Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-01-14, n. 201900327

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-01-14, n. 201900327
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201900327
Data del deposito : 14 gennaio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/01/2019

N. 00327/2019REG.PROV.COLL.

N. 04509/2016 REG.RIC.

N. 04424/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4509 del 2016, proposto da
Mlla Costruzioni S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato F M B, con domicilio eletto presso lo studio Paolo Migliaccio in Roma, via Cosseria 5;

contro

Inps – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati A C, V T, V S, domiciliata ex lege in Roma, via Cesare Beccaria 29;



sul ricorso numero di registro generale 4424 del 2018, proposto da
Mlla Costruzioni S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato F M B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Paolo Migliaccio in Roma, via Cosseria 5;

contro

Inps – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati V S, A C, V T, domiciliata ex lege in Roma, via Cesare Beccaria 29;

nei confronti

Comitato Amministratore della Gestione per le Prestazioni Temporanee dei Lavoratori Dipendenti - non costituito in giudizio;

per la riforma

quanto al ricorso n. 4509 del 2016:

della sentenza del T.r.g.a. della Provincia di Trento, n. 00055/2016, resa tra le parti, concernente diniego della integrazione salariale ordinaria;

quanto al ricorso n. 4424 del 2018:

della sentenza del T.r.g.a. della Provincia di Trento, n. 00301/2017, resa tra le parti, concernente diniego della integrazione salariale ordinaria;


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Inps;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 dicembre 2018 il Cons. G P e uditi per le parti gli avvocati Paolo Migliaccio su delega di F M B e Sferrazza su delega dichiarata di V S;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La Mlla Costruzioni s.r.l., società operante nel settore dell’edilizia, con sette distinte domande (del 7 agosto 2013, del 18 settembre 2013, del 22 ottobre 2013, del 16 dicembre 2013, del 14 gennaio 2014, del 19 febbraio 2014 e del 20 marzo 2014) ha chiesto alla sede provinciale dell’INPS di Trento di essere autorizzata al pagamento dell’integrazione salariale ordinaria (ai sensi della legge n. 77/1963 e succ. modif.) per sei dei propri operai ed in relazione ad altrettanti, distinti e continuativi periodi compresi tra il 15 luglio 2013 ed il 1° marzo 2014.

Le predette domande indicavano quali dati relativi all’unità produttiva il torrente Meledrio presso il Comune di Dimaro e quale descrizione dettagliata della fase lavorativa interessata dalla contrazione dell’attività la “ costruzione impianto idroelettrico ”.

2. La società Mlla Costruzioni, con dichiarazione allegata alle istanze rappresentava che la “ sospensione ” dell’attività lavorativa era «… causata dai tempi intercorrenti tra l’aggiudicazione avvenuta in data 23 maggio 2013 dei lavori di “Costruzione dell’edificio centrale relativo alla realizzazione dell’impianto idroelettrico sul torrente Meledrio” in Dimaro e la firma del Contratto per la successiva esecuzione dei lavori ».

La società appellante aveva ottenuto il data 18 luglio 2013 l’aggiudicazione dei lavori presso il torrente Meledrio ma il Comune committente aveva dovuto acquisire altre autorizzazioni e concessioni da parte della Provincia Autonoma di Trento, comportanti anche la necessità della revisione del progetto esecutivo dei lavori, il che aveva dilazionato la firma del contratto (avvenuta il 7 agosto 2014) e l’avvio dei lavori (la cui consegna è avvenuta in data 11 agosto 2014) (cfr. dichiarazione del Comune di Dimaro del 12 dicembre 2013).

3. La competente sede INPS, in data 14 aprile 2014, accoglieva le prime tre domande di concessione del beneficio e respingeva le quattro domande di proroga, proposte per il periodo complessivo dal 4 novembre 2013 al 1° marzo 2014, ritenendo che la causa rappresentata attenesse ai rapporti intercorrenti tra l’appaltatore-datore di lavoro e terzi soggetti e che difettasse, pertanto, il requisito della non imputabilità della sospensione dell’attività lavorativa.

4. Avverso i provvedimenti di rigetto, la società datrice di lavoro proponeva ricorso amministrativo al Comitato Amministratore della Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti.

Il predetto Comitato Amministratore respingeva il ricorso gerarchico con la deliberazione n. 513 del 2015, valutando in specie «… che non si ravvedono elementi idonei a giustificare l’integrabilità della causale addotta, posto che appare evidente che la motivazione del mancato avvio dell’attività lavorativa è riconducibile a difetti di originaria pianificazione, organizzazione o/o modifiche nella progettazione delle opere da realizzare e a rapporti intercorrenti tra l’impresa ed il committente e a difetti di organizzazione aziendale ».

