Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-03-17, n. 202102295

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-03-17, n. 202102295
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202102295
Data del deposito : 17 marzo 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/03/2021

N. 02295/2021REG.PROV.COLL.

N. 10128/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10128 del 2020, proposto da P C, rappresentato e difeso dall'avvocato O O, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Alessandro Coluzzi in Roma, Via di Villa Pepoli, n. 4;

contro

Ministero della giustizia, non costituito in giudizio;

nei confronti

Consiglio Superiore della Magistratura, non costituito in giudizio;

per l’ottemperanza

della sentenza del CONSIGLIO DI STATO - SEZ. II n. 8620/2019, resa tra le parti, in tema di mancata conferma nella funzione di Giudice di Pace – risarcimento danni.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2021 il Cons. Italo Volpe;

Nessuno essendo presente per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Col ricorso in epigrafe la persona fisica ivi pure indicata ha chiesto l’ottemperanza nei riguardi del Ministero della giustizia (di seguito “Ministero”) della sentenza del Consiglio di Stato, sezione II, n. 8620/2019, pubblicata il 20.12.2019, che – con la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio – in riforma della sentenza impugnata resa dal Tar del Lazio, Roma, n. 811/2008 ha condannato il Ministero a risarcire il ricorrente del danno economico derivatogli dal parziale ritardo nella conferma della sua nomina a Giudice di Pace.

2. La sentenza da ottemperare ha esposto, in fatto e in diritto, qui in estrema sintesi, che:

- con atto del 15.3.2000 il C.S.M. aveva deliberato di non confermare per altri cinque anni il ricorrente in epigrafe nella funzione di Giudice di Pace e ciò perchè il predetto avrebbe perso nel frattempo i requisiti di cui all’art. 5, co. 3, della l.n. 374/1991;

- impugnata dall’interessato, la delibera era stata cautelarmente sospesa dal Tribunale, onde il predetto aveva potuto allora invitare il C.S.M. a provvedere a quel punto alla nomina non confermata;

- allora il C.S.M., sebbene dopo diffide, aveva effettivamente confermato per quattro anni l’interessato nell’incarico predetto, contestualmente revocando la delibera impugnata, con l’effetto della conseguente pronuncia di improcedibilità del proposto ricorso giurisdizionale di primo grado;

- l’interessato aveva potuto allora svolgere le riacquistate funzioni per un solo anno, tenuto conto del sopraggiungere del limite di età massimo, peraltro con un carico di lavoro minimo dato che, nel frattempo, gli altri Giudici di Pace confermati nel medesimo ufficio avevano distribuito tutto il carico di lavoro pendente;

- con successivo atto stragiudiziale l’interessato aveva allora invitato e diffidato il C.S.M. ed il Ministero a ristorargli i danni patrimoniali e morali subiti per la mancata riconferma nelle funzioni giudicanti e che, spirato inutilmente il termine all’uopo prefisso, era stato nuovamente adíto il Tar del Lazio per il conseguimento del risarcimento di tutti i danni subiti per effetto della mancata conferma e della successiva tardiva conferma;

- il Tar del Lazio aveva respinto il ricorso sostanzialmente ritenendo che, a prescindere dalla legittimità o meno del diniego di conferma, non era ravvisabile nella fattispecie il requisito dell’ingiustizia del danno;

- era stato dunque interposto l’appello col quale, in sostanza, s’era dedotto che l’Amministrazione giudiziaria aveva deciso di non confermare la titolarità della funzione “ ritenendo esserne venuti meno i presupposti di legge sulla sola circostanza dell’esistenza di un procedimento penale reso pubblico dalla stampa, e nel quale l’interessato risultava semplicemente iscritto nel registro degli indagati;
ma egli non è mai stato destinatario di alcuna comunicazione giudiziaria tale da minarne il prestigio e da influire sull’idoneità a ricoprire la delicata funzione
(…)” in questione;

