Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-10-11, n. 202106792

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-10-11, n. 202106792
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202106792
Data del deposito : 11 ottobre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/10/2021

N. 06792/2021REG.PROV.COLL.

N. 10184/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10184 del 2020, proposto dal Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,

contro

il signor -OMISSIS- rappresentato e difeso dall’avvocato G P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente il riconoscimento dell’anzianità pregressa di carriera.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del signor-OMISSIS-

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 14 settembre 2021, il Cons. Antonella Manzione e udito per l’appellato l’avvocato Passiatore Giovanna;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con la sentenza oggetto dell’odierno appello il T.A.R. per -OMISSIS- ha accolto il ricorso proposto dal signor -OMISSIS- Commissario Capo tecnico della Polizia di Stato (già Direttore tecnico della Polizia di Stato) per l’accertamento del diritto, al momento dell’inquadramento all’esito di apposita procedura concorsuale, al trattamento economico di cui all’art.43, comma 22, della legge 1 aprile 1981, n.121, computandogli come anzianità utile il servizio svolto prima nell’Arma dei Carabinieri, indi nell’Esercito. In particolare, in tale ordinamento l’interessato aveva già avuto accesso al trattamento economico dirigenziale con decorrenza dal mese di novembre 2004, al raggiungimento di 13 anni di servizio effettivo con mansioni di direttivo senza demerito. Riteneva dunque il T.A.R., anche alla luce di proprie precedenti pronunce di analogo tenore, che il beneficio in questione andava riconosciuto anche a coloro che, già appartenenti alle Forze Armate e quindi transitati nella Polizia di Stato, possano vantare una corrispondente anzianità pregressa maturata in gradi corrispondenti a posizioni dell’anzidetta carriera direttiva. Ciò in quanto « In presenza dell’attuale quadro normativo di “omogeneizzazione” (riguardato con riferimento all’iniziale configurazione della disciplina di cui alla citata legge 231/1990, al successivo intervento del decreto-legge 157/2001, convertito con legge 250/2001, ed al conclusivo apporto modificativo realizzato dalla citata legge 295/2002), va esclusa la presenza di elementi ostativi per una equipollente considerazione – ai fini del riconoscimento del trattamento economico di cui al comma 22 dell’art. 43 della legge 121/1981 – delle anzianità maturate nella carriera direttiva ad opera del personale appartenente ai ruoli della Polizia di Stato (il quale abbia, all’interno di essi, espletato servizio per una durata corrispondente a quella prevista dalla norma all’esame);
ovvero, maturate in gradi corrispondenti (e non inferiori) -a posizioni dell’anzidetta carriera direttiva da parte degli appartenenti alle Forze Armate i quali, come gli odierni ricorrenti, si trovino (per effetto dell’utile collocazione in un concorso riservato) a transitare nei ruoli della P.S.
».

2. Appella l’Amministrazione deducendo in via preliminare la inammissibilità del ricorso di primo grado per mancata impugnazione del bando di concorso del 2 febbraio 2010, che conteneva disposizioni del tutto chiare in ordine al futuro inquadramento del vincitore come “direttore tecnico ingegnere”, con riserva (anche) per gli Ufficiali dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica, senza tuttavia contemplare il diritto al mantenimento della qualifica pregressa.

Nel merito, ha affermato l’erroneità della sentenza in quanto in caso di passaggio volontario di un dipendente da una Amministrazione ad altra, come accaduto sostanzialmente nel caso di specie, non sussiste alcun diritto alla conservazione dell’anzianità di servizio precedente, non potendo in senso contrario essere invocata l’avvenuta “omogeneizzazione” degli appartenenti alle Forze Armate con il personale militare e civile delle cc.dd. “Forze armate di polizia” in quanto non implicante la “transitabilità” del trattamento economico acquisito. Ai sensi, infine, dell’art. 16 della richiamata l.n.121/1981 i compiti istituzionali attribuiti al personale della Forze Armate sono ben diversi da quelli della Forze di Polizia, il che consentiva di valutare solo il servizio svolto dal ricorrente quale Ufficiale dell’Arma dei Carabinieri, con conseguente attribuzione del trattamento economico di Primo Dirigente dal 2 febbraio 2022 e attribuzione del relativo stipendio con decorrenza 2 febbraio 2024.

3. Si è costituito in giudizio il signor P P sostenendo l’infondatezza dell’appello, nonché, con riferimento all’eccezione preliminare sollevata dalla difesa erariale, la sua inammissibilità ex art. 104 c.p.a. A riprova della giustizia della propria tesi, invocava da ultimo il contenuto del d.lgs. 29 maggio 2017, n. 95, recante “Disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia”, attuativo della delega di cui all’art. 8, comma 1, lettera a), della l. 7 agosto 2015, n. 124 (c.d. “delega Madia”), che ha completato e confermato il cennato processo di omogeneizzazione delle carriere fra Forze Armate e Forze di Polizia.

