Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-04-12, n. 201802203

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-04-12, n. 201802203
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201802203
Data del deposito : 12 aprile 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/04/2018

N. 02203/2018REG.PROV.COLL.

N. 06981/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6981 del 2017, proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero dell'Interno, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, tutti rappresentati e difesi per legge dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma domiciliano, alla Via dei Portoghesi, n. 12,;

contro

Comune di Acqui Terme non costituitosi in giudizio;
Comune di Cotronei, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato E J, con domicilio eletto presso lo studio Gianluca Anastasio in Roma, via Lungotevere della Vittoria, n. 10;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il LAZIO – Sede di ROMA - SEZIONE I n. 2553/2017.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Cotronei;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 febbraio 2018 il consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Fedeli, e l’avvocato Antonini su delega di Jorio;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe appellata n. 2553 del 17 febbraio 2017 il T.a.r. per il Lazio –Sede di Roma - ha parzialmente accolto il ricorso, proposto dalla odierna parte appellata Comune di Cotronei volto ad ottenere l’annullamento del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 10 settembre 2015, pubblicato sulla G.U. del 5 ottobre 2015, recante "Fondo di solidarietà comunale. Definizione e ripartizione delle risorse spettanti per l'anno 2015" e di tutti gli atti ad esso presupposti, conseguenti e consequenziali tra cui il sotteso Decreto del Ministro dell’Interno del 23 giugno 2015.

2. La Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero dell’Interno si erano costituiti chiedendo la reiezione del ricorso.

3. Con la sentenza impugnata il T.a.r., dopo avere riepilogato in punto di fatto gli elementi essenziali della controversia ed avere dato atto delle due macrodoglianze proposte (illegittimità, per incostituzionalità, dell’art. 16 del d.l. n. 95/2012, per violazione dell’art. 119 della Costituzione, violazione del principio di leale collaborazione, violazione degli art. 2, 3 e 5 della Costituzione) ha innanzitutto ricostruito l’ordito normativo che costituiva presupposto della controversia, evidenziando che:

a) l’art. 1, comma 380, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, stabiliva che “Al fine di assicurare la spettanza ai Comuni del gettito dell'imposta municipale propria, di cui all'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214:

… b) è istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, il Fondo di solidarietà comunale che è alimentato con una quota dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni, di cui al citato articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, definita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, previo accordo da sancire presso la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, (…). Corrispondentemente, nei predetti esercizi è versata all’entrata del bilancio statale una quota di pari importo dell’imposta municipale propria, di spettanza dei comuni. A seguito dell'emanazione del decreto di cui al primo periodo, è rideterminato l'importo da versare all'entrata del bilancio dello Stato. La eventuale differenza positiva tra tale nuovo importo e lo stanziamento iniziale è versata al bilancio statale, per essere riassegnata al fondo medesimo. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Le modalità di versamento al bilancio dello Stato sono determinate con il medesimo DPCM.”;

b) in applicazione di tale disposizione era stato emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 10 settembre 2015, con il quale erano state definite e ripartite le risorse destinate al Fondo di solidarietà comunale per l’anno 2015;

c) in particolare, il decreto aveva ripartito la dotazione del fondo 2015 per l’80% attraverso il criterio delle risorse storiche e per il 20% attraverso il criterio del fabbisogni standard e delle capacità fiscali;

d) il comune originario ricorrente, dopo avere premesso di aver subito, sulla base dell’impugnato d.P.C.M., una drastica riduzione degli importi ricevuti, determinata dal fatto che il comune stesso beneficiava di corrispettivi di natura privatistica derivanti dall’utilizzazione di un bacino imbrifero, si era doluto della circostanza che il meccanismo di riduzione dei trasferimenti statali e i criteri di redistribuzione individuati dal d.P.C.M. impugnato penalizzassero i comuni virtuosi e comunque recassero pregiudizio all’autonomia degli enti;
era stato altresì sottolineato che l’autonomia finanziaria dei comuni risultava inoltre lesa, in considerazione del fatto che i trasferimenti disposti erano stati individuati ad esercizio finanziario quasi concluso, quando gli enti locali avevano ormai già sostenuto le spese e si erano richiamati gli argomenti sottesi alla ritenuta incostituzionalità dell’art. 16, comma 6, del decreto legge n. 95/2012, convertito nella legge n. 135/2012, nella parte in cui ivi non era stato previsto un termine entro il quale doveva essere emanato il suo decreto attuativo e nella parte in cui, considerando le entrate privatistiche del comune, individuava indici di riparto estranei alla capacità contributiva degli abitanti.

