Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-09-29, n. 201704550
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Pubblicato il 29/09/2017
N. 04550/2017REG.PROV.COLL.
N. 05418/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5418 del 2016, proposto da Generale C s.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato A G, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Salaria, 95;
contro
Anas s.p.a. - Compartimento Viabilita' delle Marche, Anas s.p.a. Direzione Generale, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Provincia di Macerata non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per le Marche – Ancona – Sez. I n. 181 del 22 marzo 2016, resa tra le parti, concernente restituzione fondo occupato - risarcimento danno - liquidazione indennità di occupazione
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Anas s.p.a., Compartimento Viabilita' delle Marche e di Anas s.p.a. ,Direzione Generale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 luglio 2017 il Cons. Giuseppa Carluccio e uditi per le parti gli avvocati Calamita di Tria su delega di Galvani, avv.to dello Stato Melillo.
FATTO e DIRITTO
1. La presente controversia riguarda l’occupazione, con decreto d’urgenza del 2000 rinnovato sino al 14 gennaio 2005, e poi l’irreversibile trasformazione di alcuni terreni, di proprietà della Generali C s.r.l. (d’ora in poi società), interessati dai lavori di sistemazione ed adeguamento di un tratto viario delle ex S.S. 361 Septempedana.
2. La società, nel 2014, ha adito il T.a.r. e, previo accertamento dell’illegittimità del comportamento della amministrazione, ha chiesto: - a) la condanna alla restituzione del fondo illegittimamente occupato, con riduzione in pristino;- b) nell’ipotesi che non fosse più possibile la restituzione stante l’intervenuta trasformazione del fondo, il risarcimento del danno per il pregiudizio patrimoniale, e non, derivante dal mancato godimento e dalla conseguente impossibilità di sfruttamento dell’area estraendo materie prime “su di essa insistenti, in particolare i materiali asportati nell’allargamento dell’asse viario”;- c) in conseguenza, la condanna dell’amministrazione alla somma di oltre euro 254 mila, o di quella maggior o minore dovesse risultare accertata, oltre accessori;- d) in ogni caso, la condanna al pagamento dell’indennità da occupazione legittima.
3. Il T.a.r., con la sentenza in epigrafe, ha accolto il ricorso e, per l’effetto, ha condannato l’ANAS ad adottare gli atti indicati in motivazione, nei sensi e nei termini ivi precisati.
3.1. Acclarata l’illegittimità della procedura espropriativa per la mancata conclusione della stessa e preso atto della non contestata irreversibile trasformazione del fondo, ha affermato che la domanda risarcitoria “può trovare accoglimento nei termini e nei limiti che seguono”.
Richiamato l’art. 42- bis del d.P.R. n. 327 del 2001, ha rimesso all’ANAS, quale soggetto utilizzatore, la valutazione se emanare o meno il provvedimento di acquisizione del bene, restituendo lo stesso nella seconda ipotesi. Ha assegnato all’ANAS il termine di 60 giorni per l’inizio del procedimento.
Per l’ipotesi che l’ANAS si determinasse per l’acquisizione del bene, ha statuito: - a) che l’indennizzo deve essere commisurato al valore venale del bene al momento del trasferimento della proprietà, al quale si aggiunge il ristoro del pregiudizio non patrimoniale, forfettariamente determinato nella misura del 10% del valore venale;- b) che per il periodo di occupazione illegittima, in assenza di diversa prova, si computa l’interesse del 5% sul valore del bene come determinato, detratto quanto già corrisposto a titolo di indennità;- c) che l’effetto traslativo è subordinato al pagamento delle somme;- d) che il danno da occupazione dovrà essere liquidato anche nel caso l’amministrazione avesse optato per la restituzione.
3.2. Poi, il T.a.r. ha “disatteso” la domanda di risarcimento del danno da ritardo, in quanto coperto dall’indennizzo ex art. 42- bis cit.
3.3. Inoltre, ha “disatteso” la domanda risarcitoria “formulata con riguardo al valore del materiale litoide e del macchiatico”. A tal fine ha sostenuto che, anche a voler “valorizzare” la perizia geologica depositata dalla società ricorrente, l’ammontare dell’indennizzo ex art. 42- bis cit. “assorbe “qualsivoglia pregiudizio patrimoniale procurato dalla procedura viziata, sicché la corresponsione del prezzo di mercato (al valore attuale) del bene comprende anche il ristoro per l’indebito sfruttamento del terreno”.
4. Avverso la suddetta sentenza, la società ha proposto ricorso in appello, affidato a due motivi, logicamente subordinati, ed ha depositato tempestiva memoria.
4.1.Con il primo motivo, avuto riguardo alla parte esplicativa dello stesso, si deduce, sostanzialmente, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. g) c.p.a.
Si lamenta che il giudice, in violazione della previsione suddetta – secondo cui resta ferma la giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa – si sia pronunciato sulle voci indennitarie incidenti sulla determinazione e valutazione del valore dell’area, e, quindi, sulla quantificazione dell’indennità.
