Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-11-08, n. 202309617

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-11-08, n. 202309617
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202309617
Data del deposito : 8 novembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/11/2023

N. 09617/2023REG.PROV.COLL.

N. 04001/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 4001 del 2020, proposto da
T S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato L G T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Civitavecchia, 7;

contro

Comune di Montefiascone, non costituito in giudizio;

nei confronti

Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'E P, domiciliataria ex lege in Roma, via Marcantonio Colonna n. 27;
Fallimento Comunita' Bacino Lago di Bolsena S.p.A., Comune di Bagnoregio, Comune di San Lorenzo Nuovo, Comune di Bolsena, Comune di Capodimonte, Comune di Grotte di Castro, Comune di Marta, Comune di Gradoli, A.A.T.O. 1 Lazio - Nord Viterbo, Prefettura di Viterbo, non costituiti in giudizio;
Comune di Valentano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Lepore, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 13295/2019, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Lazio e di Comune di Valentano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 giugno 2023 il Cons. G M e uditi per le parti gli avvocati Grisostomi e Ciliutti, in dichiarata delega dell'Avv. Lepore;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. T S.p.a., società in house costituita il 18 dicembre 2003 con la partecipazione della Provincia di Viterbo e dei comuni facenti parte dell'ambito territoriale ottimale n. 1 "Lazio-Nord-Viterbo" per garantire, secondo quanto previsto dalla legge della Regione Lazio 22 gennaio 1996, n. 6 ( Individuazione degli ambiti territoriali ottimali e organizzazione del servizio idrico integrato in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36 ), la gestione unitaria del servizio idrico integrato mediante la stipula di una convenzione di cooperazione, ai sensi dell'art. 4, commi 1 e 2, della predetta legge regionale e dell'art. 24 della legge 8 giugno 1990, n. 142 ( Ordinamento delle autonomie locali ), allora vigente, impugnava avanti al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio la delibera 14 dicembre 2017, n. 77, con la quale il Consiglio comunale del Comune di Montefiascone ha stabilito «di sciogliere ed estinguere in via anticipata il Contratto di Servizio […] con CO.BA.L.B. S.p.A. […], a far data dal 31 dicembre 2017, al fine di affidare in via urgente a T S.p.A. — nella sua qualità di soggetto unico, e in adempimento a un obbligo di legge — la fornitura e la gestione del servizio di fognatura e depurazione delle acque reflue prodotte nel territorio comunale (e alla data odierna di competenza di CO.BA.L.B.), e tutti i rapporti patrimoniali ad esso annessi o connessi, ivi inclusi i beni afferenti detto servizio» , e ha ordinato alla società la presa in carico del predetto servizio di fognatura e depurazione.

2. Con la sentenza indicata in epigrafe l'adito Tribunale rigettava il ricorso.

3. La società T S.p.A., rimasta soccombente, ha proposto appello, reiterando i motivi del ricorso di primo grado in chiave critica della sentenza di cui chiede la riforma.

4. Resistono in giudizio la Regione Lazio e il Comune di Valentano, chiedendo che l’appello sia respinto.

5. La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 6 giugno 2023.

6. Con il primo motivo, l’appellante afferma che il Tar, con la sentenza impugnata, si sarebbe posto in palese contraddizione con le statuizioni (e il relativo accertamento di fatto) contenute in una precedente sentenza emessa tra le stesse parti e avente autorità di cosa giudicata. Segnatamente osserva che il primo giudice ha respinto il ricorso di primo grado sul presupposto, dato per accertato, che l’ATO n. 1 avesse adottato il formale provvedimento di assegnazione del servizio idrico integrato alla società di cui all'art. 172 del d.lgs. 152/2006 mediante una serie di determinazioni (atti di orientamento/indirizzo nn. 17/2003, 25, 26 e 28 del 2006;
stipula della convenzione di cooperazione del 22 luglio 1999), laddove nella precedente sentenza n. 6455/2019, passata in giudicato e resa inter partes, lo stesso giudice ha accertato l'assenza dei presupposti di fatto e di diritto per l'adozione, da parte dei Comuni facenti parte dell'ATO n. 1, di atti di trasferimento del servizio fino ad allora gestito da Cobalb, stabilendo che l'affidamento del segmento di servizio relativo al trattamento delle acque reflue al gestore unico (e il connesso trasferimento del relativo contratto di servizio stipulato il 26 maggio 2003) dovesse essere preceduto da un formale provvedimento di assegnazione della gestione e della fornitura ai Comuni da parte della stessa ATO, che, per la sentenza in parola, non era mai stato adottato.