5. Con ricorso al Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativo di Trento la società datrice di lavoro ha chiesto l'annullamento della deliberazione di rigetto del ricorso amministrativo sulla base di un unico articolato motivo di impugnazione rubricato « Eccesso di potere per travisamento della realtà, illogicità e contraddittorietà manifesta, carenza di motivazione anche in ordine ai motivi di censura prospettati con il ricorso gerarchico proposto, nonché violazione di legge (art. 3 L. n. 241/1990) ed, ancora, erronea applicazione di legge sotto diverso profilo (art. 1 L. n. 77/1963 ed art. 1 L. n. 445/1977) ».

6. Con la sentenza del 27 gennaio 2016, n. 55, resa nel contraddittorio con l’INPS, l’adito Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa ha respinto la richiesta di annullamento dei provvedimenti impugnati.

Ripercorsi i principi normativi e giurisprudenziali vigenti in materia, rilevato che le vicende di causa sono disciplinate ratione temporis dall’art. 1 della legge n. 77/1963 e dall’art. 1 della legge n. 427/1975 e che «…l’Autorità investita di un ricorso gerarchico ha il potere-dovere di riesaminare la fattispecie nella sua interezza, senza limitarsi ai profili di legittimità ma entrando nel merito » (così pag. 6 della sentenza) - il T.R.G.A. trentino ha ritenuto che «…le ragioni in base alle quali la Società Mlla Costruzioni ha chiesto la C.I.G.O. nell’inverno 2013 – 2014 non erano conseguenti a cause imprevedibili, contingenti, non definitive, ma, soprattutto, non erano estranee alla sfera di influenza dell’imprenditore, secondo la lettura dell’art. 1 della legge n. 77 del 1963 operata dalla giurisprudenza maggioritaria » (così pagg. 11 e 12 della sentenza).

Il Collegio di prime cure ha inoltre affermato che «.. in realtà, non essendoci stato alcun “avvio” del cantiere non vi è stata nemmeno alcuna “sospensione”, con carattere temporaneo, dell’attività» .. bensì il mancato avvio dell’appalto conseguito nei tempi da essa preventivati, a causa delle vicende sopra descritte. Ebbene, è orientamento della giurisprudenza amministrativa che, in caso di ultimazione di un cantiere, non possa ritenersi che si sia in presenza di una “sospensione” idonea a costituire una causa integrabile ai sensi della normativa in esame (cfr. C.d.S., sez. VI, 7.9.2012, n. 4748;
sez. VI, 20.5.2005, n. 2564). In altri termini, la sospensione temporanea presuppone che la relativa causa intervenga nello svolgimento dell’attività lavorativa e non anche tra la fine e l’inizio dei lavori di un cantiere. Anche in questa prospettiva è pertanto legittima e adeguata la motivazione con la quale l’INPS ha rilevato la mancanza dei requisiti atti a legittimare la concessione dell’integrazione salariale per il periodo in cui è stato atteso l’avvio del nuovo cantiere
» (così pagg. 12, 13 e 14 della sentenza).

Il competente T.R.G.A. ne ha tratto il convincimento che «…la condizione lavorativa esposta nelle domande di C.I.G.O. dall’impresa Costruzioni Mlla è stata correttamente considerata dall’INPS … » (così pag. 14 della sentenza), con l’ulteriore corollario che « a tale conclusione consegue che restano del tutto estranei alla vicenda di causa (e recessive le deduzioni di contraddittorietà) i provvedimenti favorevoli alla ricorrente emessi da INPS immediatamente a ridosso dell’aggiudicazione … » (così pag. 15 della sentenza).

7. La sentenza è stata appellata dalla Mlla Costruzioni s.r.l. sulla base dei motivi di seguito riportati (ricorso R.G. 4509/2016).

8. L'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale si è ritualmente costituito in giudizio replicando alle deduzioni avversarie e chiedendone la reiezione.

9. In assenza di istanze cautelari, espletato lo scambio di memorie ex art. 73 c.p.a., la causa è stata discussa e posta in decisione all’udienza pubblica del 20 dicembre 2018.

10. Alla medesima data ed a seguito di un analogo iter processuale è giunta in discussione una seconda vertenza (R.G. 4424/2018), definita dal T.R.G.A. trentino con sentenza n. 301/2017 e avente ad oggetto i provvedimenti con cui sono state respinte, sia in prima istanza che in sede gerarchica, le ulteriori domande del 18 aprile 2014 e del 20 maggio 2014 inoltrate, al medesimo fine della concessione della CIGO, in relazione ai periodi di sospensione dell’attività ricompresi fra il 3 e il 29 marzo 2014 e fra il 31 marzo/12 aprile 2014.

11. Le due richieste da ultimo menzionate facevano riferimento alla medesima procedura pubblica indetta dal Comune di Dimaro, aggiudicata all’odierna ricorrente per l’affidamento dei lavori di costruzione dell’edificio centrale dell’impianto idroelettrico sul torrente Meledrio, e costituivano la richiesta di proroga della integrazione salariale ordinaria invocata con le sette domande relative al precedente periodo ricompreso tra il 15 luglio 2013 e il 1° marzo 2014.

DIRITTO

1. Preliminarmente occorre procedere alla riunione dei due ricorsi in trattazione, ai sensi dell’art. 70 c.p.a., in considerazione degli evidenti profili di connessione soggettiva e oggettiva che avvincono le due vicende procedimentali agli stessi sottese.

Quanto alle implicazioni tematiche sussistenti tra i due giudizi è sufficiente osservare che l’appello articolato avverso la pronuncia n. 301/2017 investe questioni del tutto corrispondenti a quelle esaminate nel procedimento principale, tanto che le argomentazioni sottese al secondo ricorso riproducono quelle dedotte nel primo mezzo di gravame;
e, specularmente, la sentenza del 2017 fa espresso richiamo alle motivazioni contenute nella precedente pronuncia del 2016.

2. Nel merito, come esposto nella premessa in fatto, il T.R.G.A. di Trento ha ritenuto che, nel caso portato al suo vaglio, difettasse uno dei requisiti indefettibili per ottenere il beneficio dell’integrazione salariale ordinaria nel settore dell’edilizia, ossia la sospensione dell’attività lavorativa di un cantiere già avviato. Inoltre, il Collegio di prime cure ha escluso anche la sussistenza di validi motivi a giustificazione della “sospensione” rappresentata, ovvero la riconducibilità della stessa ed eventi imprevedibili, contingenti, non definitivi ed estranei alla sfera di influenza dell’imprenditore.

2.1. La disposizione normativa di riferimento è contenuta nell’art. 1 della legge 3 febbraio 1963, n. 77 (richiamata dalla successiva legge n. 427 del 1975, che l’ha modificata ed integrata). Essa stabilisce che “ agli operai dipendenti delle aziende industriali dell’edilizia ed affini che, per effetto delle intemperie stagionali o per altre cause non imputabili al datore di lavoro o ai lavoratori, sono costretti a sospendere il lavoro o a lavorare a orario ridotto ” è attribuibile “ l’integrazione salariale di cui al decreto legislativo luogotenenziale 9 novembre 1945, n, 788, e al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 12 agosto 1947, n. 869… ”.

2.2. Con un unico articolato motivo di impugnazione, la società Mlla Costruzioni:

- pur condividendo la ricostruzione del quadro normativo operata in sentenza (mediante richiamo all'art. 1 della L. n. 77/1963, all’art. 1 comma 1 della L. n. 164/1975 ed all'art. 1 della L. n. 427/1975), contesta la ricostruzione dei principi giurisprudenziali ivi enunciati in quanto – a suo dire – « … assolutamente inconferenti … » rispetto alla peculiarità della vicenda (così alle pagg. 16 - 24 dell’atto di appello). Secondo la parte appellante, il tema della temporaneità della situazione di crisi o quello delle intemperie stagionali ovvero ancora dei difetti di organizzazione aziendale, non avrebbero dovuto assumere alcun rilievo nell’economia della decisione in quanto il Comitato non aveva fatto ad essi alcun riferimento nel respingere le domande di ammissione al beneficio;
quanto al principio della non imputabilità al datore di lavoro della transitoria situazione di stasi aziendale, esso avrebbe dovuto indurre a conclusioni opposte a quelle poi accolte dal T, tenuto conto di tutta la documentazione prodotta a dimostrazione del fatto che, nel caso specifico, la situazione di sospensione dell'attività lavorativa non era certamente riconducibile alla società richiedente l’integrazione salariale;

- nell’atto di appello ci si duole altresì del fatto che la sentenza avrebbe « … “letteralmente liquidato” uno dei profili di preminente rilievo, ai fini della positiva valutazione del ricorso (ossia quello della contraddittorietà manifesta e dell’illogicità dell’operato dell’Istituto resistente), concernente l’adozione, nella stessa seduta, di determinazioni di contenuto antitetico in relazione a situazioni identiche ai fini del riconoscimento della C.I.G.O. ». Osserva sul punto la società ricorrente che le determinazioni contraddittorie sono state tutte assunte contestualmente nella medesima seduta del 14 aprile 2014, quindi con una concomitanza temporale che conferma come identica fosse la prognosi formulabile in relazione a tutte le domande circa le ragioni della sospensione dell'attività e la conseguente riconoscibilità della C.I.G.O.;

