Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-12-05, n. 202310521

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-12-05, n. 202310521
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202310521
Data del deposito : 5 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/12/2023

N. 10521/2023REG.PROV.COLL.

N. 04897/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4897 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati R R, R S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

CSM - Consiglio Superiore della Magistratura, Ministero della Giustizia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 03365/2023, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del CSM - Consiglio Superiore della Magistratura e del Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Vista l’istanza di passaggio in decisione della causa senza preventiva discussione depositata dalla parte appellata in data 30 settembre 2023;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 ottobre 2023 il Cons. Marco Valentini;

Sentito l’Avv. Righi per la parte appellante;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

L’originario ricorrente, odierno appellante, magistrato ordinario in servizio presso il Tribunale di -OMISSIS-, ha impugnato avanti il primo giudice la delibera della Terza Commissione del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), in data -OMISSIS-, con la quale l'organo di autogoverno ha disposto il non luogo a provvedere sull'istanza di trasferimento presso il Tribunale di -OMISSIS-, presentata dal ricorrente in data -OMISSIS-, e ha dichiarato il posto di giudice del predetto Tribunale vacante, perché “ senza aspiranti legittimati ”.

In particolare, nel primo giudizio il ricorrente ha premesso in fatto le seguenti circostanze.

Con sentenza della Sezione Disciplinare del CSM, in data -OMISSIS-, è stato condannato alla sanzione della sospensione dalle funzioni per anni due, con l'applicazione della sanzione accessoria del trasferimento d'ufficio al Tribunale di -OMISSIS- ex articolo 13, comma 1, del decreto legislativo n. 109/2006.

Successivamente, l’appellante ha proposto domanda di trasferimento al Tribunale di -OMISSIS-, presso il quale erano stati pubblicati posti vacanti con bollettino del Ministero della Giustizia del -OMISSIS-.

Nelle more della definizione del procedimento di trasferimento a domanda, è passata in giudicato la sentenza disciplinare, in seguito al rigetto del ricorso per cassazione, di cui alla sentenza delle Sezioni Unite n. --OMISSIS-

Con il provvedimento impugnato in primo grado, la Terza Commissione del CSM ha ritenuto che il passaggio in giudicato della decisione disciplinare sia ostativa al trasferimento di sede richiesto dall’interessato.

Con il ricorso al TAR l’attuale appellante ha lamentato l’illegittimità della determinazione del CSM, asserendo, in particolare, che l’organo di autogoverno avrebbe illegittimamente dilatato i tempi del procedimento riguardante il trasferimento a domanda, in attesa del passaggio in giudicato della pronuncia disciplinare, Inoltre, a dire dell’interessato, il CSM avrebbe trascurato la circostanza che al momento dell’adozione dell’atto impugnato pendeva ancora un ricorso straordinario per revocazione avverso la decisione delle Sezioni Unite.

Il TAR adito ha rilevato l’infondatezza del ricorso, osservando, sotto un primo profilo, come sia del tutto irrilevante che la sentenza delle SSUU della Corte di Cassazione sia stata oggetto di ricorso per revocazione ai sensi dell'articolo 295 del codice di procedura civile. Al fine di ritenere la condizione ostativa al trasferimento de quo, è infatti sufficiente, secondo il primo giudice, il passaggio in giudicato della sentenza disciplinare, senza che possa rilevare in alcun modo la proposizione dell’impugnazione straordinaria .

Infondato è ad avviso del primo giudice anche il secondo motivo di ricorso, con cui il ricorrente lamenta che il CSM avrebbe dilatato in maniera abnorme la durata della procedura di trasferimento, al fine di attendere il deposito della sentenza delle SSUU della Corte di Cassazione e così precludere al ricorrente la possibilità del trasferimento.

Ha osservato il TAR che la procedura di trasferimento non soggiace a termini perentori e il superamento del termine di trenta giorni non determina l’illegittimità, di per sé solo, dell'atto.

Sul punto, più in particolare, ha osservato il TAR come sia perfettamente legittimo che la Commissione competente possa attendere, quando noto, gli esiti di circostanze sopravvenienti decisive per delibare la domanda di tramutamento, favorevoli o sfavorevoli al richiedente.

Infine, il giudice di prime cure ha ritenuto infondato il motivo di ricorso con cui l'istante deduce la violazione dell'articolo 13, comma 1, del d.lgs. n. 109/2006, ritenendolo basato su un’errata sovrapposizione tra il trasferimento d'ufficio previsto dal citato articolo, che ha funzione sanzionatoria e presuppone un'indagine circa profili soggettivi di responsabilità del magistrato, e il trasferimento a domanda, caratterizzato invece dalla prevalente considerazione delle necessità personali e familiari del magistrato.

