Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-09-21, n. 201504404

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-09-21, n. 201504404
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201504404
Data del deposito : 21 settembre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03039/2015 REG.RIC.

N. 04404/2015REG.PROV.COLL.

N. 03039/2015 REG.RIC.

N. 03108/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENZA

sul ricorso in appello n. 3039 del 2015, proposto da
E M A N, rappresentata e difesa dagli avv.ti G R e G Ipiduglia, ed elettivamente domiciliata, unitamente ai difensori, presso l’avv. F Paoletti in Roma, via maresciallo Pilsudsky n. 118, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;

contro

S Z, rappresentato e difeso da se stesso e dagli avv.ti S T e M M di S. Lio, ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, via dei Gracchi n. 187, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;

nei confronti di

Presidenza della Repubblica, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa, Regione Sicilia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi n.12;
G B, non costituito in giudizio;



sul ricorso in appello n. 3108 del 2015, proposto da
G B, rappresentato e difeso dall’avv. Carlo C, ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, via Pompeo Magno n. 23/A, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;

contro

S Z, rappresentato e difeso da se stesso e dagli avv.ti S T e M M di S. Lio, ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, via dei Gracchi n. 187, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;

nei confronti di

Presidenza della Repubblica, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa, Regione Sicilia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi n.12;
E M A N, rappresentata e difesa dall’avv. G R, ed elettivamente domiciliata, unitamente al difensore, presso l’avv. F Paoletti in Roma, via maresciallo Pilsudsky n. 118, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;

per la riforma

quanto al ricorso n. 3108 del 2015:

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda, n. 3923 del 9 marzo 2015;

quanto al ricorso n. 3039 del 2015:

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda, n. 3923 del 9 marzo 2015.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 luglio 2015 il Cons. D S e uditi per le parti gli avvocati R, C, T e l'avvocato dello Stato Elefante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso iscritto al n. 3039 del 2015, E M A N propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda, n. 3923 del 9 marzo 2015 con la quale è stato accolto, nei limiti di cui in motivazione, il ricorso introduttivo e dichiarati improcedibili i motivi aggiunti proposti nel ricorso proposto da S Z contro l’attuale appellante e G B, la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa e la Regione Sicilia per conseguire:

- con il ricorso introduttivo del giudizio: l'annullamento del provvedimento del Presidente della Repubblica del 22 luglio 2014 con il quale è stato decretato il diniego della nomina del ricorrente a componente laico della Sezione Consultiva del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana;
della deliberazione del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30 giugno 2014;
del parere negativo del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa;
di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale;
nonché il risarcimento del danno discendente dalla mancata nomina quale componente laico della Sezione Consultiva del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia;

- con l’atto per motivi aggiunti: l’annullamento dei provvedimenti del Presidente della Repubblica del 25 settembre 2014 con i quali sono state decretate le nomine dei componenti laici del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia nei confronti dei controinteressati G B e M Antonia N;
di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale.

Il giudice di prime cure ha così ricostruito in fatto la vicenda in scrutinio:

“Espone in fatto l’odierno ricorrente di essere stato designato, nella qualità di avvocato, dal Presidente della Regione Sicilia quale componente laico della Sezione Consultiva del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana (hic inde CGARS).

Intervenuto il parere negativo espresso dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa (hic inde CPGA) nei suoi riguardi per ritenuta assenza dei prescritti requisiti, avendo la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con nota del 25 settembre 2012, ritenuto di non dover adottare alcun provvedimento conclusivo, parte ricorrente ha proposto ricorso innanzi al Tar Lazio, deciso con sentenza n. 923 del 28 gennaio 2013, resa nel senso dell’obbligo di adozione di un provvedimento espresso conclusivo del procedimento, cui ha fatto seguito la sentenza n. 7153 del 7 luglio 2014 - resa in sede di ottemperanza alla sentenza n. 963 del 2013 – recante l’ordine alla Presidenza del Consiglio dei Ministri di adottare un provvedimento espresso.

Nelle more, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con nota dell’8 gennaio 2014, ha richiesto un nuovo parere al Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, il quale, nella seduta del 7 febbraio 2014, ha deliberato il non luogo a provvedere stante la validità del parere precedentemente espresso, non annullato in sede giurisdizionale.

Con provvedimento del Presidente della Repubblica del 22 luglio 2014, è stato decretato il diniego di nomina del ricorrente quale componente laico del CGARS, impugnato con il ricorso introduttivo del giudizio.

