Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-11-23, n. 202210332

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-11-23, n. 202210332
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202210332
Data del deposito : 23 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/11/2022

N. 10332/2022REG.PROV.COLL.

N. 00749/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 749 del 2020, proposto da Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca, Ufficio Scolastico Regionale Veneto - Ambito Territoriale di Venezia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

I B, rappresentato e difeso dall'avvocato R S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima) n. 01217/2019, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di I B;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 ottobre 2022 il Cons. S Z;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

A sostegno del gravame, la parte appellante deduce le seguenti circostanze: con decreto del 7 novembre 2018 n. 1546 del Direttore generale per il personale scolastico del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca veniva indetto il concorso straordinario per titoli ed esami per il reclutamento a tempo indeterminato del personale docente per la scuola primaria per la Regione Veneto.

Nel relativo bando di concorso il M.I.U.R. inseriva, all'articolo 3, comma 1, lettera b), un requisito di ammissibilità alla procedura selettiva consistente nell' "aver svolto, nel corso degli ultimi otto anni scolastici (2010/2011 - 2017/2018), presso le istituzioni scolastiche statali, almeno due annualità di servizio specifico rispettivamente sulla scuola dell'infanzia o primaria, anche non continuative, sia su posto comune che di sostegno", riproducendo sul punto l'articolo 4, comma 1-quinquies, lettera b), del decreto legge n. 87 del 12 luglio 2018, convertito con modificazioni dalla legge n. 96 del 9 agosto 2018 "Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese".

La parte appellata veniva esclusa dalla procedura selettiva per mancanza dell’indicato requisito;
avverso il provvedimento di esclusione controparte proponeva ricorso avanti al TAR del Veneto il 27 marzo 2019 fondato su di un unico motivo di censura.

Nel ricorso introduttivo la ricorrente osservava di avere svolto, nell’anno scolastico 2017/2018 un servizio per una durata superiore ai 180 giorni, di conseguenza doveva considerarsi quale “anno scolastico intero” integrante il requisito di Bando.

Quanto all’anno scolastico 2016/2017, osservava che il servizio era iniziato prima del 1° febbraio 2017 ed era durato “fino al termine delle operazioni di scrutinio finale” (12 giugno 2017) sicché anch’esso avrebbe dovuto essere considerato “anno scolastico intero”.

La ricorrente aveva dedotto queste circostanze ritenendo di essere stata esclusa dal concorso in ragione dell’interruzione del servizio avvenuta il giorno 11 giugno 2017 (domenica), ricadente nel periodo che va dal 23 gennaio 2017 al 12 giugno 2017, e che tale circostanza avrebbe escluso il riconoscimento dell’anno scolastico 2016/2017 come “anno scolastico intero”,

Nella sua costituzione in giudizio, l’amministrazione scolastica contestava l’avversa domanda, chiarendo che, diversamente da quanto opinato, la controparte era stata esclusa in quanto carente del “servizio specifico” biennale richiesto dal bando di concorso all’art. 3 comma 1 lett. b), dal momento che nell’anno scolastico 2016/17 era stata docente supplente di scuola primaria con specifico incarico per lo svolgimento di “attività didattiche alternative all'IRC– insegnamento di religione Cattolica”, sicché il servizio curricolare calcolabile – ai fini della partecipazione al concorso – era solo quello svolto nell’anno scolastico 2017/18.

La sentenza impugnata ha accolto il ricorso.

Avverso la stessa sono dedotti i seguenti motivi di appello: 1) Violazione dell’art. 64 c.p.a. e dell’art. 115 c.p.c.. 2) Violazione dell’art. 21 octies comma 2 L. 24171990. Violazione dell’art. 4, comma 1 quinquies lett. b) DL 87/2018 conv. in L. 96/2018;
violazione delle previsioni del bando di concorso (art. 3 comma 1 lett. b). Erroneità nel merito della pronuncia.

Si è costituita la controinteressata I B, contestando l’avverso dedotto e chiedendo il rigetto del gravame.