- la società appellante segnala, ancora, l’omessa considerazione da parte del T dell'assenza di un effettivo contraddittorio con l’I.N.P.S., posto e considerato che la fase istruttoria che ha preceduto l’emanazione degli atti impugnati ha previsto il mero invio di " un mero messaggio di posta elettronica generato automaticamente dal sistema " che assegnava ad essa impresa un inconsistente termine di due giorni per fornire le risposte richieste;

- la ricorrente censura poi l’orientamento del Collegio di prime cure che ha escluso la sussistenza del vizio di motivazione della deliberazione impugnata del Comitato Amministratore;
lamenta, in particolare, che il T.R.G.A. di Trento avrebbe « … effettuato un’eterointegrazione della motivazione, individuando sua sponte, pretesi motivi ostativi all’accoglimento di una parte delle istanze formulate da Mlla, la cui sussistenza mai è stata neppure ipotizzata dall’Istituto resistente nei provvedimenti dal medesimo assunti ed impugnati … »;

- l’appellante contesta altresì il convincimento del Giudice di prime cure in merito al dato che « … le motivazioni della sospensione dell’attività di Mlla, relativamente alla stagione invernale 2013 – 2014, non conseguivano a cause “imprevedibili, contingenti e non definitive” e non erano “estranee alla sfera di influenza dell’imprenditore” … ». A questo proposito, in particolare, evidenzia che il ritardo è dipeso dalla necessità di acquisizione dei provvedimenti di competenza provinciale e che la P.A.T. non aveva emesso nei tempi dalla stessa previsti nella fase di legittimazione delle opere da realizzare e da appaltare, quali:

i) la proroga dell'efficacia della V.l.A. emessa in seguito dalla Giunta provinciale con il provvedimento deliberativo n. 2056, d.d. 04.10.2013;

ii) la nota comunale d.d. 28.03.2014 con la quale l'Ente committente, da un lato, attestava l'impossibilità di sottoscrizione del contratto per fatti al medesimo non imputabili e, dall'altro, confermava l'inequivoca relativa volontà di immediato avvio delle opere aggiudicate alla stessa Mlla;

iii) la determinazione del 11.06.2014 n. 502 del Dirigente del Servizio B M della P.A.T. con la quale il Comune di Dimaro veniva legittimato, a fini idraulici, all'esecuzione degli interventi programmati ed alla contestuale occupazione del demanio idrico.

2.3. Aggiunge la ricorrente di aver prodotto tutta la documentazione necessaria alla sottoscrizione del contratto e contesta che l’integrazione salariale nel settore edilizio possa riguardare solo le sospensione dell’attività lavorativa di un cantiere già avviato. A questo proposito prende in esame il contenuto della determinazione provinciale n. 2056, d.d. 4.10.2013, di adozione della proroga dell'efficacia della valutazione positiva di impatto ambientale (V.I.A.), che prevedeva che le opere di apprestamento del cantiere sarebbero state eseguibili solo dalla metà del mese di giugno per tutelare il periodo riproduttivo dell'avifauna. Da tale rilievo la sentenza appellata ha ritenuto di potere desumere che l'avvio dei lavori avrebbe potuto essere effettuato solo nella successiva estate (2014), per cui la sospensione dell'attività di Mlla non poteva ritenersi temporanea, bensì legata all'ultimazione delle lavorazioni. Tuttavia:

- la temporanea sospensione dell'attività produttiva per fatto non imputabile all'impresa, rilevante ai fini del riconoscimento della C.l.G.O., è, secondo la parte appellante, quella complessiva dell'impresa e non quella riferibile ad un solo cantiere. Diversamente opinando, le potenzialità produttive dell’impresa verrebbero gravemente pregiudicate, in contrasto con la ratio della normativa in esame che punta a consentire all’impresa di superare un periodo di temporanea difficoltà riferito al complesso delle sue attività;

- inoltre, il documento richiamato dal T non è relativo all'intervento di realizzazione dell'edificio centrale per il nuovo impianto idroelettrico sul torrente Meledrio, ossia all’opera aggiudicata all'odierna appellante, bensì al diverso intervento (opera di presa, condotta forzata e microtunnel) non oggetto di appalto a favore di Mlla e, come tale, assolutamente irrilevante ai fini della decisione della controversia;

- infine, le ragioni correlate all'imputabilità della sospensione poste a base dei provvedimenti impugnati postulano, quale loro presupposto logico, la sussistenza di una sospensione transitoria astrattamente idonea a consentire l'applicazione del beneficio dell'integrazione salariale richiesta. Da qui un ulteriore profilo di incongruenza della motivazione elaborata dal T in contraddizione con lo stesso contenuto degli atti impugnati.