3.2. Nel merito, con la sentenza impugnata, il T.a.r. ha accolto il ricorso, sotto l’assorbente profilo della già affermata incostituzionalità dell’art. 16, comma 6, del decreto legge n. 95/2012, convertito nella legge n. 135/2012, nella parte in cui ivi non era stato previsto un termine entro il quale doveva essere emanato il suo decreto attuativo, affermando che:

a) l’art. 119 della Costituzione attribuiva ai Comuni autonomia finanziaria di entrata e di spesa: detta autonomia era esercitata in primo luogo, attraverso la redazione del bilancio finanziario di previsione;

b) quest’ultimo, ai sensi dell’art. 162 del T.U. degli Enti locali, doveva riferirsi ad almeno un triennio, comprendente le previsioni di competenza e di cassa del primo esercizio del periodo considerato e le previsioni di competenza degli esercizi successivi;

c) l’anno finanziario (il quale rappresentava l’unità temporale) aveva inizio il 1 gennaio di ciascun anno e terminava il 31 dicembre: ai sensi dell’art. 151 del d.lgs. n. 267/2000, il bilancio di previsione finanziario doveva essere approvato entro il 31 dicembre dell’anno precedente, salva la possibilità di un differimento per motivate esigenze, da disporsi con decreto del Ministero dell’interno (facoltà esercitata, con riferimento al 2015, a mezzo dell'articolo unico del d.m. 24 dicembre 2014, che aveva disposto lo spostamento del termine al 31 marzo 2015);

d) al fine di poter elaborare e approvare il bilancio di previsione, gli Enti locali dovevano conoscere le entrate su cui possono contare per poter poi esercitare la propria autonomia in materia di spesa, per tale ragione l’art. 1, comma 380-ter, primo capoverso, lettera b), della legge n. 228/2012, prevedeva, con riferimento alle diverse annualità, precisi termini per l’emanazione del d.P.C.M. di determinazione e ripartizione del fondo di solidarietà comunale (per l’anno 2015 il termine era fissato al 31 dicembre 2014);

e) tale scansione temporale si imponeva, essendo necessario che tutti gli interventi che producevano una riduzione di trasferimenti agli enti locali avvenissero in tempo utile per essere considerati nei bilanci di previsione, così da non compromettere l’autonomia finanziaria degli enti locali che ne vengano colpiti;

f) per tale ragione la Corte costituzionale aveva recentemente dichiarato l’illegittimità dell’art. 16, comma 6, del d.l. n. 95/2012, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della l. n. 135/2012, nella parte in cui non prevedeva un termine ultimo per l’approvazione del d.P.C.M. che definisse il procedimento di determinazione delle riduzioni del Fondo sperimentale di riequilibrio da applicare a ciascun Comune nell’anno 2013 ( istituto che costituiva l’antecedente storico del fondo di solidarietà comunale);

g) posto che nella fattispecie in esame non era controverso che il provvedimento gravato fosse stato approvato circa nove mesi più tardi rispetto al termine stabilito dalla legge e a meno di quattro mesi dalla chiusura del corrispondente esercizio finanziario, da tale sfasatura temporale discendeva certamente l’illegittimità del contestato d.P.C.M. in quanto, anche a non voler accedere alla tesi della perentorietà del termine fissato dal comma 380-ter in parola ( tesi quest’ultima che al di là del tenore letterale della norma, si imponeva in una necessaria lettura costituzionalmente orientata della stessa)era evidente che l’intervenuta adozione dell’atto a esercizio finanziario avanzato avesse determinato una sicura lesione dell’autonomia finanziaria dei comuni, alla quale era correlato il principio di certezza delle risorse disponibili (ai sensi dell’art. 119 della Costituzione).

4. L’amministrazione originaria resistente rimasta soccombente ha impugnato la decisione del T.a.r. denunciandone la erroneità;
dopo avere analiticamente ripercorso le principali tappe del contenzioso ha fatto presente che l’azione amministrativa era rispondente a criteri di buona amministrazione ed efficienza, ed ha sostenuto che la sentenza impugnata era errata, in quanto muoveva da un’ottica formalistica e parziale, in quanto:

a) il termine del 31 dicembre dell’anno precedente, richiamato nella sentenza in epigrafe per l’emanazione del d.P.C.M. sul Fondo 2015 - e che, più precisamente, riguardava il previo eventuale accordo da sancire in sede di Conferenza Stato - Città ed autonomie locali per l’emanazione del d.P.C.M. era stato fissato dalla legge di stabilità per il 2014;