Nel contempo, con provvedimento del 19 marzo 2013 del Presidente della Regione Sicilia, è stata revocata la designazione del ricorrente quale componente laico del CGARS, e tale provvedimento è stato annullato con sentenza del TAR Sicilia, Palermo, n. 851 del 24 marzo 2014, mentre con note del 24 aprile 2013 sono stati designati, quali componenti della Sezione Consultiva del CGARS, G B e M Antonia N.

Avverso il diniego di nomina quale componente laico della Sezione Consultiva del CGARS, deduce parte ricorrente i seguenti motivi di censura:

1 – Violazione dell’art. 19, punto 2, della legge n. 186 del 1982 in relazione all’art. 6 del D.Lgs. n. 373 del 2003. Violazione dell’art. 2 della legge n. 303 del 1998. Difetto di motivazione e perplessità.

Nell’osservare parte ricorrente come il parere negativo, espresso nei suoi confronti dal CPGA in ordine all’idoneità all’incarico, sia basato sull’assenza dei requisiti per non avere egli svolto attività scientifica e non aver compiuto studi giuridici di elevato livello, afferma che la disciplina di riferimento, come dettata dall’art 19, punto 2, della legge n. 186 del 1982 in relazione all’art. 6 del D.Lgs. n. 373 del 2003, non richieda, tra i requisiti che devono essere posseduti dagli avvocati con almeno 15 anni di esercizio e di iscrizione negli albi speciali per le giurisdizioni superiori, lo svolgimento di attività di carattere scientifico, ovvero di un’attività diversa da quella inerente la professione di avvocato.

2 – Eccesso di potere per disparità di trattamento. Eccesso di potere per illogicità manifesta. Eccesso di potere per carenza motivazionale. Travisamento dei fatti.

Lamenta parte ricorrente come il diniego di nomina si basi sull’affermata assenza di un requisito non previsto dalla normativa e non richiesto dal CPGA con riferimento ad altri soggetti che nel tempo sono stati designati e successivamente nominati, tra cui il Sig. Lo Presti.

Evidenzia, inoltre, parte ricorrente, come successivamente alla revoca della sua designazione, siano stati designati G B e M Antonia N, per i quali il CPGA non ha richiesto lo svolgimento dell’attività scientifica né gli studi di elevato livello.

Afferma, quindi, parte ricorrente che, laddove si fossero adottati nei propri confronti i medesimi criteri di valutazione utilizzati nei confronti di tali soggetti – ovvero almeno 15 anni di esercizio della professione e di iscrizione negli albi speciali per le giurisdizioni superiori - egli avrebbe dovuto conseguire la nomina, con conseguente denunciata illegittimità dei gravati provvedimenti in quanto affetti dal vizio di disparità di trattamento.

Tale profilo viziante sarebbe, inoltre, rafforzato alla luce della circostanza che, sulla base dell’esame dei verbali con cui, nel tempo, è stato espresso il giudizio di idoneità nei confronti di componenti non appartenenti al mondo accademico - puntualmente indicati - non sia mai stato richiesto il requisito inerente l’attività scientifica e gli studi di elevato livello.

3 – Difetto di motivazione per illogicità manifesta ed incongruenza.

Parte ricorrente rammenta di essere stato designato quale avvocato e contesta il rilievo negativo attribuito dal CPGA alla sua nomina quale cultore della materia in campo pubblico ed amministrativo, basato sulla considerazione che tale nomina, in quanto avvenuta nel 2006, attesterebbe il recente accesso alle esperienze professionali nell’ambito universitario.

Al riguardo, sostiene parte ricorrente come l’attività universitaria eventualmente svolta – mai richiesta nei confronti degli altri designati, ivi compresi G B e M Antonia N - potrebbe costituire un valore aggiunto, ma non già un requisito da richiedere in capo agli avvocati, precisando di aver compiutamente dimostrato lo svolgimento dell’attività professionale, che tuttavia non ha formato oggetto di valutazione, nonché l’attività di docente presso la Scuola di Formazione Vincenzo Geraci e la promozione di seminari in qualità di Presidente della Camera Amministrativa.

4 – Violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990.

Lamenta parte ricorrente la mancata comunicazione dei motivi ostativi alla nomina a garanzia delle proprie prerogative partecipative.

Avanza, infine parte ricorrente azione volta ad ottenere il risarcimento del danno discendente dalla mancata nomina quale componente laico della Sezione Consultiva del CGARS.

Si sono costituite in resistenza le intimate Amministrazioni sostenendo, con articolate controdeduzioni, l’infondatezza del ricorso alla luce delle normativa di riferimento, la quale richiederebbe sia lo svolgimento di attività che di studi giuridico amministrativi, ricordando il carattere discrezionale della valutazione complessiva che il CPGA è chiamato a svolgere sul designato, che nella fattispecie in esame non sarebbe affetta da vizi di incoerenza ed irragionevolezza alla luce del curriculum del ricorrente.