3. I due appelli sono infondati, nella totalità dei rilievi e degli argomenti con essi veicolati.

3.1. Come correttamente rilevato dalla difesa dell’INPS ed argomentato dal primo giudice, i presupposti per la ammissione alla CIGO sono costituiti dalla non imputabilità della sospensione dell’attività lavorativa al datore di lavoro o ai lavoratori e dalla transitorietà della sospensione dei lavori (artt. 1 della L. n. 164/75 e 1 della L. n. 77/1963).

3.2. Con riferimento alla “ non imputabilità al datore di lavoro ” la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha da tempo precisato che l’istituto della cassa integrazione guadagni opera in via di eccezione alla regola del sinallagma dell’obbligo retributivo, con assunzione dello stesso a carico della collettività e, quindi, con regole di stretta interpretazione quanto ai presupposti che danno luogo all’intervento di garanzia del lavoratore (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 22 novembre 2010, nn. 8128 ed 8129).

3.3. La restrittività della normativa va intesa nel senso che la c.d. socializzazione del costo del lavoro interviene in presenza di accadimenti che esulano dalla sfera di controllo e prevedibilità dell’imprenditore, sia che essi attengano a fatti naturali (condizioni stagionali impeditive dell’ordinario andamento dei lavori), sia che essi rimandino a fatti umani esterni che sfuggono al dominio, secondo l’ordinaria diligenza, di chi organizza i fattori d’impresa, comprensivi dell’impiego di mano d’opera.

3.4. L’evento interruttivo è definibile come imputabile al datore di lavoro, ovvero alla committenza nei casi di contratto di appalto, quando esso si riconduce all’erroneità delle scelte tecniche in sede di progettazione;
alla non corretta modulazione ed impegno delle maestranze in relazione all’ordinaria e prevedibile esecuzione del progetto, ovvero all’omessa previsione di possibili situazioni impeditive dell’ordinario prosieguo dei lavori (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 22 novembre 2010, nn. 8128 e 8129).

3.5. Con ancora maggior dettaglio, la portata del criterio della non imputabilità è tale per cui, secondo la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, i fatti che hanno causato una contrazione o una sospensione dell’attività di impresa non solo devono risultare estranei alla sfera di dominio dei soggetti innanzi menzionati, ma più in generale devono astrarsi dalla responsabilità di soggetti determinati cui possa essere riferita, a titolo risarcitorio, la responsabilità dell’accaduto e la riparazione delle conseguenze patrimoniali pregiudizievoli (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 23 febbraio 2011, n. 1131).

3.6. Questa lata accezione del concetto prescinde da ogni valutazione sulla mancanza di imperizia e negligenza delle parti e consente di ravvisare l’evento non imputabile all’imprenditore solo in presenza di un avvenimento sottratto ad ogni possibile iniziativa del medesimo datore di lavoro, compresa l’adozione di rimedi preventivi atti a contrastarli o di rimedi risarcitori atti, ex post, a compensarli.

3.7. Non ricorre, quindi, il presupposto della non imputabilità in caso di comportamenti inadempienti o scorretti di soggetti contraenti con l’imprenditore, dato che in tal caso la vicenda si colloca all’interno del rapporto o del contatto tra le parti ed il rimedio che l’ordinamento offre secondo le normali regole in punto di responsabilità (contrattuale o precontrattuale) tutela efficacemente, sul piano patrimoniale, l’appaltatore costretto alla sospensione dei lavori (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 13 dicembre 2011, n. 6512;
Cons. Stato, sez. VI, 29 maggio 2012, n. 3193 e 7 settembre 2012 n. 4749;
Cons. Stato, sez. VI, 22 aprile 2014, n. 2009;
Cons. Stato, sez. III, 10 novembre 2015, nn. 5126 e 5125).

3.8. Nel caso di specie, correttamente è stato ritenuto tanto dall’amministrazione, quanto dal primo giudice, che la sospensione dell’attività lavorativa non fosse riconducibile a fattori esterni, ma che fosse imputabile alla condotta del committente che aveva aggiudicato l’appalto in difetto della titolarità di tutte le necessarie autorizzazioni. Questa è, infatti, la rappresentazione dei fatti avanzata dalla parte appellante nel procedimento istruttorio avviato presso l’INPS, al fine di argomentare tesi della non imputabilità dell’evento.