4. Alla pubblica udienza del 14 settembre 2021, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

5. Preliminarmente il Collegio ritiene di dovere respingere l’eccezione di inammissibilità del primo motivo di appello, in quanto asseritamente introdotto in violazione del divieto dei nova (art. 104 c.p.a.). Secondo un orientamento ormai tradizionale, infatti, tale divieto costituisce la logica conseguenza dell’onere di specificità dei motivi di impugnazione (in primo grado) del provvedimento amministrativo, e più in generale dell’onere di specificazione della domanda da parte di chi agisce in giudizio. Esso è pertanto riferibile soltanto all’attore (il ricorrente) e non anche al convenuto (il controinteressato). Ed infatti, l’amministrazione intimata, ovvero chiunque sia convenuto in giudizio, come non ha onere di specificare le difese (tant’è che può rimanere contumace, ovvero costituirsi con atto di stile, come accaduto nel caso di specie), così nel caso di soccombenza può proporre appello contro la sentenza adducendo qualunque motivo (salve le preclusioni previste dalla legge) che ritenga utile per dimostrare l’infondatezza della domanda dell’attore o ricorrente accolta dal giudice di primo grado (in tal senso, ex multis , Cons. Stato, sez. II, 24 novembre 2020, n. 7353).

5.1. La fondatezza nel merito dell’appello consente peraltro di assorbire tale motivo di ricorso concernente la mancata impugnativa del bando di concorso, evitando un più approfondito scrutinio dell’immediatezza dell’impatto lesivo della posizione giuridica del signor Purificati ad opera delle singole clausole dello stesso. Vero è, infatti, che ad una semplice lettura del provvedimento appare chiaramente esplicitata sia la tipologia delle posizioni messe a concorso ( 44 posti di “direttore tecnico ingegnere” e non di “direttore tecnico capo”), sia le modalità di operatività della riserva (ovvero, per quanto qui di interesse, nella misura del 2 % a favore degli Ufficiali di Complemento dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica che abbiano terminato senza demerito la ferma biennale prevista nel primo comma dell’art. 37 della legge 20 settembre 1980, n. 574, prevista dall’art. 2, comma 3, lett. b).

6. La circostanza che si tratti di una procedura concorsuale pubblica fa sì che solo per i candidati risultati idonei che avevano diritto a beneficiare della quota di riserva, si possa ipotizzare un “transito”, di fatto piuttosto che di diritto, da altra amministrazione, da intendere come assunzione della nuova funzione dopo avere cessato dalla precedente presumibilmente senza soluzione di continuità, per scelta del diretto interessato. Di ciò dà atto il decreto del 30 giugno 2011, laddove, nell’approvare la graduatoria di merito, individua l’appellato come destinatario della quota di riserva in quanto unico idoneo per la sua specifica professionalità di ingegnere meccanico che ne aveva diritto, preso atto peraltro della mancanza di analoghe istanze di concorrere per i posti riservati nel diverso profilo di ingegnere in telecomunicazioni. Correttamente, dunque, l’Amministrazione ha precisato come non possa ipotizzarsi il mantenimento dell’anzianità pregressa, non venendo all’evidenza un trasferimento, ma la novazione del rapporto di pubblico impiego per scelta volontaria del dipendente, che ha partecipato ad un concorso pubblico, seppure con un regime di vantaggio (la riserva, appunto) per gli Ufficiali di Complemento, per quanto qui di interesse, dell’Esercito.

7. Di tutto ciò, il primo giudice non si è dato minima cura, essendosi la sentenza limitata a richiamare la avvenuta omogeneizzazione delle carriere quale presupposto condizionante anche il mantenimento dello status economico e giuridico conseguito in caso di spostamento, sì da considerare Forze Armate e Forze di Polizia come un contenitore unico, all’interno del quale muoversi, a condizioni date, con il proprio bagaglio di carriera, anche economica, non solo in termini di esperienza professionale e anzianità lavorativa pregressa.

8. Al contrario, come affermato sin da epoca risalente da questo Consiglio di Stato, con principi che il Collegio ritiene ancora oggi di condividere, altro è la “omogeneizzazione” del profilo del trattamento economico tra appartenenti alle FF.AA., e personale militare e civile delle c.d. Forze armate di polizia, altro la “transitabilità” - recte , trasportabilità- del servizio in precedenza prestato nel computo dell’anzianità utile, ad un funzionario di polizia, per l’attribuzione del trattamento economico previsto dall’art. 43, comma 22, della legge 1 aprile 1981, n.121 (Cons. Stato, sez. VI, 28 febbraio 2006, n. 857).

