Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-10-04, n. 201105435

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-10-04, n. 201105435
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201105435
Data del deposito : 4 ottobre 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 09867/2009 REG.RIC.

N. 05435/2011REG.PROV.COLL.

N. 09867/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9867 del 2009, proposto da:
T s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati E M e P T, con domicilio eletto presso P T in Roma, via San Sebastianello 9;

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM)- Antitrust, in persona del Presidente e legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Adusbef Onlus - Associazione Difesa Utenti Servizi Bancari e Finanziari, non costituita in questo grado;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I n. 5629/2009, resa tra le parti, concernente PRATICHE COMMERCIALI SCORRETTE ED AGGRESSIVE A DANNO DEGLI UTENTI


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato - Antitrust;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 luglio 2011 il Consigliere di Stato G C S e uditi per le parti gli avvocati Monaco, Tesauro e l’avvocato dello Stato Fiorentino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

T s.p.a. impugna la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio 14 giugno 2009 n. 5629 che, in accoglimento soltanto parziale del ricorso di primo grado della stessa società , ha annullato l’atto sanzionatorio della medesima Autorità 30 ottobre 2008 n. 19051 nella parte in cui lo stesso ha ravvisato nel comportamento della odierna appellata, consistito essenzialmente nel sollecitare a Telecom il pagamento di servizi di comunicazione a sovrapprezzo non richiesti consapevolmente dagli utenti, gli estremi della condotta aggressiva ai sensi dell’art. 24 del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 ed ha irrogato la relativa sanzione pecuniaria. Il ricorso di primo grado è stato invece respinto laddove censurava la illegittimità del medesimo atto sanzionatorio, nella parte in cui aveva accertato (e conseguentemente sanzionato) in confronto dell’odierna appellante una pratica commerciale ingannevole consistita nel non aver posto in essere, quale assegnataria di numerazione speciale per la erogazione di servizi a sovrapprezzo, alcun accorgimento volto ad arginare il fenomeno dei “ dialers autoinstallanti” nei sistemi operativi di ignari utenti di servizi internet (e cioè di programmi capaci di generare chiamate e connessioni non volute dall’utente), nonostante la piena e risalente conoscenza dell’esistenza di tale fenomeno fraudolento. Di qui la richiesta di riforma, per questa parte, della impugnata sentenza, con consequenziale integrale accoglimento del ricorso di primo grado, non risultando esigibile in confronto della odierna appellante, quale cedente ad altro soggetto l’uso delle numerazioni speciali in sua titolarità, un diverso comportamento improntato a maggior diligenza nella disciplina e gestione del descritto fenomeno.

2.Si è costituita nel giudizio di appello la Autorità intimata per resistere al ricorso e per chiederne la reiezione.

3.All’udienza del 19 luglio 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

4. La causa ripropone la questione, già affrontata in altre controversie passate in decisione alla odierna udienza di discussione, afferente la responsabilità per pratica commerciale scorretta di tutti i soggetti della filiera relativa alla fornitura dei servizi di comunicazione a sovrapprezzo in ordine al fenomeno della fraudolenta installazione di dialers (e cioè di programmi capaci di generare chiamate e connessioni non richieste consapevolmente dagli utenti) durante la navigazione in internet degli utenti. E’ accaduto che a seguito di alcune denunce di utenti di servizi internet a pagamento, che si erano visti addebitare in bolletta importi per chiamate e connessioni non richieste, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha avviato un’istruttoria volta ad accertare le cause di tale fenomeno;
il procedimento si è concluso con l’intervento sanzionatorio dell’Autorità per pratica commerciale scorretta (qualificata sia ingannevole che aggressiva) nei confronti di tutti soggetti della filiera attinente la fornitura dei servizi a sovrapprezzo nelle comunicazioni elettroniche (e quindi dell’operatore di accesso, del titolare della numerazione, del cessionario della stessa e del centro servizi) a prescindere da una loro diretta responsabilità nella applicazione surrettizia dei dialers nelle apparecchiature degli utenti.

4.1 Con distinte sentenze il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha respinto i ricorsi degli operatori commerciali avverso il provvedimento sanzionatorio dell’AGCOM del 30 ottobre 2008, limitandosi ad accogliere i ricorsi (ad eccezione del ricorso Telecom, che è stato respinto integralmente) in relazione ai profili di ritenuta sussistenza della aggressività della condotta posta in essere dalle originarie ricorrenti, ai sensi dell’art. 24 del Codice del consumo (a tenore di tale disposizione è considerata aggressiva una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, mediante molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica o indebito condizionamento, limita o è idonea a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e, pertanto, lo induce o è idonea ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso).

4.2 Più in particolare, nel caso in esame, con sentenza del 15 giugno 2009 n. 5629 il giudice di primo grado ha ritenuto che fosse possibile addebitare alla società T una pratica ingannevole ed ha per questa parte respinto l’originario ricorso. Con l’appello all’esame, T s.p.a. sostanzialmente lamenta il suo coinvolgimento nel procedimento sanzionatorio conclusosi con l’impugnato provvedimento, nonostante essa avesse ceduto ad altri (Ivory Network) l’uso delle numerazioni speciali di cui risulta assegnataria, restando pertanto responsabile non già dei contenuti dei servizi offerti , ma piuttosto soltanto dei servizi di trasporto, dell’instradamento, gestione della chiamata ed addebito del relativo prezzo. La censura non appare meritevole di favorevole scrutinio.

