Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-02-09, n. 202101199

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-02-09, n. 202101199
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202101199
Data del deposito : 9 febbraio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/02/2021

N. 01199/2021REG.PROV.COLL.

N. 08347/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 8347 del 2020, proposto dal signor Mario Pasanisi De' Foscarini, rappresentato e difeso dall'avvocato M P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Ministero della giustizia, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sede di Roma, Sezione Seconda, n. 8699 del 24 luglio 2020, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 gennaio 2021 il consigliere Daniela Di Carlo;

Nessuno è presente per le parti;

Visto l’art. 25, d.l. n. 137/2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il contenzioso ha ad oggetto il giudizio di ottemperanza istaurato dall'odierno appellante (davanti al T.a.r. per il Lazio, sede di Roma, con ricorso n. 11982/2019) per dare esecuzione al giudicato formatosi sul decreto n. 51199/2018 emesso ex lege n. 89/2001 dalla Corte di Appello di Roma in data 28 maggio 2018 (depositato in data 11 giugno 2018), con il quale il Ministero della Giustizia è stato condannato al pagamento, in favore dell'istante, « della somma di euro 6.000,00 oltre interessi dal 27/4/2018 al soddisfo» ed, altresì, delle spese processuali «liquidate complessivamente in euro 979,00 per compensi ed euro 27,00 per spese oltre iva e cpa come per legge e spese generali come da tariffa da distrarsi in favore del procuratore antistatario, avv. M P ».

2. Il T.a.r. per il Lazio, sede di Roma, con la sentenza di cui in epigrafe impugnata, ha dichiarato il ricorso in questione “ inammissibile e, comunque, infondato ” perché “ la documentazione depositata da parte ricorrente (e, precisamente, la dichiarazione ex artt. 46 e 47 d.p.r. n. 445/00, la copia del titolo esecutivo ed il certificato comprovante il passaggio in giudicato), necessaria per l'esecuzione del provvedimento emesso ex 1. n. 89/01, è priva dell'asseverazione di conformità all'originale prescritta dall'art. 136 comma 2 ter d. lgs. n. 104/10 ”, e ha compensato le spese processuali sostenute dalle parti.

3. Il ricorrente ha impugnato la sentenza per “ Violazione e falsa applicazione di legge sostanziale e processuale - Violazione e falsa applicazione dell'articolo 73, comma 3, c.p.a. —Violazione del contraddittorio e del diritto di difesa — Violazione del giusto processo - Violazione e falsa applicazione dell'articolo 136, comma 2/ter, c.p.a., anche in relazione all'art. 44, comma 2, stesso codice ed all'art. 23, comma 2, D. Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell'amministrazione digitale) — Erroneità in fatto per assoluta insussistenza dell'omissione addebitata - Violazione del principio di conservazione degli atti processuali— Palese contraddittorietà della motivazione — Ingiustizia manifesta ”.

In estrema sintesi, l’interessato ritiene la sentenza ingiusta, equivoca e contraddittoria nel merito, ma prima ancora, sul piano del rito, denuncia di non avere ricevuto l’avviso previsto dall’art. 73, comma 3, c.p.a., con la conseguente nullità della sentenza medesima, ai sensi dell’art. 105, comma 1, c.p.a..

4. Il Ministero della giustizia si è costituito in resistenza.

5. L’appello è fondato e va, pertanto, accolto.

6. La Sezione ritiene decisive, nel senso dell’accoglimento del gravame, le seguenti considerazioni.

7. Il giudicato di cui il ricorrente invoca l’esecuzione, si è formato sul decreto emesso dalla Corte d’appello di Roma in data 28 maggio 2018. Il decreto in parola reca la condanna del Ministero della giustizia a pagare, in favore del ricorrente, ex lege n. 89 del 2001, la somma di euro 6.000, oltre interessi legali e spese di giudizio.

8. L’impugnata sentenza ha incentrato la declaratoria di inammissibilità del ricorso, sulla circostanza che la documentazione depositata a sostegno della pretesa fosse priva dell’asseverazione di conformità prescritta dall’art. 136, comma 2-ter, c.p.a..

9. Il rilievo in parola è stato il frutto dell’attività officiosa svolta dal giudice di primo grado, perché:

a) negli atti processuali non si fa cenno in alcun modo alla menzionata circostanza (più in particolare, il Ministero della giustizia si era limitato, fin dalla sua prima difesa, ad una costituzione formale né la segreteria del giudice aveva inoltrato richieste di regolarizzazione in tal senso);

b) dal verbale risulta che il ricorso di primo grado è stato trattenuto in decisione alla camera di consiglio del 17 luglio 2020, in assenza delle parti.

10. In disparte la fondatezza della questione posta a fondamento della sentenza impugnata (in base ai consolidati principi elaborati dalla giurisprudenza amministrativa, la violazione delle c.d. “forme digitali” potrebbe dare luogo, al più, ad una situazione di irregolarità sanabile ex art. 44, comma 2, c.p.a.;
sul punto, cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 1541 del 2017;
successivamente, sez. V, n. 2126 del 2019), la Sezione ritiene l’appello fondato, perché è stato leso il contraddittorio delle parti e, in particolare, della parte ricorrente, avendo il primo giudice pronunciato una decisione “a sorpresa” in violazione dell’obbligo sancito dall’art. 73, comma 3, c.p.a. (cfr. Ad. plen. nn. 10 e 14 del 2018;
sez. IV, n. 1878 del 2020 per l’ampia casistica sulla portata applicativa e sui limiti dell’obbligo sancito dall’art. 73, comma 3 cit.;
in precedenza, negli stessi termini, sez. IV, n. 3680 del 2017).

In altre parole, il giudice di primo grado avrebbe dovuto sottoporre al contraddittorio delle parti la questione che, a suo avviso, determinava l’epilogo in rito del ricorso, consentendo così alle parti del giudizio di esplicare appieno le proprie prerogative difensive.

11. In definitiva, per le considerazioni illustrate, l’appello va accolto e va annullata la sentenza impugnata.

12. La fondatezza del motivo in questione comporta la regressione della causa in primo grado e la necessità che la decisione della medesima sia presa da un Collegio in diversa composizione ex artt. 17 c.p.a. e 51, n. 4, c.p.c. [cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 1535 del 2018 e i richiami ivi contenuti alle Plenarie nn. 4 e 5 del 2014;
in termini anche la Plenaria 25 marzo 2009, n. 2, che - modificando l’indirizzo prevalente nella giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, sez. VI, 4 aprile 2005, n. 1477) – si è allineata alla tesi accolta da Cass. civ., sez. un., 27 febbraio 2008, n. 5087 sulla natura del rinvio - proprio o prosecutorio - previsto dall'art. 383, 1º comma, c.p.c. e sulla nozione di alterità del giudice rispetto ai magistrati che adottarono la decisione impugnata].

13. Le spese del presente grado d’appello sono liquidate come in dispositivo secondo i parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014 e s.m.i., e sono poste a carico del Ministero resistente e in favore del difensore dichiaratosi antistatario delle medesime.

14. Le spese del primo grado del giudizio verranno liquidate, invece, dal giudice del rinvio.

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