Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-12-04, n. 201806873

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-12-04, n. 201806873
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201806873
Data del deposito : 4 dicembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/12/2018

N. 06873/2018REG.PROV.COLL.

N. 06170/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6170 del 2014, proposto da
Associazione Italiana Ospedalità Privata (Aiop) - Sede Regionale della Campania, Casa di Cura Clinica Padre Pio S.r.l., Casa di Cura Clinic Center S.p.A, Casa di Cura Villa Fiorita - Aversa S.p.A, Casa di Cura Alma Mater S.p.A Villa Camaldoli, Casa di Cura Hermitage Capodimonte S.p.A (ex Clinica Colucci), Casa di Cura Villa Bianca S.p.A (ex Clinica Tasso), Casa di Cura Ge.Po.S. S.r.l., Casa di Cura Privata Salus S.p.A, Casa di Cura Prof. Dott. Luigi Cobellis S.r.l., Casa di Cura Nostra Signora di Lourdes S.p.A, Casa di Cura Ospedale Internazionale S.r.l., Casa di Cura Villa dei Fiori di Mugnano S.r.l., Casa di Cura S. Maria del Pozzo CEM S.p.A, Minerva S.p.A - Casa di Cura S. Maria della Salute, Casa di Cura Clinica Sanatrix S.p.A, Consulting &
Service S.r.l. (titolare della Casa di Cura A. Grimaldi), Casa di Cura Villa Angela S.r.l., Centro Medico Cales S.r.l., Casa di Cura Villa Cinzia S.r.l., Casa di Cura Clinica S. Patrizia - Gestione Villa delle Querce S.r.l., Casa di Cura Villa delle Querce S.p.A, Casa di Cura S. Maria La Bruna (Gestione Villa delle Querce S.p.A), Casa di Cura Stazione Climatica Bianchi S.r.l., Clinica Stabia S.p.A, Casa di Cura Maria Rosaria S.p.A, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall'avvocato B R, con domicilio eletto presso lo studio Enrico Leo in Roma, via Ottaviano, 105;

contro

Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato G C, con domicilio eletto presso l’Ufficio di Rappresentanza della Regione Campania in Roma, via Poli, 29;
Commissario Governativo per la Prosecuzione del Piano di Rientro dal Deficit del Settore Sanitario della Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Azienda Sanitaria Locale Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato V C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria della terza sezione del Consiglio di Stato in Roma, p.zza Capo di Ferro 13;
Azienda Sanitaria Locale Napoli 3 Sud, Azienda Sanitaria Locale Caserta, Azienda Sanitaria Locale Napoli 1 Centro, Azienda Sanitaria Locale Napoli 2 Nord, Azienda Sanitaria Locale Avellino, Azienda Sanitaria Locale di Benevento - non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Prima) n. 00257/2014, resa tra le parti, concernente la prosecuzione del piano di rientro dal deficit sanitario della Regione Campania e la rideterminazione dei tetti di spesa per prestazioni erogate in regime di accreditamento con il S.S.N..


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania, del Commissario Governativo per la Prosecuzione del Piano di Rientro dal Deficit Sanitario della Regione Campania e della Asl Salerno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 novembre 2018 il Cons. G P e uditi per le parti gli Avvocati B R, G C, R R su delega di V C e l'Avvocato dello Stato G C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con il ricorso di primo grado le case di cura attuali appellanti hanno impugnato gli atti con i quali l’autorità regionale ha emanato le misure applicative in materia di cd. “ spending review ”, ai sensi dell'art. 15, comma 14, del d.l. n. 95 del 2012, determinando una decurtazione dell’1,7385% per tutti i contratti e gli accordi stipulati per l'acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati per l'assistenza specialistica ambulatoriale e per l'assistenza ospedaliera.

