Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2024-10-28, n. 202408566
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Testo completo
Pubblicato il 28/10/2024
N. 08566/2024REG.PROV.COLL.
N. 02483/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2483 del 2024, proposto dalla Regione Veneto, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati A C, C D, G Q, C Z, dell’Avvocatura Regionale del Veneto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avv. A M in Roma, via Alberico II n.33;
contro
la dottoressa -OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato E E, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
del Ministero della Salute, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione terza, n. 18635 del 2023, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della dottoressa -OMISSIS- e del Ministero della Salute;
Visto l’appello incidentale del Ministero della Salute;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 giugno 2024 il consigliere S Z e viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.1. Con ricorso notificato il 2 maggio 2022 la dott.ssa -OMISSIS-, esponendo di essere medico borsista ammessa alla frequenza del corso triennale di formazione specifica in medicina generale del triennio 2021/2024 a seguito di superamento del concorso per n. 306 posti indetto dalla Regione Veneto e di avere dichiarato di svolgere incarichi di libera professione come medico estetico presso il proprio ambulatorio, adiva il TAR per il Lazio per l’annullamento dell'avviso per l’ammissione al ridetto corso di formazione, nonché dei presupposti Decreti ministeriali, lamentando sostanzialmente che gli stessi impedirebbero, in concomitanza con il corso di formazione di cui sopra, lo svolgimento di attività libero professionali.
In particolare, con il ricorso introduttivo del giudizio la dott..ssa -OMISSIS-, medico che ha avuto accesso al corso di formazione specifica in medicina generale in virtù del superamento dei preliminari quiz di ammissione, a seguito dell’ordinario concorso ad esami, indetto dalla Regione Veneto con Bando approvato con D.G.R.V. n. 1604 del 19.11.2021, pubblicato sul Bollettino Ufficiale Regione Veneto n. 155 del 19.11.2021, ha denunciato l’illegittimità degli atti e provvedimenti impugnati laddove non consentono il contestuale svolgimento di attività libero professionale durante il periodo di formazione e per tutta la durata della frequenza, sostenendo altresì che l’attività da questi svolta - quale nella specie quella di “medico estetico” presso il proprio laboratorio - fosse in concreto compatibile con lo stesso corso.
1.2. Si costituiva in giudizio il Ministero della Salute il quale chiedeva il rigetto di ogni domanda stante il principio di incompatibilità vigente con riferimento alla formazione specifica in medicina generale, pur in presenza di alcune eccezioni introdotte da norme speciali e emergenziali nella specie non ricorrenti.
1.3. Si costituiva in giudizio anche la Regione Veneto, che del pari chiedeva rigettarsi nel merito il ricorso siccome infondato.
1.4. Il TAR per il Lazio con l’impugnata sentenza n. 18365 dell’11 dicembre 2023:
- ha ritenuto di conformarsi all’orientamento già espresso con riferimento ai corsisti ammessi ai sensi dell’art. 12, comma 3, del D.L. n. 35 del 30 aprile 2019, convertito in legge n. 60 del 25 giugno 2019 (c.d. Decreto Calabria), e così ha condiviso la tesi della ricorrente secondo cui un’interpretazione costituzionalmente orientata delle disposizioni che nel nostro ordinamento prevedono cause di incompatibilità con lo svolgimento della libera professione, costituendo queste una eccezione alla generale libertà di iniziativa economica, conduce ad affermare non sia preclusa al medico la possibilità di proseguire il corso e ricevere una remunerazione adeguata tramite l’esercizio di attività libero professionale, qualora tale attività sia in concreto compatibile con l’assolvimento degli obblighi formativi;
- per tale via è pervenuto alla conclusione secondo cui, anche per coloro che – come l’odierna appellata – sono ammessi in via ordinaria al corso di formazione a tempo pieno e percepiscono una borsa di studio, dall’esame della relativa disciplina di settore, a partire dalla L. n. 401 del 2000 e successive disposizioni, non emerga vi sia un’assoluta inconciliabilità tra la partecipazione al corso di formazione di medicina generale e lo svolgimento di ulteriori attività lavorative, qualora queste siano in concreto compatibili con l’adempimento degli obblighi formativi previsti;
- ha affermato che l’Amministrazione è tenuta, quindi, ad un accertamento da effettuarsi in concreto sulla base delle date, degli orari e dei turni previsti dai rispettivi impegni, valutando se possa incidere sulla frequenza obbligatoria a tempo pieno, sul regolare andamento didattico del corso e sul numero di assenze consentite;
- ha escluso, infine, che possa avere rilievo il fatto che i medici ammessi in via ordinaria al corso di formazione (come l’odierna appellata) percepiscano la borsa di studio (diversamente dai medici ammessi in base al Decreto Calabria), nel presupposto secondo cui, se si intende tutelare il rispetto della frequentazione del corso a tempo pieno, tale istanza di tutela sarebbe comunque assolta con la necessaria verifica in concreto della compatibilità delle attività lavorative con la frequenza del corso da parte dell’Amministrazione.
