Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2017-04-21, n. 201701878

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2017-04-21, n. 201701878
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201701878
Data del deposito : 21 aprile 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/04/2017

N. 01878/2017REG.PROV.COLL.

N. 04059/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4059 del 2011, proposto dall’Istituto Visitandine dell'Immacolata, in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Teresa Barbantini e Paolo Bonetti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Maria Teresa Barbantini in Roma, via Caio Mario, 7;



contro

-il Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo (in prosieguo, AC), in persona del legale rappresentante “pro tempore”, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma in Via dei Portoghesi, 12;
-il Comune di Bologna, non costituitosi in giudizio;



per la riforma

della sentenza del T.A.R. EMILIA -ROMAGNA -BOLOGNA -SEZIONE II, n. 8085 del 2010, resa tra le parti, concernente diniego di nulla -osta per concessione in sanatoria per opere edilizie abusive;

Visti il ricorso in appello, con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di mera forma del AC;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 13 aprile 2017 il cons. Marco Buricelli e uditi per le parti gli avvocati Luigi Fedeli per dichiarata delega dell'avv. Maria Teresa Barbantini, e Sergio Fiorentino dell'Avvocatura generale dello Stato;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1.Con la sentenza n. 8085 del 2010 il Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia -Romagna –sede di Bologna, ha respinto il ricorso proposto dall’Istituto Visitandine dell’Immacolata contro il provvedimento prot. n. 15218 del 3.9.1997 con il quale il Soprintendente per i beni architettonici di Bologna aveva negato il rilascio del nulla -osta domandato per ottenere la concessione edilizia in sanatoria in relazione ad alcuni interventi abusivi eseguiti su un immobile vincolato sito in Bologna.

La sentenza di primo grado, premesso che il diniego di nulla –osta riguarda “alcune opere abusive costituite dalla creazione di camere e servizio al piano sottotetto con realizzazione di tagli di copertura per la formazione di pozzi luce e la realizzazione di un ascensore esterno posto in un cortile interno in quanto incompatibili con la tutela gravante sull’immobile poiché modificano gravemente l’estetica, gli spazi e le strutture dell’edificio, mentre è stato rilasciato parere favorevole per i servizi igienici del piano primo ed ammezzato e di alcuni tramezzi per la formazione di camere da letto”; dopo avere respinto l’eccezione d’inammissibilità sollevata dall’Avvocatura dello Stato con riferimento all’asserita natura endo -procedimentale dell’atto impugnato ha, nel merito, giudicato infondata anzitutto la censura con la quale l’Istituto ricorrente aveva sostenuto che il decorso del termine di 180 giorni previsto dal d. m. 13.6.1994, n. 495, per la conclusione dei procedimenti amministrativi di competenza dell’Amministrazione per i beni culturali e ambientali, comporta il formarsi del silenzio assenso in ordine alla richiesta di sanatoria.

La tesi di parte ricorrente è stata ritenuta infondata alla luce del disposto di cui all’art. 20 della l. n. 241 del 1990 che espressamente esclude, con disposizione avente carattere generale, la possibilità del formarsi del silenzio assenso in materia di vincolo culturale e paesistico -ambientale.

“Ciò comporta, invero –ha soggiunto il Tar- che la normativa di riferimento del procedimento per accertare la compatibilità paesistica non può essere assoggettata all'interpretazione estensiva propugnata dal ricorrente, che pretende di superare l'indiscutibile assenza al suo interno di disposizioni recanti la previsione di silenzio assenso, non essendo certamente equipollente a tal fine, la sola previsione dell'obbligo di provvedere entro termini prestabiliti, seguita dall'inattività dell'amministrazione…” .

La sentenza ha poi respinto il secondo motivo, concernente difetto di istruttoria e di motivazione.

Al riguardo il giudice di primo grado ha rilevato che l’atto impugnato indica in modo chiaro le ragioni del diniego, poiché “ha ravvisato che gli abusi edilizi in contestazione sono incompatibili con la tutela gravante sull’immobile in quanto modificano gravemente l’estetica, gli spazi e le strutture dell’edificio”.

