Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-05-11, n. 202203720

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-05-11, n. 202203720
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202203720
Data del deposito : 11 maggio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/05/2022

N. 03720/2022REG.PROV.COLL.

N. 10831/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10831 del 2021, proposto dal sig.
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati D F e P S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Ministero della difesa ed il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la -OMISSIS- (Sezione Quarta) n. -OMISSIS-, resa tra le parti, sul ricorso volto all’annullamento del decreto emesso dal Comandante del Gruppo Carabinieri di -OMISSIS- n. 280/8 di prot. del 10.07.2020, con il quale è stato respinto il ricorso gerarchico presentato avverso il provvedimento della sanzione disciplinare di corpo di 3 giorni di consegna emesso dal Comandante della Compagnia Carabinieri di -OMISSIS- in data 17 marzo 2020;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della difesa e del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 aprile 2022 il Cons. Maria Stella Boscarino e udito per la parte appellante l’avv. P S;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado l’odierno appellante ha impugnato il decreto emesso dal Comandante del Gruppo Carabinieri di -OMISSIS- n. 280/8 di prot. del 10.07.2020 di rigetto del ricorso gerarchico presentato avverso la sanzione disciplinare di corpo di giorni tre di consegna, irrogata dal Comandante della Compagnia Carabinieri di -OMISSIS- per la mancata astensione da attività di indagini di polizia giudiziaria, nonostante la persona oggetto di indagine fosse assistita dalla moglie del ricorrente, la quale svolge la professione di avvocato.

2. Con la sentenza n. -OMISSIS- appellata il T.a.r. -OMISSIS- ha respinto il ricorso.

2.1. Quanto alla censura di tardività dell’atto di irrogazione della sanzione, il Giudice di prime cure, dopo aver premesso che la “consegna” rientra fra le sanzioni disciplinari “di corpo”, che si contrappongono a quelle di “stato”, ha precisato che, nel caso della prima tipologia di sanzioni, la giurisprudenza amministrativa è concorde nell’affermare che la locuzione “senza ritardo” non debba essere intesa in senso rigido (quasi sinonimo di “immediatezza”), ma secondo criteri di ragionevolezza.

Nel caso di specie l’azione disciplinare è scaturita dall’iniziativa dell’Autorità Giudiziaria Penale, che ha trasmesso un’articolata nota, pervenuta nel mese di settembre 2019 e comprensiva di tutti gli atti del procedimento penale, con conseguente tempestività dell’atto di contestazione nel successivo mese di dicembre 2019.

2.2. Il T.a.r. ha escluso la lamentata contraddittorietà fra l’atto di contestazione dell’addebito disciplinare e la misura sanzionatoria finale, avente a presupposto i medesimi fatti oggetto dell’avviso di avvio del procedimento.

2.3. Il Giudice di prime cure ha, poi, ritenuto infondati il terzo mezzo (relativo al preteso difetto di motivazione e di istruttoria) ed il quarto motivo (volto a dimostrare l’insussistenza di alcun obbligo di astensione), argomentando che, a fronte dell’attività difensiva svolta dal coniuge in una indagine in parte affidata alla stessa stazione dei Carabinieri di cui il ricorrente è vice comandante, quest’ultimo avrebbe dovuto avvisare il suo superiore dell’ipotetico rischio di conflitto di interessi ed astenersi da ogni condotta – comunque collegata a quella di indagine – che potesse ledere il prestigio dell’Autorità Militare. L’esponente ha invece predisposto una relazione di servizio, sottoscritta dal suo superiore, inerente le indagini, circostanza non rispettosa dei doveri nascenti dagli articoli 713 e 717 del DPR n. 90/2010;
inoltre tale comportamento ha suscitato il forte biasimo dell’Autorità Giudiziaria Penale, che ha finito per investire il Reparto di appartenenza dell’esponente.

2.4. Infine, è stata ritenuta infondata la censura volta a dimostrare che la sanzione irrogata (tre giorni di consegna) sarebbe limitativa della libertà personale, secondo gli indici eurounitari.

