Srl, Ministero dell'Interno, Unipol Sai Assicurazioni Spa, Comune di San Giovanni Incarico, Reclas Recupero Ecologico Lazio Sud Spa in Liquidazione non costituiti in giudizio;
per l'ottemperanza
della sentenza del T.A.R. per il LAZIO – ROMA- SEZIONE I n. 2365/2017, resa tra le parti, concernente ESECUZIONE GIUDICATO CIVILE TRIBUNALE DI ROMA SENTENZA N. 7983 del 2015.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di C.M.C. S.r.l. e di Presidenza del Consiglio dei Ministri e di R R e di A G e di M T e di F V e di I F e di A T e di R C P e di G G e di S F e di I C e di G C e di D M e di C M e di F C e di R C e di B C e di M C e di R D S e di R C e di A F e di R R e di G R e di A R e di P R e di A Renzi e di Giuseppina Renzi e di Annita Dolce e di Giuseppe Cesarano e di Luigi Fiore e di Natalina Palombo e di Pietro Carbone e di Renato Fraioli e di Giovanni Dolce e di Tommasina Giammasi e di Bernadette Therese Gaffney e di Alessandro Grimaldi e di Domenico Grimaldi e di Sante Fraioli e di Gino Zurlo e di Giuseppe Tudini e di Loreta Notargiacomo e di Giuseppina Gentile e di Pietro Manna e di Maddalena Dolce e di Maria Grazia Passari e di Anna Pia Notargiacomo e di Ida Bortone e di Ascenza Cedrone e di A Cedrone e di Angela Corsetti e di Celeste Colagiovanni e di Luigi Di Stefano e di Giuseppe Corsetti e di Renato De Angelis e di Concetta Tedeschi e di A De Angelis e di Mario Lucchetti e di A Lucchetti e di Rocco Di Santo e di Mario Renzi e di Massimo Mollo e di Rita Rasi e di A Fiore e di Claudio Lucchetti e di Angelo Cervoni e di Anna Maria Corsetti e di Enrichetta Stracqualursi e di Pier Benedetto Renzi e di Marianna Cedrone e di Marisa Stracqualursi e di G C e di Giuseppe Gelfusa e di Anna Di Stefano e di Riccardo Federici e di Chiara Federici e di Luciano De Angelis e di Maria Pia Roscia e di Silvana Stracqualursi e di Silvana Teresa Fraioli e di Loreto Fraioli e di Barbara Fraioli e di M G e di D L e di D L;
Viste le memorie difensive;
Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2017 il consigliere F T e uditi per le parti gli avvocati P e A;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.Con la sentenza in epigrafe impugnata n. 2365 del 13 febbraio 2017 il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio –Sede di Roma - ha soltanto parzialmente accolto il ricorso, proposto dagli odierni appellanti volto ad ottenere la conformazione delle intimate amministrazioni Presidenza del Consiglio dei Ministri, Regione Lazio Ministero dell'Interno, Comune di San Giovanni Incarico e delle società Reclas Recupero Ecologico Sud spa Ambiente Frosinone spa, Mad srl,
Unipol Sai Assicurazioni Spa, al giudicato formatosi sulla sentenza n. 7983/2015 emessa dal Tribunale ordinario di Roma, seconda sezione civile.
1.1. La complessa vicenda processuale può essere così riassunta:
a) la sentenza civile suindicata n. 7983/2015 aveva condannato la Presidenza del Consiglio dei Ministri a versare, in favore di essi ricorrenti o, per specifici casi nominativamente indicati, dei loro danti causa in seguito deceduti, distinti importi a titolo di indennità di cui all’art. 46 della legge n. 2359/1865, oltre interessi e spese di giudizio, a seguito di immissioni puteolenti negli immobili e nei fondi di loro proprietà, provenienti dall’impianto di compostaggio e riciclaggio ubicato nel territorio di Colfelice e dalla discarica attigua, insistente sul territorio di Roccasecca;
b)gli originarii ricorrenti avevano lamentato che la detta sentenza - sebbene fosse passata in giudicato a seguito di mancata impugnazione- non era stata eseguita, neanche parzialmente, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, alla quale la pronuncia era stata notificata in forma esecutiva fin dal 19 giugno 2015;
c) avevano pertanto adito il T.a.r., chiedendo di ordinare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri di ottemperare alla sentenza n. 7983 del 2015 del Tribunale Civile di Roma, corrispondendo loro le somme per cui vi è condanna, oltre interessi, spese del giudizio civile e spese della consulenza tecnica d’ufficio (anticipate dal solo signor Renzi Rocco) e che a norma dell’art. 114, comma 4 lett. e) del c.p.a., il giudice adito fissasse la somma di danaro dovuta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con decorrenza dalla data di pubblicazione della sentenza, per ogni ulteriore ritardo nell’esecuzione ( domandando, altresì, la nomina di un commissario ad acta) .