DIRITTO

La parte appellata è stata esclusa dalla possibilità di partecipare al concorso indetto con il decreto del 7 novembre 2018 n. 1546 dal Direttore generale per il personale scolastico del MIUR, per non essere in possesso del requisito dello svolgimento di due annualità di servizio specifico, rispettivamente sulla scuola dell’infanzia o primaria, anche non continuative, sia su posto comune che di sostegno. Nel disporre l’esclusione l’amministrazione non ha ritenuto di aggiungere ulteriori elementi giustificativi al di fuori di detta indicazione.

L’appellata – come riportato in fatto – ritenendo che la causa dell’esclusione risiedesse nel fatto che, nell’anno scolastico 2016/2017, in modo illegittimo, le erano stati calcolati solo 178 giorni, invece dei 180 necessari, aveva contestato questa circostanza, volgendola a motivo di ricorso.

Costituendosi nel giudizio di primo grado, il Ministero oggi appellante, aveva replicato che la causa dell’esclusione era piuttosto da rinvenirsi nella carenza del servizio specifico, con riferimento all’anno scolastico 2016-17 avendo la docente, in quell’annualità, svolto “attività didattiche alternative all'IRC– insegnamento di religione Cattolica, che non rientrava nel servizio curriculare calcolabile a norma di bando.

Il giudice di prime cure – giudicando la motivazione del provvedimento carente, e considerando altresì inammissibile quest’ultima giustificazione fornita dal Ministero solo in corso di giudizio, ritenuta integrazione postuma di un provvedimento originariamente mancante di motivazione - ha accolto il ricorso, annullando l’esclusione.

Tanto premesso, si deve dissentire dalla prospettazione del giudice di prime cure, così come negli esiti dallo stesso raggiunti.

L’esclusione dell’appellata si fondava originariamente su di una motivazione che, ancorché stringata, risultava infatti coerente con la giustificazione datane oggi dall’amministrazione perché la ritenuta mancanza di un’annualità di servizio nel curriculum , da un lato, rientrava nelle previsioni del bando come causa di esclusione, e dall’altro risultava in fatto fondata, quanto meno nelle valutazioni esperite dalla P.A. procedente che riteneva non riconoscibile l’insegnamento da lei svolto per l’anno 2016-2017. Dunque non si verteva in un caso di mancanza di motivazione dell’atto, ma, tutt’al più, di motivazione implicita e per relationem, il che esclude si possa parlare di motivazione postuma, e tanto meno di integrazione della motivazione, ma, tutt’al più, di un’ipotesi di specificazione dei motivi posti a fondamento dell’esclusione, rispetto ad una prima esplicitazione dei motivi sintetica .

Nella medesima ottica, va ancora sottolineato che la carenza addebitata nel servizio, oltre ad essere vera in fatto, era, per quel che si dirà nei paragrafi che seguono, anche fondata in diritto, di tal che nella preferibile ottica di una lettura sostanzialistica dell’art.3 della L.241 del 1990, neppure può dirsi che il requisito della motivazione fosse, in assoluto mancante, ma al più che esso sia stato solo non puntualmente esplicitato, sebbene fosse in radice sussistente.

Infine, neppure va taciuto che, alla luce della natura del reclutamento de quo , finalizzato al riassorbimento del cd. “ precariato della scuola”, e della conseguente rigidità dei requisiti partecipativi stabiliti, l’atto di esclusione – come condivisibilmente osservato dall’appellante – era ascrivibile alla tipologia degli atti vincolati, categoria per la quale gli oneri motivazionali sono notoriamente attenuati. Il che dequota ulteriormente l’interpretazione offerta dal giudice di prime cure.

Venendo alla non riconoscibilità del servizio prestato con l’insegnamento di religione, si osserva che, come sostenuto dall’amministrazione, ma anche ritenuto dalla costante giurisprudenza di questo plesso, detto insegnamento non è equiparabile a quello svolto sulle altre materie e dunque non può integrare il requisito del pregresso servizio previsto dall'articolo 4, comma 1-quinquies, lettera b), del decreto legge n. 87 del 12 luglio 2018, convertito con modificazioni dalla legge n. 96 del 9 agosto 2018.

