Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2016-12-15, n. 201605303
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Pubblicato il 15/12/2016
N. 05303/2016REG.PROV.COLL.
N. 02128/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 2128 del 2013, proposto dal signor M C, rappresentato e difeso dagli avvocati G P (C.F. PSCGNN64R12B180E) e M G C (C.F. CRCMGR76S46I199H), con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G P in Roma, piazza Borghese, n. 3;
contro
Il Ministero dell'Interno, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;
per la revocazione
della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. III n. 3974/2012, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1° dicembre 2016 il pres. Luigi Maruotti e uditi per le parti l’avvocato G P e l'avvocato dello Stato Maria Vittoria Lumetti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con atto del 16 novembre 2010, il Ministero dell’Interno ha comunicato al ricorrente la sua esclusione dal concorso per il reclutamento di 814 vigili del fuoco, poiché – all’esito della relativa visita medica – è stata riscontrata una «personalità schizotipica che potrebbe rendere i rapporti sociali più difficoltosi della media. D.M. 11/3/2008, n. 78, art. 2, comma 1, lett. c)».
L’interessato ha impugnato l’atto di esclusione innanzi al TAR per il Lazio, che ha respinto il ricorso con la sentenza n. 4513 del 2011.
2. Con l’appello n. 673 del 2012, egli ha impugnato la sentenza del TAR ed ha chiesto che – in sua riforma – il ricorso di primo grado sia accolto.
Questa Sezione, con la sentenza n. 3974 del 2012, ha respinto l’appello ed ha compensato tra le parti le spese del giudizio.
3. Col ricorso in esame, l’interessato ha impugnato per revocazione la sentenza n. 3974 del 2012 ed ha chiesto che in sede rescissoria sia accolto l’appello n. 673 del 2012, con il conseguente accoglimento del ricorso di primo grado e con l’annullamento dell’impugnato atto di esclusione dal concorso.
Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio ed ha chiesto che il ricorso per revocazione sia dichiarato inammissibile, ovvero che sia respinto, perché infondato.
4. All’udienza del 1° dicembre 2016, la causa è stata trattenuta per la decisione.
5. Dopo aver ricostruito i fatti che hanno condotto alla presente fase del giudizio, il ricorrente – da p. 3 a p. 9 – ha articolato le proprie censure.
5.1. Egli innanzitutto ha lamentato che, nella prima parte del punto 6.4. della motivazione della sentenza n. 3974 del 2012, questa Sezione sarebbe incorsa in un errore di fatto (nella parte in cui la sentenza ha osservato che «il mancato rinvenimento dei corrispondenti fogli di annotazione in sede di accesso agli atti o della scheda corrispondente al colloquio psichiatrico … ha una spiegazione nella lettera dell’Amministrazione all’appellante del 30 agosto 2011, successiva all’accesso agli atti del 26 luglio, dalla quale risulta che non è stato consentito l’accesso al software utilizzato per la valutazione della personalità del candidato e alla scheda a lui effettivamente sottoposta»).
Ad avviso del ricorrente, dalla ricostruzione effettuata da due periti tecnico esperti in materia e ricercatori presso l’Università «La Sapienza» di Roma, mancava il foglio di annotazione delle risposte con le risposte fornite dal candidato, dal che si dovrebbe desumere che, mancando il foglio di annotazione, non sarebbero state poste domande per verificare la validità di quanto emerso dal test, che, conseguentemente, si dovrebbe considerare inaffidabile.
5.2. Il ricorrente ha altresì lamentato che la parte finale del medesimo punto 6.4. della motivazione sarebbe basata su un errore di fatto, poiché si è riferita ai risultati del questionario, che sarebbero stati «arbitrariamente ritenuti esemplificativi di un’organizzazione di personalità segnata da caratteristiche di schizopatia, senza nessun tipo di giustificazione psicometrica e psicodiagnostica».
Ad avviso del ricorrente, tenuto anche conto della perizia di parte presentata, la sentenza sarebbe incorsa in un errore di fatto conseguente ad uno «scorretto impiego di risultanze testologiche, che nulla dicono in ordine alla mancanza di requisiti relazionali del candidato», come anche si potrebbe desumere dal giudizio di idoneità, formulato dal Dipartimento militare di medicina legale di Caserta.
Inoltre, la sentenza impugnata non avrebbe preso in esame i contenuti dei precedenti giudizio, sono risultati incompatibili, perché la commissione ha considerato l’interessato idoneo per il servizio discontinuo.
6. Così sintetizzate le deduzioni del ricorrente, ritiene la Sezione che esse sono inammissibili.
In sostanza, l’interessato ha chiesto un complessivo riesame delle questioni controverse e che sono state decise con la sentenza n. 3974 del 2012, ciò che non è consentito dalle regole processuali.
Per la pacifica giurisprudenza (Cons. St., Ad. Plen., 24 gennaio 2014, n. 5;10 gennaio 2013, n. 1;22 gennaio 1997, n. 3;Sez. III, 30 settembre 2016, n. 4049), ai sensi dell’395, n. 4), del c.p.c. (per come ora richiamato dall’art. 106 del c.p.a.), la revocazione di una sentenza può esservi quando l’errore di fatto:
a) deriva da una pura e semplice, errata o mancata percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, facendo cioè ritenere esistente un fatto documentalmente escluso ovvero inesistente un fatto documentalmente provato;
b) attiene ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato;
c) è stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò di un rapporto di causalità tra l’erronea presupposizione e la pronuncia stessa.
L’«abbaglio dei sensi» sussiste quando il giudice il quale, per l’erronea percezione degli atti di causa, abbia ritenuto esistente un fatto palesemente escluso dal materiale acquisito al fascicolo ovvero inesistente un fatto che palesemente emerge dagli atti di causa.
Si prospetta invece un errore di giudizio, avverso il quale non è ammesso il rimedio revocatorio, quando si deduca che il giudice sia incorso nel valutare il materiale del quale abbia compiutamente preso conoscenza.
L’errore revocatorio va dunque escluso, quando il punto relativo sia stato espressamente preso in considerazione dal giudice, poiché la la parte soccombente non può chiedere, col ricorso per revocazione, che vi sia un non consentito terzo grado di giudizio.
Nel caso di specie, la sentenza impugnata:
- ha esaminato tutti gli atti depositati;
- ha motivatamente ritenuto di non accogliere l’istanza di verificazione, formulata dall’interessato;
- ha preso in considerazione le risultanze della consulenza tecnica degli esperti dell’Università «La Sapienza» e quelle della consulenza di parte;
- ha considerato irrilevante il fatto che l’Amministrazione non abbia presentato proprie osservazioni in ordine alla consulenza tecnica di parte, depositata il 22 febbraio 2012;
- ha specificamente esposto le ragioni per le quali non ha ravvisato «un’effettiva carenza tecnica nella somministrazione del test», anche in considerazione dell’esito del colloquio;
- ha esposto le ragioni per le quali ha considerato irrilevante il «mancato rinvenimento dei corrispondenti fogli di annotazione in sede di accesso agli atti o della scheda corrispondente al colloquio psichiatrico»;
- ha escluso che, anche per le modalità con le quali sono stati acquisiti gli elementi istruttori, vi sia stata alcuna disparità di trattamento.
La sentenza impugnata si basa dunque su una articolata ratio decidendi , che ha preso dettagliatamente in considerazione non solo gli atti posti in essere nel corso del procedimento amministrativo, ma anche la documentazione depositata nel corso del complessivo giudizio di cognizione, giungendo alla conclusione della adeguatezza della documentazione e della infondatezza delle censure dell’interessato.
7. Per le ragioni sopra esposte, non potendo esservi un sostanziale terzo grado di giudizio, il ricorso per revocazione in esame va dichiarato inammissibile.
La condanna al pagamento delle spese del giudizio segue la soccombenza. Di essa è fatta liquidazione nel dispositivo.