Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-01-27, n. 201400414

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-01-27, n. 201400414
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201400414
Data del deposito : 27 gennaio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03525/2013 REG.RIC.

N. 00414/2014REG.PROV.COLL.

N. 03525/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 3525 del 2013, proposto da:
-OMISSIS-, in proprio e quale titolare della omonima ditta individuale, rappresentato e difeso dall'avv. E A, con domicilio eletto presso Studio Alfredo e Giuseppe Placidi in Roma, via Cosseria, n. 2;

contro

PROVINCIA DI NAPOLI, in persona del Presidente della Giunta provinciale in carica, rappresentata e difesa dagli avv. A D F, L S, con domicilio eletto presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, n. 13;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, Sez. III, n. 1887 del 9 aprile 2013, resa tra le parti, concernente revoca autorizzazione per l'attività di autoscuola;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Provincia di Napoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 dicembre 2013 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Silvestro Lazzari, su delega dell'avv. E A;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO

1. Con determinazione n. 4600 del 3 maggio 2012 il dirigente dell’Area Trasporti e Viabilità – Direzione motorizzazione civile e autotrasportatori agenzie automobilistiche – della Provincia di Napoli ha disposto nei confronti del sig. -OMISSIS- la revoca, ai sensi dell’art. 123, comma 9, del D. Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, dell’autorizzazione per l’attività di autoscuola “Bernini”, con sede operativa in Napoli, alla via Bernini n. 98, per la perdita del requisito della buona condotta: ciò in conseguenza della comunicazione da parte del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti (giusta nota prot. 86/Ris/DGT/4 del 27 febbraio 2002) del decreto di citazione a giudizio a carico del predetto, imputato del delitto di cui agli artt. 110, 56 e 640 del codice penale, per aver posto in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a indurre in errore la D..T.T. di Caserta circa il possesso, in capo ad un aspirante, dei requisiti necessari per il conseguimento della abilitazione alla guida (a seguito di totale decurtazione dei punti della patente).

2. Con coeva determinazione n. 4601, per le stesse ragioni, è stata disposta, sempre nei confronti del sig. -OMISSIS-, anche la revoca dell’autorizzazione per l’attività di autoscuola “A40”, con sede in Napoli, via Morghen n. 16/18.

3. Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sez. III, adito dall’interessato, nella resistenza dell’amministrazione provinciale, con la sentenza n. 1887 del 9 aprile 2013, ha ritenuto gli impugnati decreti di revoca immuni dai dedotti vizi di violazione ed erronea applicazione dell’art. 123, comma 9, del D. Lgs. n. 285 del 1992;
violazione del giusto procedimento di legge, difetto di istruttoria, inesistenza dei presupposti per la revoca;
violazione di norme tecniche, erronea ed insufficienza della motivazione ed illogicità manifesta, stante l’ampio potere discrezionale dell’amministrazione nella valutazione dell’esistenza e della persistenza, in capo al titolare dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività di autoscuola, dei requisiti di carattere morale, potere correttamente esercitato nel caso di specie, in considerazione della gravità dei fatti emersi in sede penale.

4. Con rituale e tempestivo atto di appello il sig. -OMISSIS- ha lamentato l’erroneità e l’ingiustizia della predetta sentenza e ne ha chiesto la riforma, riproponendo sostanzialmente le censure sollevate in primo grado, a suo avviso erroneamente apprezzate, insufficientemente esaminate e inopinatamente respinte con motivazione lacunosa ed approssimativa.

In particolare egli ha sostenuto innanzitutto l’insufficienza e l’inidoneità, ai fini della legittimità dei provvedimenti impugnati in primo grado, del solo decreto di rinvio a giudizio per fondare un giudizio negativo sulla propria idoneità morale ad esercitare l’attività di autoscuola, in mancanza di una puntuale, adeguata e complessiva istruttoria sulla sua condotta di vita e sulla sua pubblica estimazione, tanto più che a suo carico non vi era alcun precedente penale e che la stessa attività di autoscuola, esercitata da oltre un trentennio, non aveva mai dato adito ad alcun rilievo negativo;
inoltre, a suo avviso, l’amministrazione avrebbe dovuto accuratamente esternare le ragioni che giustificavano il provvedimento sanzionatorio in presenza di un solo episodio di rilievo penale, non essendo sufficiente la sola interferenza di esso con le finalità dell’attività autorizzata (educazione stradale, formazione ed istruzione dei conducenti);
infine ha rilevato che solo alla conclusione del procedimento penale avrebbe potuto compiutamente essere apprezzato il requisito della buona condotta, circostanza di cui sarebbe stata evidentemente convinta la stessa amministrazione che del tutto illogicamente e contraddittoriamente si era infatti riservata la facoltà di riesame dei provvedimenti impugnati.