Sottolineano, altresì, le resistenti Amministrazioni l’assenza del presupposto per il positivo riscontro del denunciato vizio di disparità di trattamento, non essendo ravvisabile l’identità assoluta tra le situazioni poste a confronto e, nel controdedurre alle ulteriori censure ed azioni proposte, tra cui quella risarcitoria, ne hanno sostenuto l’infondatezza, con richiesta di corrispondente pronuncia.

Con ricorso per motivi aggiunti parte ricorrente ha impugnato le nomine a componenti laici del CGARS di G B e M Antonia N, estendendo l’azione impugnatoria anche al parere di idoneità espresso nei loro confronti.

A sostegno della proposta azione deduce parte ricorrente i seguenti motivi di censura:

1 – Illegittimità derivata. Violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990 e successive modifiche. Eccesso di potere per erroneità del procedimento.

Nel rilevare parte ricorrente come le designazioni di G B e M Antonia N siano intervenute successivamente alla sentenza di questo Tribunale n. 963 del 2013 e prima che la Presidenza del Consiglio dei Ministri adottasse un provvedimento conclusivo del procedimento, deduce l’illegittimità di tali designazioni in quanto riferite ad un posto da ritenersi congelato stante la pendenza del procedimento di nomina del ricorrente, tenuto conto dell’intervenuto annullamento giurisdizionale della revoca della sua designazione.

2 – Eccesso di potere per disparità di trattamento. Eccesso di potere per illogicità manifesta. Eccesso di potere per carenza motivazionale. Travisamento dei fatti.

Alla luce delle nomine effettuate nei confronti dei controinteressati B e N e del parere di idoneità espresso nei loro confronti, lamenta parte ricorrente che i requisiti, la cui assenza è stata ritenuta ostativa alla propria nomina, non siano stati richiesti con riguardo ai predetti controinteressati, i quali non vantano attività scientifica né studi di elevato livello, censurandone anche l’atto di designazione, in quanto riferito a posti di cui uno doveva ritenersi non disponibile, ed evidenziando la disparità di trattamento che caratterizza la contestata azione amministrativa.

3 – Violazione degli artt. 6 e 7 del D.Lgs. n. 373 del 2003. Violazione dei principi di terzietà, autonomia e indipendenza.

Evidenzia parte ricorrente l’esistenza di un rapporto politico e fiduciario tra il Presidente della Regione Sicilia designante e i controinteressati nominati, in violazione dell’autonomia ed indipendenza del ruolo dei componenti laici.

4 – Violazione del principio dell’art. 191 del T.U. n. 3 del 1957. Eccesso di potere per disparità di trattamento sotto altro profilo. Difetto di attività istruttoria.

Denuncia parte ricorrente come il controinteressato B sarebbe sottoposto a procedimento penale, il che avrebbe dovuto precludere la possibilità della sua nomina.

In replica ai motivi aggiunti presentati da parte ricorrente, le resistenti Amministrazioni hanno depositato memoria, difendendo la legittimità delle nomine dei controinteressati, la cui idoneità sarebbe stata riscontrata sulla base di un corretto procedimento valutativo basato sui rispettivi curricula, in coerente applicazione della normativa di riferimento.

Si è costituito in giudizio il controinteressato G B eccependo, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio per mancata notifica dello stesso ad almeno uno dei controinteressati, da individuarsi nei soggetti designati all’incarico, conosciuti dal ricorrente in quanto espressamente nominati nel ricorso, i quali vanterebbero un interesse qualificato al mantenimento dell’atto impugnato. Né, secondo il controinteressato, potrebbe valere, a salvare il ricorso da declaratoria di inammissibilità, la successiva notifica dei motivi aggiunti, non essendo stato notificato anche il contenuto sostanziale del ricorso.

Quanto al merito del ricorso, ne deduce il controinteressato, con articolate controdeduzioni, l’infondatezza, con richiesta di corrispondente pronuncia.

Con riferimento ai motivi aggiunti proposti dal ricorrente, ne eccepisce innanzitutto il controinteressato B l’inammissibilità per tardiva impugnazione dell’atto di designazione, di cui predica l’immediata lesività ed il conseguente onere di immediata impugnazione in quanto avente valenza di avvio della procedura di nomina, mentre con riferimento ai motivi di censura proposti, ne sostiene l’infondatezza.

Analoghe deduzioni vengono mosse avverso il ricorso introduttivo del giudizio ed i motivi aggiunti dalla controinteressata M Antonia N, con argomentazioni sovrapponibili a quelle spese da G B.

