Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2018-06-13, n. 201803625

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2018-06-13, n. 201803625
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201803625
Data del deposito : 13 giugno 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/06/2018

N. 03625/2018REG.PROV.COLL.

N. 05939/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso iscritto al numero di registro generale 5939 del 2017, proposto da
Regione Lombardia, in persona del Presidente della Regione in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato P P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. G P in Roma, Piazzale delle Belle Arti, 2;

contro

Italcave 2000 s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati G M e L M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. L M in Roma, via F. Confalonieri, 5;

nei confronti

Provincia di Como, Comune di Cucciago, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia n. 01105/2017, resa tra le parti, concernente PIANO CAVE DI COMO - DELIBERA DI CONSIGLIO REGIONALE LOMBARDIA N. 499/2014 LIMITATAMENTE ALLA PRESCRIZIONE RIFERITA AD ATEG1


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Italcave 2000 s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 marzo 2018 il Cons. Federico Di Matteo e uditi per le parti gli avvocati Tamborino per delega di Pujatti, e Andrea Manzi in dichiarata delega di L M;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La società Italcave 2000 s.r.l. opera nel settore estrattivo degli aggregati di cava (ghiaia e sabbia) e nella produzione e vendita di calcestruzzo pronto per l’uso. Essa svolge la sua attività nell’Ateg1 (ambito territoriale estrattivo) così denominato nel piano cave della Provincia di Como.

2. Con deliberazioni 24 gennaio 2011 e 25 gennaio 2011 il Consiglio provinciale della Provincia di Como ha elaborato la proposta di piano cave ai sensi dell’art. 7, comma 1, l. reg. Lombardia 8 agosto 1998, n. 14 [ Nuove norme per la disciplina della coltivazione di sostanze minerali di cava ].

2.1. Con riguardo all’Ateg1 era previsto un ampliamento dell’area di cava finalizzato a consentire l’estrazione di 2,4 milioni di metri cubi di materie prime, reputate sufficienti a soddisfare le esigenze di materie prime del comprensorio di operatività della società.

2.2. Prima della deliberazione finale la Provincia aveva sottoposto le previsioni del piano cave a procedura di VAS – valutazione ambientale strategica che, in relazione all’ampliamento dell’Ate g1, si concludeva con una valutazione positiva non ritracciando l’autorità competente controindicazioni all’ampliamento collegate al criterio della sostenibilità ambientale.

2.3. La Provincia, nel rispetto dell’art. 7, comma 4, l. reg. 14 cit. domandava il parere del Comune di Cucciago nel quale l’ambito estrattivo è situato. Il Comune esprimeva parere negativo alla proposta di ampliamento in ragione dell’impatto visivo, acustico e di polveri decadenti dell’attività di cava;
domandava, pertanto, che l’ampliamento non avesse a superare la linea di colmo del piccolo rilievo morfologico situato tra l’Ateg1 e la via Montina.

L’osservazione, esaminata nell’ambito della procedura di VAS, veniva ritenuta non condivisibile dall’autorità competente in una nota adottata d’intesa con l’autorità procedente.

2.4. La proposta finale elaborata dalla Provincia non recepiva, dunque, le richieste del Comune di Cucciago.

3. La proposta di piano era così inviata alla Giunta regionale della Lombardia ai sensi dell’art. 8 l. reg. 14 cit. per la successiva trasmissione al Consiglio regionale previo esame ed inserimento, ove ritenute necessarie, di integrazione e modifiche.

3.1. In questa fase era disposta dalla Regione una nuova procedura di VAS all’esito della quale, in relazione all’Ateg1, erano espresse delle perplessità rispetto all’esito della precedente VAS provinciale per la mancata considerazione di talune caratteristiche ambientali (il contesto agro forestale), ed erano indicate delle prescrizioni quali, in particolare, la necessità che venisse “ ulteriormente verificata e valutata la perimetrazione dell’area di cava verso Est al fine di evitare attività di escavazione al di sopra di quota pari a 330 – 340 m. slm ”.

3.2. La predetta prescrizione era fatta propria dalla Giunta regionale nella delibera 965/2019 e di seguito dal Consiglio regionale nella delibera 28 ottobre 2014 n. X/499 di approvazione del piano cave che, per l’Ateg1, prevedevano appunto la prescrizione di “ Evitare attività di escavazione al di sopra della quota pari a 330-340m s.l.m .”.

4. La deliberazione di approvazione del piano cave adottata dal Consiglio regionale era impugnata dalla Italcave 2000 s.r.l. al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia;
nel giudizio si costituiva la Regione Lombardia che concludeva per il rigetto del ricorso.

4.1. Con sentenza sezione quarta, 17 maggio 2017, n. 1105, il Tribunale amministrativo ha accolto il ricorso nei sensi di cui in motivazione e condannato la Regione al pagamento delle spese di lite.