2. Le deducenti hanno lamentato che:

- le misure adottate avrebbero determinato un taglio unico trasversale, impostato su una percentuale indifferenziata per tutte le macroaree della sanità privata accreditata, senza prendere in considerazione i singoli contratti, senza indicare il percorso istruttorio che ha portato a tale determinazione e senza motivarla anche mediante puntuale indicazione delle prestazioni soggette a rimodulazione;

- la determinazione comprenderebbe impropriamente nel suo oggetto anche le cliniche dove hanno sede i pronto soccorso inseriti nella rete SIRES, già interessati dal decreto commissariale n. 86 del 3/8/2012 recante applicazione della “spending review”;

- la riduzione della spesa avrebbe dovuto essere rapportata al fatturato a consuntivo del 2011, mentre è stata applicata sui livelli di spesa licenziati dalle ASL a seguito dei controlli di appropriatezza, applicati in misura esorbitante e arbitraria, e comunque non sulla somma di euro 670 milioni indicata quale tetto di spesa per l’anno 2012;

- l’intervenuta stipula dei contratti con le case di cura renderebbe impossibile la sottoscrizione di eventuali addenda negoziali i quali, ove recanti modifiche in senso peggiorativo per gli interessi degli operatori privati, dovrebbero essere preceduti da una comunicazione di avvio del procedimento. In ogni caso, la mancata sottoscrizione dell’ addendum non potrebbe comportare la sospensione del pagamento integrale delle prestazioni effettuate e ciò anche in ossequio ai principi di buona fede, di affidamento e di proporzionalità, che impongono una regola di coerenza, idoneità e adeguatezza dei mezzi impiegati rispetto all’obiettivo perseguito.

3. Con la qui impugnata sentenza n. 257/2014, il T per la Campania ha respinto il ricorso osservando che:

- il risultato consuntivo relativo alla remunerazione delle prestazioni erogate in regime di accreditamento non può che costituire la risultante dei crediti vantati dalle strutture accreditate depurati dalle verifiche di appropriatezza espletate ai sensi della normativa vigente (“ Il fatturato destinato all’abbattimento con note di credito non rientra infatti nella spesa liquidabile e, quindi, nel consuntivo dell’esercizio, sul quale va calcolato l’obiettivo di risparmio stabilito dal legislatore ”);

- i criteri di rideterminazione della spesa consuntiva 2011 di ciascun operatore e di ripartizione tra le varie di case di cura del limite di spesa del 2012 erano stati definiti con decreto commissariale n. 66 del 19/6/2012, sulla base di un accordo con le associazioni di categoria;

- i conteggi allegati nella relazione istruttoria del 13.2.2013 conducono alla percentuale di riduzione dell’1,7385%, che pertanto è da ritenersi corretta e conforme alla realtà;

- “ la disposizione di legge (art. 15 comma 14 D.L. 95/2012) prevede l’applicazione di una riduzione dell’importo e dei corrispondenti volumi d’acquisto “in misura percentuale fissa” a tutti i rapporti negoziali in essere con gli operatori accreditati sia per l’assistenza specialistica che per quella ospedaliera, per cui risulta immune da vizi l’individuazione di una misura generalizzata uniforme ”;

- “ in base all’art. 13 della legge n. 241 del 1990, le disposizioni in materia di partecipazione al procedimento amministrativo non si applicano nei confronti dell'attività della pubblica amministrazione diretta alla emanazione di atti amministrativi di carattere generale, come nella specie ”;

- devono essere considerate improcedibili le censure relative all’illegittimità della sospensione della remunerazione in mancanza della sottoscrizione dell' addendum contrattuale, in quanto sia la circolare n° 7444 del 21.11.2012, sia il decreto commissariale n° 4 hanno eliminato tale condizione imposta alle strutture di ricovero;

- sono inammissibili per carenza di interesse le censure che riguardano le Case di Cura sede di Pronto soccorso.

4. La pronuncia di primo grado viene impugnata in questa sede sotto i seguenti profili:

I) tanto le deduzioni difensive della Regione, quanto le argomentazioni svolte dal T, fanno riferimento alla macroarea della specialistica ambulatoriale e al decreto commissariale n. 85/2012 che quella macroarea disciplina. Nondimeno, la COM (Capacità Operativa Massima) è concetto che si applica esclusivamente all'organizzazione dei centri e delle strutture che erogano prestazioni specialistiche ambulatoriali e non invece prestazioni di ricovero, come comprova la stessa rubrica del decreto n. 85/2012, intitolata all' applicazione della spending review in materia di specialistica ambulatoriale. Il punto non è stato colto dal giudice di primo grado (pag. 7 della sentenza) ed evidenzia la superficialità dell’istruttoria condotta dalla Regione, avallata in sede giurisdizionale;

II) nell’esaminare il tema dell'assistenza ospedaliera privata accreditata, il T avrebbe inoltre omesso di considerare il vero oggetto della censura, essendo questa intesa ad evidenziare come la determinazione fissa della riduzione imponga un'istruttoria adeguata caso per caso, o almeno comparto per comparto, idonea a individuare anche la contrazione dei volumi da effettuarsi in parallelo al taglio del fatturato. In questo senso è di rilievo il fatto che l’art. 15 comma 14 del d.L. 95/2012 impone che la rimodulazione degli oneri sanitari faccia riferimento sia alla rideterminazione dei limiti di spesa, sia ai volumi delle prestazioni da rendere, il che presuppone una puntuale istruttoria intesa a stabilire quali prestazioni debbano essere eliminate per garantire la postulata riduzione degli esborsi.