3. Avverso la decisione il militare ha proposto l’appello in epigrafe, lamentando, sotto svariati profili, l’erroneità della statuizione, tra l’altro, perché:

- nessuna delega è mai stata rilasciata dal P.M. procedente al Comando Stazione Carabinieri di -OMISSIS-;

- il ricorrente, in ottemperanza all’ordine ricevuto, si è limitato a redigere la minuta della lettera di trasmissione, che non costituisce attività di polizia giudiziaria tipica (disciplinata dal codice di procedura penale) né “atipica”, ma attività meramente compilativa che non comporta alcun obbligo di astensione;

- il Giudice di primo grado avrebbe errato nel ritenere che, al momento della redazione della suddetta minuta, la coniuge del ricorrente rivestisse la qualifica di difensore della persona sottoposta ad indagine, in quanto la difesa venne assunta solo in data 23 luglio 2019, ovvero un mese dopo;

- il ricorrente non era a conoscenza degli incarichi conferiti alla di lui coniuge;

- la disobbedienza all’ordine concernente la consegna è pesantemente sanzionata dalla giustizia penale militare, per cui la sanzione in esame riveste i criteri indicati dalla giurisprudenza europea per la definizione di sanzione penale.

4. Il Ministero della difesa si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.

5. La domanda cautelare è stata accolta ai sensi dell’art. 55 comma 10 c.p.a., ai soli fini della fissazione dell’udienza di merito, in vista della quale l’appellante con memoria ha ulteriormente illustrato le proprie difese.

6. All'udienza pubblica del giorno 26 aprile 2022, esaurita la discussione orale, il ricorso è passato in decisione.

DIRITTO

7. Il Collegio ritiene il ricorso infondato.

8. In punto di fatto occorre sottolineare che l’azione disciplinare scaturisce dall’iniziativa del Dr. -OMISSIS-, pubblico ministero presso la Procura della Repubblica di -OMISSIS-, il quale, con nota del 5.9.2019, segnalava al Comandante della Compagnia Carabinieri di --OMISSIS- che il coniuge del ricorrente (avvocato) aveva assunto la difesa di un indagato per il reato di maltrattamenti, a causa dei quali la moglie ed i figli minori dell’indagato erano stati collocati in una struttura protetta, e che le indagini erano state svolte anche dai Carabinieri di --OMISSIS-, località dove il militare risultava risiedere con il proprio coniuge svolgendovi il ruolo di vice comandante.

Il magistrato evidenziava, tra l’altro, che nel corso delle indagini erano emersi gravi comportamenti da parte dell’indagato volti ad influire sulle dichiarazioni della moglie e dei minori, soggetti particolarmente deboli ed in stato di soggezione psicologica, nonché dei testi a conoscenza dei maltrattamenti;
il coniuge dell’odierno appellante, quale legale dell’indagato, aveva inoltrato ad uno dei testi, in data 3.6.2019, l’intimazione ad astenersi dal rendere dichiarazioni accusatorie.

Altra teste aveva riferito (verbale del 20.6.2019) come l’indagato si fosse vantato di essere assistito dalla moglie del vice comandante della Stazione dei Carabinieri di -OMISSIS-, millantando di poter ottenere qualsiasi tipo di informazioni, inclusa l’ubicazione della struttura protetta.

Il magistrato rimarcava come l’odierno appellante non si fosse astenuto dal redigere una relazione di servizio (sottoscritta dal superiore), nonostante la moglie difendesse già l’indagato in altro e precedente procedimento avanti al Tribunale per i minorenni, non segnalando nemmeno la circostanza al proprio Comandante, cosa che avrebbe potuto compromettere le indagini, e sottolineava, in generale, la gravità della circostanza che il militare ricoprisse il ruolo di vice comandante della Stazione dei Carabinieri di -OMISSIS-, il cui circondario rientra nella competenza dell’autorità giudiziaria di -OMISSIS-, nel cui foro il coniuge svolge prevalentemente l’attività di avvocato penalista.

9. Tanto premesso, e venendo all’esame dei vari profili di ricorso, se ne ravvisa l’infondatezza.

9.1. Quanto alla tempestività dell’avvio del procedimento, la sentenza appellata effettua un ampio excursus sulle sanzioni disciplinari di corpo e di stato previste per il personale militare dagli artt. 1357 e 1358 del d.lgs. n. 66/2010, individuando il discrimine tra le due tipologie di sanzioni nell'interesse pubblico da tutelare: per l'infrazione lesiva dell'interesse particolare del "Corpo" va inflitta una sanzione di corpo, mentre, ove l'infrazione leda l'interesse generale dell'Amministrazione militare, se non della collettività, dovrà irrogarsi una sanzione disciplinare di stato.