b) detta legge, peraltro, per il fondo del 2014, aveva previsto la data del 30 aprile del medesimo anno quale termine per il raggiungimento del citato Accordo in sede di Conferenza Stato - Città ed autonomie locali (art. 1, comma 730, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, che aveva inserito il comma 380-ter all’art. 1della legge 21 dicembre 2012, n. 228 – legge di stabilità 2013);

c) la legge di stabilità per il 2015 era ulteriormente intervenuta sulla disciplina del Fondo 2015 modificandone i criteri di ripartizione: in particolare, era stata innalzata dal 10 al 20 per cento la quota del Fondo da distribuirsi, non in relazione alla spesa storica, ma in base ai fabbisogni standard e alle capacità fiscali (art. 1, comma 459, della legge 23 dicembre 2014 n. 190) e, inoltre, era stata ridotta di 1200 milioni euro la dotazione del Fondo ed erano state dettate specifiche disposizioni in favore dei Comuni colpiti da eventi sismici (commi 435 e 436 del citato art. 1);

d) in attesa dell’approvazione della legge di stabilità 2015, con Decreto del 24 dicembre 2014 – come da prescritto parere della Conferenza Stato - Città ed autonomie locali del 16 dicembre 2014 reso ai sensi dell’art. 151 d. Lgs. n. 267/2000, il termine di approvazione del bilancio preventivo per l’anno 2015 da parte degli enti locali era stato differito dal 31 dicembre dell’anno precedente al 31 marzo 2015;

e) la Conferenza Stato - Città ed autonomie locali, nella seduta del 12 marzo 2015 aveva espresso il prescritto parere, ai sensi dell’art. 151 D. Lgs. n. 267/2000, per il differimento del termine di approvazione del bilancio preventivo 2015 da parte degli enti locali dal 31 marzo 2015 al 31 maggio 2015;

f) il decreto del Ministero dell’Interno del 23 giugno 2015 era stato emanato subito dopo la pubblicazione ed in attuazione del Decreto Legge 19 giugno 2015, n. 78, poi convertito dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, il quale all’art. 7, comma 3, disponeva che “Per l'anno 2015 ed i successivi esercizi, la riduzione di risorse relativa ai comuni e alle province di cui all'articolo 16, commi 6 e 7, del Decreto Legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla Legge 7 agosto 2012, n. 135, viene effettuata mediante l'applicazione della maggiore riduzione, rispettivamente di 100 milioni di euro per i comuni e di 50 milioni di euro per le province, in proporzione alle riduzioni già effettuate per l'anno 2014 a carico di ciascun comune e di ciascuna provincia, fermo restando l'effetto già generato fino al 2014 dai commi 6 e 7 del citato articolo 16. La maggiore riduzione non può, in ogni caso, assumere un valore negativo.”;

g) la ripartizione della maggiore riduzione di 100 milioni di euro a carico dei Comuni, prevista dall’articolo 7, comma 3, del Decreto - Legge 19 giugno 2015 n. 78, a valere sul Fondo 2015, a seguito di richiesta dell’ANCI, era stata oggetto di Accordo in sede di Conferenza Stato - Città ed autonomie locali;

h) il termine di approvazione del bilancio per l’anno 2015 da parte dei Comuni, a seguito di richiesta dell’ANCI e come da parere espresso dalla Conferenza Stato - Città ed autonomie locali del 7 maggio 2015, era stato poi ulteriormente differito, dal 31 maggio 2015 al 30 luglio 2015, con decreto del 13 maggio 2015;
detto termine era stato poi oggetto di differimento al 30 settembre

2015, ad opera del DM 30 luglio 2015 esclusivamente per le città metropolitane, le province e gli enti locali della Regione Siciliana;

i) tali dati, erano stati del tutto obliati dal T.a.r. e dai medesimi si evinceva che:

I) i Comuni avevano potuto disporre dei dati relativi alla ripartizione del Fondo 2015, anche se non

formalizzati nel DPCM, subito dopo l’Accordo della Conferenza Stato - Città ed autonomie locali del 31 marzo 2015 e dei dati sulla ripartizione dell’ulteriore riduzione di 100 milioni di euro

per il 2016, subito dopo l’emanazione del Decreto - Legge 19 giugno 2015, n. 78, con l’emanazione del decreto attuativo del 23 giugno 2015;

II) proprio in relazione all’esigenza di disporre di dati certi in relazione alle risorse del Fondo, il termine di approvazione del bilancio

preventivo dei Comuni era stato differito prima al 31 marzo, poi al 31 maggio e, da ultimo, al 30 luglio 2015 e al 30 settembre 2015;

III) nonostante il DCPM sul FSC 2015 fosse stato formalmente emanato dopo il termine di approvazione dei bilanci, tuttavia, i dati in esso contenuti erano da tempo a disposizione degli enti locali, poiché il Ministero dell’Interno, con vari comunicati, pubblicati sul proprio sito internet, sin dal 23 gennaio 2015) aveva già informato i Comuni circa la distribuzione delle risorse

nell’ambito del FSC 2015, proprio per assicurare agli stessi un’adeguata informazione in vista della predisposizione dei bilanci di previsione per il medesimo anno;

IV) in particolare, il comunicato del 29 settembre 2015 chiariva esaustivamente quali fossero le risorse spettanti a ciascun comune;

V) ne discendeva che i comuni, certamente dal mese di giugno, avevano potuto conoscere i dati del Fondo 2015 per la predisposizione del bilancio preventivo 2015, e che quindi non v’era stata alcuna lesione all’autonomia finanziaria dei medesimi: Il raggiungimento dell’Accordo in sede di Conferenza Stato - Città ed autonomie locali cristallizzava i dati e li rendeva certi in quanto i medesimi dovevano successivamente confluire nel DPCM emanato ai sensi dell’art. 1, comma 380-ter, della Legge 24 dicembre 2014, n. 228;

l) l’ articolo 1, comma 380- ter , della Legge n. 228/2012, conteneva termine un termine (soltanto)ordinatorio, o più specificamente sollecitatorio, per l’emanazione del DPCM sul Fondo 2015: la violazione del medesimo non produceva alcuna illegittimità: erroneamente, invece, il dPCM di riparto del FSC 2015 era stato annullato per il mero mancato rispetto di un termine

ordinatorio;

m) e neppure poteva ritenersi che la Corte Costituzionale, nella sentenza 6 giugno 2016 n. 129, avesse interpretato il termine in argomento come perentorio, al di là del tenore letterale della norma: al contrario, dalla motivazione ivi contenuta, non potevano desumersi, oltre alla necessità del termine, ulteriori principi interpretativi in materia di interventi riduttivi di risorse finanziarie destinate agli enti locali.

5. Alla adunanza camerale del 9.11.2017 fissata per la delibazione della domanda di sospensione della esecutività dell’impugnata decisione la difesa erariale ha rinunciato all’istanza cautelare facendo presente che per altre cause analoghe era già stata fissata l’udienza di trattazione del merito all’1 febbraio 2018 e la Sezione ha disposto la trattazione del merito della causa alla pubblica udienza dell’1 febbraio 2018.

6.In data 8.11.2017 l’appellata amministrazione comunale si è costituita depositando un articolato controricorso, nell’ambito del quale:

a) ha chiesto il rigetto dell’appello dell’amministrazione in quanto infondato;

b) ha riproposto il primo motivo (definito “principale”) del ricorso di primo grado, rimasto assorbito nell’impugnata sentenza.

7. In data 29. 12.2017 la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha depositato una articolata memoria, comune anche ai ricorsi r.g.n. 3784/2017 e r.g.n. 3823/2017, del pari chiamati in decisione alla odierna udienza pubblica, e concernenti sentenze identiche a quella oggetto della odierna impugnazione nell’ambito della quale:

a) ha ribadito e puntualizzato le proprie tesi poste a sostegno dell’appello, facendo presente che la documentazione prodotta nell’ odierno grado di giudizio appariva indispensabile ai fini della decisione della causa, ex art. 104 del c.p.a.;

b) ha fatto presente che il medesimo T.a.r. per il Lazio, nella recente sentenza n. 10850 del 30 ottobre 2017 e nella sentenza n. 11013 del 6 novembre 2017 aventi oggetto analogo (impugnazione del D.P.C.M. del 18 maggio 2016) a quello dell’odierno processo aveva raggiunto conclusioni difformi, affermando la piena legittimità dell’operato delle amministrazioni centrali;

c) ha chiesto la reiezione dei riproposti motivi di censura prospettati in primo grado, ed assorbiti dal T.a.r., in quanto infondati.

6. Alla odierna pubblica udienza dell’1 febbraio 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.L’appello dell’Amministrazione è infondato e va respinto.