Su tale presupposto, T rammenta che il contrasto di una sentenza con altra emessa tra le medesime parti e avente il medesimo oggetto integra gli estremi del vizio revocatorio che, ex art. 106, comma 3, Cod. proc. amm., ridonda in motivo d'appello ed è idoneo a inficiare la validità della sentenza adottata per seconda, in quanto, come da costante giurisprudenza amministrativa (tra cui Cons. Stato, III, 19 aprile 2017, n. 1844), l'ordinamento vigente, a tutela della certezza del diritto, non tollera che su una stessa questione vengano adottate due decisioni tra di loro contrastanti e contraddittorie.

Pertanto T, esponendo la perfetta identità di soggetti e di oggetto tra la decisione appellata e quella precedente passata in giudicato, e quindi ritenendo la sussistenza di una ontologica e strutturale concordanza fra gli estremi delle due sentenze, sostiene l'illegittimità della sentenza appellata, della quale domanda la riforma anche ai sensi dell'art. 105 Cod. proc. amm.

6.1. Il motivo è infondato.

6.2. L'Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato, con la decisione n. 1 del 2017, ha chiarito che il contrasto tra giudicati «postula che tra i due giudizi vi sia identità di soggetti e di oggetto, tale che tra le due vicende sussista una ontologica e strutturale concordanza degli estremi su cui si sia espresso il secondo giudizio, rispetto agli elementi distintivi della decisione emessa per prima. A tal fine, dovrà aversi riguardo ai limiti oggettivi del giudicato quali risultano determinati dal decisum, ossia alla questione principale decisa nel giudizio che sorregge causalmente gli effetti scaturenti dal dispositivo della sentenza - con la precisazione che l'individuazione del dispositivo sostanziale deve essere il frutto della lettura congiunta della parte-motiva e della parte-dispositiva della sentenza -, i quali, a seconda della natura della giurisdizione esercitata (di legittimità, esclusiva, di merito), potranno essere effetti di accertamento, di condanna o costitutivi/ determinativi (questi ultimi, a loro, volta, potranno essere annullatori-demolitori, ripristinatori e/o conformativi). Infatti, come ripetutamente statuito dal Consiglio di Stato (v., per tutte, Cons. Stato, Se. V, 31 luglio 2008, n. 3816, e l'ivi richiamata giurisprudenza amministrativa e civile), ai fini dell'applicazione dell'art. 395, n. 5), cod. proc. civ., perché una sentenza possa considerarsi contraria ad un precedente giudicato, occorre che le decisioni a confronto risultino fra loro incompatibili in quanto dirette a tutelare beni ed interessi di identico contenuto, nei confronti delle stesse parti, con riferimento ad identici elementi di identificazione della domanda (petitum e causa petendi) confluiti nel decisum» .

Soggiunge la decisione che «il contrasto, quale incompatibilità tra due pronunce decisorie che accertino e/o conformino in modo tra di loro antitetico (in tutto o in parte) una stessa situazione giuridica soggettiva, non può che manifestarsi in relazione a sentenze aventi un contenuto decisorio di merito, suscettibili di acquistare autorità di cosa giudicata sostanziale (art. 2909 cod. civ.), per cui non è configurabile in relazione a sentenze (o ad altri provvedimenti giudiziali a queste assimilabili) a mero contenuto processuale» .

Tale ultima condizione non si rinviene nel caso di specie.

6.3. In particolare, la sentenza del Tar Lazio n. 6455/2019, che per T costituisce il parametro in forza del quale accertare l'illegittimità della sentenza qui impugnata, ha dichiarato la carenza di giurisdizione del giudice amministrativo a favore del giudice ordinario, ritenendo trattarsi, in quel giudizio, di una «vicenda meramente negoziale, coinvolgente le relative parti dell'accordo di gestione ed erogazione del servizio, ovvero, da un lato Comunità di Bacino Lago di Bolsena spa, preesistente gestore, dall'altro i Comuni beneficiari, e un soggetto terzo T società in house, designata quale gestore unico del servizio idrico integrato nel territorio di competenza della ATO i Lazio nord-Viterbo, alla quale Comunità di Bacino Lago di Bolsena .0a intenderebbe affidare, in sua sostituzione, il predetto servizio a favore dei suindicati Comuni».

Pertanto, alla luce dei principi dettati dall'Adunanza plenaria n. 1 del 2017, all'affermazione della sentenza n. 6455/2019 qui invocata non può attribuirsi alcuna valenza di accertamento definitivo o di cosa giudicata sostanziale né, conseguentemente, la produzione di effetti suscettibili di estendersi oltre l'ambito costituito da quel giudizio.