2. Nel corso del giudizio di primo grado si erano costituite in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Regione Lazio, deducendo rispettivamente la propria carenza di legittimazione passiva, e la infondatezza del ricorso mentre i signori G R, M G, D L e D L avevano spiegato intervento per ottenere “l’esecuzione, anche per quel che li concerne, della sentenza … n. 7983/2015, emessa dal Tribunale ordinario di Roma”.
3. Il T.a.r. con la impugnata decisione ha:
a) dato atto che, a seguito di una ordinanza istruttoria, la Presidenza del Consiglio dei Ministri aveva depositato una relazione, con la quale aveva rappresentato di non aver ottemperato alla sentenza del giudice civile, alla luce del contenuto del comma 422 dell'art. 1 della legge di stabilità 27 dicembre 2013 n. 147;
b) qualificato, ai sensi dell’art. 32 c.p.a., la domanda proposta dai signori G R, M G, D L e D L (non come intervento, ma) come autonomo ricorso per ottemperanza, ammissibile in quanto tempestivamente proposto nel termine prescrizionale nascente dal giudicato civile, correttamente notificato alle amministrazioni interessate e depositato nei termini di legge;
c) disatteso l’eccezione di tardività della documentazione e della memoria depositati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri;
d) espresso il convincimento che, quanto all’individuazione dell’amministrazione tenuta all’esecuzione della sentenza dovesse tenersi conto delle seguenti emergenze processuali:
I) il comma 422 dell'art. 1 della legge di stabilità 27 dicembre 2013 n. 147 (in ordine al quale la Corte Costituzionale aveva affermato la legittimità costituzionale) aveva previsto che "Alla scadenza dello stato di emergenza, le amministrazioni e gli enti ordinariamente competenti, individuati anche ai sensi dell'articolo 5, commi 4-ter e 4-quater, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi, nei procedimenti giurisdizionali pendenti anche ai sensi dell'articolo 770 del codice di procedura civile, nonché in tutti quelli derivanti dalle dichiarazioni di cui all'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, già facenti capo ai soggetti nominati ai sensi dell'articolo 5 della citata legge n. 225 del 1992. Le disposizioni di cui al presente comma trovano applicazione nelle sole ipotesi in cui i soggetti nominati ai sensi dell'art. 5 della medesima legge n. 225 del 1992 siano rappresentanti delle amministrazioni e degli enti ordinariamente competenti ovvero soggetti dagli stessi designati";
II) nel caso in esame, in forza di d.P.C.M. 25 gennaio 2008, lo stato di emergenza era cessato al 30 giugno 2008;
e) ritenuto che da ciò conseguisse il difetto di legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri, atteso che la disposizione citata integrava una fattispecie di successione universale nei rapporti, con conseguente applicazione dell’art. 110 c.p.c., a nulla rilevando il fatto che la circostanza non fosse processualmente emersa nel corso del giudizio di merito;
f) accolto il ricorso (unicamente) nei confronti della Regione Lazio, sostenendo che la stessa fosse “parte, ab initio, del rapporto processuale, in capo alla quale sussistevano la legittimazione passiva e l’onere debitorio sancito dal giudice civile” ordinando alla predetta amministrazione, ove nelle more non avesse ancora provveduto, di dare esecuzione alla sentenza in questione, per gli importi indicati in ricorso;
g) respinto la domanda di condanna al pagamento della penalità di mora.
