Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-08-06, n. 201204519
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N. 04519/2012REG.PROV.COLL.
N. 01634/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1634 del 2012, proposto dal Consorzio Cooperative Costruzioni - Ccc Società Cooperativa, in proprio e quale capogruppo Mandataria di associazione temporanea di imprese (Ati), costituita con le mandanti Cme Consorzio Imprenditori Edili, Società Cooperativa, Consorzio Stabile Modenese Scpa, rappresentati e difesi dagli avvocati A D F, M F, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;
contro
Edil Co. s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato V A, con domicilio eletto presso Antonia De Angelis in Roma, via Portuense, 104;
Università degli Studi di Modena, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Lorenzo Canullo e Francesca Giuffrè, con domicilio eletto presso quest’ultima in Roma, via Camozzi, 1;
per la riforma
della sentenza del Tar Emilia-Romagna, sede di Bologna, Sezione II, n. 90 del 2012.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio di Edil Co. S.r.l. e dell’Università degli Studi di Modena;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
visto l'art. 119, co. 5, oppure gli artt. 119, co. 5, e 120, co. 3 e 11, cod. proc. amm.;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 luglio 2012 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti gli avvocati Ferri, Agresti, Canullo e Giuffrè.
FATTO e DIRITTO
1.– L’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia ha indetto una procedura di gara per l’affidamento dei lavori di restauro e consolidamento strutturale del comparto S. Eufemia ex carceri maschili da adibire a sede della Facoltà di lettere e filosofia della stessa Università.
Nel corso delle operazioni la commissione giudicatrice, con atto dell’11 marzo 2011, ha escluso dalla predetta procedura l’impresa Costruzioni Scianti che faceva parte del raggruppamento temporaneo di imprese composto dalle società appellanti. Le ragioni della disposta esclusione sono state le seguenti: a) «grave infrazione in materia di sicurezza ed obblighi derivanti da rapporti di lavoro (…) debitamente accertata sulla base di una sentenza penale di condanna emessa in data 17 giugno 2012, ancorché non risultante dai dati in possesso dell’Osservatorio chiaramente dovuta al recente pronunciamento del giudice, nonché attraverso la documentazione e le giustificazioni acquisite in sede di verifica sul medesimo fatto, allora in fase di indagine, nell’ambito di una pregressa procedura di gara»;b) violazione del punto 23 dell’Allegato A della lex specialis che prevede, a pena di esclusione, che non deve esistere alcun contenzioso con l’Ateneo dei partecipanti, sia in forma singola sia in forma associata, alla procedura di gara;nel caso in esame sussisterebbe, invece, un procedimento penale a carico del legale rappresentante dell’impresa Costruzioni Scianti nell’ambito del quale l’amministrazione appaltante si è costituita parte civile».
La commissione aggiudicatrice ha, nondimeno, aggiudicato in via definitiva l’appalto all’appellante, ritenendo che, anche dopo la suddetta “riduzione” dei componenti dell’Ati, continuano a sussistere i requisiti di partecipazione previsti dal bando di gara.
La seconda classificata, Edil Co. s.r.l., ha impugnato, innanzi al Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, l’aggiudicazione e gli atti della procedura di gara, rilevando che è stato scelto, quale contraente, un raggruppamento del quale faceva parte l’impresa Scianti, esclusa dalla gara per il mancato possesso dei requisiti morali.
L’aggiudicataria ha proposto ricorso incidentale con il quale ha impugnato l’atto di esclusione della predetta impresa, contestando entrambe le ragioni poste a base dell’esclusione, e la clausola del bando che prevede che le imprese partecipanti non debbano avere un contenzioso con l’Università.