Parte ricorrente, con memoria depositata in data 19 dicembre 2014, ha puntualmente replicato a quanto dedotto dalle resistenti Amministrazioni e a quanto eccepito dai controinteressati, sostenendo, con riferimento alle eccezioni di inammissibilità, la natura endoprocedimentale degli atti di designazione ed insistendo nelle proprie deduzioni anche alla luce dell’esame dei curricula dei contro interessati, raffrontati, quanto ad attività professionale, con quello dallo stesso vantato, depositando pertinente documentazione.

Censura, inoltre, parte ricorrente, la decisione del CPGA di non esprimere un nuovo parere in ordine alla sua designazione, come sollecitato dalla richiesta di riesame avanzata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, procedendo invece all’esame delle designazioni dei controinteressati.

Sia la difesa erariale che i controinteressati costituitisi in giudizio hanno, con memorie successivamente depositate, controdedotto a quanto sostenuto da parte ricorrente – eccependo il controinteressato B l’inammissibilità delle nuove censure sollevate avverso il mancato riesame del parere in quanto contenute in memoria non notificata - ulteriormente argomentando e depositando documenti in data 13 gennaio 2015.

Con ordinanza collegiale n. 11162/2014 sono stati disposti incombenti istruttori a carico del CPGA, che via ha dato esecuzione.

Alla pubblica udienza del 4 febbraio 2014 la causa è stata chiamata e, sentiti i difensori delle parti presenti, trattenuta per la decisione, come da verbale.”

Il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata, redatta in forma semplificata. In essa, il T.A.R. riteneva fondate le censure proposte con l’atto introduttivo di giudizio, sottolineando l’illegittimità dell’operato della pubblica amministrazione, in relazione alla ritenuta non idoneità del ricorrente dovuta al negativo riscontro dello svolgimento di attività scientifica e dal solo recente accesso ad esperienze professionali in ambito universitario. Per altro verso, in merito alla posizione dei controinteressati, superata una eccezione di inammissibilità del ricorso, il primo giudice accoglieva anche le tesi contenute nell’atto di motivi aggiunti, ritenendo esistente un effetto caducante, dato dalla pronuncia di accoglimento del ricorso, sugli atti successivamente adottati.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo come motivi di appello le proprie originarie difese.

Nel giudizio di appello, si sono costituiti in posizione adesiva la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa e la Regione Sicilia. Si costituiva altresì S Z chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

Dopo il diniego della domanda di adozione di misure cautelari inaudita altera parte, avutosi con decreto presidenziale n. 1523 del 14 aprile 2015, e dopo un rinvio dato all’udienza del 28 aprile 2015, all’udienza del 19 maggio 2015, l’istanza cautelare veniva accolta con ordinanza n. 2142 del 2015.

Alla successiva udienza del 16 giugno 2015, con ordinanza n. 2657 del 2015, veniva dichiarata inammissibile l’istanza per la revocazione dell’ordinanza cautelare n. 2142 emessa dalla Sezione il 19 maggio 2015 o, in subordine, per l’ottenimento di chiarimenti.

La stessa sentenza veniva impugnata da G B con ricorso iscritto al n. 3108 del 2015.

Nel giudizio di appello, si sono costituiti in posizione adesiva E M A N, la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa e la Regione Sicilia. Si costituiva altresì S Z chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

Dopo il diniego della domanda di adozione di misure cautelari inaudita altera parte, avutosi con decreto presidenziale n. 1606 del 16 aprile 2015, e dopo un rinvio dato all’udienza del 28 aprile 2015, all’udienza del 19 maggio 2015, l’istanza cautelare veniva accolta con ordinanza n. 2143 del 2015.

Alla successiva udienza del 16 giugno 2015, con ordinanza n. 2658 del 2015, veniva dichiarata inammissibile l’istanza per la revocazione dell’ordinanza cautelare n. 2142 emessa dalla Sezione il 19 maggio 2015 o, in subordine, per l’ottenimento di chiarimenti.

Alla pubblica udienza del 2 luglio 2015, i ricorsi sono stati congiuntamente discussi e assunti in decisione.

DIRITTO

1. - In via preliminare e a norma dell’art. 96 comma 1 del codice del processo amministrativo, va disposta la riunione dei diversi appelli, giacché proposti contro la stessa sentenza. Deve inoltre evidenziarsi come nella questione in scrutinio non vi siano state contestazioni sulla ricostruzione in fatto, come sopra riportata e ripetitiva di quella operata dal giudice di prime cure, per cui, vigendo la preclusione di cui all’art. 64 comma 2 del codice del processo amministrativo, deve considerarsi assodata la prova dei fatti oggetto di giudizio.