4. La Regione Lazio ha impugnato la suindicata decisione e ne ha chiesto la riforma deducendo che:
a) nel corso del giudizio di primo grado l’ Avvocatura erariale aveva eccepito il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell’Interno e della Regione Lazio, ma non della Presidenza del Consiglio dei Ministri, perché (come poi osservato dal Tribunale civile a pag. 10 della sentenza n. 7983/15 ) “ciò sarebbe in contraddizione con la contestuale affermazione secondo cui la materia degli interventi urgenti per fronteggiare l’emergenza nel settore rifiuti urbani nella Regione Lazio era di competenza del Dipartimento della protezione civile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri”;
b) il Tribunale, con la ottemperanda sentenza n. 7983 del 2015, aveva ritenuto fondata la carenza di legittimazione passiva sollevata dalla Avvocatura Generale dello Stato, osservando che:
I) “La Regione Lazio, infatti, è stata chiamata in causa per l’attività svolta dal suo Presidente, quale Commissario delegato per l’emergenza ambientale nel territorio della Regione Lazio. Il Ministero dell’Interno lo è stato, analogamente, per l’attività svolta dal Ministro dell’Interno quale soggetto delegato al coordinamento della protezione civile. Con riferimento ad ambedue i Commissari delegati, il soggetto delegante è costituito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, presso la quale è costituito il Dipartimento della Protezione Civile, unico soggetto a cui è attribuita la materia degli interventi urgenti per fronteggiare l’emergenza nel settore dei rifiuti urbani nella Regione Lazio, come peraltro affermato dalla difesa erariale”;
c) coerentemente con tali premesse, il Tribunale di Roma:
I) aveva dichiarato la carenza di legittimazione passiva del Ministero dell’Interno e della Regione Lazio ed aveva rigettato le domande proposte dalla parte attrice nei loro confronti (lettera c) del dispositivo;
II) aveva condannato (unicamente) la Presidenza del Consiglio dei Ministri a corrispondere agli attori, nella misura ivi indicata, le indennità di cui all’art. 46 della L. n. 2359/1865;
d) la impugnata sentenza del T.a.r. era certamente errata, in quanto:
I) il giudicato si era formato, e la sentenza cognitoria non aveva condannato la Regione;
II) la sentenza civile forse non era giuridicamente corretta, ma non era stata impugnata dalla Presidenza del Consiglio;
III) tale Ente in ultimo citato era l’unico che doveva ottemperarvi;
IV) il T.a.r. del Lazio aveva stravolto il giudicato formatosi trascurando di rilevare che nella fattispecie, non vi era normativa sopravvenuta rispetto alla sentenza civile, e la questione della legittimazione passiva era stata espressamente valutata nella medesima sentenza.
5. In data 18.4.2017 gli originari ricorrenti si sono costituiti, depositando una memoria, ed hanno chiesto il rigetto dell’appello, facendo presente comunque che per essi era indifferente quale amministrazione dovesse adempiere, purché ciò avvenisse in tempi solleciti.
6. In data 24.4.2017 l’appellata Presidenza del Consiglio dei Ministri si è costituita depositando una memoria ed ha chiesto il rigetto dell’appello, deducendo che:
a) la legittimazione passiva valutata dal giudice civile rispetto alle domande sostanziali rivolte contro i soggetti pubblici non poteva essere sic et simpliciter trasposta nel contesto del giudizio di ottemperanza, dovendosi tener conto degli effetti che l’art. 1 comma 422 dell'art. 1 della legge di stabilità 27 dicembre 2013 n. 147 aveva spiegato;
b) il Legislatore aveva previsto il subentro prescindendo del tutto dall’origine delle obbligazioni facenti capo al Commissario straordinario ;ciò comportava che - quale che fosse stata la vicenda
sostanziale che vi aveva dato origine - dette obbligazioni venivano ope legis poste a carico di un altro soggetto;
c) come chiarito dalla Corte Costituzionale, nel novero di tali rapporti dovevano restare compresi anche i debiti ex iudicato : era allora evidente che la titolarità passiva del soggetto subentrato, ai fini della corretta attuazione dell’art. 1 comma 422, non aveva alcuna attinenza con i profili di legittimazione discussi nel giudizio che aveva dato origine al titolo fonte dell’obbligazione;
d) ciò, anzi - contrariamente a quanto ritenuto dall’appellante Regione- presupponeva necessariamente che l’Organo straordinario fosse stato dichiarato legittimato (laddove il debito scaturisse da una condanna giudiziale e quindi la legittimazione passiva costituisca un profilo preliminare), o si sarebbe snaturato lo stesso significato della disposizione in tema di passaggio di obbligazioni da un soggetto a un altro;
e) peraltro non si poteva sostenere che la disposizione in esame avesse tacitamente condizionato la propria operatività ad un ulteriore contenzioso in cui si fosse accertato che il soggetto subentrante fosse legittimato, stante la chiarezza del dettato legislativo.