- il gravame risultava parzialmente fondato perché, in capo all’Amministrazione, il “ presupposto psicologico, definibile come colpa in senso lato, risulta invece sussistere - sebbene solo in parte - con riferimento all’attività dell’Amministrazione successiva all’ordinanza cautelare con cui il Tar aveva sospeso l’efficacia di quella mancata conferma. Quella successiva attività dell’Amministrazione risulta per un verso parzialmente rispettosa delle aspettative dell’appellante e di quella prudenza valutativa dovuta nelle opzioni in materia;
ma per altro verso presenta, sia pure in porzione residuale, ritardi che non risultano giustificati
”;

- la domanda risarcitoria poteva conseguentemente accogliersi, in via equitativa, in complessivi euro 19.000,00, con l’aggiunta che su “ tale cifra andranno computati gli interessi legali dalla data di pubblicazione della presente decisione fino al soddisfo ”.

3. Dato ciò, col ricorso in epigrafe l’interessato chiede che il Ministero gli corrisponda in totale euro 19.611,79, oltre agli interessi legali, sino all’effettivo soddisfo, sulla sorte capitale dal 20.12.2019 e sulle altre voci dalla data di notifica del ricorso stesso. Importo così suddiviso:

- euro 19.000,00 per sorte capitale;

- euro 570,00 per oneri di registrazione della sentenza da ottemperare;

- euro 31,00 per diritti di copia;

- euro 10,79 per la notifica della sentenza in forma esecutiva;

Chiede altresì, essendo decorsi infruttuosamente 120 giorni dalla notificazione del titolo, che si provveda nelle forme dell’ottemperanza, anche nel caso nominando un commissario ad acta , con la condanna alle spese di lite.

4. Con memoria del 18.2.2021 la parte ricorrente ha riferito e chiesto che:

- il Ministero gli aveva nel frattempo corrisposto la somma netta di euro 14.872,55 (lordi euro 19.626,14 e ritenuta Irpef di euro 4.753,59) a titolo di risarcimento danni, interessi legali, spese di registrazione della sentenza, spese di rilascio di copia della sentenza con formula esecutiva e spese per la notificazione della sentenza in forma esecutiva;

- il Ministero gli aveva dunque corrisposto quanto spettante al ricorrente in forza della sentenza da ottemperare, compresi gli accessori. Ricorrevano perciò i presupposti della cessazione della materia del contendere;

- tuttavia, non essendosi trattato di adempimento spontaneo, il Ministero, in soccombenza virtuale, era ancora tenuto a rifondergli il contributo unificato di euro 300,00, oltre alle spese di giudizio, rendendosi ancora necessaria la nomina del commissario ad acta per un eventuale ulteriore inadempimento.

5. La causa quindi, chiamata all’udienza di discussione del 9.3.2021, è stata ivi trattenuta in decisione.

6. L’intervenuto, parziale adempimento ad opera del Ministero determina una corrispondente cessazione della materia del contendere, con conseguente improcedibilità del ricorso in epigrafe per la parte relativa al capo di domanda in ordine al quale v’è stata soddisfazione delle pretese della parte ricorrente.

7. Tuttavia il Ministero non ha ancora provveduto a rifondere alla parte ricorrente l’importo del contributo unificato che la stessa è stata tenuta ad anticipare nel momento dell’instaurazione del giudizio.

A tanto il Ministero deve essere invero condannato giacchè l’iniziativa giudiziaria del ricorrente in epigrafe è stata conseguenza dell’inerzia ingiustificata precedentemente serbata dal Ministero stesso nell’eseguire quanto gli era dovuto.

Per analoghe ragioni il Ministero deve essere anche condannato al pagamento delle spese del giudizio, che si liquidano in complessivi euro 2.000,00.

Per l’eventualità che il Ministero ritardi l’esecuzione di questa decisione oltre il trentesimo giorno dalla comunicazione della presente sentenza, viene fin d’ora nominato quale commissario ad acta il Capo di Gabinetto del Ministro della giustizia cui, se del caso, competerà eseguire la sentenza in luogo dell’organo dirigenziale competente rimasto inerte.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi