Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-12-28, n. 202108685

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-12-28, n. 202108685
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202108685
Data del deposito : 28 dicembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/12/2021

N. 08685/2021REG.PROV.COLL.

N. 09702/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9702 del 2014, proposto dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati A C, V T e V S, domiciliatario ex lege in Roma, via Cesare Beccaria, n.29,

contro

la Società Barbirato Danilo S.a.s. di Barbirato Marco &
C., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati F S B e F A, con domicilio eletto presso lo studio S.r.l. Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini, n.30,

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sezione Seconda, n. 542/2014, resa tra le parti, concernente la revoca della concessione della cassa integrazione con obbligo di restituzione delle somme erogate.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Società Barbirato Danilo S.a.s. di Barbirato Marco &
C.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 23 novembre 2021, il Cons. A M e udito per l’Amministrazione appellante l’avvocato V S;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. L’Istituto nazionale della Previdenza Sociale (INPS) chiede la riforma della sentenza n. 542/2014, con cui il T.A.R. per il Piemonte, Sezione II, ha accolto il ricorso n.r.g. 791/2013 proposto dalla Società Barbirato Danilo s.a.s di Barbirato Marco &
c. (d’ora in avanti, solo la Società) per l’annullamento del provvedimento in data 5 giugno 2013 con il quale il Comitato amministratore della gestione per le prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti le aveva revocato la concessione della cassa integrazione guadagni ordinaria (CIGO) riferita al periodo 24 dicembre 2012 – 23 marzo 2013, con conseguente richiesta (nota dell’8 luglio 2013, matricola 8905102610) di restituzione delle somme erogate per un importo pari a euro 112.481,00, oltre alla regolarizzazione contributiva.

2. Il giudice di prime cure ha ritenuto infatti che nel caso di specie sussistessero i requisiti di legge per l’accesso al beneficio, ovvero l’ineludibilità della crisi aziendale, dovuta in via principale all’insolvenza dei clienti debitori, e la volontà di garantire la continuità dell’impresa, non contraddetta dall’avvenuta apertura di un procedimento di concordato preventivo, vista la natura del relativo istituto per come disciplinato dall’art. 186 bis della legge fallimentare.

3. L’appellante, a sostegno del proprio mezzo, assume che la decisione appellata avrebbe mal interpretato l’art. 1 della l. 3 febbraio 1963, n. 77, così come modificato dall’art. 1 della l. 6 agosto 1975, n. 427, sia con riferimento al requisito della non imputabilità della causa della sospensione del lavoro o della riduzione di orario all’azienda richiedente, sia in relazione a quello della transitorietà della crisi, da valutare con giudizio prognostico ex ante , avuto riguardo all’avvenuta attivazione della procedura di concordato preventivo, ma anche alla intervenuta cessione d’azienda alla Barbirato Costruzioni s.r.l.

3.1. Resiste in giudizio la Società ribadendo sia la non imputabilità alla stessa della crisi aziendale, riconducibile a fatti umani che esulano dalla sfera di controllo dell’imprenditore, sia la garantita continuità aziendale, dimostrata peraltro dalla circostanza obiettiva che tutti i lavoratori sono stati riammessi nell’attività produttiva.

3.2. In data 21 ottobre 2021 l’INPS ha depositato memoria ex art. 73 c.p.a. per ribadire le proprie argomentazioni, richiamando giurisprudenza a supporto.

4. All’udienza del 23 novembre 2021 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

5. Il Collegio ritiene che l’appello debba essere accolto.

6. In via preliminare, e allo scopo di delineare la corretta cornice normativa di riferimento, va precisato che per i lavoratori del settore dell’edilizia la disciplina applicabile ratione temporis è contenuta nell’art. 1 della l. 3 febbraio 1963, n. 77, così come modificato dalla l. 6 agosto 1975, n. 427, che individua, quale specifico fattore interruttivo tipico del settore le « intemperie stagionali », salvo poi prevedere anche le altre « cause non imputabili al datore di lavoro o al lavoratore », ovvero situazioni del tutto sovrapponibili a quelle previste a livello generale dall’art. 1 della l. 20 maggio 1975, n. 164, richiamata dal primo giudice ( « situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili all’imprenditore o agli operai », previste alla lett. a). Il rinvio al d.lgs. del Capo provvisorio dello Stato 12 agosto 1947, n. 869, che all’art. 5, n. 1, già prevedeva la necessità che fosse « certa la riammissione, entro breve periodo, degli operai stessi nell’attività produttiva dell’impresa », a sua volta, corrisponde alle « situazioni temporanee di mercato », quale requisito concorrente per l’accesso alla misura contemplato dal d.lgs. n. 164/1975 (art. 1, comma 1, lett. b).

Requisiti di legittimità, dunque, della concessione -e, conseguentemente, della revoca- della CIGO si palesano la non imputabilità delle cause della crisi all’imprenditore, obiettivata nelle avversità meteo per il settore edile, e nella sua temporaneità, con giudizio prognostico di reinserimento degli operai nell’attività, nei limiti della sindacabilità dello stesso in ragione dei suoi contenuti (anche) di discrezionalità tecnica.

7. In base all’art. 1 l. 20 maggio 1975, n. 164, e all’omologo art. 1 della l. 3 febbraio 1963, n. 77 per i lavoratori dell’edilizia, dunque, alla autorità amministrativa è attribuito un potere di natura tecnico-discrezionale, volto ad accertare se effettivamente sussistono i requisiti per l’ammissione ai relativi benefici sulla base dei due parametri sopra delineati. Come emerge da consolidati indirizzi giurisprudenziali, da cui non è ragione di discostarsi, « il sindacato del giudice amministrativo sul provvedimento di diniego dell’ammissione alla Cassa integrazione guadagni, ordinaria o straordinaria, ha dei limiti connessi con l’ampio margine di discrezionalità tecnica che caratterizza la valutazione dell’Ente previdenziale sul riconoscimento di una situazione di crisi aziendale ai sensi dell’art. 1 della legge n. 164 del 1975 e, pertanto, le scelte dell’Ente sono sindacabili soltanto se evidentemente illogiche, manifestamente incongruenti o inattendibili ovvero viziate per palesi travisamenti in fatto » (Cons. di Stato, Sez. VI, 2 maggio 2012, n. 2503; id ., 5 agosto 2013, n. 4084). Quanto detto non può non valere avuto riguardo all’atto di secondo livello con il quale è stata revocata, accogliendo il ricorso amministrativo proposto dalla Direzione provinciale dell’INPS di Vercelli, la CIGO deliberata a favore della Società dalla Commissione provinciale della Cassa integrazione guadagni Edilizia.

7.1. Infine, va ancora ricordato che la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha da tempo precisato che l’istituto della cassa integrazione guadagni opera in via di eccezione alla regola del sinallagma dell’obbligo retributivo, con assunzione dello stesso a carico della collettività e, quindi, con regole di stretta interpretazione quanto ai presupposti che danno luogo all’intervento di garanzia del lavoratore.

8. Chiarito quanto sopra, il Collegio può ora valutare la riconducibilità dell’atto impugnato ai paradigmi sopra declinati, ovvero la sua coerenza motivazionale in relazione alla ritenuta insussistenza sia del requisito della non imputabilità della causa della crisi all’azienda richiedente, sia alla prevedibile non transitorietà della stessa.

9. Sotto il primo profilo, l’Azienda invoca una carenza di liquidità dovuta ad « una crisi economica mondiale senza precedenti », che avrebbe determinato la difficoltà di procedere all’incasso delle poste creditorie e la conseguente riduzione del fatturato. Con ciò assegnando genericamente al contesto l’individuazione della causa della propria crisi, salvo poi derubricarla a “stallo temporaneo”, in ragione della pendenza di non meglio precisate “trattative” per l’aggiudicazione di appalti di notevole entità, destinate, in forza di una visione ottimistica di senso diametralmente opposto, ad andare a buon fine, seppure per ragioni non meglio precisate in atti.

9.1. Rileva al riguardo il Collegio che la già richiamata restrittività della normativa sulla cassa integrazione, va intesa nel senso che la c.d. socializzazione del costo del lavoro interviene in presenza di accadimenti che esulano dalla sfera di controllo e prevedibilità dell’imprenditore, sia che essi attengano a fatti naturali (condizioni stagionali impeditive dell’ordinario andamento dei lavori), sia che essi rimandino a fatti umani esterni che sfuggono al dominio, secondo l’ordinaria diligenza, di chi organizza i fattori d’impresa, comprensivi dell’impiego di mano d’opera. Questa lata accezione del concetto di “non imputabilità” prescinde da ogni valutazione sulla imperizia e negligenza delle parti e consente di ravvisare l’evento “non imputabile” all’imprenditore « solo in presenza di un avvenimento sottratto ad ogni possibile iniziativa del medesimo datore di lavoro, compresa l’adozione di rimedi preventivi atti a contrastarli o di rimedi risarcitori atti, ex post, a compensarli » (Cons. Stato, sez. III, 14 gennaio 2019, n. 327; id. , 15 ottobre 2019, n. 7000). Con ancora maggior dettaglio, la portata del criterio della non imputabilità è tale per cui i fatti che hanno causato una contrazione o una sospensione dell’attività di impresa non solo devono risultare estranei alla sfera di dominio dei soggetti innanzi menzionati, ma più in generale devono astrarsi dalla responsabilità di altri determinati cui possa essere riferita, a titolo risarcitorio, la responsabilità dell’accaduto e la riparazione delle conseguenze patrimoniali pregiudizievoli (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 23 febbraio 2011, n. 1131;
sez. III, 14 gennaio 2019, n. 327). Non ricorre, quindi, di regola, il presupposto della non imputabilità in caso di comportamenti inadempienti o scorretti di contraenti con l’imprenditore, dato che essi si collocano all’interno del rapporto o del contatto tra le parti ed il rimedio che l’ordinamento offre secondo le normali regole in punto di responsabilità (contrattuale o precontrattuale) tutela efficacemente, sul piano patrimoniale, finanche l’appaltatore costretto alla sospensione dei lavori (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 13 dicembre 2011, n. 6512; id ., 29 maggio 2012, n. 3193;
7 settembre 2012, n. 4749;
22 aprile 2014, n. 2009;
sez. III, 10 novembre 2015, nn. 5126 e 5125). Circostanze tutte che la Società non ha in alcun modo dettagliato, limitandosi a lamentare la perdita di liquidità dovuta alle altrui inadempienze, senza fornire alcuna indicazione aggiuntiva sulla loro astratta prevedibilità, sulla tempistica di assunzione delle obbligazioni, sui tentativi di recupero delle proprie spettanze, nonché, più in generale ed in sintesi, sull’impatto della lamentata crisi di mercato sul regolare svolgimento dell’attività lavorativa in primo luogo da parte delle aziende debitrici.

10. Ancora più lacunosa e contraddittoria si palesa la domanda della Società sotto il profilo della affermata temporaneità della crisi. A fronte, infatti, dell’originaria istanza, presentata in data 27 dicembre 2012, preventivando la ripresa dell’attività il 25 marzo 2013, l’azienda ha successivamente evidenziato, peraltro su sollecito istruttorio della Commissione, l’intenzione, poi concretizzatasi e documentata, di accedere a concordato preventivo e di cedere temporanemanete l’azienda (con atto di affitto) ad una nuova società. Tenuto conto che « la ragionevole previsione della ripresa dei lavori dopo il periodo di sospensione dell’attività costituisce elemento che deve essere valutato ex ante con giudizio prognostico, e non già ex post », ossia con riferimento al momento della presentazione dell’istanza di cassa integrazione, è evidente che finanche la stratificazione non pianificata delle scelte effettuate poteva consolidare il giudizio di prognosi negativa effettuato dall’Amministrazione (cfr. Cass., Sez. lav., 14 febbraio 2001, n. 2138;
Cons. Stato, sez. VI, 4 aprile 2003, n. 1773).

11. In effetti, la pressoché contestuale decisione di accedere al concordato preventivo e nel contempo cedere l’azienda, seppure non determina uno iato nella gestione aziendale, siccome evidenziato dall’INPS, evidenzia la necessità di individuare strategie strutturali di più ampio respiro, incompatibili con l’ipotizzata transitorietà. Basti pensare, a mero titolo di esempio, alla previsione, espressamente declinata nell’atto di cessione, della durata della stessa per 18 mesi, prorogabili a 42: senza entrare nel merito degli effetti del subingresso della Barbirato s.r.l. alla Barbirato s.a.s., dunque, ovvero della possibilità di ricondurlo anche in questo ambito al principio di continuità dell’impresa, in quanto idoneo a determinare una prosecuzione in capo all’affittuario dell’attività economica nonché dei mezzi materiali ed umani ad essa destinati, con conseguente emersione di un’identità sostanziale tra affittante e affittuario, resta il fatto che la Società ha individuato nel combinato disposto della stessa e del concordato il percorso per uscire dalla crisi, accedendo al credito bancario. Con ciò dimostrando la necessità di soluzioni strutturali capaci di legittimare, se del caso, l’accesso alla CIGS, ma non di indirizzare in senso necessariamente positivo la valutazione prognostica dell’Amministrazione.

12. Le circostanze, dunque, sulla base delle quali l’INPS ha ritenuto di non avallare la asserita temporaneità della crisi aziendale appaiono condivisibili e pertinenti, avuto riguardo anche alla cronologia del procedimento. Invero, l’onere di dimostrare gli elementi sulla base dei quali può ritenersi sussistente tale necessario requisito della “temporaneità” della crisi e verosimile successiva ripresa dell’attività, incombe sulla richiedente, la quale deve fornire specifici elementi al riguardo, mancanti nel caso di specie.

13. Alla luce di quanto sopra detto, appare corretta ed affatto immotivata la conclusione dell’INPS laddove ha ritenuto « che la successiva istanza di concordato preventivo lascia presupporre che non vi sia previsione fondata e certa di ripresa dell’attività lavorativa» , ritenendo che la causa dell’interruzione fosse piuttosto « determinata da mancanze strutturali dell’impresa stessa ». Quanto detto a tacere degli ulteriori elementi di contraddittorietà della vicenda aziendale, per come rappresentata dalla stessa Società nel corso del procedimento, evidenziati dal rappresentante provinciale dell’INPS ai fini della revoca della CIGO, con relazione espressamente richiamata nell’atto impugnato ( v. per tutti la circostanza che alla data del 18 marzo 2013 la nuova Società Barbirato S.r.l., costituita il 6 febbraio 2013, non fosse ancora attiva e non avesse ancora preso in carico i dipendenti della Barbirato Danilo S.a.s.).

In altri termini, quindi, sembra potersi affermare, anche nella fattispecie in esame, che: « La pur succinta e sintetica motivazione posta dall’INPS a base dell’impugnato provvedimento di diniego, se letta in relazione ai dati istruttori noti alla stessa parte ricorrente e in parte incontroversi, consente, ad avviso del Collegio, una compiuta comprensione dei presupposti fattuali e delle ragioni giuridiche della decisione negativa della cassa integrazione, qui oggetto di lite » (così Cons. Stato, Sez. I, 5 febbraio 2021, n. 164).

14. In conclusione, l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza del T.A.R. per il Piemonte, sez. II, n. 542 del 2014, deve essere respinto il ricorso di primo grado n.r.g. 791 del 2013 presentato dalla Società Barbirato s.a.s.

La peculiarità della materia trattata giustifica la compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

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