5.1 L’appellante sostanzialmente contesta la stessa sussistenza degli obblighi di protezione previsti a carico del “ professionista” dall’art.18 del Codice del consumo in ragione della sua posizione defilata e cioè di partner commerciale non diretto del fruitore del servizio di comunicazione . In particolare, l’appellante assume che avendo essa ceduto alla società Ivory Network i diritti d’uso sulla numerazione speciale in sua titolarità, sarebbe al più quest’ultima società cessionaria a dover rispondere nei confronti dei consumatori di eventuali utilizzazioni scorrette della numerazione speciale.

La censura non appare convincente.

L’art. 18 del Codice del consumo stabilisce che per professionista si deve intendere qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche commerciali oggetto della specifica disciplina, agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale. Ciò che la disposizione richiede ai fini dell’assunzione della qualificazione soggettiva di che trattasi è dunque che la pratica commerciale sia posta in essere dal soggetto quale manifestazione della sua ordinaria attività di lavoro, a tale dato oggettivo soltanto essendo correlati gli accresciuti oneri di diligenza e di informazione a protezione di chi opera al contrario (il consumatore) al di fuori dell’esercizio della sua attività professionale (ed è per tal ragione in posizione di tendenziale debolezza contrattuale). Alla luce di tale precisazione non par dubbio pertanto che la società appellante abbia operato nello specifico quale “professionista” che, in quanto titolare di numerazione speciale per la erogazione di servizi a sovrapprezzo, svolge attività commerciale traendo dalla utilizzazione di tale numerazione un profitto economico, a nulla rilevando che sia stato ritenuto più conveniente cedere a terzi (dietro corrispettivo) la numerazione speciale per lo sfruttamento commerciale dei servizi a sovrapprezzo;
ciò che si ascrive alla società appellata è infatti di aver sfruttato commercialmente (non importa in quale forma) una numerazione speciale di cui risulta assegnataria (e quindi di aver agito quale “ professionista”) senza mettere sull’avviso i consumatori dei rischi connessi alla utilizzazione dei servizi a sovrapprezzo (in relazione al più volte ricordato fenomeno dei dialers ). Non par dubbio pertanto che la società appellata non possa ritenersi soggetto estraneo alla sfera di applicazione del Codice del consumo.

5.3 Quanto al merito della censura , con la quale si è addebitata la sussistenza di un comportamento poco diligente a carico di essa società appellante, nel provvedimento dell’Autorità è stato condivisibilmente evidenziato come il nuovo sistema di tutela del consumatore dettato dal Codice del consumo è orientato a colmare il deficit informativo esistente presso i consumatori, soprattutto in settori di attività caratterizzati da una particolare complessità dovuta alla continua evoluzione tecnologica. Al riguardo, AGCM ha osservato che, nel contesto dell’offerta di nuovi e diversificati servizi, i consumatori possano non conoscerne in dettaglio modalità e caratteristiche tecniche di funzionamento, e che quindi non siano in genere dotati delle competenze specifiche necessarie per rilevare, e dunque fronteggiare, l’esistenza dei pericoli connessi alla loro fruizione. Ora, il procedimento in esame si inserisce giustappunto in tale nuovo quadro di tutela del consumatore delineato dal Codice del consumo, che viene ad integrare gli ordinari strumenti di tutela contrattuale nonché quelli derivanti dall’esistenza di specifiche discipline (in tal senso cfr.art. 19 del Codice del consumo) in settori particolari (come nel caso, appunto, dei servizi a sovrapprezzo nelle comunicazioni elettroniche). Come correttamente osservato dal primo giudice, le norme in materia di contrasto alle pratiche commerciali sleali richiedono ai “professionisti” l’adozione di modelli di comportamento in parte desumibili da siffatte norme, ove esistenti, in parte dall’esperienza propria del settore di attività, nonché dalla finalità di tutela perseguita dal Codice, purché, ovviamente, siffatte condotte siano loro concretamente esigibili in un quadro di bilanciamento, secondo il principio di proporzionalità, tra l’esigenza di libera circolazione delle merci e il diritto del consumatore a determinarsi consapevolmente in un mercato concorrenziale. Orbene, ne1la filiera della prestazione dei servizi c.d. a sovrapprezzo, la società appellante quale assegnataria di una numerazione speciale non potrebbe dirsi estranea alle pratiche contestate, in quanto per un verso ai sensi dell’art. 18 del d.m. 2 marzo 2006 n. 205 (recante la disciplina dei servizi a sovraprezzo) l’operatore titolare della numerazione è responsabile tra l’altro del corretto uso delle numerazioni e delle infrastrutture(art.16), provvedendo in particolare a verificare che l’eventuale installazione di dialers abbia caratteristiche tecniche tali da consentirne un controllo costante da parte dell’utilizzatore finale (ad evitare appunto connessioni ripetute ed automatiche alla numerazione su cui viene erogato il servizio a sovrapprezzo);
per altro verso, l’AGCM ha accertato che le società assegnatarie delle numerazioni speciali erano da tempo a conoscenza del fenomeno dei dialers autoinstallanti, essendosi dotate al loro interno di sistemi di monitoraggio volti ad evidenziare anomalie di traffico che potevano far presumere il rischio di utilizzo fraudolento delle numerazioni ad esse assegnate, e cionondimeno hanno omesso di adottare misure atte a evitare o quantomeno contenere la diffusione di tali fenomeni fraudolenti sulle numerazioni che si trovavano nella loro disponibilità e dalla cui commercializzazione hanno tratto non modesti vantaggi economici.