6. Alla odierna camera di consiglio del 14 dicembre 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. L’appello è fondato e va accolto nei sensi di cui alla motivazione che segue.
2. In via preliminare, ritiene il Collegio di fare precedere la disamina delle specifiche censure dalla esposizione di alcuni principi che la giurisprudenza amministrativa ha sempre –e costantemente- affermato con riferimento alla problematica relativa alla domanda di ottemperanza a sentenze o provvedimenti giurisdizionale provenienti da un plesso giurisdizionale diverso da quello amministrativo (nell’attuale quadro normativo, ed a seguito delle modifiche introdotte nel sistema dalla legge n. 205 del 2000, il tema riguarda unicamente i provvedimenti del giudice ordinario).
2.1. Si rammenta in proposito che, per la costante giurisprudenza, in tale evenienza il giudice amministrativo si trova al cospetto di penetranti limiti (ben maggiori di quelli che incontra allorché si tratti dell’ottemperanza a provvedimenti giurisdizionali provenienti dallo stesso plesso giurisdizionale amministrativo).
2.2.Segnatamente, è stato rilevato che in tema di giudizio di ottemperanza di sentenza di condanna emessa dal giudice ordinario, il giudice amministrativo, dovendone individuare il contenuto e la portata precettiva sulla base del dispositivo e della motivazione, con esclusione di elementi esterni, non può integrare la pronuncia carente o dubbia con il riferimento a regole di diritto o ad un determinato orientamento giurisprudenziale (Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 27-12-2011, n. 28812 Cass. 14/01/2003, n. 445;Cass. 1.6.2004, n. 10504).
2.2.1. I limiti alla eterointegrazione del giudicato cognitorio, in sede di giudizio di ottemperanza, infatti, sono assai più penetranti allorché si attui un giudicato proveniente da un plesso giurisdizionale diverso: in tali ipotesi detto potere integrativo non può tuttavia sottrarsi ai limiti esterni della giurisdizione propria del giudice amministrativo quando la cognizione della questione controversa, la cui soluzione sia necessaria ai fini della verifica dell'esatto adempimento da parte della P.A. obbligata, risulti devoluta ad altro giudice.
2.2.2. Pertanto, il potere di interpretare il giudicato, insito nella natura stessa di ogni giudizio di esecuzione e quindi anche del giudizio di ottemperanza, quando il giudizio si riferisca ad un giudicato formatosi dinanzi ad un giudice diverso da quello amministrativo, non può che esercitarsi in base ad elementi interni e non esterni al giudicato ottemperando, in quanto la valutazione di questi ultimi rientra nella giurisdizione del giudice che ha emesso la decisione.
2.2.3. Ciò in quanto, se il potere interpretativo commesso al giudice dell'ottemperanza potesse estendersi anche in relazione ad elementi esterni, la valutazione andrebbe inammissibilmente ad impingere nella giurisdizione (e nella valutazione) del giudice che ha emesso la sentenza nella sede propria del giudizio di esecuzione della stessa.
3. Ciò non esclude che le prescrizioni che il giudice dell'ottemperanza è chiamato a dettare affinché alla sentenza dell'A.G.O. sia data integrale esecuzione possano essere utili anche ai fini della risoluzione di questioni di merito non esaminate dalla eseguenda sentenza, essendo questo un effetto che si riconnette a qualsiasi pronuncia del giudice;infatti, nel giudizio di ottemperanza a decisione di giudice appartenente a diversa giurisdizione (ormai, per quel che si è prima chiarito, soltanto alla giurisdizione ordinaria ed alle Sezioni specializzate di questa quale il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche), il giudice amministrativo è chiamato comunque, sia pure nei limiti interni al giudicato, alla puntuale verifica dell'esatto adempimento da parte dell'Amministrazione dell'obbligo di conformarsi al giudicato per far conseguire concretamente all'interessato l'utilità o il bene della vita già riconosciutogli in sede di cognizione: tale verifica deve essere condotta nell'ambito dello stesso quadro processuale che ha costituito il substrato fattuale e giuridico della sentenza di cui si chiede l'esecuzione e implica una delicata attività di interpretazione del giudicato, al fine di enucleare e precisare il contenuto del comando, attività da compiersi esclusivamente sulla base della sequenza "petitum", "causa petendi", motivi e "decisum ";oltre a tale verifica, poi, il giudice dell'ottemperanza, e sempre entro detti limiti, deve anche apprezzare le eventuali sopravvenienze di fatto e/o di diritto per stabilire in concreto se il ripristino della situazione soggettiva, sacrificata illegittimamente, come definitivamente accertato in sede di cognizione, sia compatibile con lo stato di fatto ”all’attualità”.