2. - Il tema centrale del presente giudizio, che la Sezione ritiene necessario affrontare prioritariamente poiché ha un impatto esiziale sull’intera decisione, sia dal punto di vista delle eccezioni processuali che in rapporto alle questioni di merito, attiene alla relazione giuridica esistente tra i tre diversi procedimenti (quello coinvolgente S Z, da un lato, e i due riguardanti E M A N e G B, dall’altro), tutti tesi alla nomina dei componente laici della Sezione consultiva del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana. In particolare, si tratta di valutare se i diversi procedimenti, attivati in tempi diversi, possano ritenersi tra loro connessi e, in caso positivo, di accertare quale sia il tipo di connessione che li unisce.

In questo ambito, la decisione del primo giudice non appare del tutto esaustiva. Andando a trattare l’impugnazione dei provvedimenti del Presidente della Repubblica del 25 settembre 2014 con i quali sono state decretate le nomine dei componenti laici del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia nei confronti dei controinteressati G B e M Antonia N, il T.A.R. ha esaminato la questione, “pur fuoriuscendo gli atti inerenti la loro nomina dal perimetro del presente giudizio, che si arresta all’accoglimento del ricorso stante la rilevata fondatezza delle censure con lo stesso proposte”. Tuttavia il sindacato di validità non è stato esplicito, visto che il primo giudice non ha direttamente vagliato la loro legittimità, ma ha ritenuto che i detti provvedimenti venissero meno ipso iure visto l’annullamento degli atti gravati con il ricorso introduttivo (che riguardava il provvedimento del Presidente della Repubblica del 22 luglio 2014 con il quale è stato decretato il diniego della nomina del ricorrente a componente laico della Sezione Consultiva del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana;
la deliberazione del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30 giugno 2014;
il parere negativo del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa;
ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale) “la cui efficacia caducante travolge i successivi atti impugnati con motivi aggiunti, che non vengono quindi esaminati”.

Fondamentalmente, pur essendo questo un passaggio essenziale nello snodo decisionale del giudizio, il primo giudice ha dato per scontata l’esistenza di un nesso così stringente tra atti impugnati nel ricorso introduttivo e atti gravati con motivi aggiunti da determinare una preclusione processuale al loro esame, conseguente dalla loro immediata ed automatica espunzione dall’ordinamento giuridico, vigente un vincolo di necessarietà tra gli stessi.

2.1. - L’affermazione del primo giudice appare tanto lapidaria quanto opinabile.

Il ricorso allo schema concettuale della caducazione emerge in giurisprudenza allorquando si tratta di considerare la sorte di provvedimenti che, legati strettamente agli atti precedenti della medesima serie procedimentale, ritraggono la loro legittimità unicamente da questi per cui, annullati i primi, i secondi perdono parimenti i connotati di validità ed efficacia in modo tanto diretto ed automatico da non richiedere la loro diretta impugnazione. Si tratta cioè di una sanzione adottata contro atti ulteriori interni allo stesso procedimento, sanzione che non richiede la previa impugnazione dell’atto, strumento tipico del diritto amministrativo, ma rientra in uno schema lineare di propagazione delle nullità, più vicino alle dinamiche processualcivilistiche di cui all’art. 159 c.p.c..

L’eccezionalità di questo tipo di intervento invalidante, la cui disciplina rende concettualmente inapplicabile il modulo ordinario di impugnazione per singoli atti, fondante il diritto amministrativo e il modo dell’equiparazione, giustifica la particolare rigidità con cui l’elaborazione pratica ha individuato i casi di caducazione. La giurisprudenza del tutto pacifica, dopo aver rimarcato la differenza tra invalidità a effetto caducante e invalidità a effetto viziante, connota la prima forma di vizio, di natura più dirompente, sulla base di due elementi precisi: il primo dato dall’appartenenza, sia dell’atto annullato direttamente come di quello caducato per conseguenza, alla medesima serie procedimentale;
il secondo individuato nel rapporto di necessaria derivazione del secondo dal primo, come sua inevitabile ed ineluttabile conseguenza e senza necessità di nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, con particolare riguardo al coinvolgimento di soggetti terzi (ex plurimis, indicando le decisioni più recenti, Consiglio di Stato, sez. V, 26 maggio 2015 n. 2611;
id., sez. VI , 27 aprile 2015 n. 2116;
id., sez. VI , 9 aprile 2015 n. 1782;
id., sez. VI , 30 marzo 2015 n. 1652;
id. sez. V, 20 gennaio 2015 n. 163;
id., sez. III , 19 dicembre 2014 n. 6174).

Pertanto, qualora almeno uno dei due detti presupposti fosse inesistente, sarebbe inapplicabile lo schema concettuale della caducazione e dovrebbero ritenersi utilizzabili unicamente le usuali impugnative tipiche del diritto amministrativo.