1.1. Seguendo la tassonomia propria delle questioni (secondo le coordinate ermeneutiche dettate dall’Adunanza plenaria n. 5 del 2015), e fatto presente che a mente del combinato disposto degli artt. artt. 91, 92 e 101, co. 1, c.p.a.,il Collegio farà esclusivo riferimento alle censure poste a sostegno del ricorso in appello e già proposte in primo grado (senza tenere conto di motivi “nuovi” e ulteriori censure sviluppate nelle memorie difensive successivamente depositate, in quanto intempestive, violative del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione e della natura puramente illustrativa delle comparse conclusionali- cfr. ex plurimis Cons. Stato Sez. V, n. 5865 del 2015) in ordine logico ritiene il Collegio prioritaria la disamina delle questioni processuali che potrebbero condizionare la possibilità di pervenire ad una decisione nel merito;
ciò avrà luogo tenendo conto anche della circostanza che avverso gli atti impugnati sono state proposte più impugnazioni, e sono state rese quattro sentenze di primo grado: segnatamente, sono state rese dal T.a.r. le sentenze nn. 2553/2017, 2552/2017 e 2554/2017 rispettivamente impugnate dalla difesa erariale mercè i ricorsi in appello r.g.n. 6981/2017, 3784/17, e 3823/17, chiamati in decisione alla odierna udienza pubblica nonché la sentenza r.g.n. 2722/2017, impugnata dalla difesa erariale nell’ambito del ricorso in appello r.g.n. 5523/2017 tuttora pendente.

1.2. Si osserva in proposito che:

a) il contraddittorio nell’ambito del presente processo è senz’altro integro, in quanto già in primo grado il T.a.r. con apposita ordinanza collegiale ha disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i controinteressati, da individuarsi nei comuni italiani che comparivano negli allegati del d.P.C.M. impugnato;

b) contrariamente a quanto sostenuto da alcuni intervenienti nell’ambito del ricorso in appello r.g.n. 3823/2017, la sentenza r.g.n. 2722/2017 non è passata in giudicato, ma è stata impugnata dalla difesa erariale (ricorso in appello r.g.n. 5523/2017 tuttora pendente) per cui anche sotto il profilo teorico nessun effetto preclusivo sulla procedibilità della odierna impugnazione può in proposito ipotizzarsi.

2. Nel merito - sebbene la fattispecie esaminata dalla Corte non concerna una disposizione di legge direttamente applicabile alla odierna causa- il punto dal quale muovere è rappresentato, dall’univoco tenore della sentenza della Corte Costituzionale del 6 giugno 2016, n. 129, la quale, come è noto, ha dichiarato la illegittimità costituzionale del comma 6 dell’art. 16, comma del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, conv., con modif., in l. 7 agosto 2012, n. 135 (“6. Il fondo sperimentale di riequilibrio, come determinato ai sensi dell’articolo 2 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, il fondo perequativo, come determinato ai sensi dell’articolo 13 del medesimo decreto legislativo n. 23 del 2011, ed i trasferimenti erariali dovuti ai comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna sono ridotti di 500 milioni di euro per l’anno 2012 e di 2.250 milioni di euro per l’anno 2013 e 2.500 milioni di euro per l’anno 2014 e 2.600 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015. Per gli anni 2012 e 2013 ai Comuni, di cui all’ articolo 1, comma 1, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74 , convertito, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2012, n. 122 , non si applicano le disposizioni recate dal presente comma, fermo restando il complessivo importo delle riduzioni ivi previste di 500 milioni di euro per l’anno 2012 e di 2.250 milioni di euro per l’anno 2013. Le riduzioni da imputare a ciascun comune sono determinate, tenendo conto anche delle analisi della spesa effettuate dal commissario straordinario di cui all’articolo 2 del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2012, n. 94, degli elementi di costo nei singoli settori merceologici, dei dati raccolti nell’ambito della procedura per la determinazione dei fabbisogni standard, nonche’ dei fabbisogni standard stessi, e dei conseguenti risparmi potenziali di ciascun ente, dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sulla base dell’istruttoria condotta dall’ANCI, e recepite con decreto del Ministero dell’interno entro il 15 ottobre 2012, relativamente alle riduzioni da operare nell’anno 2012, [ed entro il 31 gennaio 2013 relativamente alle riduzioni da operare per gli anni 2013 e successivi]. Le riduzioni da applicare a ciascun comune a decorrere dall’anno 2013 sono determinate, con decreto del Ministero dell’interno, d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. In caso di mancata intesa entro quarantacinque giorni dalla data di prima iscrizione all’ordine del giorno della Conferenza Stato-città ed autonomie locali della proposta di riparto delle riduzioni di cui al periodo precedente, il decreto del Ministero dell’interno può, comunque, essere adottato ripartendo le riduzioni in proporzione alla media delle spese sostenute per consumi intermedi nel triennio 2010-2012, desunte dal SIOPE, fermo restando che la riduzione per abitante di ciascun ente non può assumere valore superiore al 250 per cento della media costituita dal rapporto fra riduzioni calcolate sulla base dei dati

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