6.4. Invero, anche per la giurisprudenza civile, le sentenze dei giudici di merito dichiarative del difetto di giurisdizione o di competenza, in quanto comportanti esclusivamente il disconoscimento di un presupposto processuale, a differenza di quelle che affermano la giurisdizione o la competenza statuendo sul merito, non acquistano autorità di cosa giudicata in senso sostanziale e non sono idonee a produrre effetti in un procedimento diverso da quello nel quale sono state pronunciate (Cass. I, 22 marzo 1995, n. 3313, che richiama Cass., Sez. un., n. 9215 del 1987 e Cass. n. 3982 del 1974). Infine, merita di essere evidenziato come l'affermazione della sentenza n. 6455/2019 valorizzata dal motivo in trattazione abbia carattere meramente incidentale, essendo caratterizzata dall'inciso "in ogni caso": la stessa ha quindi la valenza di un obiter dictum, comunque insuscettibile, in quanto tale, di acquisire valenza di cosa giudicata sostanziale (Cons. Stato, II, 4 agosto 2022, n. 6829, capo 4).

7. Con il secondo motivo, l’appellante afferma che il Tar sarebbe incorso in un evidente errore di fatto e di diritto per aver ritenuto che l’ATO n. 1 abbia adottato il formale provvedimento di affidamento a T del servizio di gestione delle acque reflue. Evidenzia al riguardo come, nel caso di specie, si trattasse del subentro ad altro gestore, che necessitava dell'atto diverso, e addizionale, di cui al comma 3 dell'art. 172 (Gestioni esistenti), del d.lgs. n. 152 del 2006, e, ancora prima, dell'ineludibile presupposto che l'ATO fosse rientrata nella titolarità del servizio, il che sarebbe avvenuto solo il 31 dicembre 2017, con lo scioglimento del contratto con Cobalb (deliberazione dell'Assemblea dei soci 11 dicembre 2017): indi, in ogni caso, qualsiasi delibera dell'ATO precedente a tale data, quali quelle indicate dal Tar, era inidonea a trasferire a T il servizio di gestione delle acque reflue, indisponibile per la stessa ATO.

7.1. Il motivo è infondato.

7.2. Le censure in trattazione non considerano che la vicenda oggetto di giudizio è stata incisa da decisioni di questo Consiglio di Stato con le quali la sentenza impugnata si pone in perfetta coerenza. In particolare, con la sentenza 14 giugno 2017, n. 2913, fatta oggetto di azione revocatoria dichiarata inammissibile con la sentenza 17 gennaio 2019, n. 418 citata dal Tar, questa Sezione ha stabilito l'obbligo dei comuni dell'ATO n. 1, discendente dalla legge 5 gennaio 1994, n. 36 (Disposizioni in materia di risorse idriche), dalla legge della Regione Lazio 22 gennaio 1996, n. 6 (Individuazione degli ambiti territoriali ottimali e organizzazione del servizio idrico integrato in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36) e dall'art. 153 (Dotazioni dei soggetti gestori del servizio idrico integrato) del d.lgs. n. 152 del 2006, di trasferire in uso gratuito le infrastrutture e gli impianti idrici a T, quale gestore unico del servizio idrico integrato (SII), rilevando altresì che tale obbligo «risale a oltre venti anni».

7.3. Ciò in quanto, in estrema sintesi: i Comuni ricadenti nel perimetro dell'ATO n. 1 sono tutti componenti dell'Autorità d'ambito, istituita il 22 luglio 1999 sulla base della 1egge regionale n. 6 del 1996 e organizzata in forma di convenzione di cooperazione, secondo il modello di cui al relativo art. 4, ancora valido;
T è la società, a integrale partecipazione pubblica, come da atto di costituzione dell'ATO, concessionaria del servizio idrico in forza dell'affidamento deliberato dall'ATO;
la legge nazionale, sin dal 1994, aveva previsto a favore del concessionario la necessaria attribuzione in uso gratuito delle infrastrutture da parte dei comuni proprietari delle reti;
la legge della Regione Lazio 28 ottobre 2015, n. 13, Modifiche alla L.R. 4 aprile 2014, n. 5 (Tutela, governo e gestione pubblica delle acque) e successive modifiche, agli artt. 6 e 7, nel ribadire i principi di unitarietà e qualità del servizio idrico integrato di cui al d.lgs. 152/2006, ha soppresso le disposizioni di salvaguardia relativamente alla transitoria ultrattività delle gestioni provvisorie del servizio idrico non rientranti nelle convenzioni di cooperazione;
l'affidamento in house a T non è mai stato oggetto di contestazione giudiziale.