Ed è proprio ciò che accade nel caso in esame, dove addirittura nessuno dei due elementi connotanti, individuati dalla giurisprudenza, può essere rinvenuto.

In primo luogo, deve escludersi l’esistenza di una singola serie procedimentale e, anzi, l’esistenza di un contenzioso scaturito da una designazione in tempi diversi di più soggetti per un unico posto evidenzia come ognuna delle procedure di conferimento sia del tutto autonoma dalle altre, atteso che il presupposto fondante (ossia la vacanza del posto in questione) è escludente e quindi incompatibile con la compresenza di un’altra procedura similare. Questo aspetto è ben chiaro alla difesa appellata che ricorre ad un linguaggio metaforicamente suggestivo (il “congelamento” del posto) proprio per evidenziare come, essendo stato già individuato il candidato avente titolo alla nomina, non potessero esservi indicazioni ulteriori vigendo una preclusione in diritto.

Ma anche questa ultima considerazione è erronea, e tale erroneità rende palese l’inesistenza anche del secondo requisito che regge il regime della caducazione, ossia il rapporto di inevitabile ed ineluttabile conseguenzialità, senza necessità di nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, tra atto a monte (in questo caso, la designazione) e provvedimento a valle (ossia, l’auspicata nomina).

La disciplina vigente, come esaminata anche dal primo giudice, evidenzia che, stante la previsione dell’art. 3, comma 1, del D.Lgs. n. 373 del 2003, recante norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Siciliana in materia di esercizio di funzioni spettanti al Consiglio di Stato, la nomina dei componenti di cui alla lett. d) dello stesso comma è soggetta ad un presupposto sostanziale e ad un modo procedimentale. Il primo profilo considera il possesso dei requisiti di cui all’art. 106, comma 3, della Costituzione per la nomina a consigliere di Cassazione ovvero di cui all’art. 19, comma 1, n. 2), della legge n. 186 del 1982, riservando così la scelta alle categorie dei professori ordinari di università in materie giuridiche e degli avvocati che abbiano quindici anni d'esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori. Il secondo profilo attiene al rispetto del procedimento descritto dall’art. 6, commi 2 e 3, dello stesso D.Lgs. n. 373 del 2003, per cui la designazione è opera del Presidente della Regione siciliana e la nomina avviene “con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, cui partecipa il Presidente delle Regione siciliana ai sensi dell'articolo 21, terzo comma, dello Statuto.”

L’articolazione del procedimento, anche dopo la designazione, che implica una proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, a sua volta fondata su un parere di carattere tecnico, ovviamente relativo all’effettivo possesso dei requisiti richiesti, del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, cui segue una deliberazione del Consiglio dei Ministri in composizione speciale e che, infine, sfocia nel provvedimento avente forma di decreto a firma del Presidente della Repubblica, evidenzia una complessità di valutazioni, di carattere non strettamente vincolato, che rendono impossibile concretizzare il richiesto rapporto di consequenzialità necessaria e automatica tra designazione e nomina. Detto in altri termini, la mera designazione di S Z non fa ritenere sussistente alcun “congelamento” del posto e può a limite comportare un esaurimento della potestà di designazione da parte del Presidente della Regione siciliana, avendo questi consumato il suo potere di indicazione del candidato.

L’esame del procedimento consente di ritenere quindi escluso anche il necessario rapporto di immediatezza tra proposta e nomina, per cui è da escludersi radicalmente l’ipotesi che possa farsi uso della tematica della caducazione degli atti.

Va poi aggiunto, a completamento della descrizione della fattispecie, che le successive designazioni di E M A N e G B sono avvenute previa revoca, da parte del Presidente della Regione siciliana, della precedente designazione di S Z (e il T.A.R. di Palermo, nella sentenza n. 851 del 2014, non sospesa dal giudice di quell’appello, con ordinanza n. 511 del 2014, pur annullando successivamente tale revoca ha espressamente considerato l’autonomia dei due diversi procedimenti) per cui, anche dal punto di vista della supposta inesistenza del presupposto della vacanza del posto, la ricostruzione sostenuta dall’attuale appellato non è condivisibile, in quanto alla data del 24 aprile 2013, momento delle designazioni successive alla previa revoca, i due posti nel Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana non erano coperti.

Da quanto appena vagliato emergono due conclusioni.

In primo luogo, chiudendo con il tema della caducazione, deve ritenersi del tutto infondata la ricostruzione che vede l’esistenza di un rapporto tanto stringente tra il procedimento avviato con la designazione di S Z e i due successivi del 24 aprile 2013, riguardanti E M A N e G B.