Ha resistito al gravame la Provincia, che ne ha dedotto l’inammissibilità e l’infondatezza, insistendo per il suo rigetto.

Con ordinanza n. 2203 del 12 giugno 2013 la Sezione ha accolto la domanda cautelare di sospensione della esecutività della sentenza impugnata.

5. L’appellante ha illustrato con apposita memoria le proprie tesi difensive, insistendo nelle conclusioni già rese.

Alla pubblica udienza del 10 dicembre 2013, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

6. I motivi di appello, che per la loro intima connessione, possono essere trattati congiuntamente, re melius perpensa, sono infondati.

6.1. L’articolo 123 del D. Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (“Nuovo codice della strada”), nel disciplinare specificamente le autoscuole (scuole per l’educazione stradale, l’istruzione e la formazione dei conducenti, come precisato dal primo comma), stabilisce, tra l’altro, che esse sono soggette a vigilanza amministrativa e tecnica delle province (comma 2) e che i compiti di queste ultime in materia di dichiarazioni di inizio di attività e di vigilanza amministrativa sono svolti sulla base di apposite direttive emanate dal Ministro per le infrastrutture e dei trasporti, nel rispetto dei principi legislativi ed in modo uniforme per la vigilanza tecnica sull’insegnamento (comma 3).

In particolare lo svolgimento dell’attività di autoscuola è subordinato alla presentazione di apposita dichiarazione di inizio di attività da parte del titolare della stessa (proprietario ovvero legale rappresentante in caso di enti o società), in possesso dei requisiti previsti dal comma 5: l’aver compiuto ventuno anni;
essere di buona condotta;
possedere un’adeguata capacità finanziaria;
aver conseguito il diploma di istruzione di secondo grado nonché l’abilitazione quale insegnante di teoria e istruttore di guida con almeno un’esperienza biennale, maturata negli ultimi cinque anni.

Il comma 9 prevede l’ipotesi della revoca dell’esercizio dell’autoscuola “…quando: a) siano venuti meno la capacità finanziaria e i requisiti morali del titolare;
b) venga meno l’attrezzatura tecnica e didattica dell’autoscuola;
c) siano stati adottati più di due provvedimenti di sospensione di un quinquennio”.

6.2. Per quanto qui interessa, deve rilevarsi che la revoca dell’esercizio dell’attività di autoscuola di cui al punto a) del citato comma 9, pur ricollegata in modo diretto ed immediato alla perdita dei requisiti morali del titolare, non consegue automaticamente al verificarsi di fatti tipizzati dalla norma stessa, ma costituisce l’effetto di un ampio potere discrezionale da pare dell’amministrazione di valutazione di fatti rilevanti in funzione della tutela degli interessi pubblici coinvolti nell’attività di autoscuola, interesse pubblici non possono considerarsi limitati al solo corretto funzionamento della stessa e al generale rispetto delle norme, anche in funzione di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, ma comprendono anche l’esigenza di tutelare e garantire le peculiari finalità didattico – educative dell’autoscuola (con particolare riguardo allo specifico interesse alla formazione di maturi e consapevoli utenti della strada).

In tale prospettiva non può dubitarsi che qualsiasi elemento di fatto è astrattamente suscettibile di autonoma valutazione da parte dell’amministrazione in ordine alla sussistenza e alla permanenza in capo al titolare dell’autoscuola dei requisiti morali e, a maggior ragione, possono (anzi, devono) essere presi in esame quegli elementi di fatto provenienti da fonti per così dire “qualificate”, tra cui può annoverarsi, come nel caso di specie, il decreto di citazione a giudizio, in ragione della specificità dei fatti indicati ed imputati al soggetto, accompagnati anche dall’indicazione delle fonti di prova.

La circostanza che tali fatti devono essere oggetto di valutazione dall’amministrazione, al fine di appurarne la rilevanza in relazione agli interessi pubblici sottesi all’esercizio dell’attività di autoscuola, rende irrilevante l’altra circostanza che gli stessi debbano essere “provati” nel corso del processo penale (in particolare nel dibattimento), ciò attenendo al diverso aspetto dell’accertamento della responsabilità penale dell’imputato ai fini dell’irrogazione della pena.