Ulteriore carenza di impostazione sistematica nel ragionamento condotto dall’amministrazione e condiviso dal T si riscontrerebbe in ordine al tema della corretta interpretazione della locuzione "a consuntivo ", espressione che - secondo l'esegesi degli appellanti - deve riferirsi al " fatturato consumato ", mentre secondo l'interpretazione del Commissariato deve invece collegarsi al solo " fatturato riconosciuto " al netto della parte esorbitante il tetto programmato.

Infine, la pronuncia impugnata risulterebbe erronea nella parte in cui ha mancato di considerare che alcuni ospedali cd. classificati (quelli religiosi) - in luogo di subire una regressione con la spending review - hanno ricevuto un incremento del fatturato 2011, dal che sarebbe lecito arguire la sussistenza di un profilo di ingiustificata disparità di trattamento.

5. La Regione Campania si è ritualmente costituita in giudizio, replicando alle deduzioni avversarie e chiedendone la reiezione.

Il Commissario Governativo per la prosecuzione del piano di rientro si è costituito formalmente, senza svolgere deduzioni difensive.

6. In assenza di istanze cautelari, la causa è stata discussa e posta in decisione all’udienza pubblica del 22 novembre 2018.

DIRITTO

1. L’appello non può trovare accoglimento.

2. Giova premettere che l’art. 15 del decreto-legge n. 95 del 2012, recante disposizioni urgenti per l'equilibrio del settore sanitario, prevede al comma 14 che " A tutti i singoli contratti e a tutti i singoli accordi vigenti nell'esercizio 2012, ai sensi dell'articolo 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, per l'acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati per l'assistenza specialistica ambulatoriale e per l'assistenza ospedaliera, si applica una riduzione dell'importo e dei corrispondenti volumi d’acquisto in misura percentuale fissa, determinata dalla regione o dalla provincia autonoma, tale da ridurre la spesa complessiva annua, rispetto alla spesa consuntivata per l'anno 2011, dello 0,5 per cento per l'anno 2012, dell'1 per cento per l'anno 2013 e del 2 per cento a decorrere dall'anno 2014 ".

Al fine di dare esecuzione alla disposizione, l’autorità regionale, con decreto commissariale n. 85 del 3/8/2012, ha disposto la verifica da parte delle ASL della spesa consuntiva per l’esercizio 2011 con riguardo all’area dell’assistenza specialistica ambulatoriale.

Quanto all’assistenza ospedaliera, l’autorità regionale, con decreto commissariale n. 66 del 19/6/2012, sulla base di un accordo con le associazioni di categoria, ha definito i criteri di rideterminazione della spesa consuntiva 2011 di ciascun operatore e di ripartizione tra le varie di case di cura del limite di spesa del 2012.

In allegato alla relazione istruttoria prot. n. 111566 del 13/2/2013 - versata agli atti del giudizio di primo grado al fine di illustrare il percorso istruttorio seguito dall’amministrazione nella definizione delle misure di contenimento della spesa dell’assistenza ospedaliera - sono stati prodotti i conteggi aggiornati al 4/10/2012 considerati ai fini del decreto commissariale per la determinazione della spesa consuntiva 2011 e per la ripartizione del tetto 2012 tra le singole strutture.

Ciò in conformità allo stesso decreto n. 85 del 3/8/2012 il quale ha previsto (alla lettera d) che per l’applicazione dell’art. 15 comma 14 del D.L. 95/2012 alla macroarea dell’assistenza ospedaliera si sarebbe proceduto con separato provvedimento.

2.1. Ciò posto, alla stregua del quadro istruttorio innanzi riepilogato, nel formulare il primo motivo di appello la parte ricorrente non chiarisce quale avrebbe potuto essere il preteso diverso percorso critico e logico che - facendo leva sulla asserita necessità di una diversa istruttoria adeguata ai temi e alle questioni sollevate - avrebbe potuto incidere con effetti diversi rispetto alle determinazioni adottate.