Il ricorso è stato pertanto respinto.

DIRITTO

In sede di appello, l’originario ricorrente ha riproposto e sviluppato gli argomenti disattesi dal TAR, deducendo:

- erroneità della sentenza di prime cure per violazione e falsa applicazione dei principi desumibili dagli art. 1 e 2 della legge n. 241 del 1990;
violazione degli artt. 13 e 24 del d.lgs. n. 109 del 2006. eccesso di potere per violazione del giusto procedimento e per difetto del presupposto da parte del CSM.

Secondo l’appellante, Il TAR per il Lazio ha deciso sulla base di errate motivazioni.

Al riguardo, considera preliminarmente che l’istruttoria del CSM è stata perfezionata oltre il termine di trenta giorni previsto dall’art. 2 della legge n. 241/1990.

La circostanza appare all’appellante rilevante poiché lo stesso, giudice penale a -OMISSIS-, aveva inoltrato istanza al concorso per tramutamento a -OMISSIS-, essendovi due posti vacanti, entro il -OMISSIS-.

La condanna è stata ritenuta dunque dall’organo di autogoverno preclusiva del tramutamento a domanda, in quanto al ricorrente è stata imposta anche la “misura obbligatoria” del trasferimento d’ufficio al Tribunale di -OMISSIS-, oltre alla sospensione biennale delle funzioni, disposte entrambe dalla sentenza della Sezione Disciplinare del CSM n. --OMISSIS-

Appare del tutto evidente, secondo l’appellante, che l’Amministrazione competente ha inteso dilatare abnormemente l’istruttoria sulla domanda di tramutamento presentata dal magistrato al fine di precludergli la possibilità del trasferimento nelle more del giudizio disciplinare presso il Tribunale di -OMISSIS-.

La Terza Commissione del CSM ha disposto il “non luogo a provvedere” sulla domanda di tramutamento al Tribunale di -OMISSIS-, con effetti sostanziali di diniego, ad avviso dell’appellante in violazione dell’art. 13 del d.lgs. n. 109/2006. Per converso, la sentenza impugnata ne ha ritenuta la legittimità.

Per tali ragioni, secondo l’appellante, anche il relativo capo della sentenza di primo grado è del tutto errato, in particolare per avere il Giudice del TAR per il Lazio statuito che il ricorrente abbia mosso la propria censura sulla base di un’errata sovrapposizione tra il trasferimento d’ufficio disciplinato dall’art. 13, comma 1, del d.lgs. n. 109 del 2006, e il tramutamento a domanda, ritenendo di conseguenza la legittimità dell’operato del CSM.

In data 28 luglio 2023 la parte appellata ha depositato memoria, evidenziando l’infondatezza delle censure del ricorrente, ritenendo altresì le motivazioni sulla base delle quali il TAR adito è pervenuto alle sue conclusioni esenti dai vizi dedotti con l’atto di appello.

In primo luogo, l’appellato ha chiesto l’estromissione del Ministero della giustizia dal giudizio, in quanto alcun atto o deliberazione dell’amministrazione è stata oggetto di impugnazione.

È stata poi ritenuta del tutto infondata la prima doglianza, secondo la quale la sentenza impugnata sarebbe erronea nella parte in cui ha escluso che alla procedura di interesse si applichi l’art. 2 della L. 241/1990, che impone l’osservanza del termine di trenta giorni per la definizione del procedimento.

Secondo l’appellato, la formulazione del primo comma dell’art. 2 della L. n. 241/1990 evidenzia che l’ambito di applicazione di tale disposizione è quello del procedimento che consegue obbligatoriamente ad un’istanza di parte o che deve essere iniziato d’ufficio.

Le procedure concorsuali non sono riconducibili al modulo procedimentale previsto dall’art. 2 della legge n. 241/1990.

Non risponde, inoltre, al vero, secondo l’appellato, che il CSM avrebbe indebitamente dilatato i tempi di definizione della procedura concorsuale allo scopo di non accogliere la domanda dell’odierno appellante.

In base all’art. 23, co. 6, della Circolare in materia di tramutamenti dei magistrati (n. 13778/2014), “ La Commissione, con adeguati accertamenti, e sentito l'interessato, ove ne ravvisi l'opportunità, può proporre di non prendere in considerazione gli aspiranti che non risultino in possesso dei requisiti di idoneità per l'esercizio delle funzioni di destinazione ”.