Infatti quella docenza non corrisponde a posti di ruolo, né è relativa a classi di concorso, tenuto conto della peculiarità del rapporto di impiego di cui trattasi, basato su procedure diverse da quelle del restante ordinamento scolastico, poiché originate dai cosiddetti "Patti Lateranensi", concordati fra lo Stato italiano e la Santa Sede in data 11 febbraio 1929 e poi modificati con accordo in data 18 febbraio 1984, ratificato dalla legge 25 marzo 1985, n. 121, cui è seguita l'intesa per l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche firmata il 14 dicembre 1985, che ha avuto esecuzione con D.P.R. 16 dicembre 1985, n. 751.

In base al descritto quadro normativo ed istituzionale lo "status" del docente di religione (sacerdote o laico ritenuto idoneo dall'ordinamento diocesano) è caratterizzato da peculiari profili di abilitazione professionale, connessi a distinte modalità di nomina e di accesso ai compiti didattici, senza corrispondenza nella dotazione di organico dei ruoli ordinari, traendo fonte il rapporto di lavoro da incarichi annuali e senza collegamento con altre classi di concorso, tale da integrare il requisito del servizio specifico richiesto dal ricordato articolo 4, comma 1-quinquies, lettera b), del decreto legge n. 87 citato, ai fini della maturazione dell'anzianità didattica occorrente per l'ammissione alla sessione riservata di abilitazione.

Se è vero, del resto, che l'insegnamento della religione cattolica "deve avere dignità formativa e culturale pari a quella delle altre discipline", è anche vero che "detto insegnamento deve essere impartito in conformità alla dottrina della Chiesa, da insegnanti riconosciuti idonei dall'Autorità ecclesiastica e in possesso di qualificazione professionale adeguata" (art. 4.1, punti a) e b) del D.P.R. n. 751/1985 cit.);
i programmi di insegnamento - necessariamente conformi alla predetta dottrina - sono adottati "per ciascun ordine e grado di scuola con decreto del Presidente della Repubblica ....previa intesa con la Conferenza Episcopale Italiana" (art. 1 del d.P.R. n. 751/1985).

In base alla medesima intesa, agli insegnanti di religione cattolica sono estese tutte le norme sullo stato giuridico del personale docente non di ruolo, laddove è evidente che detta equiparazione funge da parametro per il trattamento stipendiale, ma non può equiparare l'esperienza didattica acquisita nell'insegnamento della religione a quella richiesta per la partecipazione al reclutamento straordinario, alla luce delle differenze organizzative e di status della funzione docente avente ad oggetto l’insegnamento della religione cattolica.

La previsione restrittiva in termini di requisiti di accesso alla procedura selettiva in esame è, del resto, come più volte sottolineato da questa sezione, giustificata dalla considerazione che la pregressa attività didattica rappresenta un indice di esperienza, giustificativo di modalità agevolate di accesso stabile nei ruoli docenti, solo a condizione che sia stata svolta secondo regole dettate dallo Stato, nonché in corrispondenza di materie individuate dallo Stato stesso come parte del processo formativo della pubblica istruzione (garantita dall'art. 33 della carta costituzionale, tenuto conto anche della piena libertà di credo religioso, di cui al precedente art. 3 della medesima carta).

L'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, viceversa, corrisponde non a scelte squisitamente didattiche, ma ad un impegno assunto dallo Stato rispetto ad altro Ente sovrano, al cui magistero resta direttamente connessa una dottrina - il cui apprendimento è comunque facoltativo - ritenuta attinente al patrimonio storico e culturale del popolo italiano, con modalità di selezione del personale docente del tutto peculiari, dovendo l'idoneità del medesimo essere riconosciuta dalla competente autorità ecclesiastica, non estranea nemmeno alla scelta dei testi di apprendimento e delle altre modalità organizzative per finalità di approfondimento e diffusione dell'ortodossia cattolica (artt. 2 e 3 D.P.R. n. 751/1985).