7.4. Correttamente, quindi, alla luce di tali acclaramenti, la sentenza impugnata ha rilevato che – per un verso - «l’ATO 1 Lazio nord-Viterbo con Atto di orientamento/indirizzo n.17 del 31 luglio 2003 stabiliva di affidare il servizio idrico integrato nell’ambito territoriale di sua competenza ad una società in house, partecipata dalla Provincia di Viterbo e dai relativi Comuni»;
e – per altro verso - «che l’affidamento in concessione gratuita al gestore del servizio delle infrastrutture idriche di proprietà degli Enti locali, ex art.153 del D.Lgs. n.152 del 2006, segue, e non precede, l’assegnazione del servizio;
che in ogni caso la vicenda contenziosa sul punto è stata ormai definita, in ultimo mediante la sentenza Cons. Stato, V, n.418 del 2019, nel senso che sussiste l’obbligo di affidamento di dette infrastrutture dai Comuni al gestore, come affermato dalla Regione Lazio».

8. Con il terzo motivo dell'appello, T avversa il capo di sentenza con cui il primo giudice ha respinto la censura di nullità del provvedimento (per mancanza di autorizzazione allo scarico che ridonda in impossibilità dell’oggetto) ritenendo sufficiente a dare esecuzione alla delibera di affidamento del servizio la sola circostanza che «all’epoca della riunione in Prefettura dell’8 marzo 2018, i lavori per l’adeguamento della rete fognaria erano in fase di avanzamento» e che «ATO 1 e T spa [erano] impegnate sul tema dell’autorizzazione allo scarico delle acque reflue» .

Al riguardo, T evidenzia, come già in primo grado, che gli impianti di depurazione in proprietà dei comuni dell'ATO e già in uso a Cobalb, di cui la società dovrebbe necessariamente avvalersi per l'erogazione del servizio imposto con la delibera commissariale impugnata, non rispettano le condizioni che consentono il rilascio dell'autorizzazione allo scarico ai sensi dell'art. 124 e ss. del d.lgs. 152/2006, e che i lavori di adeguamento e messa a norma della rete fognaria e del depuratore, affidati il 25 luglio 2017, all'epoca della delibera impugnata non erano ancora iniziati.

Secondo l’appellante, da quanto sopra consegue che la delibera commissariale gravata ha affidato e ordinato la presa in carico di un servizio che non può giuridicamente essere gestito, in quanto carente della prescritta autorizzazione, costituente una conditio sine qua non legale, e che, allo stato dell'arte, e contrariamente a quanto affermato dal Comune in ragione del mero inizio dei lavori, non sussistevano, neppure in nuce , i presupposti per ottenere l'autorizzazione di cui sopra, sicché, trattandosi di un servizio oggettivamente impossibile da gestire (notoriamente e già all'origine), sia sul piano materiale che giuridico, la delibera stessa sarebbe invalida per mancanza/impossibilità giuridica del suo oggetto, fattispecie sanzionata come ipotesi di nullità strutturale dall'art. 21-septies della legge n. 241 del 1990 (come affermato, in diversa fattispecie, da Cons. Stato, VI, 17 maggio 2017, n. 2337), ovvero per eccesso di potere, sotto i profili dell'irrazionalità e dell'abnormità.

T sostiene quindi l'erroneità della sentenza gravata, che, di tanto non avvedendosi, ha ritenuto sufficiente una mera situazione in fieri dei lavori di adeguamento ed efficientamento dell'infrastruttura e un (non meglio precisato) impegno dell'ATO e di T ad attivarsi sul tema, così equiparando surrettiziamente un elemento futuro e incerto (la possibilità, a lavori ultimati, di conseguire l'autorizzazione) a un elemento certo (l'esistenza di un'autorizzazione ambientale a effettuare l'attività di scarico), in palese violazione dell'art. 21- septies cit. del principio tempus regit actum . Sotto questo ultimo aspetto, sarebbe anche irrilevante, perché fondato su una mera probabilità, l'affidamento che il Tar ha riposto sulla cooperazione di tutte le Amministrazioni coinvolte al fine di ripristinare la funzionalità dell'infrastruttura.

8.1. Il motivo è destituito di fondamento.

8.2. Va rilevato, infatti, come la normativa in materia non contempli l'interruzione del servizio — che, in quanto di pubblica utilità, va garantito agli utenti finali, come prevede la legge 14 novembre 1995, n. 481 ( Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità ), sulla base dell'organizzazione stabilita dagli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali ai sensi dell'art.

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