Del resto, come correttamente rilevato dall’appellante, un provvedimento di diniego o di revoca di una precedente autorizzazione, ivi compreso l’esercizio dell’attività di autoscuola, non può fondarsi esclusivamente sulla accertata responsabilità del soggetto titolare dell’autorizzazione in sede penale (in tema di revoca di provvedimenti di polizia, C.d.S., sez. VI, 26 luglio 2010, n. 4853;
27 luglio 2007, n. 4174;
sez. I, 25 febbraio 2011, n. 5201), essendo al riguardo indispensabile che l’amministrazione compia un’autonoma valutazione dei fatti (su cui è stato fondato l’accertamento della responsabilità penale), per stabilirne la loro rilevanza ai fini del giudizio di affidabilità del titolare dell’autorizzazione e della conseguente sussistenza dei requisiti di carattere morale e di buona condotta.

6.3. Ciò precisato e considerato d’altra parte che non solo è stato neppure dubitato della sussistenza del potere dell’amministrazione di disporre i provvedimenti di revoca e della legittimità dell’avvio dei relativi procedimenti sulla base della notizia della emissione del decreto di citazione a giudizio a carico dell’appellante, per quanto non è stato fornito alcun elemento sullo stato del procedimento penale e sulla eventuale emersione di ulteriore fatti idonei a mitigare o a limitare la rilevanza di quelli oggetto dell’imputazione del decreto di citazione a giudizio, la Sezione è dell’avviso che, diversamente da quanto lamentato dall’appellante, non è mancata da parte dell’amministrazione la autonoma valutazione dei fatti emersi dal predetto decreto di citazione ai fini della verifica dell’affidabilità dell’interessato all’esercizio dell’attività di autoscuola e della conseguente della sussistenza ovvero della permanenza dei requisiti morali e della buona condotta.

La serena lettura dei provvedimenti impugnati evidenzia al di là di ogni ragionevole dubbio che essi non sono fondati esclusivamente sulla notizia del decreto di citazione a giudizio, bensì sulla valutazione di obiettiva gravità dei fatti oggetto dell’imputazione (artt. 110, 56 e 640 c.p.), in funzione degli specifici interessi pubblici sottesi all’esercizio dell’attività di autoscuola, trattandosi di atti consistiti in particolare nell’aver l’interessato in concorso con altri disposto ed installato “…addosso a soggetto loro qualificatosi come (omissis…) sistema di radiocomunicazione, inviando successivamente allo stesso, per mezzo del predetto sistema, le risposte esatte al quiz di esame per il conseguimento della patente formulati dalla citata DTT nella seduta nella seduta dell’11 luglio 2009”: è sintomatico in tal senso che l’amministrazione, proprio sottolineandone la intrinseca gravità per essere connessi all’esercizio dell’attività soggetta a vigilanza, ha ritenuto di dover precisare che ad essi “…non può che conseguire un disvalore insito nella condotta del succitato titolare di autoscuola”, così manifestando di aver considerato i fatti gravi non già in sé, ma piuttosto in relazione alla specifica attività di autoscuola.

Non vi è ragione per esigere un’ulteriore attività di indagine per appurare la complessiva condotta dell’interessato ai fini dell’accertamento in capo all’appellante dei requisiti morali e della buona condotta, essendo del tutto logica e ragionevole la sufficienza anche di quel solo episodio per la effettiva ed intrinseca gravità dei fatti oggetto dell’imputazione, inerenti all’attività di scuola guida, laddove la circostanza che l’evento delittuoso non si sia verificato (eventualmente rilevante ai fini penalistici) non incide diversamente sulla valutazione degli interessi pubblici in gioco sotto il profilo dei requisiti morali dell’interessato, tanto più che la mancata consumazione non è dovuta ad un (contro)comportamento attivo o recessivo dello stesso;
né costituisce vizio del provvedimento amministrativo una motivazione stringata e sintetica, allorché, come nel caso di specie, sia comunque rintracciabile l’iter logico – giuridico che ha condotto l’amministrazione ad assumere la decisione contestata.

E’ appena il caso di rilevare che ai fini della predicata illegittimità dei provvedimenti di revoca non è poi decisiva la circostanza che in essi l’amministrazione faccia salva la possibilità di riesaminare gli stessi all’esito dell’inchiesta giudiziaria penale, trattandosi di una previsione ultronea, peraltro neppure prevista dalla normativa vigente;
d’altra parte le puntuali previsioni del ricordato art. 123 del d.P.R. n. 285 del 1992 escludono la pretesa irragionevolezza o sproporzione delle contestate decadenze.

7. Alla stregua delle osservazioni svolte l’appello deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

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