3.9. Senonché, il mancato svolgimento dell’attività lavorativa – proprio in quanto riconducibile al ritardo della stazione appaltante nella sottoscrizione del contratto di appalto – si connota come circostanza attinente ai rapporti tra provincia, committente e datore di lavoro, e tanto emerge da entrambi i provvedimenti dell’INPS nei quali è stato colto ed adeguatamente esplicitato questo specifico e sintetico profilo di carenza del requisito della non imputabilità della sospensione dell’attività lavorativa. Trattasi quindi di vicenda inquadrabile nel più generale canone dell’ordinario rischio di impresa cui il datore di lavoro si espone nella interazione con terzi committenti e parti pubbliche e che, come tale, non può essere trasferito sulla collettività essendo direttamente imputabile al rapporto intercorrente tra le suddette parti (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 4749/2012 e sez. III, n. 202/2018).

3.10. Va governata secondo criteri di tipo risarcitori, pertanto, anche la lesione del legittimo affidamento circa la tempestiva stipulazione del contratto e la consegna del cantiere per la realizzazione dell’opera pubblica approvata, lesione che - nel caso di specie - la parte appellante imputa all’ente committente sua controparte nella relazione contrattuale (pag. 18 memoria 29.11.2018) e che risulta giustiziabile, con tutta evidenza, anche in difetto della stipula formale del contratto e del conseguente passaggio dalla fase del “precontratto” o del “contatto sociale” ad una fase negoziale propriamente detta.

3.11. Il fatto poi che il rilascio dei titoli abilitativi mancanti fosse di competenza della Provincia Autonoma di Trento non muta il quadro di considerazioni sin qui esposte, configurandosi comunque, anche nell’ipotesi in cui l’eventuale violazione dei termini di legge fosse riconducibile all’ente preposto al rilascio del titolo (si veda l’accenno in tal senso contenuto alle pagg. 6, 11, 31 e 32 dell’atto di appello R.G. 4509/2016), un problema di responsabilità riconducibile a soggetti individuati e gestibile secondo criteri di imputabilità predefiniti.

3.12. Giova infatti ribadire che la norma basilare dettata in materia (art. 1 della menzionata L. n. 165/1975) - nel riferirsi a “ situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili all’imprenditore o agli operai ” - implica che i fatti dai quali sia derivata una contrazione o una sospensione dell’attività d’impresa debbono risultare estranei alla sfera di responsabilità di qualsivoglia soggetto diverso dall’imprenditore e al quale possa ricondursi, a titolo risarcitorio, la responsabilità dell’evento interruttivo e la riparazione delle conseguenze patrimoniali pregiudizievoli (cfr. in tal senso, fra le tante, Cass. civ., sez. lav., 20.11.1986, n. 6872, 16.12.1986, n. 7572, e 10.4.2002, n. 5101;
Cons. St., sez. VI, 22.4.2014, n. 2009;
22.11.2010, n. 8130, 21.12.1990, n. 1069 e 23.2.2011, n. 1131).

3.13. Peraltro, sono agli atti del giudizio:

i) la lettera del Comune di Dimaro, prot. 2184 del 28.3.2014, nella quale si attesta che “ ad oggi non si sono potuti iniziare ancora le lavorazioni sia a causa della necessità di acquisire le ultime autorizzazioni e concessioni da parte delle strutture provinciali competenti, con la conseguente necessità di rivedere a seguito di tali autorizzazioni anche il progetto esecutivo dell'opera complessiva.. ”;

ii) la lettera del 27 marzo 2014 - valutata dagli Organi deliberanti dell’Istituto in sede di istruttoria procedimentale - nella quale espressamente Mlla Costruzioni dichiara di non aver « … intrapreso un’azione di risoluzione verso l’Ente pubblico per la ragione sopra esposta, con ovvia riserva di tutti i danni che potranno essere quantificati o al momento dell’inizio dei lavori, tenendo conto del ritardo per poter congruamente quantificare tutti i danni patiti, o, in deprecata ipotesi, nel momento in cui il Comune dovesse mutare idea sull’affidamento dei lavori all’Impresa, ponendo in essere una condotta inadempiente che, a quel punto, l’impresa stigmatizzerà nelle sedi processuali competenti con un’azione di risarcimento danni » (così la lettera della Società Mlla all’INPS di Trento del 27 marzo 2014, allegata sub doc. n. 19 INPS);

iii) il ricorso gerarchico del 21 giugno 2014 nel quale, ai punti 4 e 5, si ribadisce la medesima imputazione di responsabilità nei confronti del Comune di Dimaro, pur precisandosi nell’atto che, in difetto di sottoscrizione del contratto di appalto, il Comune non assume la veste di soggetto “ Committente ” al quale possa formalmente rimproverarsi l’inosservanza di obblighi contrattuali o disposizioni di legge.