5. Propone appello la Regione Lombardia. Si è costituito in giudizio la Italcave 2000 s.r.l.;
le parti hanno presentato memorie. All’udienza dell’ 8°marzo 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. La sentenza impugnata ha disposto l’annullamento del piano cave della Provincia di Como approvato dal Consiglio regionale della Lombardia con delibera 28 ottobre 2014 n. X/499 quanto alle prescrizioni imposte all’Ateg1 per difetto di motivazione.

1.1. La sentenza ha precisato che, in presenza dell’ampliamento dell’area di cava finalizzata a consentire l’estrazione di un maggior quantitativo di materie prime consentito dalla proposta elaborata della Provincia, la Regione avrebbe dovuto motivare in maniera puntuale la scelta di limitare l’escavazione non oltre i 330 – 340m s.l.m., visto che tale limitazione comportava una sensibile riduzione del materiale estraibile. Le ragioni che sorreggono tale prescrizione, continua la sentenza, non si rinvengono né nella delibera di Giunta né in quella del Consiglio regionale e, tanto meno, sono intellegibili nel rapporto conclusivo della procedura di VAS regionale.

1.2. La sentenza ha, infine, rilevato una contraddittorietà tra il fabbisogno di estrazione di materiale indicato dal piano cave adottato, e confermato dalla Regione, e la sensibile riduzione della possibilità di escavazione che il limite stabilito in sede di VAS determina sull’attività dell’impresa.

2. Impugna la Regione Lombardia con appello affidato a due motivi.

3. Il primo motivo censura la sentenza di primo grado per “ Violazione di legge (D.lgs. n. 152/06, artt. 11 e ss – LR 14/1998, in particolare artt. 7 e 8). Errore di fatto e di diritto – mancata considerazione di elemento decisivo per la risoluzione della controversia ”.

3.1. Ritiene la Regione che il giudice di primo grado non abbia considerato che le ragioni a supporto della limitazione all’attività di escavazione entro i 330 – 340 m s.l.m. erano esposte nei provvedimenti regionali per relationem alla relazione conclusiva della procedura di VAS regionale;
la Giunta, infatti, ha recepito la limitazione suggerita dall’autorità competente per la VAS, trascrivendola sulla scheda di piano trasmessa al Consiglio, che, poi, l’avrebbe fatta propria, dando atto che, a conclusione della procedura di VAS, si erano rese necessarie modifiche alla proposta provinciale.

Quanto alla relazione conclusiva della VAS, la Regione appellante assume che la limitazione all’escavazione entro i 330 – 340 m s.l.m. troverebbe giustificazione nel rilievo, contenuto nel rapporto ambientale, dell’eventuale compromissione, in mancanza di tale limite, della copertura boschiva che caratterizza l’ambito valivo del Seveso e dei ripiani sottostanti.

3.2. Con il secondo motivo è contestata alla sentenza di primo grado “ Violazione di legge (D.LGS n. 152/06 – LR n. 14/1998) – Errore di fatto e di diritto – perplessità e insufficienza nella motivazione ”.

3.3. La Regione contesta la parte della sentenza per la contraddittorietà rilevata all’interno del piano tra l’entità del quantitativo di materiale del quale è consentita l’escavazione e la limitazione verticale della stessa;
secondo l’appellante essa troverebbe giustificazione nel fatto che il fabbisogno estrattivo (cui è connessa l’entità di materiale estraibile) recede dinanzi a ragioni di sostenibilità ambientale, quali quelle che hanno spinto a limitare l’estrazione.

4. I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati e vanno respinti. La sentenza impugnata merita integralmente conferma.

5. Con sentenza di questa sezione quinta, 13 dicembre 2012, n. 6383, il Consiglio di Stato, esaminando un piano cave della Regione Lombardia, ha precisato che in sede di approvazione del piano cave la Regione, cui la legge regionale lombarda attribuisce l’approvazione finale, non è tenuta a motivare specificatamente le scelte riguardanti le singole aree, salvo che non intenda discostarsi dalla proposta formulata dalla Provincia (il passaggio è il seguente: “ a) l'attività estrattiva di cava, pur non essendo assoggettata al previo rilascio del permesso di costruire, coinvolge interessi super individuali e valori costituzionali (ambiente, paesaggio, territorio, salute, iniziativa economica), incidendo sul governo del territorio sia per il suo rilevante impatto ambientale che per le esigenze economiche proprie dell'impresa esercente connesse allo sfruttamento delle sempre più scarse risorse naturali disponibili, con la conseguenza che, al pari dell'attività edilizia, non è mai completamente libera ma deve inserirsi in un contesto di interventi pianificati;
b) dalla natura programmatica dell'intervento pubblicistico e dai valori costituzionali in gioco ne discende che: I) in sede di approvazione del piano delle cave, in applicazione della norma sancita dall'art. 3, l. n. 241 del 1990, le scelte riguardanti le singole aree non abbisognano di una specifica motivazione in considerazione dell'elevato numero di destinatari e dell'interdipendenza reciproca delle varie previsioni, specie se poste a tutela dell'ambiente e del paesaggio;
nella regione Lombardia, però, essendo l'approvazione da parte del consiglio regionale atto terminale della sequenza procedimentale, da un lato, i vizi degli atti precedenti si propagano alla delibera di approvazione;
dall'altro, la delibera di approvazione non può scostarsi immotivatamente dalle valutazioni della provincia e della giunta regionale onde evitare arbitri
” e, in precedenza di uguale tenore, Consiglio di Stato, sezione VI, con sentenza 23 dicembre 2008, n. 6519).