Le sanzioni di stato, quindi, attengono a violazioni della disciplina militare cui consegue un effetto esterno alla medesima compagine militare, invece le sanzioni di corpo esauriscono la loro funzione all'interno della citata organizzazione e, quindi, rispondono a una finalità educativa del punito in base alle esigenze delle Forze Armate (cfr. Consiglio di Stato sez. II, 31/01/2022, n.667, e Sez. IV, 7 luglio 2000, n. 3835).

Il procedimento per le sanzioni militari di corpo non prevede alcun termine perentorio per l'instaurazione del procedimento medesimo, essendo stabilito unicamente che debba provvedersi « senza ritardo », con previsione di un termine sollecitatorio dell'attività amministrativa.

Infatti, nella disciplina del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66, codice dell'ordinamento militare, per le sanzioni di corpo, come quella inflitta nel caso di specie, non sono previsti gli specifici termini di svolgimento del procedimento disciplinare indicati per la sanzioni di stato (cfr. artt. 1392 e segg. del d.lgs. n. 66 del 2010), essendo stabilito che " il procedimento disciplinare deve essere instaurato senza ritardo ", ove la clausola " senza ritardo " costituisce il riferimento per la valutazione in concreto, nelle singole fattispecie, del tempo trascorso tra la conoscenza dei fatti da parte dell'Amministrazione e la contestazione degli addebiti all'interessato.

Secondo la giurisprudenza di questo Consiglio, tale clausola reca una " regola di ragionevole prontezza nella contestazione degli addebiti (Cons. Stato, sez. II, 20 febbraio 2020, n. 1296) ", che postula il contemperamento dell'esigenza dell'Amministrazione " di valutare con ponderazione il comportamento dell'incolpato sotto il profilo disciplinare " con quella di evitare che " un'eccessiva distanza di tempo dai fatti possa rendere più difficile per l'inquisito l'esercizio del diritto di difesa (Consiglio di Stato sez. II, 12/10/2020, n.6058 Cons. Stato, sez. IV,. 26 marzo 2010, n. 1779) ".

Ciò premesso, considerato che l’avvio del procedimento, nel caso in esame, è scaturito da un’articolata relazione del pubblico ministero, con allegati tutti gli atti del procedimento penale, imponendo, quindi, all’Amministrazione di valutare i numerosi elementi indicati nella relazione dell’Autorità giudiziaria penale, tre mesi dalla segnalazione costituiscono un arco di tempo ragionevole (anche nell’interesse dell’incolpato ad un attento esame di tutti i fatti) e che certamente non ha comportato una dilatazione tale da compromettere l'esercizio del diritto di difesa.

9.2. La censura secondo la quale il T.a.r. avrebbe errato (come l’Amministrazione procedente) nel qualificare l’attività volta dal ricorrente, non consistente, in tesi, in attività di polizia giudiziaria tipica e nemmeno atipica, introduce una questione irrilevante al fine di valutare la consistenza disciplinare dei fatti.

Ammesso che quella del ricorrente si riduca a mera attività di compilazione, la circostanza non sminuisce la gravità del fatto, in quanto è evidente come il militare si sia comunque ingerito –venendo a conoscenza di particolari destinati altrimenti ad essere coperti dal massimo riserbo- in un’attività di investigazione, in un contesto particolarmente delicato (il cliente del coniuge dell’appellante, si ricorda, era indagato per gravi maltrattamenti in famiglia a seguito dei quali la moglie e i figli minori erano stati trasferiti in una località protetta).

D’altra parte, ove la circostanza dei rapporti professionali tra l’indagato e la moglie del ricorrente fosse stata palesata al Comandante, è certo che l’appellante sarebbe stato esonerato da qualsiasi attività che ne consentisse la conoscenza dei fatti d’indagine, ivi inclusa quella (meramente) preparatoria.

9.3. Ciò detto, per costante giurisprudenza (cfr., tra i più recenti, Consiglio di Stato, Sez. IV, 29 marzo 2021, n. 2629, e i precedenti ivi elencati), " la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all'applicazione di una sanzione disciplinare costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità, salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l'evidente sproporzionalità e il travisamento. In particolare, le norme relative al procedimento disciplinare sono necessariamente comprensive di diverse ipotesi e, pertanto, spetta all'Amministrazione, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l'infrazione e il fatto, il quale assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità ( ex multis , Consiglio di Stato, Sez. III, 5 giugno 2015, n. 2791;
Sez. VI, 16 aprile 2015, n. 1968) ".

Nel caso in esame, non appaiono sussistere i vizi sopra richiamati, in quanto la circostanza che l’indagine riguardasse un cliente del coniuge del militare è tale da palesare una situazione di (possibile) “ interesse proprio o di un prossimo congiunto ”, a base del dovere generale di astensione, in coerenza col principio d'imparzialità dei pubblici ufficiali ex art. 97 Cost.;
ma, anche a non condividere tale conclusione, già la semplice circostanza che all’esterno possa apparire che il legale dell’indagato abbia la possibilità di un accesso preferenziale ad informazioni secretate nell’ambito di un procedimento penale (e di fatti, secondo la testimonianza riportata nella relazione del pubblico ministero, è proprio quanto ha millantato l’indagato) è tale da ingenerare sfiducia nell’operato delle forze dell’ordine arrecando grave vulnus all’immagine dell’Amministrazione.

9.3. Il D.Lgs. n. 66/2010, recante il Codice dell'ordinamento militare, dopo aver fissato il principio di gradualità delle sanzioni in relazione al tipo di condotta posta in essere, alla gravità della stessa e alla natura dell'elemento soggettivo che la assiste (articolo 1355), e dopo aver distinto tra sanzioni di corpo (tra le quali quella per cui è causa) e sanzioni di stato, stabilisce che costituisce illecito disciplinare qualunque violazione dei doveri di servizio e della disciplina militare (articolo 1352).

La tipizzazione delle singole fattispecie è poi contenuta nel D.P.R. n. 90/2010 (T.U. delle norme regolamentari in materia di ordinamento militare).

Ora, la condotta sanzionata con il provvedimento qui impugnato rimanda - tramite il disposto dell'artt. 1350 comma 3 d.lgs. 66/2010 (" quando non ricorrono le suddette condizioni i militari sono comunque tenuti all'osservanza delle disposizioni del codice e del regolamento che concernono i doveri attinenti al giuramento prestato.. ") - all'art. 713, comma 2, DPR 90/2010 (" egli deve astenersi, anche fuori servizio, da comportamenti che possono comunque condizionare l'esercizio delle sue funzioni, ledere il prestigio dell'istituzione cui appartiene.. "), il quale delinea in termini lati l'ambito dei comportamenti del militare che possano entrare in contrasto con i doveri di fedeltà e lealtà cui egli deve attenersi e, indirettamente, incidere negativamente sull'immagine e sul prestigio dell'amministrazione di appartenenza.

L'articolo 751 D.P.R. n. 90/2010 prevede, di regola, per tale genere di ipotesi disciplinari la sanzione della consegna di rigore, che quindi risulta coerente con l’accertamento dei fatti.

10. Viene in rilievo la censura volta a sostenere che la relazione predisposta dal militare (nel mese di giugno 2019) sarebbe anteriore di un mese rispetto l’incarico conferito alla moglie (nel mese di luglio 2019).

In disparte l’inammissibilità del profilo, che non ha costituito oggetto di ricorso gerarchico, comunque la censura è infondata.

La data in cui all’avvocato coniuge dell’appellante venne affidato l’incarico di assistenza nello specifico procedimento penale risulta del tutto irrilevante, in quanto la relazione del pubblico ministero segnalava la mancata astensione del militare dallo svolgimento dei compiti di polizia giudiziaria nonostante la moglie difendesse già l’indagato innanzi al Tribunale per i minorenni. Infatti, come ammesso dallo stesso ricorrente proprio in sede di ricorso gerarchico (pag.14), il soggetto sottoposto ad indagine nel procedimento penale che ha originato il procedimento disciplinare per cui è causa era già in precedenza cliente della moglie del militare, nell’ambito di un procedimento di decadenza genitoriale dinanzi al Tribunale per i minorenni di -OMISSIS- e successivo giudizio in appello. Infatti, veniva allegato al ricorso gerarchico l’atto di nomina del proprio coniuge conferito nell’ambito del procedimento civile, nomina datata 9 maggio 2019 e depositata il successivo 10 maggio presso il Tribunale per i minorenni.

Risulta quindi comprovato che, in data ben anteriore all’attività di indagine, il soggetto in questione era divenuto cliente del coniuge del militare, la quale, infatti, come risulta dalla relazione del pubblico ministero, aveva provveduto, il 3 giugno 2019, ad inoltrare una diffida, nella qualità di difensore di fiducia dell’indagato, ad una teste affinché si astenesse dal rendere dichiarazioni accusatorie a carico del suo cliente.

Inoltre, la relazione del pubblico ministero rimarca come il 20 giugno 2019 una testimone avesse affermato di conoscere il luogo di collocamento delle vittime in quanto riferitole dallo stesso indagato, il quale aveva millantato la possibilità di ottenere qualunque tipo di informazione relativa al procedimento in quanto assistito dall’avvocato moglie del vice comandante della Stazione dei Carabinieri.

La censura risulta quindi infondata.

11. Sostiene ulteriormente l’appellante che, per ragioni di riservatezza, la moglie non può rendergli noti i nominativi dei propri clienti, sicché egli non poteva essere a conoscenza della causa di astensione.

Senza indugiare sulla plausibilità dell’assunto - considerato, fra l’altro, che i coniugi, che convivono presso i locali della Stazione Carabinieri di -OMISSIS-, non possono non essere consapevoli della necessità di evitare la sovrapposizione tra situazioni professionali incompatibili - deve comunque rilevarsi che la situazione anomala nella quale si trova il ricorrente, il quale opera quale vice comandante in una Stazione dei Carabinieri che ricade nell’ambito del medesimo circondario ove la moglie svolge attività di avvocato penalista, come sottolineato nella relazione del pubblico ministero, espone inevitabilmente il ricorrente a tale tipologia di incidenti;
avendo rilevato l’impossibilità, per ragioni di riservatezza connesse ai doveri professionali del legale, di tenersi aggiornato sulla consistenza della clientela del coniuge, il militare avrebbe dovuto valutare lo spostamento ad altra sede di servizio piuttosto che pretendere di accollare all’Amministrazione le conseguenze della propria anomala condizione.

12. Il Collegio ritiene infondato anche l’ultimo profilo, relativo alla consistenza del provvedimento disciplinare quale provvedimento sanzionatorio di natura afflittiva.

Per pacifica giurisprudenza, il procedimento disciplinare ha natura amministrativa e sfocia in un provvedimento non giurisdizionale (Corte Cost. n. 356/95;
cfr. anche Corte Cost. n.406/2000). Né la consegna di rigore ha un contenuto afflittivo omologo alla sanzione penale della reclusione militare.

Questo Consiglio, con decisione della Sez. IV n. 2179 del 29/4/2015, ha chiarito che, in tema di provvedimenti disciplinari a carico del personale militare, non esiste alcun contrasto fra la normativa europea e quella nazionale sotto il profilo che quest'ultima prevede la sanzione della consegna di rigore, ritenuta limitativa della libertà personale e quindi illegittima in quanto adottabile da autorità amministrativa, cui non sono attribuiti poteri di tale genere;
ed invero la sanzione della consegna di rigore non ha il ritenuto carattere di limite alla libertà personale, in quanto, se è vero che l'art. 1358 (« Sanzioni disciplinari di corpo ») del d.lg. 15 marzo 2010 n. 66 (« Codice dell'ordinamento militare ») impone « di rimanere, fino al massimo di quindici giorni, in apposito spazio dell'ambiente militare - in caserma o a bordo di navi - o nel proprio alloggio », è del pari vero che il successivo art. 1362 prevede, per un verso, che i locali destinati ai puniti di consegna di rigore hanno caratteristiche analoghe a quelle degli altri locali della caserma adibiti ad alloggio, escludendo per tali ragioni un'assimilabilità a strutture detentive e, per altro verso, che la disposizione prevede un mero potere di controllo dell'esecuzione della sanzione, senza consentire l'impiego di strumenti di restrizione di qualsiasi genere;
inoltre la struttura della sanzione, più che concretare una misura restrittiva della libertà personale, viene a configurarsi come un mero obbligo giuridico, il cui mancato rispetto può eventualmente essere posto solo a fondamento di ulteriori interventi disciplinari dell'Amministrazione.

Alla stregua del precedente, dal quale non si ravvisano ragioni per discostarsi, anche questa censura risulta infondata.

13. Conclusivamente, l’appello dev’essere respinto.

Le spese, come per legge, seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

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