L’Autorità d’altra parte non ha preteso dalla odierna appellante l’adozione di accorgimenti volti ad impedire direttamente la realizzazione delle frodi informatiche in esame, né che la stessa vigilasse in ordine alle modalità con cui avveniva in concreto la erogazione dei servizi a sovrapprezzo sulle numerazioni a ciò deputate. La responsabilità dei titolari delle numerazioni speciali è stata piuttosto correttamente individuata nell’omesso controllo sul corretto uso di tali numerazioni, anche in relazione al divieto (ritenuto violato in confronto di taluni assegnatari principali) di subcessione a ulteriori soggetti terzi (diversi dai centri servizio) dell’uso di dette numerazioni speciali. La proliferazione dei soggetti utilizzatori rende infatti più difficile l’osservanza dei precetti informativi e deontologici da parte dei titolari delle numerazioni e dei loro cessionari, e rende quindi ancor più cogente l’impegno dei titolari delle numerazioni a favorirne un uso corretto anche da parte dei propri aventi causa.

6. Da tanto si evince che la odierna società appellante non potrebbe ritenersi esente da responsabilità in ordine al riferito fenomeno della surrettizia installazione di dialers sul computer di ignari utenti di servizi di rete, di cui aveva piena e ben anteriore conoscenza, non avendo adottato misure volte a contenere i suddetti rischi, e quindi in sostanza per aver violato l’art. 22 del Codice del consumo (secondo cui è considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omette informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induce o è idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso).

7.Venendo al tema della quantificazione della sanzione pecuniaria in concreto irrogata, va premesso che il venir meno del profilo della aggressività della condotta impone all’Autorità la rideterminazione della sanzione;
quanto ai restanti profili di censura afferenti la sanzione irrogata, il Collegio ritiene che gli stessi non siano meritevoli di favorevole apprezzamento. L’Autorità ha osservato che le pratiche commerciali in esame hanno avuto un significativo impatto, in quanto hanno coinvolto un numero estremamente ampio di consumatori, come desumibile altresì dal numero di richieste di intervento pervenute;
ha quindi ricondotto il carattere di gravità al settore di attività in cui operano i professionisti sanzionati, il quale si caratterizza in generale per una particolare complessità, dovuta alla continua evoluzione tecnologica, che determina, come già ampiamente chiarito, l’esistenza di un notevole divario informativo tra il consumatore ed il professionista cui fa capo a vario titolo la fornitura dei servizi a sovrapprezzo;
ha considerato, inoltre, l’entità del pregiudizio per i consumatori, che sono stati esposti ad esborsi economici anche significativi.

7.1 Con particolare riguardo alla posizione di T s.p.a. , l’Autorità ha in primo luogo considerato, sotto il profilo della gravità della violazione, la palese contrarietà della condotta alla diligenza professionale derivante dalla consapevolezza in ordine alla possibilità di utilizzazioni indebite della numerazione assegnata, nonché dalla violazione degli specifici obblighi previsti dalla normativa settoriale (d.m. n. 145 del 2006). Per quanto riguarda la durata della violazione, l’Autorità ha tenuto conto che la pratica è stata posta in essere per un periodo di tempo molto limitato, in quanto la numerazione in titolarità della appellante è risultata non attiva già a decorrere dal 28 settembre 2007 . In relazione a tali parametri di riferimento, nonché alla particolare situazione economica della società appellante (che ha riportato significative perdite di bilancio) la sanzione in concreto irrogata è stata poi contenuta nella misura di euro 180.000,00. Ora, ribadita la necessità della rideterminazione di tale importo in ragione della ritenuta insussistenza della aggressività della pratica commerciale ascritta alla odierna appellante, non appare, quanto ai restanti profili, che l’Autorità abbia fatto malgoverno del potere di graduare la sanzione alla concreta fattispecie, anche in considerazione della diversificazione operata tra i destinatari delle distinte sanzioni, delle dimensioni economiche di ciascun soggetto sanzionato e della funzione di deterrenza che la sanzione deve tra l’altro assumere al fine di conformare correttamente le future condotte degli operatori di settore.

8. In definitiva, l’appello va respinto e va confermata la impugnata sentenza.

Le spese di lite seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo

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