Né si comprende in che termini il rinvio ad argomentazioni concernenti la COM possa aver fuorviato l’esatta determinazione degli importi soggetti a misure di contenimento della spesa sanitaria con conseguente abbattimento della spesa liquidabile.

Come si è esposto, i dati relativi alla spesa consuntiva relativa all’assistenza ospedaliera sono stati distintamente elaborati e depositati in atti, e rispetto agli stessi non è stata argomentata alcuna eccezione di incongruenza.

Detti conteggi fanno chiaro riferimento alla determinazione del fatturato liquidabile del 2011 relativo alla assistenza ospedaliera nonché alla ripartizione del limite di spesa fissato per l’anno 2012, entrambi desumibili dal dettaglio dei calcoli allegati in atti.

L’istruttoria sottesa alla individuazione della percentuale uniforme di riduzione dell’importo della spesa e dei corrispondenti volumi d’acquisto (pari all’1,7385%) riferibili all’assistenza ospedaliera si risolve essenzialmente nei richiamati parametri numerici, sicché è rispetto ad essi che avrebbe potuto trovare margini di svolgimento una contestazione sulla correttezza e sulla completezza delle determinazioni conclusive assunte dall’amministrazione e dei presupposti istruttori assunti a loro fondamento. Tuttavia, come già esposto, una argomentata deduzione critica di questo tipo non è rinvenibile nelle deduzioni contenute nell’atto di appello.

2.2. Solo con la memoria del 31.10.2018 la parte appellante fornisce più specifici spunti argomentativi, evidenziando come una valida conferma dell’incongruenza dell’istruttoria condotta dalla Regione si trarrebbe dal fatto che la detrazione della percentuale stabilita rappresenta oltre il 20% dell’utile consuntivato dalle strutture di ricovero;
che il limite di spesa stabilito dall’Amministrazione Regionale è sempre, o quasi sempre, minore rispetto al fatturato concretamente realizzato dalle strutture;
e che, contravvenendo alla norma di legge (art. 15 del D.L. 95/2012) che stabilisce che la contrazione di quanto liquidabile debba avvenire parallelamente ad una riduzione dei volumi, la Regione avrebbe omesso di selezionare le prestazioni sanitarie suscettibili di contrazione.

2.3. Il Collegio ritiene che i richiamati rilievi non valgono a colmare le carenze deduttive già segnalate, sia perché tardivamente dedotti ai sensi dell’art. 101 c.p.a.;
sia perché riferibili non già all’attività istruttoria in senso stretto, quanto alle scelte di merito operate dall’amministrazione, contestate come oltremodo punitive degli interessi delle strutture private. Tuttavia, al di là della generica asserzione del carattere eccessivamente afflittivo della decurtazione, nessun elemento viene allegato a dimostrazione del fatto che la misura di contenimento applicata non risponda a dati istruttori fondati e conformi a realtà, il che non ne consente di sindacarne il contenuto di merito, come noto censurabile al ricorrere di elementi sintomatici dell’eccesso di potere per manifesta illogicità o incoerenza, ovvero entro limiti non riferibili al caso di specie.

Infine, non può condividersi neppure l’ultimo rilievo formulato dalle appellanti in quanto la riduzione dei volumi delle prestazioni – quale misura in grado di giustificare la contrazione del corrispettivo liquidabile – non impone necessariamente una selezione per tipologia delle singole prestazioni destinate ad essere eliminate, potendosi risolvere anche in una rimodulazione lineare del complesso delle prestazioni rese. Sicché, in difetto di diversa indicazione, è quest’ultimo il senso attribuibile ad una contrazione percentuale applicata in modo uniforme e indifferenziato sulla totalità delle prestazioni concordate, come esplicitato, d’altra parte, nella relazione istruttoria acquisita agli atti del giudizio che così recita: “ ..anche in considerazione della esiguità della riduzione, con il decreto commissariale n. 123/2012 la Regione si è determinata ad applicare una decurtazione generalizzata uniforme, chiaramente sia dei volumi di prestazioni che dei correlati limiti di spesa, come è scritto nel medesimo decreto ” (pag. 5).