In particolare si evidenzia che il giudice, in riferimento al valore del materiale litoide e del macchiatico, lo abbia considerato assorbito dal valore venale del bene e non indennizzabile, così giudicando dei parametri valutativi di natura indennitaria che sono rimessi alla valutazione del giudice ordinario mediante l’esclusione della possibilità del riconoscimento di tale voce nell’ambito del 42- bis cit.
4.2. Con il secondo motivo, collegato e logicamente subordinato, si denuncia essenzialmente, sempre sulla base della esplicazione dello stesso, la violazione dell’art. 42- bis cit., nella parte in cui erroneamente esclude alcune voci di danno dalla indennità.
5. L’amministrazione ha chiesto il rigetto dell’appello;la Provincia di Macerata non si è costituita.
6. Il primo motivo è fondato e va accolto, con conseguente assorbimento del secondo.
6.1. La giurisdizione in materia di quantificazione dell’indennizzo appartiene al Giudice ordinario. La Corte regolatrice della giurisdizione ha affermato in numerose pronunce che, in materia di espropriazione per pubblica utilità, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia relativa alla determinazione e corresponsione dell'indennizzo previsto in relazione alla fattispecie di "acquisizione sanante" ex art. 42- bis del d.P.R. n. 327 del 2001. Da ultimo (Cassazione civile, sez. un., n. 15283 del 2016) ha sostenuto che appartiene al giudice ordinario anche la controversia avente ad oggetto l'interesse del cinque per cento del valore venale del bene, dovuto per il periodo di occupazione senza titolo, ai sensi del comma 3, ultima parte, di detto articolo, "a titolo di risarcimento del danno", giacché esso, ad onta del tenore letterale della norma, costituisce solo una voce del complessivo "indennizzo per il pregiudizio patrimoniale" di cui al precedente comma 1, secondo un'interpretazione imposta dalla necessità di salvaguardare il principio costituzionale di concentrazione della tutela giurisdizionale avverso i provvedimenti ablatori”, e che dette controversie sono devolute alla competenza, in unico grado, della Corte di appello.
6.2.Il Collegio, in continuità con la giurisprudenza amministrativa, condivide integralmente tale approdo.
6.2.1. Alla luce dei più recenti arresti giurisprudenziali, è pacifico che la giurisdizione non appartiene a questo plesso giurisdizionale.
Infatti, secondo quanto già osservato da questo Consiglio di Stato “Sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, e non di quello amministrativo, nella controversia proposta dal privato proprietario di un fondo per l'annullamento della delibera con la quale la pubblica amministrazione, che lo aveva illegittimamente occupato, ne ha disposto l'acquisizione sanante ex art. 42- bis , d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, ove la controversia attenga esclusivamente alla quantificazione dell'importo dovuto in applicazione di detto articolo, non venendo in contestazione (n.d.r., come nel caso di specie) l'utilizzo, da parte dell'amministrazione, di tale strumento né la legittimità dello stesso in relazione alla sussistenza dei presupposti normativamente previsti per la emanazione di un provvedimento di acquisizione sanante” (Cons. Stato, sez. IV, n. 5530 del 2015;sez. IV, n. 3878 del 2016;sez. IV, n. 941 del 2017).
Del resto, l’indirizzo in esame costituisce integrale recepimento della giurisprudenza, espressa dalle giurisdizioni superiori, secondo cui nella nuova configurazione normativa della fattispecie, l'indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale per la perdita del diritto di proprietà all’esito — nell'ambito di un apposito procedimento espropriativo, del tutto autonomo rispetto alla precedente attività della stessa amministrazione — del peculiare provvedimento di acquisizione ivi previsto, non ha natura risarcitoria ma indennitaria, con l'ulteriore corollario che le controversie aventi ad oggetto la domanda di determinazione o di corresponsione dell'indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa sono attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario (Corte Cost. n. 71 del 2015;Cons. Stato, A.P., n. 2 del 2016;Cassazione civile sez. un. n. 15283 del 2016).
6.2.2. Peraltro, la giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria sussiste anche quando coesistono contestazioni che investono sia la legittimità del decreto ex art. 42- bis cit., sia la quantificazione dell’indennizzo. Infatti, per costante giurisprudenza (Cassazione civile, sez. un., n. 9534 del 2013,) “salvo deroghe normative espresse, vige nell'ordinamento processuale il principio generale dell'inderogabilità della giurisdizione per motivi di connessione, potendosi risolvere i problemi di coordinamento posti dalla concomitante operatività della giurisdizione ordinaria e di quella amministrativa su rapporti diversi, ma interdipendenti, secondo le regole della sospensione del procedimento pregiudicato”. In tal senso anche la giurisprudenza di questo Consiglio (tra le tante, sez. IV, n. 1910 del 2016 e da ultimo, sez. IV, n. 941 del 2017).
7. Pertanto, essendo stato dedotto con specifico motivo di appello il difetto di giurisdizione (art. 9 c.p.a.), la sentenza gravata va annullata senza rinvio, nella parte in cui ha individuato dei criteri per la determinazione dell’indennizzo, ai sensi dell’art. 42- bis cit., così giudicando in materia sottratta alla propria giurisdizione, ai sensi dell’art. 133, lett. g) c.p.a.
8. Le spese seguono la soccombenza.