Ma tale opera va compiuta sempre tenendo presente la portata precettiva del giudicato formatosi.
3.1. Tale approdo è coerente con il quadro legislativo: infatti le “sentenze del giudice ordinario ed i provvedimenti ad esse equiparati” non sono coattivamente eseguibili sino al passaggio in giudicato, e del pari il rimedio dell’ottemperanza continua a non essere praticabile per i provvedimenti cautelari del giudice ordinario a cagione della efficacia interinale degli stessi, dell’inattitudine ad acquisire la definitività del giudicato ed in ossequio al principio per cui ogni autorità giurisdizionale che abbia emanato un provvedimento avente natura cautelare deve essere competente all’attuazione del medesimo.
Questa distinzione è indice di una considerazione profonda che differenzia il giudizio di ottemperanza relativo ai provvedimenti resi dal giudice amministrativo da quello relativo ai provvedimenti resi dal giudice ordinario: segnatamente, infatti, in tema di giudizio di ottemperanza di sentenza di condanna emessa dal giudice ordinario, il giudice amministrativo, dovendone individuare il contenuto e la portata precettiva sulla base del dispositivo e della motivazione, con esclusione di elementi esterni, non può integrare la pronuncia carente o dubbia con il riferimento a regole di diritto o ad un determinato orientamento giurisprudenziale (Cassazione civile Sez. Unite, 27dicembre 2011, n. 28812, ma si veda anche Cassazione civile sez. lav. 14 gennaio 2003 n. 445;Cassazione civile sez. lav. 1 giugno 2004 n. 10504;Cassazione civile Sez. Unite 30 giugno 1999, n. 376, Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria 15 marzo 1989 n. 7).
4. Nel caso in esame ci si trova al cospetto di una sentenza del Tribunale civile che ha espressamente escluso la legittimazione passiva (tra l’altro) della Regione Lazio e che ha espressamente affermato la legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
4.1. Il T.a.r. ha ritenuto che la disposizione di cui comma 422 dell'art. 1 della legge di stabilità 27 dicembre 2013 n. 147 ("Alla scadenza dello stato di emergenza, le amministrazioni e gli enti ordinariamente competenti, individuati anche ai sensi dell'articolo 5, commi 4-ter e 4-quater, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi, nei procedimenti giurisdizionali pendenti anche ai sensi dell'articolo 770 del codice di procedura civile, nonché in tutti quelli derivanti dalle dichiarazioni di cui all'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, già facenti capo ai soggetti nominati ai sensi dell'articolo 5 della citata legge n. 225 del 1992. Le disposizioni di cui al presente comma trovano applicazione nelle sole ipotesi in cui i soggetti nominati ai sensi dell'art. 5 della medesima legge n. 225 del 1992 siano rappresentanti delle amministrazioni e degli enti ordinariamente competenti ovvero soggetti dagli stessi designati" ;) potesse integrare una sorta di “sopravvenienza”, e che ,in quanto la medesima integrava una fattispecie di successione universale nei rapporti, potesse applicarsi l’art. 110 c.p.c.: il T.a.r. ha quindi tenuto in non cale la circostanza che tale emergenza non fosse processualmente emersa nel corso del giudizio di merito.
4.2. Osserva in contrario senso il Collegio, che:
a) innanzitutto, la ottemperanda sentenza cognitoria –regiudicata –aveva escluso che la Regione Lazio fosse legittimata passiva: essa non era stata impugnata da alcuno;
b) la parte ricorrente in ottemperanza aveva notificato per il vero anche a quest’ultima (Regione Lazio) il ricorso in ottemperanza, ma il T.a.r. avrebbe dovuto semplicemente prendere atto della circostanza che la Regione Lazio era stata estromessa e che pertanto non era (più) parte processuale del giudizio di ottemperanza;
c) secondariamente, la sentenza cognitoria –espressamente- si era pronunciata sul possibile difetto di legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio, esprimendo un contrario divisamento (ed infatti ha condannato soltanto quest’ultima);
d) il tutto, era avvenuto mentre la disposizione di cui al comma 422 dell'art. 1 della legge di stabilità 27 dicembre 2013 n. 147 era già da tempo entrata in vigore (la sentenza civile è successiva alla entrata in vigore di detta disposizione).