1.1.– Il Tar adito, con sentenza 7 febbraio 2012, n. 90, ha rigettato il ricorso incidentale rilevando la legittimità della esclusione in quanto: 1) l’esistenza di una condanna penale connessa ad un infortunio mortale sul lavoro integra gli estremi dell’art. 38, comma 1, lettera e ), del d.lgs. n. 163 del 2006; 2) «non è illogico che la stazione appaltante abbia inserito nel bando una clausola per chiedere, a pena di esclusione, alle ditte partecipanti di dichiarare di non avere in corso alcun contenzioso con l’Ateneo».
Il Tar ha accolto il ricorso principale rilevando che «una volta accertata la mancanza dei requisiti morali in capo ad un’impresa consorziata, non sia possibile per la stazione appaltante riguardare il raggruppamento come se fosse stato originariamente costituito senza l’impresa poi esclusa, in quanto tale operazione, ancorché finalizzata ad aumentare la partecipazione alla gara, costituisce, in sostanza, atto elusivo del principio per il quale il possesso dei requisiti di partecipazione alla gara da parte del raggruppamento partecipante deve essere verificato con riferimento alla situazione esistente al momento di presentazione dell’offerta». Lo stesso Tar ha ritenuto non rilevante la mancata impugnazione del verbale del 13 ottobre 2011, in quanto lo stesso avrebbe «carattere meramente confermativo delle precedenti decisioni limitandosi a fornire elementi di sostegno alla decisione già presa con argomenti privi di rilevanza provvedimentale».
2.– L’aggiudicataria ha proposto appello per le ragioni indicate nel prosieguo.
2.1.– Si è costituita in giudizio la Edil Co. s.r.l., rilevando: l’inammissibilità dell’appello per mancanza di censure alla sentenza nella parte in cui ha accolto il ricorso principale;la tardività, inammissibilità ed irricevibilità del ricorso incidentale di primo grado;l’infondatezza dell’appello.
2.2.– Si è costituita in giudizio l’Università intimata chiedendo che l’appello venga rigettato.
2.3.– Questa Sezione, su richiesta delle parti, ha pubblicato, in data 24 luglio 2012, il dispositivo della sentenza.
3.– L’appello non è fondato.
3.1.– Con un primo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza per avere ritenuto legittima la prima causa di esclusione. Ciò in quanto si sarebbe in presenza non di un «accertamento in via amministrativa da parte degli organi ispettivi semplici», bensì di un accertamento giudiziario. L’esclusione sarebbe, dunque, avvenuta in presenza di un «accertamento non definitivo» a fronte di una norma, l’art. 38, comma 2, lettera e ), del d.lgs. n. 163 del 2006, che, nella parte in cui fa riferimento alle infrazioni «debitamente accertate», presuppone la commissione di una infrazione «definitivamente accertata». Sotto altro aspetto, l’infrazione contestata non risulterebbe neanche «dai dati in possesso dell’Osservatorio».
Il motivo non è fondato.
L’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006 prevede che sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di gara coloro «che hanno commesso gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di sicurezza e a ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro, risultanti dai dati in possesso dell’Osservatorio».
La norma in esame, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, non impone la sussistenza di una violazione “definitivamente accertata”. L’espressione «debitamente accertate» deve, infatti, essere intesa nel senso che è sufficiente che si riscontri una infrazione che sia stata oggetto di una autonoma verifica da parte dell’amministrazione. Limitando l’analisi a quanto rileva in questa sede, è, pertanto, sufficiente che la violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro sia stata oggetto di una sentenza penale anche non passata in giudicata e che i fatti posti a base della sentenza siano stati, a loro volta, vagliati dall’autorità amministrativa ai fini dell’adozione dell’atto di esclusione. Tale interpretazione è confermata anche dal fatto che l’art. 4 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 aveva modificato la lettera e ) dell’art. 38 sostituendo le espressioni «debitamente accertate» con «definitivamente accertate». Tale prescrizione è stata poi soppressa dalla legge di conversione. Il legislatore, pertanto, ha ritenuto opportuno mantenere l’attuale formulazione della norma al fine di consentire, in una prospettiva di rafforzamento delle forme di tutela dei lavoratori, che la stessa possa trovare applicazione anche in presenza di fattispecie in relazione alle quale manchi una statuizione connotata dal crisma della definitività.