In secondo luogo, ed in un’ottica di più ampio raggio, si può notare come tali osservazioni non portino solo ad accertare l’inesistenza di un nesso, che il primo giudice ha dato per scontato senza vagliarne i contenuti concreti, ma giungono ad evidenziare una conseguenza ulteriore, quella di escludere anche l’esistenza dell’illegittimità dei procedimenti successivi per inesistenza del loro presupposto, ossia la vacanza di posti assegnabili presso la Sezione consultiva del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana. Il che, conseguentemente, porta a negare la legittimazione dell’attuale appellato a gravare gli atti di nomina di cui al ricorso per motivi aggiunti in prime cure.

Infatti, mentre è del tutto ineccepibile che S Z agisca affinché il procedimento iniziato con la sua designazione si concluda secondo legge, lo stesso attuale appellato non ha alcuna posizione giuridicamente differenziata, e come tale tutelabile, per opporsi all’avvio di distinti iter di nomina riguardanti gli altri due candidati, vista la natura autonoma e non concorsuale dei diversi iter e l’inesistenza di un anomalo vincolo di prenotazione sull’incarico a seguito della originaria designazione poi (quand’anche illegittimamente) revocata.

In altri termini, stante l’inesistenza di un rapporto giuridicamente rilevante tra i diversi procedimenti (il che esclude il ricorso alla tematica della caducazione come pure la relazione dovuta alla consumazione del presupposto), S Z è portatore di un interesse di fatto e non giuridico, che non gli attribuisce una legittimazione processuale idonea ad incidere sulle posizioni degli altri due designati. Ovviamente, qualora all’esito del procedimento iniziato con la sua designazione, si riconoscesse l’effettiva spettanza della nomina a componente laico della Sezione consultiva del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, ciò non significherebbe attribuire all’attuale appellato una tutela in forma unicamente risarcitoria, atteso che resterebbero sempre praticabili rimedi più immediati tramite il giudizio di ottemperanza. Tuttavia ciò accadrà solo dopo il riconoscimento giurisdizionale di tale spettanza, non potendosi immaginare una soluzione che, nelle more della decisione finale e sulla base di una aspettativa meramente in fatto, blocchi l’esercizio della funzione del supremo organo di giustizia amministrativa in Sicilia.

Conclusivamente, allo stato attuale S Z non ha alcun titolo a dolersi dei provvedimenti di nomina a componente laico della Sezione consultiva del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana dati in favore di E M A N e G B.

3. - Lo snodo concettuale appena vagliato consente di risolvere agevolmente tutte le questioni sollevate in ricorso, previo inquadramento del thema decidendum risultante dall’applicazione del criterio della devoluzione ai diversi appelli.

Si deve, infatti, porre attenzione al contenuto duplice della sentenza impugnata che, da un lato, ha accolto il ricorso introduttivo del giudizio e, dall’altro, ha ritenuto ex se caducati gli atti impugnati con il ricorso per motivi aggiunti. A fronte di tale doppia statuizione, gli appelli, anche quello erariale, si sono tutti concentrati sulla seconda parte della decisione, trascurando la prima che, stante la già discussa autonomia procedimentale ed in assenza di impugnazioni, deve considerarsi esclusa dal presente appello e passata in giudicato laddove annulla gli atti impugnati con il ricorso introduttivo (ossia il provvedimento del Presidente della Repubblica del 22 luglio 2014 con il quale è stato decretato il diniego della nomina del ricorrente a componente laico della Sezione Consultiva del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana;
la deliberazione del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30 giugno 2014;
il parere negativo del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa;
ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale).

Riguardo a tale prima parte, il giudizio del T.A.R. non è più oggetto di scrutinio per cui, consolidatasi la statuizione, il procedimento inciso dovrà riprendere, secondo l’ordinario meccanismo di adeguamento alle pronunce del giudice amministrativo, dall’atto annullato cronologicamente più risalente, che è in questo caso il parere negativo dato dal Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa in data 19 luglio 2012.

Diversa è invece la decisione sulla seconda parte della decisione, dove si sono concentrati gli interessi dei contendenti, le cui censure devono essere qui espressamente vagliate, secondo la progressione usuale.

4. - Le questioni pregiudiziali evidenziate possono essere sinteticamente valutate, seguendo l’ordine della loro rilevanza ai fini della decisione.

4.1. - A proposito dell’eccezione della difesa appellata, che lamenta l’inammissibilità dei gravami per carenza di interesse, eccezione di valore preliminare in quanto paralizzerebbe lo svolgimento del giudizio di appello, si evidenzia come la sentenza impugnata abbia inciso direttamente sullo svolgimento della funzione giurisdizionale assegnata agli appellanti, che risultano lesi iure proprio dalla decisione del T.A.R. del Lazio.

