Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-06-01, n. 202003449
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Testo completo
Pubblicato il 01/06/2020
N. 03449/2020REG.PROV.COLL.
N. 04485/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4485 del 2019, proposto da
M e G S, G L S di G L, G e G C, M M, G S e G V S, B A e B E S, C A e P S, P V - M e S L S, B E e A S, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato M M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Vincenzo Cannizzaro in Roma, corso D'Italia 106;
contro
Inps, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati A Coretti, Mauro Sferrazza, Vincenzo Triolo, Vincenzo Stumpo, domiciliato in Roma, via Cesare Beccaria ,29;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima) n. 00777/2018, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Inps;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza tenuta nelle modalità di cui all’art. 84, D.L. n. 18/2020, del giorno 30 aprile 2020 il Cons. Raffaello Sestini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 - Gli appellanti, esercenti nelle forme di società armatrici, attività imprenditoriale nel settore della pesca, presentavano all’INPS di Ascoli Piceno distinte domande per ottenere il trattamento di integrazione salariale in deroga per il settore pesca relativo all’anno 2015, ai sensi del Decreto Interministeriale di concessione n. 91411 del 7 agosto 2015, estendendo la richiesta anche per i soci, anche essi appellanti nel presente procedimento, delle medesime società armatrici imbarcati sulle unità navali di pesca.
L’INPS di Ascoli Piceno, con distinti ed autonomi provvedimenti, respingeva le domande per tale parte motivando che il trattamento di cassa integrazione Guadagni in deroga non era riconoscibile agli armatori ed ai proprietari armatori imbarcati sulle navi dai medesimi gestite.
1.1 - Avverso i provvedimenti di rigetto le società ed i soci personalmente proponevano ricorso collettivo al Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche, chiedendo l'annullamento, previa sospensiva, delle distinte ed autonome deliberazioni di rigetto delle domande in esame deducendo i vizi di violazione di legge, specificatamente del Decreto Interministeriale n. 91411 del 7 agosto 2015; del D.M. 6 agosto 2015, del DPR n. 1199/1971, dell'art. 3 della L. 241/90, dell’art. 24 Costituzione, nonché l’eccesso di potere, sotto plurimi profili, per difetto di motivazione, travisamento ed erronea valutazione dei fatti; manifesta illogicità e contraddittorietà dell’atto, contraddittorietà tra atti; violazione del legittimo affidamento.
1.2 – L’INPS, costituitasi in giudizio depositando copiosa documentazione, eccepiva la inammissibilità del ricorso proposto in forma collettiva e, comunque, deduceva l’infondatezza delle doglianze dedotte.
1.3 - Con ordinanza n. 84/2017, l’adito TAR respingeva la proposta istanza cautelare, ordinando incombenti istruttori all’Amministrazione con la successiva ordinanza n. 208/2018, ottemperati dall’INPS con memoria del 22 maggio 2018. L’INPS in particolare illustrava gli esiti degli incombenti e rilevava che con nota prot. 15055 dell’11 luglio 2016 il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali aveva espresso parere negativo «in relazione alla possibilità di beneficiare della cassa integrazione in deroga per le figure degli armatori, e dei proprietari armatori imbarcati sulle navi dai medesimi gestite, in quanto non è configurabile nei loro confronti un rapporto di lavoro subordinato».
2 - Il TAR per le Marche, con la sentenza citata in epigrafe, rigettava le eccezioni sollevate dall’I.N.P.S., ritenendole comunque assorbite, e nel merito respingeva il ricorso, compensando le spese di giudizio.
2.1 - In particolare, il TAR rilevava che la norma primaria (legge n. 164/1975e s.m.i.) individua i soggetti beneficiari del trattamento di integrazione salariale (lavoratori dipendenti), risultando irrilevante che soltanto il decreto interministeriale relativo all’anno 2016 (D.I. n. 1600069 del 5 agosto 2016) avesse introdotto espressamente la limitazione contestata dai ricorrenti, e non invece il D.I. n. 91411 del 2015, relativo alla controversia in esame, emanato in attuazione del disposto della legge n. 190/2014, non venendo quindi in questione un problema di retroattività della normativa regolamentare sopravvenuta.