E’ opportuno ricordare come la ridetta “omogeneizzazione” è stata disposta dal legislatore con riferimento al livello retributivo di cui al citato art. 43, dapprima nei confronti dei corpi militari di polizia (l.20 marzo 1984, n.34), poi estesa a tutte le Forze armate non rientranti nel comparto delle forze di polizia in senso proprio ( art.1 d.l. 16 settembre 1987 n.379 e art.5 l. 8 agosto 1990, n.231, che parlano di omogeneizzazione stipendiale, senza riferimento all’art.43 ma agganciandosi ad importi a corrispondenti). Con l’art. 632 del d.lgs. n. 66 del 2010, Codice dell’Ordinamento militare, si è poi addivenuti ad una equiparazione dei gradi: la circostanza tuttavia che il grado di maggiore dell’Esercito corrisponde alla qualifica di Direttore tecnico capo dell’ordinamento civile, siccome desumibile anche dal “cedolino” riportante la busta paga dell’appellato, si risolve, appunto, in una tabella comparativa a ordinamenti distinti, ma non consente la sovrapposizione ove ci si sposti da uno all’altro per libera scelta all’esito di un concorso pubblico. La riserva di posti, peraltro, si risolve non nella possibilità solo per i militari di partecipare alla procedura selettiva, sicché si potrebbe porre un problema di scelta osmotica necessitante la mancanza di soluzione di continuità rispetto al passato;
ma nella possibilità, per una percentuale limitata di partecipanti, ove risultati idonei, di “scavalcare” gli altri candidati, vantando un prioritario diritto alla immissione in servizio. Diversamente opinando, i riservatari immessi in ruolo in ragione di tale riserva, finirebbero per godere, oltre che di un trattamento privilegiato in termini di ottimizzazione degli esiti del concorso, di ulteriore privilegio anche avuto riguardo all’inquadramento e conseguente trattamento economico, con palese violazione del bando di concorso, il cui prospetto assunzionale non può che rivenire dalle esigenze di organico specificamente valutate dall’Amministrazione procedente.

Né infine è dato capire in che modo l’ulteriore passo avanti nel senso della omogeneizzazione attuata con il d.lgs. n. 95 del 2017, che peraltro attiene alla revisione dei ruoli delle sole Forze di polizia (articolato in quattro Capi, rispettivamente per Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia penitenziaria) possa avere inciso sulla portata di ridetta equiparazione, conferendole la diversa accezione rivendicata dall’appellato ( e assiomaticamente riconosciuta nella sentenza impugnata e nelle altre, tutte di prime cure, cui lo stesso ascrive la valenza di “giurisprudenza consolidata”).

In sintesi, l’omogeneizzazione di per sé non implica la computabilità, per un appartenente ai ruoli della Polizia di Stato, del servizio reso nelle forze armate ai fini dell’attribuzione del beneficio dell’art.43, perché opera determinando (proprio attraverso la tecnica di norme speciali di ratio differenziata) dei piani paralleli, in cui ogni servizio rileva all’interno del corpo di appartenenza. Alla base di tale ricostruzione, d’altro canto, si pone ancora oggi la innegabile diversità funzionale dei rispettivi servizi, ribadita dalle disposizioni dei distinti ordinamenti in rilievo, che si incentrano sulla diversità normativa dei fini istituzionali, rispettivamente, della difesa militare e del mantenimento della pubblica sicurezza. Infine, la presenza di norme che, in via eccezionale, consentono l’utilizzazione delle FF.AA per compiti di ordine pubblico (si pensi al progetto c.d. “strade sicure”, avviato sin dal 4 agosto 2008, in virtù della L. n. 125 del 24 luglio del 2008, da ultimo prorogato con l. 30 dicembre 2020, n. 178, con finalità di prevenzione e contrasto della criminalità e del terrorismo, attraverso l’impiego di un contingente di personale militare delle F.A., che agisce con le funzioni di agente di pubblica sicurezza, dislocato in pattuglie a presidio del territorio urbano), non sposta la linea di confine tra i due ordinamenti considerati, ed anzi la conferma proprio per la stretta specialità delle disposizioni stesse. « Ne discende che la non transitabilità agisce in tutti e due i sensi, sia nell’impedire che il servizio nell’Esercito rilevi ai fini del beneficio dell’art. 43 in parola, per chi sia successivamente transitato nei ruoli della Polizia di Stato, sia per l’eventuale ipotesi opposta, ferma restando la vigenza della diversa “omogeneizzazione” stipendiale, che deriva da espresse scelte del legislatore e implica però, in linea di principio, una continuità di servizio all’interno dello stesso ruolo. La diversità dell’elemento funzionale così descritta, esclude altresì che si possa sospettare la violazione di principi costituzionali ai sensi degli artt.3 e 36 della Costituzione » (v. ancora Cons. Stato, n. 857 del 2006, cit. supra ).

9. Da quanto premesso consegue l’accoglimento dell’appello e, per l’effetto, la riforma della sentenza del T.A.R. per -OMISSIS- n. 6670 del 2020 con conseguente reiezione del ricorso di primo grado n.r.g. 10657 del 2012.

10. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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