Dunque, gli elementi posti a base della valutazione dell’INPS in sede procedimentale deponevano nell’univoco senso di un difetto o di un ritardo nella programmazione delle opere ovvero nella acquisizione dei relativi titoli abilitativi, carenza che la stessa parte richiedente la CIGO addebitava, sul piano delle responsabilità, all’ente comunale e non ad altri;
ed è su questa rappresentazione dei fatti che l’INPS si è determinata.

3.14. Se si considera, poi, che la valutazione dei requisiti di ammissione all'integrazione salariale ha carattere prognostico e, quindi, deve essere effettuata soltanto sulla base delle informazioni disponibili ex ante e, naturalmente, in primis fornite dallo stesso imprenditore richiedente, è agevole concludere che - alla stregua dei dati di fatti sin qui rappresentati - il margine di censurabilità delle decisioni contestate non viene in alcun modo ad integrarsi nelle richieste forme della manifesta incongruenza sintomo di eccesso di potere (cfr. Cons. Stato, VI, n. 4084/2013;
n. 3783/2013;
n. 2503/2012): la valutazione dell’amministrazione appare, infatti, del tutto congruente rispetto alla prospettazione dei fatti avanzata dalla parte e contenuta negli atti del procedimento.

3.15. Resta da rilevare l’inconferenza della prospettazione, di segno parzialmente diverso rispetto a quella desumibile dagli atti del procedimento, quale si ricava dalla lettura dei mezzi di impugnazione qui in esame e stando alla quale il ritardo nell’avvio del cantiere sarebbe dipeso dalla necessità di acquisizione dei provvedimenti di competenza provinciale e che la P.A.T. non aveva emesso nei tempi dalla stessa previsti nella fase di legittimazione delle opere da realizzare e da appaltare.

La scarsa concludenza di questa deduzione consegue al fatto che: i) essa si pone in apparente contrasto con quanto enunciato in sede amministrativa; ii) le ragioni della imputabilità all’ente provinciale piuttosto che a quello comunale risultano del tutto prive di una argomentata e motivata delucidazione. La prospettazione di parte appare, sul punto, complessivamente nebulosa e, comunque, non in grado di contraddire efficacemente le risultanze e le deduzioni rese in corso di procedimento e sulle base delle quali l’amministrazione era chiamata a determinarsi; iii) in ogni caso, come già esposto, il criterio della non imputabilità non opera che in funzione residuale rispetto a meccanismi di responsabilità risarcitoria riconducibili a soggetti terzi, tra i quali si può includere anche l’ente preposto al rilascio dei titoli abilitanti la realizzazione dell’opera.

4. Ciò posto, la mancanza del requisito della “ non imputabilità ” dell’evento sospensivo rende del tutto irrilevante la sussistenza o meno dell’ulteriore requisito della “ transitorietà ” della stasi aziendale, tenuto conto che per poter ottenere l’ammissione alla cassa integrazione guadagni ordinaria è necessaria la titolarità di entrambi i presupposti. Quanto esposto risulta pertanto sufficiente ad acclarare l’infondatezza della pretesa avanzata dalla parte ricorrente e vale ad escludere ogni doglianza riferita ad una supposta carenza motivazionale degli atti di diniego impugnati.

4.1. In ogni caso, anche a voler affrontare nel merito il secondo profilo della “ transitorietà ” è d’uopo considerare che, secondo l’orientamento cui questa Sezione aderisce, nella fase di attesa dell'inizio dei lavori in un cantiere non può ritenersi che si sia in presenza di una " sospensione " idonea a costituire una causa idonea ai fini della integrazione salariale (Cons. Stato, sez. VI, 20 maggio 2005, n. 2564). In altri termini, la sospensione temporanea presuppone che la relativa causa intervenga nello svolgimento dell'attività lavorativa e non prima dell’inizio dei lavori di un cantiere;
mentre il solo fatto che sia prevista l'apertura di un nuovo cantiere può costituire elemento valutabile ai fini della concessione del diverso beneficio del trattamento speciale di disoccupazione (così Cons. Stato, sez. VI, 7 settembre 2012, n. 4748, nel solco di Cons. Stato, sez. VI, 20 maggio 2005, n. 2564).