Pertanto, ferma restando la possibilità anche per le amministrazioni attributarie della funzione incisa di presentare il gravame, va espressamente affermata la sussistenza del diritto a difendersi in sede giurisdizionale anche dei componenti già nominati, che la sentenza ha privato del loro incarico.

4.2. - Riguardo all’eccezione riproposta dagli appellanti principali sull’inammissibilità del ricorso introduttivo di giudizio per mancata notifica ai controinteressati e dei successivi motivi aggiunti, occorre rimarcare come la Sezione, in sede cautelare, abbia già evidenziato la contraddittorietà della decisione del primo giudice “atteso che, da un lato, postula l’intrinseca connessione, tanto da giustificare ‘effetti caducanti’ sugli atti impugnati con motivi aggiunti, tra i diversi procedimenti di nomina dei singoli componenti laici del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana (connessione peraltro esclusa dalla sentenza del T.A.R. di Palermo n. 851 del 2014, non sospesa dal giudice di quell’appello, con ordinanza n. 511 del 2014) e, dall’altro, nega l’esistenza dello stesso tipo di rapporto sul lato processuale, ritenendo così ammissibile il ricorso introduttivo pur non notificato agli stessi controinteressati”.

Come si è sopra rimarcato, il T.A.R. ha ritenuto uno stretto collegamento tra i tre diversi procedimenti, tanto da ritenere caducati gli atti conclusivi dei due ultimi sulla base dell’annullamento degli atti del primo. Appare quindi oggettivamente singolare che fosse possibile procedere all’annullamento degli atti a monte, con esiti devastanti nei confronti degli altri soggetti interessati, senza che questi, benché già individuati al momento della proposizione del ricorso introduttivo (il cui deposito risale al 20 agosto 2014), fossero stati evocati in giudizio. Altrettanto singolare è che la medesima situazione (quella di “mero destinatario di un atto di designazione quale componente laico del CGARS”) escluda per gli attuali appellanti la posizione di controinteressati (“I destinatari dell’atto di designazione sono, pertanto, titolari di una mera aspettativa fondata su una astratta situazione giuridica, ipotizzata dalla legge, ancora in divenire e sganciata dall’esistenza di un rapporto, sfornita di tutela giuridica atta a garantire, attraverso il riconoscimento della qualifica di controinteressati, una posizione sostanziale meritevole di tutela, che sorge solo allorquando la posizione di aspettativa assume la consistenza di interesse”), dove poi la stessa situazione di mera aspettativa consente alla controparte ad azionare un giudizio non solo a tutela della propria posizione, ma anche in modo tale da incidere sulle vicende altrui.

Tuttavia, la Sezione ha già sopra evidenziato come sia la ricostruzione stessa in termini di dipendenza tra i procedimenti ad essere criticabile, viste le ragioni sopra espresse.

Pertanto, se da un lato, deve ritenersi che correttamente S Z non avesse notificato il ricorso introduttivo agli attuali appellanti, dall’altro, deve rimarcarsi come lo stesso attuale appellato mancasse di qualsiasi posizione giuridica tutelabile che gli permettesse di attaccare le nomine di E M A N e di G B.

La doglianza, con cui si è qui riproposta l’eccezione di inammissibilità già presentata al primo giudice, è quindi fondata unicamente in relazione alla proposizione di motivi aggiunti che andavano a gravare i citati atti di nomina.

5. - Venendo ora al merito della questione, ne risulta che questo è fondamentalmente limitato alle sole doglianze sulla parte di sentenza in cui il T.A.R. ha ritenuto caducati gli atti impugnati con il ricorso per motivi aggiunti.

La fondatezza di tali censure, formulata da entrambi gli appellanti e dalla difesa erariale, è stata già valutata sopra, quando si è esaminato il rapporto tra i diversi procedimenti e l’insussistenza di una legittimazione a gravare le successive nomine operata nei confronti di E M A N e G B da parte di S Z.

Le ragioni vanno quindi condivise, per quanto sopra già espresso, sebbene siano superate dalla già intervenuta dichiarazione di inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti proposto in prime cure.

Ne consegue poi l’impossibilità di esaminare i motivi riproposti da S Z nel suo appello incidentale (e impone anche di non tener conto dell’eccezione di tardività sollevata contro lo stesso appello incidentale), tesi a valutare in dettaglio le ragioni delle contestate nomine, in relazione alle quale si ribadisce la persistente carenza di legittimazione.

6. - Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

7. - Gli appelli riuniti vanno quindi accolti in parte. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalla novità della questione decisa.

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