Un percorso formativo, quello sopra indicato, il cui valore culturale e morale giustifica la pari dignità del relativo personale docente, rispetto a quello addetto ad altre discipline. Quanto precede, tuttavia, senza che possa razionalmente escludersi una diversa valutazione dell'esperienza didattica in questione, in rapporto a normative eccezionali di favore, attraverso le quali l'Amministrazione intenda - come nel caso di specie - agevolare l'immissione nei ruoli di personale precario, che sia stato reclutato e abbia svolto attività di insegnamento secondo le regole dettate dallo Stato stesso, per finalità strettamente inerenti alla formazione culturale e scientifica degli studenti.

Il carattere di specialità della posizione degli insegnanti di religione ha trovato del resto conferma nella successiva evoluzione normativa, ove si consideri che con legge 18.07.2003, n. 186, sono state dettate apposite norme sullo stato giuridico di detti docenti, prevedendo l'istituzione di dotazioni di organico a livello regionale ed uno speciale concorso riservato per titoli ed esami per le immissioni in ruolo e ove si consideri che, l’art.1 bis del d.l. 126 del 2019 come modificato dalla legge di conversione n.159 del 2019 ha delineato un’apposita procedura dedicata al reclutamento straordinario degli insegnati di religione.

Del resto, già la Corte Costituzionale nella sentenza n.343 del 1999 – giudicando della legittimità delle disposizioni di cui agli articoli 2 e 11 del D.L. 6.11.1989, n. 357 (norme in materia di reclutamento del personale della scuola), convertito in legge dall'art. 1, comma 1 della legge 27.12.1989, n. 417, nella parte in cui disciplinavano l'ammissione a concorsi per soli titoli di docenti, che avessero "prestato servizio per almeno trecentosessanta giorni, anche non continuativi, nel triennio precedente...per insegnamenti corrispondenti a posti di ruolo, svolti sulla base del titolo di studio richiesto per l'accesso ai ruoli, nonché per insegnamenti relativi a classi di concorso" (art. 2 citato, comma 10, lettera b) pur avendo ritenuto che: “l'apertura interpretativa, effettuata da altra parte della giurisprudenza amministrativa orientata a non precludere l'ammissione alla sessione riservata degli esami di abilitazione anche se l'insegnamento sia stato prestato per una classe di concorso diversa da quella per la quale si sia chiesto di partecipare, tuttavia riguardo a classi di concorso affini, per le quali lo stesso titolo di studio, in base al quale si è prestato il servizio, dà accesso ad entrambe le classi considerate… “, aveva al contempo escluso che ciò potesse valere per gli insegnanti di religione, ritenendo la posizione di costoro non assimilabile a quella degli altri insegnanti essendone “il servizio prestato sulla base di specifici profili di qualificazione professionale (determinati con l'intesa tra autorità scolastica e Conferenza episcopale italiana, cui ha dato esecuzione il d.P.R. 16 dicembre 1985, n. 751), i quali, di per sé, non costituiscono titolo di accesso ad altri insegnamenti” e ritenendo così “esclusa la discriminazione ipotizzata dall'ordinanza di rimessione.”

Dal che si desume che per lo stesso giudice delle leggi si tratta di una categoria di insegnanti che presenta una peculiarità di posizione anche perché, come già ricordato, i relativi profili di qualificazione professionale sono determinati dall'Autorità scolastica d'intesa con la Conferenza Episcopale Italiana.

Alla luce del d.l. n. 87 del 2018, e del decreto direttoriale n.1546 del 2018 che ne è attuazione, deve pertanto escludersi che il servizio prestato quale insegnante di religione possa essere ritenuto quale servizio valido da computare nel biennio richiesto quale requisito per la partecipazione alla procedura straordinaria;
in conseguenza il provvedimento di esclusione, il cui contenuto è vincolato alla disciplina sui requisiti di ammissione dettati dal citato d.l., risulta immune dai vizi indicati in ricorso, il che equivale a dire che correttamente l’amministrazione appellante ha escluso la sussistenza, in capo alla parte appellata, del requisito per partecipare alla procedura di selezione straordinaria.

Conclusivamente l’appello va accolto, e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, va rigettato il ricorso originariamente proposto dalla parte appellata.

Le ragioni della controversia ed il contesto dal quale la controversia ha preso spunto, rappresentano eccezionali motivi per compensare le spese di entrambi i gradi di giudizio.

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