Nel caso in esame la contestazione contenuta nell’atto di esclusione è relativa all’infrazione, commessa dall’impresa Scianti, delle norme in materia di sicurezza sul lavoro che ha determinato la morte di un lavoratore sul cantiere. Tale violazione ha condotto all’adozione, da parte del Tribunale di Modena, di una sentenza penale di condanna per omicidio colposo di Scianti Valerio. Dagli atti del procedimento di gara (in particolare verbali dell’11 marzo 2011, pag. 17, e del 16 maggio 2011, pag. 35) risulta che la stazione appaltante non si sia limitata a richiamare la sentenza penale ma abbia svolto un autonomo accertamento dei fatti mediante l’acquisizione della documentazione relativa al procedimento penale.
La circostanza, poi, che la violazione non risulti «dai dati in possesso dell’Osservatorio» non è sufficiente a fare ritenere illegittimo l’atto impugnato. La previsione normativa persegue lo scopo di agevolare l’attività delle stazioni appaltanti e consentire ad esse di disporre l’esclusione per fatti che sono stati oggetto di esame da parte dell’Autorità di vigilanza dei contratti pubblici e inseriti nell’Osservatorio. Ma ciò non esclude, in mancanza di una espressa previsione, che l’autorità procedente possa avere autonomamente contezza di fatti idonei, per la loro gravità, ad integrare gli estremi della clausola legale di esclusione.
In definitiva, pertanto, la stazione appaltante ha adottato un atto conforme alla normativa, così come interpretata, di disciplina di settore.
3.2.– Con un secondo motivo si è dedotta l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui non ha dichiarato improcedibile il ricorso principale della Edil Co. s.r.l. per sopravvenuta carenza di interesse dovuta alla mancata impugnazione dell’atto del 13 ottobre 2011. In particolare, si assume che con tale atto l’amministrazione avrebbe disposto la riapertura del procedimento e il riesercizio del potere «a seguito di ricorso giurisdizionale». A tale proposito, si sottolinea che l’informativa in ordine all’intento di proporre ricorso giurisdizionale «sarebbe svuotata di significato se il provvedimento emesso a seguito di preavviso di ricorso dovesse considerarsi a priori non impugnabile, in particolare nella ipotesi di una riponderazione della situazione».
Il motivo non è fondato.
In via preliminare, è bene chiarire che l’atto del 13 ottobre 2011 non è stato adottato a seguito dell’informativa da parte dell’impresa che intendeva proporre il ricorso. La stazione appaltante ha, infatti, deciso di propria iniziativa di valutare il contenuto del ricorso proposto al fine di stabilire se vi fossero gli estremi per rivedere le proprie precedenti determinazioni. Con l’atto finale la commissione ha confermato le scelte effettuate. Tale atto, come correttamente posto in rilievo dal primo giudice, ha valenza meramente confermativa: con esso, infatti, non è stata effettuata una nuova e diversa valutazione degli interessi in gioco, anche mediante attività istruttoria, conclusasi con l’adozione di un provvedimento dotato di una sua autonomia (cfr., tra gli altri, Cons. Stato, sez. V, 3 maggio 2012, n. 2548;Id., 21 ottobre 2011, n. 5653). L’amministrazione si è limitata a richiamare valutazioni già compiute. Il ricorrente in primo grado, pertanto, non aveva l’onere di impugnarlo.
4.– L’infondatezza dei motivi di appello sopra riportati esime questo Collegio dall’esaminare gli altri due motivi (con i quali si contesta la legittimità della seconda causa di esclusione e la clausola del bando che la contempla), nonché le eccezioni preliminari di inammissibilità dell’appello stesso sollevate dalla società resistente.
5.– La natura della controversia giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio.