Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-03-12, n. 201801535
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Pubblicato il 12/03/2018
N. 01535/2018REG.PROV.COLL.
N. 04962/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4962 del 2013, proposto dalla Società Bagliani Ririfi s.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati G C, L C e A C, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Cicerone n. 44;
contro
Comune di Genova, in persona del Sindaco in carica
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati ti A D M e G P, elettivamente domiciliato presso il secondo in Roma, viale G. Cesare n. 14/4 Sc. A;
Regione Liguria, in persona del Presidente
pro tempore
della Giunta regionale, non costituita in giudizio;
per l'annullamento
della sentenza del T.a.r. per la Liguria, Sezione I, n. 292 del 13 febbraio 2013, resa inter partes , concernente permesso di costruire un edificio con autorimessa.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Genova;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 105, co. 2 e 87, co. 3, cod. proc. amm.;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2018 il consigliere Giovanni Sabbato e uditi, per le parti rispettivamente rappresentate, gli avvocati G C, A C e A D M;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’oggetto del presente giudizio è costituito:
a) dalla domanda di annullamento del provvedimento, in data 13 febbraio 2008, con il quale il Comune di Genova ha respinto l’istanza della società Bagliani Ririfi s.r.l. (in prosieguo la società) di rilascio del permesso di costruire “….. un edificio con autorimessa in via G. Fasce – in Genova Medio Levante ”;
b) dalla domanda di risarcimento del danno derivante dal menzionato diniego di permesso di costruire.
1.1. Nel corso del giudizio di primo grado, il Comune di Genova ha eccepito la improcedibilità della domanda di annullamento essendo stata modificata la disciplina urbanistica di riferimento.
1.2. La società, con memoria del 29 novembre 2012, inter alios, ha insistito per l’accertamento a fini risarcitori, ex art. 34, comma 3, c.p.a., della illegittimità del diniego di permesso di costruire.
2. L’impugnata sentenza – del T.a.r. per la Liguria, Sez. I, n. 292 del 13 febbraio 2013 –:
a) ha evidenziato che al diniego di permesso di costruire ha fatto seguito l’adozione di due varianti (deliberazioni consiliari n. 74/2006 e n. 42/2008 recanti l’incremento del lotto minimo edificatorio da 1.000 a 1.500 mq.);
b) ha dichiarato il ricorso improcedibile per le seguenti ragioni: “ Dal momento che l’intervento riguardava una superficie di mq. 1.329 l’intervento non era più assentibile ;in ogni caso la zona in esame è stata oggetto di successive varianti e pertanto non vi è più interesse ad ottenere l’annullamento del diniego impugnato poiché comunque il progetto dovrebbe essere valutato alla luce delle nuove norme urbanistiche ”;
c) ha omesso di esaminare la domanda di risarcimento del danno;
d) ha compensato fra le parti le spese di lite.
3. Con l’appello in esame, ritualmente notificato in data 21 giugno 2013, la società ha impugnato la menzionata sentenza lamentando esclusivamente l’omessa pronuncia sulla domanda risarcitoria, avanzata a suo tempo congiuntamente a quella annullatoria.
4. A tal fine ha articolato due motivi di gravame (pagine 17 – 20 del ricorso in appello), con cui ha dedotto, oltre alla violazione dell’art. 34 cit., che il danno è riconnesso, sia all’illegittimità del provvedimento impugnato, sia al comportamento del Comune di Genova;in particolare ha evidenziato:
- per il primo profilo, che il diniego si fonda sulla pretesa estensione della linea di definizione della zona PU (Parco urbano) del PTCP, che assoggetta l’area al regime normativo di conservazione con conseguente inedificabilità, quando invece il perimetro dell’area segnato dalla linea di definizione della predetta zona sarebbe da attribuire ad un errore perché non coincidente con alcun elemento di natura fisica e/o di rilievo;inoltre tale delimitazione è stata superata dalla definizione del livello puntuale del PUC che “ ha corretto il perimetro della zona PU, ricomprendendo l’area del mapp. 236 in zona TU ”.
- per il secondo profilo, quello attinente al comportamento dell’Ente, che si è determinata ad acquistare l’area sulla base di certificazione urbanistica che non rappresentava la previsione di PTCP rivelatasi ostativa, tanto da acquistare i diritti edificatori necessari per la realizzazione dell’intervento dallo stesso Comune.
5. Ha concluso chiedendo l’ammissione di C.T.U. al fine di quantificare con precisione il danno patito, comunque già oggetto, a suo dire, di sufficiente allegazione.
6. Si è costituito il Comune di Genova, che ha concluso per l’inammissibilità dell'appello, stante la mancata impugnazione della sentenza del medesimo Tribunale (n. 293/2013) vertente sulla medesima questione, e comunque per la sua infondatezza. Ha inoltre eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in ordine al preteso danno contrattuale e da errata certificazione della destinazione urbanistica.
7. In data 27 aprile e 18 ottobre 2017, la difesa dell’appellante ha depositato memorie, insistendo per l’accoglimento del gravame.
8. All'udienza pubblica del 22 febbraio 2018, la causa è stata riservata in decisione.
9. Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’appello per omessa impugnativa della sentenza n. 293/2013 (coeva a quella n. 292/2013 oggetto del presente giudizio), con la quale il T.a.r. per la Liguria ha dichiarato improcedibile il ricorso (R.G. n. 971/2008) proposto dalla società appellante avverso le varianti di cui alla deliberazioni consiliari nn. 74/2006 e 42/2008, in ragione dell’omessa impugnazione delle sopravvenute ulteriori varianti di cui alle deliberazioni consiliari nn. 85 del 17 novembre 2009 e 73 del 10 settembre 2010.
Secondo la prospettazione difensiva del Comune, il consolidamento della nuova disciplina urbanistica impedirebbe di assodare in capo alla società la spettanza del bene della vita (il diritto al rilascio del permesso di costruire) presupposto indispensabile per configurare la responsabilità risarcitoria dell’ente.
9.1. Alla stregua della consolidata giurisprudenza di questo Consiglio (cfr., ex plurimis e da ultimo, sez. IV, n. 1247 del 2018), la modificazione sopravvenuta della disciplina urbanistica è idonea a estinguere l’interesse alla decisione sulla domanda di annullamento e di accertamento della illegittimità del diniego del titolo edilizio solo quando non sia stata formulata istanza ex art. 34, comma 3, c.p.a.
Nella specie, l’immutazione dell’assetto urbanistico si è consolidata successivamente al provvedimento del 13 febbraio 2008 e pertanto essa non è suscettibile di incidere sull’eventuale spettanza del risarcimento del danno causato dal precedente diniego e dal rilascio di due certificati di destinazione urbanistica, rispettivamente del 23/5/2005 e del 27/12/2007, asseritamente erronei.
10. Scendendo all’esame del merito dell’appello, si rileva che nell’economia del presente giudizio ha carattere decisivo, e logicamente assorbente, l’esame del primo motivo di gravame, con cui si lamenta che il Tribunale ha omesso di pronunciare in ordine alla domanda risarcitoria.
10.1. Il motivo è fondato.
10.2. La persistenza dell’interesse a conseguire la decisione giurisdizionale sulla proposta domanda risarcitoria non è condizionata dalla richiesta annullatoria già in ragione della formulazione dell’art. 34, comma 3, c.p.a., che così recita “ Quando, nel corso del giudizio, l'annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l'illegittimità dell'atto se sussiste l'interesse ai fini risarcitori ”. Secondo l’insegnamento dell’Adunanza Plenaria (n. 4 del 2015), infatti, l’azione di annullamento si distingue dalla domanda di risarcimento per gli elementi della domanda, in quanto nella prima la causa petendi è l’illegittimità, mentre nella seconda è l’illiceità del fatto;il petitum nella prima azione è l’annullamento degli atti o provvedimenti impugnati, mentre nella seconda è la condanna al risarcimento in forma generica o specifica. Inoltre, il risarcimento è disposto su “ ordine ” del giudice ed è diretto a restaurare la legalità violata dell’ordinamento, costituendo una situazione quanto più possibile pari o equivalente (monetariamente) o il più possibile identica a quella che ci sarebbe stata in assenza del fatto illecito;l’annullamento invece è una restaurazione dell’ordine violato “ ad opera ” del giudice. Non va altresì trascurato che l’azione risarcitoria, secondo le prospettazioni dell’istante, è ricollegata non soltanto alla illegittimità degli atti impugnati, ma anche al comportamento assunto dal Comune nel periodo temporale di riferimento mediante il rilascio di certificazioni urbanistiche erronee e tali da consolidare l’affidamento della società.
11. Tanto premesso, occorre verificare quali siano le conseguenze processuali di tale rilevata omissione;in particolare, se essa imponga o meno la regressione della causa al giudice di primo grado, ai sensi dell'art. 105, co. 1, c.p.a., che così recita: “ Il Consiglio di Stato rimette la causa al giudice di primo grado soltanto se è mancato il contraddittorio, oppure è stato leso il diritto di difesa di una delle parti, ovvero dichiara la nullità della sentenza, o riforma la sentenza o l'ordinanza che ha declinato la giurisdizione o ha pronunciato sulla competenza o ha dichiarato l'estinzione o la perenzione del giudizio ”.
11.1. Sul punto è sufficiente rinviare ai consolidati principi elaborati dalla giurisprudenza (cfr. Cons. giust. amm., n. 33 del 2018;Cons. Stato, sez. IV, n. 3809 del 2017;sez. IV, n. 5595 del 2013;sez. V, n. 7235 del 2009) secondo cui:
a) costituisce causa di annullamento con rinvio l’obliterazione non di una censura bensì di una intera domanda (come quella risarcitoria), avente carattere distinto ed autonomo rispetto a quella impugnatoria;
b) ai sensi dell’art. 105 c.p.a., nel processo amministrativo, a differenza che nel processo civile, la integrale violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, rientra a pieno titolo nei casi in cui il principio devolutivo cede il passo al principio del doppio grado di giudizio stabilito dall’art. 125 Cost.;
c) invero, per un verso, si è di fatto declinato l'esercizio di giurisdizione su una delle domande proposte;per altro verso, si è inciso sul diritto di difesa della parte ricorrente;
d) non può trovare ingresso, di contro, l’altrettanto consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale " l'omessa pronuncia su una o più censure proposte col ricorso giurisdizionale non configura un error in procedendo tale da comportare l'annullamento della decisione, con contestuale rinvio della controversia al giudice di primo grado, ma solo un vizio dell'impugnata sentenza che il giudice di appello è legittimato ad eliminare integrando la motivazione carente o, comunque, decidendo del merito della causa ." (Cons. Stato, sez. IV, n. 846 del 2016;sez. V, n. 279 del 2016;sez. IV, n. 376 del 2015;sez. IV, n. 3346 del 2014;sez. IV, 19 giugno 2007, n. 3289).
12. Sarà compito del giudice di prime cure pronunciare (in maniera sintetica ma puntuale ex art. 3 c.p.a.), sulla legittimità o meno del diniego di permesso di costruire ex art. 34, comma 3, c.p.a. e verificare l’eventuale effettiva spettanza del ristoro del danno da mancata edificazione e da errata compilazione del certificato di destinazione urbanistica, previa decisione di tutte le eccezioni introdotte dal Comune di Genova.
Nel procedere in tal senso, non v’è motivo di dubitare che il T.a.r. non si atterrà ai principi consolidati elaborati dalla giurisprudenza in materia di risarcimento del danno da diniego di titolo edilizio (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. IV, n. 826 e 825 del 2018;sez. IV, n. 1835 del 2017;sez. IV, n. 5363 del 2016;sez. IV, n. 1436 del 2016;sez. V, n. 675 del 2015), anche avuto riguardo alla possibile applicabilità degli artt. 30, comma 3, c.p.a. e 1227 c.c.
13. In conclusione, in accoglimento del primo motivo di appello, l’impugnata sentenza deve essere annullata con rinvio al medesimo T.a.r., che provvederà a pronunciare in diversa composizione ex artt. 17 c.p.a. e 51, n. 4, c.p.c.. (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., n. 2 del 2009;nn. 4 e 5 del 2014, queste ultime rese sotto l'egida del nuovo codice del processo amministrativo, che hanno ribadito la necessità di salvaguardare il principio di imparzialità-terzietà della giurisdizione in sede di rinvio prosecutorio).
14. Le spese processuali del doppio grado di giudizio sono interamente compensate in ragione della sostanziale novità della questione.