4.2. Sennonché, nel caso di specie, dalle dichiarazioni della società Mlla Costruzioni allegate alle domande amministrative si evince:

- « Che la sospensione dell’attività lavorativa …è stata dovuta alla mancanza di lavoro, causata dai tempi intercorrenti tra l’aggiudicazione avvenuta in data 23.5.2013 dei lavori di “Costruzione dell’edificio centrale relativo alla realizzazione dell’impianto idroelettrico sul torrente Meledrio” in Dimaro e la firma del Contratto per la successiva esecuzione dei lavori » (cfr. allegati INPS sub doc. nn. 8, 9 e 10);

- dal verbale di consultazione sindacale del 23 gennaio 2014 emerge che « …(omissis) … L’Azienda ha reso noti: 1) i motivi: temporanea carenza di commesse … (omissis) … » (così il verbale di consultazione sindacale, sub doc. n. 16 INPS);

- su queste premesse correttamente il Comitato Amministratore ha rilevato, nel preambolo della propria deliberazione, che si trattava di un « … mancato avvio … » del cantiere sul fiume Meledrio, e questa impostazione è stata condivisa dal T.R.G.A. che ha ravvisato nella vicenda de qua l’ipotesi non già della sospensione di un cantiere, ma dell’attesa della consegna e del conseguente avvio dei lavori;

- di tanto offrono ulteriore riscontro le allegazioni contenute nell’atto di appello le quali fanno riferimento alla sottoscrizione del contratto « il quale veniva perfezionato il 07.08.2014 » e alla consegna dei lavori avvenuta « … a seguito della sottoscrizione del contratto, il giorno 11.8.2014 … per la cui esecuzione l’odierna appellante è stata immediatamente costretta ad assumere nuovo personale » (pag. 6 atto di appello). Entrambe le evenienze (sottoscrizione e consegna dei lavori) si collocano in epoca posteriore alla pretesa fase di sospensione dei lavori. Per contro, la temporaneità della causa integrabile nel settore edile postula inequivocabilmente che l’attività lavorativa riprenda una volta venuta meno la causa transitoria che ha determinato la sospensione dell’attività di uno specifico cantiere in corso di svolgimento, il che esclude che possa farsi riferimento a cantieri diversi.

5. Resta da aggiungere che neppure l’asserita discordanza e contraddittorietà dei provvedimenti assunti nel medesimo lasso temporale, ma con esiti differenziati e solo in alcuni casi favorevoli alla parte istante, può costituire valido argomento per censurare di illegittimità gli opposti dinieghi. Depone in senso contrario la considerazione generale secondo cui un provvedimento amministrativo legittimo non può divenire viziato (e viceversa) perché in passato fu seguito un difforme modus operandi , non potendosi giudicare della legittimità di un atto alla luce della circostanza che in passato furono emessi provvedimenti di analogo tenore e contenuto;
né l'errore eventualmente commesso in alcuni casi può costringere l'Amministrazione a perseverare nel medesimo errore, dal che consegue che l’eccesso di potere per disparità di trattamento non può fondarsi su precedenti provvedimenti illegittimi, in quanto questi non possono essere invocati per pretendere ulteriori provvedimenti che violino anch'essi la legge (Cons. Stato, sez. IV, 1° giugno 2018, n. 3310;
Cons. Stato, sez. IV, 1° giugno 2016, n. 2318).

6. Da ultimo va respinto anche il rilievo riferito alla impropria compressione delle facoltà partecipative e controdeduttive asseritamente patito dalla parte appellante nel corso del procedimento, e ciò in quanto:

- non è stato dimostrato in concreto che per effetto del termine assegnatole la parte non abbia potuto svolgere adeguatamente il proprio diritto al contraddittorio;

- al contrario, dalla narrativa in atti risulta che la società ha fornito “ all’INPS tutte le delucidazioni richieste ” (cfr. pag. 7 atto di appello);

- in ogni caso, sotto un diverso e comunque assorbente profilo, la conclamata e oggettiva carenza dei presupposti applicativi dell’istituto invocato renderebbe recessiva, ai sensi dell’art. 21 octies L. 241/1990, l’eventuale violazione procedimentale lamentata dalla parte, anche laddove la stessa trovasse riscontro nei passaggi del procedimento amministrativo.

7. All’esito conclusivo di reiezione dei due appelli consegue la regolamentazione secondo il criterio della soccombenza delle spese di lite, le quali vengono liquidate come da dispositivo in considerazione della convergenza contenutistica delle questioni trattate nei due giudizi e del tenore delle difese in atti.

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