5.1. Il principio dal quale il Collegio non intende discostarsi impone la verifica della adeguatezza della motivazione degli organi regionali all’atto di assumere una scelta pianificatoria diversa da quella proposta dalla Provincia.

6. La verifica nel caso in esame conduce alle conclusioni cui è pervenuto il giudice di primo grado e che questo Collegio condivide.

6.1. In sede di VAS provinciale era stata valutata la sostenibilità ambientale dell’ampliamento dell’Ateg1 e si era concluso nel senso dell’assenza di “ fattori di criticità ambientale ” constatato che i punteggi di “ criticità complessiva ” (tabella che tiene conto di tutte le caratteristiche dell’ambito estrattivo) risultavano di “ complessività medio – bassa ”.

La Provincia aveva respinto con parere motivato le perplessità esposte dal Comune di Cucciago all’ampliamento verso est dell’ambito estrattivo, precisando che “ L’arretramento del limite di cava richiesto comporterebbe perdite significative di giacimento cavabile .”.

6.2. A fronte di tali motivate scelte pianificatorie spettava alla Regione, che pure ne ha il potere, di esporre in maniera puntuale le ragioni della limitazione all’attività estrattiva, dandosi carico di articolare specifiche precisazioni sulla compatibilità con il fabbisogno estrattivo accertato e il quantitativo estraibile assentito. La diminuzione del quantitativo estraibile non è in contestazione, infatti, nemmeno nel presente grado del giudizio.

6.3. La motivazione così attesa manca nei provvedimenti impugnati;
è la relazione conclusiva della VAS che occorre esaminare giusto il rinvio ad essa dei provvedimenti regionali conclusivi del procedimento. Ebbene, nella relazione conclusiva della VAS regionale, (a pag. 37) riferendo delle considerazioni emerse nell’ambito del Nucleo tecnico regionale, è contestato al rapporto ambientale di “ non tenere conto del contesto agro – forestale, costituito da una copertura boschina che caratterizza tutto l’ambito vallivo e del Seveso e i ripiani sovrastanti ”, per poi imporre la prescrizione “ la perimetrazione dell’area di cava verso Est al fine di evitare attività di escavazione al di sopra di quota pari a 330 – 340 m. slm ”;
che tra la necessità di tener conto del contesto agro – forestale e la limitazione all’escavazione vi sia correlazione è affermato dalla Regione nelle proprie difese, ma non si evince dai documenti in atti, né, per vero, costituisce correlazione logica necessitata.

Non è da escludere, infatti, che la necessaria considerazione del contesto agro – forestale che caratterizza la zona nella quale è inserito l’ambito estrattivo sia a fondamento dell’altra prescrizione imposta in sede di VAS, vale a dire l’imposizione che “ il recupero sia di tipo forestale e che le modalità attuative siano coerenti con gli strumenti di pianificazione e gestione dell’autorità forestale competente ”.

6.4. Così articolata, in breve, la esplicitazione delle ragioni della limitazione all’attività di escavazione non supera il vaglio imposto dalle precedenti pronunce di questo Consiglio di Stato, senza considerare che, come ben evidenziato dal Tribunale amministrativo, non è spesa parola per giustificare la sensibile riduzione del quantitativo estrattivo.

A questo riguardo non può valere quanto sostenuto dalla Regione appellante secondo cui la riduzione del quantitativo estrattivo è recessiva rispetto alle ragioni di sostenibilità ambientale poiché non va trascurato che la quantificazione del materiale scavabile per Ate avviene all’esito della identificazione del fabbisogno di materiale, cosicché coinvolge interessi generali della popolazione residente sull’intero territorio provinciale: il sacrificio per ragioni ambientali, certamente possibile, impone però una più meditata e, per ciò diffusamente esposta, motivazione.

7. In conclusione, l’appello va respinto e la sentenza di primo grado integralmente confermata.

8. La peculiarità della vicenda giustifica la compensazione delle spese del presente grado del giudizio.

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