La Terza Commissione, osserva l’appellato, a fronte della condanna disciplinare risalente -OMISSIS-e del trasferimento d’ufficio presso il Tribunale di -OMISSIS-disposto ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. n. 109/2006, legittimamente ha riservato la decisione in ordine al trasferimento a domanda dell’appellante all’esito della conclusione definitiva della vicenda disciplinare, sul corretto presupposto che un’eventuale conferma della sentenza della Sezione Disciplinare avrebbe reso prioritaria l’esecuzione della sanzione accessoria del trasferimento presso il Tribunale di -OMISSIS-.

Come rilevato dal T.A.R., una sovrapponibilità del trasferimento a domanda a quello d’ufficio di natura disciplinare e una conseguente fungibilità dei due istituti deve ritenersi esclusa dalla rilevante disomogeneità dei due istituti.

L’appellato ritiene conclusivamente del tutto immune da censure la sentenza del TAR anche nella parte in cui ha ritenuto legittima la delibera di Terza Commissione che, ritenendo ostativo al trasferimento a domanda quello d’ufficio disposto con la sentenza della Sezione Disciplinare n. --OMISSIS-passata in giudicato, ha deciso il non luogo a provvedere in merito all’istanza dell’appellante di essere trasferito a domanda presso il Tribunale di -OMISSIS-.”

L’appello è infondato.

Osserva il Collegio che i motivi dedotti in appello non rivestono profili di fondatezza tali da poter revocare in dubbio quanto statuito dal giudice di prime cure, che va condiviso.

Preliminarmente, in accoglimento dell’istanza formulata nella memoria presentata dall’Avvocatura Generale, nell’interesse di entrambe le parti appellate, va dichiarata l’estromissione dal giudizio del Ministero della Giustizia, nei confronti del quale non è stata proposta alcuna specifica domanda.

Infatti, non risulta avanzata alcuna impugnazione di atti o deliberazioni del Ministero.

Il giudizio ha per oggetto esclusivo una determinazione assunta dal CSM nell’esercizio della sua autonomia garantita per quanto segnatamente attiene al governo del personale appartenente alla magistratura ordinaria (Consiglio di Stato, Sezione IV, n.1351/2012).

Nel merito, la Sezione evidenzia che nella presente vicenda contenziosa viene in rilievo la questione centrale del rapporto tra il procedimento disciplinare e gli altri procedimenti riguardanti lo stato del magistrato.

In particolare, nella presente vicenda concreta si pone il tema della correlazione tra il trasferimento disciplinare e il trasferimento a domanda.

L’appellante non mette in discussione il principio di fondo secondo cui la condanna disciplinare, una volta passata in giudicato, preclude l’accoglimento di istanze che si pongano in contrasto con la sua esecuzione.

Svolge, però, due argomenti tesi a dimostrare l’illegittimità dell’atto impugnato in primo grado.

A) L’organo di autogoverno avrebbe dilatato i tempi di conclusione del procedimento, attendendo la definizione del ricorso in cassazione contro la decisione della Sezione Disciplinare.

B) In ogni caso, il CSM avrebbe dovuto considerare la pendenza di un ricorso avverso la sentenza delle Sezioni Unite.

La tesi dell’appellante non è condivisibile.

In particolare, quanto alle due questioni dirimenti prospettate nell’unico motivo di appello dedotto, si osserva che, mentre è da ritenere corretta e conforme l’interpretazione resa circa la non perentorietà del termine di trenta giorni per la decisione dell’istanza, per come previsto dall’art 2 della legge n. 241/1990, va pure evidenziato, come pure condivisibilmente sottolineato nella memoria di parte appellata, che tale termine (ordinatorio) segue a un’istanza di parte e non è applicabile alle procedure di tipo concorsuale.

Per altro verso, osserva il Collegio che l’appellante non fornisce alcuna prova che vi sia stata una deliberata volontà di prolungare l’esame della richiesta di tramutamento al fine di far maturare la condizione ostativa, circostanza che allo stato degli atti resta una pura unilaterale illazione.

Va considerato, al riguardo, da un lato il ricorso per revocazione è stato anch’esso successivamente rigettato con ordinanza n. -OMISSIS-, dall’altro che la domanda di tramutamento (-OMISSIS-) è intervenuta successivamente alla condanna alla sospensione dalle funzioni per due anni e al trasferimento d’ufficio nei confronti dell’appellante (-OMISSIS-).

Appare al Collegio del tutto logico e ragionevole, oltre che in linea con le pertinenti disposizioni amministrative pure richiamate nella memoria di parte appellata, che la Commissione decidente, resa edotta della pendenza di un procedimento che poteva avere rilevanza nella formazione della determinazione finale, ne abbia atteso gli esiti, come appunto avvenuto nel caso di specie.

L’appello, pertanto, va respinto.

Sussistono nondimeno peculiari motivi per la compensazione delle spese tra le parti della presente fase di appello, tenendo conto della novità della questione.

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