Le valutazioni espresse con il provvedimento lesivo sono state considerate non contraddittorie rispetto a precedenti pareri favorevoli riguardanti opere diverse e ritenute di diversa incidenza sull’edificio.

Più in generale, “tali valutazioni…dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo gravante sull’immobile sono state qualificate come “valutazioni di merito”, in quanto tali “non sindacabili in questa sede di legittimità”.

2.L’Istituto ha interposto appello.

Dopo avere precisato che gli abusi edilizi “eseguiti tra il 1967 e il 1977 consistono in opere finalizzate all’adeguamento igienico –funzionale dell’unità immobiliare e si concretizzano nella realizzazione di alcuni servizi igienici al 1° e al piano ammezzato (tra il 1° e il 2° piano), per due dei quali è stata prevista l’apertura di una finestra; di tramezzi per la realizzazione di due camere da letto e di altre piccole modifiche interne, e nella realizzazione nel cortile interno posto vicino all’ingresso del convitto di un ascensore a servizio dei piani fuori terra dell’unità immobiliare”; con il primo motivo, concernente in particolare violazione dell’art. 20 della l. n. 241 del 1990 e del d. m. 13.6.1994, n. 495, e violazione della l. n. 13 del 1989, parte appellante deduce l’erronea reiezione del primo motivo del ricorso di primo grado, avendo il Tar ritenuto infondata la censura sulla intervenuta formazione del silenzio assenso in ordine alla richiesta di condonabilità dell’intervento una volta inutilmente trascorso il termine di 180 giorni previsto dal d. m. n. 495 del 1994 per la conclusione del procedimento.

Il rilascio del nulla osta alla Soprintendenza era stato domandato nel novembre del 1996, e l’Amministrazione aveva comunicato l’esito sfavorevole del procedimento soltanto nel settembre del 1997, ben oltre quindi i 180 giorni normativamente prescritti.

La sentenza di primo grado avrebbe errato nel fondare il rigetto del motivo sull’art. 20, comma 4, della l. n. 241 del 1990, poiché tale disposizione è stata introdotta dall’art 21, comma 1, lett. b), della l. n. 15 del 2005, poi sostituito dall’art 3, comma 6 ter, del d. l. n. 35 del 2005, convertito con modificazioni dalla l. n. 80 del 2005, pertanto molto tempo dopo l’avvenuta formazione del silenzio –assenso.

Viceversa, nella specie trova applicazione l’art. 1 del d. m. n. 495 del 1994 secondo cui i procedimenti di competenza dell’amministrazione per i beni culturali e ambientali devono concludersi con provvedimento espresso nel termine stabilito per ciascun procedimento, sicché l’Amministrazione avrebbe dovuto osservare il termine di 180 giorni previsto nella tabella allegata al d.P.R. n. 407 del 1994.

Si rileva inoltre che l’art. 5 della l. n. 13 del 1989, in combinato disposto con l’art. 4, comma 2, della legge medesima, recante “disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati”, avrebbe introdotto una disciplina di favore per i soggetti svantaggiati istituendo la previsione del silenzio –assenso, una volta trascorso il termine di 120 giorni dalla presentazione della domanda, anche nel caso di domanda di autorizzazione dei lavori su immobili vincolati.

Nel caso in esame, poiché la richiesta di parere era stata inviata alla Soprintendenza il 13.11.1996, già in data 13.3.1997 si era formato il silenzio -assenso e, pertanto, il successivo diniego di nulla osta emesso il 3.9.1997 “appare irrimediabilmente tardivo e come tale illegittimo”.

Si tratta di una normativa speciale che prevale sulla disciplina ordinaria dettata in via generale a tutela degli immobili di elevato pregio culturale.

Con il secondo motivo di appello, imperniato essenzialmente su profili di eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti di fatto e di diritto, “insufficiente motivazione e palese carenza di istruttoria”, illogicità manifesta e contraddittorietà, viene dedotta l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui il giudice di prime cure ha affermato in modo apodittico che le ragioni del diniego erano chiare.

La sentenza impugnata sarebbe errata anche nella parte in cui fa riferimento a “valutazioni di merito” dell’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo come “non sindacabili” in sede di giudizio di legittimità.

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