Sulla scorta di tali motivazioni il T.A.R. per il Lazio ha accolto il ricorso, annullando i provvedimenti impugnati, “ conseguendone il diritto dell’interessato di concludere il proprio percorso formativo e di specializzazione proseguendo nelle proprie attività lavorative, previa verifica della loro concreta compatibilità con la frequenza del corso. ”.
2.1. Con ricorso notificato il 25 marzo 2024 la Regione Veneto ha appellato la suddetta sentenza articolando un unico motivo di impugnazione con il quale:
- lamenta che la decisione si fonda su una erronea interpretazione dell’art. 11 del D.M. 7.3.2006 alla quale il bando della Regione Veneto per l’ammissione al corso di formazione specifica in Medicina Generale – triennio 2021/2024 ha fatto doveroso richiamo, e ciò mediante la previsione di cui all’art. 18 dell’avviso;
- deduce che il giudice di prime cure avrebbe erroneamente superato il dato normativo facendo applicazione di un orientamento giurisprudenziale maturato dallo stesso T.A.R. per il Lazio sulla problematica in esame, che non esclude la possibilità che i medici ammessi al Corso formativo di Medicina Generale ai sensi del cd. “decreto Calabria” possano svolgere contemporaneamente attività libero professionale, qualora ne sia accertata la compatibilità con gli obblighi formativi imposti dalla frequentazione del Corso;
- deduce che il D.M. Salute 7.3.2006, sul concetto di tempo pieno, attua quanto previsto sia dalla normativa nazionale che sovranazionale; e richiama in particolare, a livello nazionale, il D.Lgs. n.368/99 che all’art. 24 ha chiarito che “La formazione a tempo pieno, implica la partecipazione alla totalità delle attività mediche del servizio nel quale si effettua la formazione, comprese le guardie, in modo che il medico in formazione dedichi a tale formazione pratica e teorica tutta la sua attività professionale per l’intera durata della normale settimana lavorativa e per tutta la durata dell’anno….”; mentre a livello sovranazionale l’art. 31, comma 1, lettera b) della direttiva comunitaria 93/16/CEE il quale stabilisce che “La formazione specifica in medicina generale di cui all’art. 30 deve soddisfare almeno le seguenti condizioni…b) avere una durata di almeno tre anni a tempo pieno e svolgersi sotto il controllo delle autorità o degli enti competenti” , ciò che viene ulteriormente confermato anche dall’art. 14 della Direttiva 2001/19/CE e ribadito nell’art. 28 della direttiva 2005/36/CE, comma 2;
- deduce che dall’excursus normativo sopra esposto emergerebbe evidente che la ratio della normativa nazionale e sovranazionale è individuabile nel preciso obiettivo di una preparazione teorico-pratica di livello adeguato e uniforme su tutto il territorio dell’UE, indicando nella frequenza a tempo pieno e nell’assenza di compatibilità tra libera formazione e frequenza del corso di medicina generale la modalità organizzativa per il raggiungimento di tale obiettivo.
- espone, infine, che a livello nazionale, sono state apportate alcune deroghe al principio di incompatibilità (la L. 448/2001 che ha introdotto la categoria dei corsisti in Soprannumero – o i corsisti ex D.L. n. 35/2019, convertito nella L. n. 60/19) ma che nonostante le deroghe apportate dalle disposizioni normative speciali, permangono le incompatibilità individuate dalla normativa nazionale.
2.2. Si è costituita in giudizio l’appellata dott.ssa -OMISSIS-, instando per il rigetto dell’appello.
L’appellata, oltre ad eccepire l’inammissibilità dell’appello proposto dalla Regione Veneto, pone l’accento sui profili argomentativi di seguito sintetizzati:
- in base all’attuale bando e alla normativa vigente, i corsisti di medicina generale - con borsa o senza borsa - possono assumere incarichi convenzionali durante il corso, ma irragionevolmente e immotivatamente dovrebbero rinunciare a esercitare attività di libera professione, anche qualora l’impegno orario sia ben inferiore a quello di un incarico convenzionale (24 ore settimanali);
- il divieto de quo è stato introdotto in un contesto