3. Anche con riguardo al secondo motivo di appello, non trova riscontro nessuno dei rilievi sollevati dalla parte ricorrente atteso che:

- il T ha chiarito il senso ragionevolmente attribuibile alla nozione di “ risultato consuntivo ”, specificando che “ la remunerazione delle prestazioni erogate in regime di accreditamento non può che essere la risultante dei crediti vantati dalle strutture accreditate depurati all’esito delle verifiche connesse all’applicazione delle determinazioni emanate dall’amministrazione in base alla normativa vigente ”. Una diversa interpretazione, conforme all’esegesi proposta dalla parte appellante, condurrebbe a negare all’amministrazione sanitaria la facoltà (al contrario rientrante nelle sue potestà autoritative) di determinazione dei limiti di spesa;
mentre è proprio il riconoscimento della legittima determinazione di questo limite che giustifica il mancato riconoscimento nella nozione di spesa consuntiva delle pretese di pagamento avanzate dalle strutture accreditate (sia pure fatturate) per importi assoggettati a misure di contenimento della spesa sanitaria, trattandosi di oneri non riconoscibili a carico del servizio sanitario regionale;

- rispetto alla chiara e coerente motivazione resa sul punto dal giudice di primo grado, nessun apprezzabile elemento argomentativo è stato addotto dalla parte appellante a supporto di una diversa e a sé più favorevole lettura del concetto di “ risultato consuntivo ”;

- quanto alla uniformità della decurtazione percentuale applicata, il T ha osservato che è la stessa disposizione di legge a prevedere l’applicazione di una riduzione dell’importo e dei corrispondenti volumi d’acquisto " in misura percentuale fissa " a tutti i rapporti negoziali in essere con gli operatori accreditati sia per l’assistenza specialistica che per quella ospedaliera, per cui risulta immune da vizi - anche per quanto già innanzi esposto - l’individuazione di una percentuale generalizzata uniforme.

Dunque, anche sotto questo profilo la doglianza, nella parte in cui punta a denunciare la mancanza di una istruttoria differenziata per tipologie di prestazioni o per comparti di spesa, non risulta fondata;

- infine, il riferimento agli ospedali cd. classificati che avrebbero ricevuto un incremento del fatturato 2011, così beneficiando di una ingiustificata disparità di trattamento, appare innanzitutto generico nella sua formulazione, in quanto non individua le strutture prese a riferimento, rispetto alle quali si sarebbe compiuta la disparità di trattamento;
e, comunque, inconferente nel merito, nella misura in cui non esplicita la piena equivalenza delle posizioni considerate e le ragioni della conseguente ingiustificata disparità. Resta da aggiungere che l’eventuale illegittima e sovrabbondante determinazione del budget concesso ad altri operatori non potrebbe valere ad inficiare la correttezza di quello riconosciuto alle parti odierne appellanti, né la mera divergenza con le posizioni chiamate a confronto è in grado di far emergere, ex se , asserite deficienze e incongruenze nelle risultanze istruttorie quanto alla definizione dei limiti di spesa stimati per l’anno 2011 e programmati per il seguente anno 2012;

- valga in tal senso considerare che un provvedimento amministrativo legittimo non può divenire viziato (e viceversa) perché in passato fu seguito un difforme modus operandi , non potendosi giudicare della legittimità di un atto alla luce del solo fatto che in passato furono emessi provvedimenti di analogo o diverso tenore e contenuto;
aggiungasi che l'errore, eventualmente commesso in alcuni casi, non può costringere l'Amministrazione a perseverarvi e che, allo stesso modo, l’eccesso di potere per disparità di trattamento non può fondarsi su precedenti provvedimenti illegittimi, in quanto questi non possono essere invocati per pretendere ulteriori provvedimenti che violino anch'essi la legge (Cons. Stato, sez. IV, 1° giugno 2018, n. 3310;
Cons. Stato, sez. IV, 1° giugno 2016, n. 2318).

4. Per quanto esposto, l’atto di appello non può trovare accoglimento e la pronuncia impugnata merita di essere confermata.

5. La disamina dei punti trattati risolve il complesso delle questioni poste nel gravame, al netto dei motivi di primo grado “ per tuziorismo ” riportati nel corpo dell’atto (pag. 14 atto di appello), in quanto esaminabili nei soli limiti delle censure articolate nei confronti delle valutazioni e delle conclusioni accolte in sentenza.

6. La natura delle questioni trattate e il tenore delle difese in atti giustificano la compensazione delle spese di lite.

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