5. Ora, non ha difficoltà il Collegio nell’affermare (come del resto lealmente riconosciuto dall’appellante Regione Lazio) che la soluzione prescelta in sede di giudizio cognitorio in punto di individuazione dell’amministrazione che rivestiva la qualità di soggetto legittimato passivo non appaia in linea con il dato normativo.
5.1. Ciò che però rileva, è che:
a) la Presidenza del Consiglio dei Ministri non ha impugnato detta sentenza cognitoria civile recate la propria condanna, ed essa è pertanto passata in giudicato;
b) il dato normativo suindicato era già entrato in vigore alla data di pubblicazione della predetta sentenza cognitoria, per cui non appare neppure necessario soffermarsi in ordine alla portata della prescrizione suddetta;
c) se anche si convenga sulla circostanza che la stessa integrasse una fattispecie di successione universale nei rapporti, con conseguente applicazione dell’art. 110 c.p.c., di certo v’è che, a tutto concedere, la sentenza cognitoria ha negato la portata di un “fenomeno successorio” in tesi già verificatosi e ciò costituisce giudicato irrefragabile.
5.2. L’appello va pertanto accolto, dovendosi per completezza porre in luce che, non essendo stato impugnato da alcuno il capo della decisione cognitoria che ha escluso la legittimazione passiva della Regione Lazio, la condanna in ottemperanza resa nei confronti di quest’ultima andava in ogni caso annullata in quanto sarebbe carente la necessaria simmetria tra soggetto ritenuto responsabile in sede cognitoria e destinatario della domanda di ottemperanza(arg. ai sensi di Consiglio di Stato, sez. VI, 04/09/2007, n. 4636 : “è inammissibile il giudizio per l'esecuzione del giudicato proposto da soggetto diverso dal ricorrente che ha ottenuto soddisfazione dalla sentenza da eseguire, anche se questi nel corso del giudizio ha assunto la veste dell'interveniente, apparendo evidente che tale inammissibilità, sancita con riferimento ad una parte necessaria del giudizio come il controinteressato, a maggior ragione deve valere nei confronti dell'interveniente” .).
6. A questo punto, una volta accolto l’appello della Regione Lazio, spetterebbe al Collegio pronunciarsi sull’originario ricorso in ottemperanza di primo grado (e quindi sulla originaria domanda di condanna nei confronti della Presidenza del Consiglio).
6.1.Senonchè, il Collegio si trova al cospetto di un insuperabile ostacolo processuale.
6.2. La parte originaria ricorrente, infatti, non ha impugnato in via incidentale il capo di decisione che ha escluso la legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e non potrebbe il Collegio ex officio condannare quest’ultima, accogliendo l’originario ricorso di primo grado, perché detta statuizione è, appunto, rimasta inimpugnata nell’odierno processo.
7. E’ vero che, in via subordinata, con memoria non notificata, gli originarii ricorrenti hanno chiesto in via eventuale di condannare la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ma è vero altresì che:
a) la memoria depositata non può valere quale appello incidentale, in quanto non notificata;
b) gli originarii ricorrenti avrebbero avuto l’onere di espressamente gravare il capo di sentenza del T.a.r. che ha escluso la legittimazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri
8. L’accoglimento dell’appello, con annullamento dell’impugnata sentenza, implica -a cagione della suindicata preclusione processuale- la reiezione del ricorso in ottemperanza, ed esaurisce pertanto l’odierno giudizio, restando comunque impregiudicata la possibilità per la parte ricorrente in ottemperanza di riesercitare la relativa azione nei confronti della parte destinataria della condanna contenuta nella ottemperanda decisione del giudice civile, ove ne ricorrano e permangano i presupposti, in rito e sostanziali.
9. Le spese processuali del doppio grado devono essere all’evidenza compensate tra tutte le parti, stante la particolarità e complessità della situazione fattuale e giuridica della controversia.