2.2 - Per il TAR non sussisteva neppure un problema di lesione dell’affidamento, in relazione al riconoscimento negli anni precedenti di un beneficio che, comunque, non spettava ai ricorrenti.
2.3 – Per il giudice di primo grado neppure sussisteva la rilevata disparità di trattamento, non potendo la P.A. perseverare nell’errore commesso ed essendo semmai tenuta a revocare i benefici indebitamente concessi e non già a concedere il beneficio in nome di una malintesa par condicio.
2.4 – Non avrebbe, poi, avuto valore decisivo la questione del codice da utilizzare per il versamento dei contributi previdenziali, avendo l’Istituto previdenziale l’onere di verificare se il versamento fosse stato effettuato utilizzando il codice corretto, invitando ove necessario l’interessato a rettificare l’operazione.
2.5 – Non persuasive venivano altresì ritenute le argomentazioni fondate su alcune disposizioni di favore per le imprese di pesca introdotte nel corso degli anni, nonché su una ormai risalente pronuncia della Corte di Cassazione, secondo la quale i soci delle società proprietarie o di armamento che sono imbarcati sui natanti utilizzati per l’attività aziendale non sono imprenditori, ma lavoratori dipendenti a tutti gli effetti, essendo la pronuncia riferita solo a specifici profili previdenziali.
2.6 – Secondo il TAR, dunque, la disciplina rilevante ai fini di causa doveva, invece, essere rintracciata nelle disposizioni del Codice della Navigazione relative alle società di armamento, in base alle quali, in mancanza della dichiarazione di armatore riportata nel ruolino di equipaggio, come nel caso di specie, armatore si presume il proprietario della nave, e per le quali nelle società di armamento ciascun socio riveste anche la qualifica di imprenditore nel caso in cui, come nella fattispecie in esame, l’esercizio della nave sia diretto alla pesca professionale, essendo irrilevante che per la sicurezza della navigazione il socio o proprietario, in quanto imbarcato, sia comunque soggetto all’autorità del comandante della nave.
3 - La predetta sentenza veniva fatta oggetto del gravame in epigrafe, con il quale erano dedotti i seguenti motivi di appello:
3.1 - errore nel giudicare: travisamento del fatto e del diritto, illogicità, erroneità e carenza della motivazione, erronea valutazione delle censure mosse dai ricorrenti in primo grado (violazione del decreto interministeriale n. 91411 del 7 agosto 2015, eccesso di potere per difetto di motivazione, travisamento ed erronea valutazione dei fatti, manifesta illogicità e contraddittorietà dell’atto e tra atti, con conseguente violazione dei principi di irretroattività delle norme giuridiche secondarie e di tutela delle situazioni giuridiche ormai acquisite;
3.2 - errore nel giudicare: erroneità della motivazione, travisamento delle risultanze istruttorie, in relazione alla omessa rilevazione dell’eccesso di potere per disparità di trattamento dedotta in primo grado con riguardo ai diversi orientamenti di altre direzioni provinciali dell’INPS;
3.3 - errore nel giudicare: travisamento del fatto e del diritto, travisamento delle risultanze istruttorie, illogicità, erroneità, perplessità e carenza della motivazione della sentenza appellata, per la parte in cui ha ritenuto irrilevante la questione del codice da utilizzare per il versamento dei contributi previdenziali poiché, se è vero come affermato dal TAR che “non è ovviamente il codice utilizzato a determinare a quale categoria appartiene un lavoratore che esegue un versamento, essendo semmai vero il contrario”, è pur vero che è stata la stessa INPS ad aver imposto alle imprese armatrici o proprietarie di unità da pesca di non indicare i loro soci con il codice riservato ai lavoratori imbarcati;
3.4 - errore nel giudicare: