Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-04-20, n. 202103187
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Testo completo
Pubblicato il 20/04/2021
N. 03187/2021REG.PROV.COLL.
N. 00332/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 332 del 2019, proposto da
M E, T E, rappresentati e difesi dall'avvocato M D, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero per i Beni e Le Attivita' Culturali, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio delle Marche, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Comune di San Benedetto del Tronto, non costituito in giudizio;
P D'Onofrio, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuliano Boschetti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima) n. 00774/2018, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali e di Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio delle Marche e di P D'Onofrio;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 marzo 2021 il Cons. Giovanni Orsini.
L’udienza si svolge ai sensi degli artt. 4, comma 1, del Decreto Legge n. 28 del 30 aprile 2020 e 25 del Decreto Legge n. 137 del 28 ottobre 2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 – Gli odierni appellanti eredi della Sig.ra Cecilia Petrocchi e proprietari di una palazzina di civile abitazione (cd. Palazzina Petrocchi) edificata intorno agli anni Trenta del secolo scorso sul lungomare di San Benedetto del Tronto gravano – chiedendone la riforma - la sentenza del TAR per le Marche - Sezione Prima - n. 00774/2018, di rigetto del ricorso dagli stessi promosso in prime cure avverso il diniego di autorizzazione ad eseguire le varianti al permesso di costruire n. 7/2013 opposto dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche per ritenuta incompatibilità con il vincolo derivante dal Decreto della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche 7/4/2014 n. 60, recante dichiarazione di interesse particolarmente importante e sottoposizione a tutela, dell’immobile in oggetto, ai sensi dell’art. 10, comma 3, lett. a) e dell’art. 13, del D.Lgs. n. 42/2002.
2 - Questa Sezione con sentenza n. 5953/2017, ha confermato la sentenza del TAR per le Marche, Sez. I, n. 302/2016, con cui veniva disattesa l’impugnativa proposta avverso il citato Decreto 7/4/2014 n. 60, impositivo del vincolo di bene culturale gravante sull’immobile de quo.
Precedentemente, con permesso di costruire del 9.1.2013 n. 7, venivano assentiti i lavori di demolizione e ricostruzione della “Palazzina Petrocchi”.
Nelle more della notifica del decreto di vincolo, avvenuta il 23 aprile 2014, veniva dato avvio alle operazioni di demolizione della palazzina.
In data 4 ottobre 2017, gli appellanti presentavano al Comune di San Benedetto del Tronto, la richiesta di autorizzazione per l’esecuzione di lavori in variante al permesso di costruire n. 7/2013 su cui la Soprintendenza si è pronunciata - con il provvedimento impugnato - in senso negativo sul rilievo che le varianti non fossero compatibili con il vincolo di cui al citato Decreto n. 60/2014. Nella medesima sede la Soprintendenza notiziava, inoltre, che era stato avviato il procedimento per l’irrogazione delle sanzioni ripristinatorie ex art. 160, comma 1, del D.Lgs. n. 42/2004, sulla scorta del quale, i proprietari avrebbero dovuto elaborare “un progetto che ricostituisca e commemori il pregevole esempio di architettura razionalista, indebitamente demolito” con l’ulteriore avvertimento che “oltre alla sua volumetria, dovranno essere riproposti le modalità di aggregazione, il rapporto con l’area verde circostante, con il lungomare e con la costa”.
Avverso detto provvedimento di diniego insorgevano i Sig.ri Egidi con il ricorso respinto dal Tar di cui gli appellanti chiedono la riforma.
3. L’appello, previa contestazione della pronuncia del Tar relativamente alla qualifica di controinteressato dell’avv. P D’Onofrio, rileva l’erroneità della sentenza di primo grado deducendo tre motivi di gravame.
4. Si sono costituiti in giudizio il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il controinteressato avv. P D’Onofrio. Non si è costituito invece il Comune di San Benedetto del Tronto, evocato in qualità di controinteressato.
Memorie sono state depositate in giudizio dalle parti costituite.
5. Nell’udienza del 4 marzo 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.
6. Deve in primo luogo essere confermata la decisione del primo giudice sulla richiesta di estromissione dell’avvocato D’Onofrio che ha dichiarato di non avere interesse alla vicenda per cui è causa e di essersi limitato ad assistere il condominio di Via Ovidio 9/19 in altra causa.
7. L’appello non è fondato.
7.1. Con il primo motivo di appello si contesta la sentenza del T.A.R. Marche nel punto in cui ha dichiarato infondate le censure con le quali si era dedotta l’incompetenza e la violazione dell’art. 160 del d. Lgs. N. 42/2004 e dell’art. 15, co. 2, lett. D) del d.p.c.m. n. 171/2018.
Secondo l’appellante la formulazione del provvedimento dimostrerebbe che la Soprintendenza avrebbe espressamente ordinato l’esecuzione delle opere di ricostruzione in funzione sanzionatoria e dunque disposto di un potere attribuito alla competenza diretta del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali.
7.2. Si ritiene sul punto che sia condivisibile la pronuncia del TAR. In effetti dal tenore letterale del provvedimento e dalla nota in esso richiamata (comunicazione del 21 maggio 2014, inviata nell’immediatezza della parziale demolizione della palazzina) con cui si notiziava l’avvio del procedimento per irrogazione della sanzione ex art. 160 si può desumere come la Soprintendenza si sia limitata ad avvertire gli appellanti della eventuale adozione dell’ordine di ricostruzione da parte del Ministero, ma senza arrogarsi il potere di quest’ultimo.
Al riguardo sembra condivisibile il richiamo da parte delle amministrazioni appellate all’orientamento giurisprudenziale, secondo cui “l’atto amministrativo deve essere interpretato e classificato secondo il suo effettivo contenuto sostanziale, quale desumibile dal contenuto letterale dell’intero testo, dalla interpretazione sistematica delle diverse parti che lo compongono e dalle finalità perseguite con la sua adozione.” (Cons. Stato, Sez. III, 18 ottobre 2016, n.4344).
7.3. Con il secondo motivo di appello si grava la sentenza del T.A.R. nella parte in cui ha dichiarato infondate le censure con le quali si era dedotta violazione e falsa applicazione sotto ulteriore profilo dell’art. 160 del d. Lgs. 42/2004 per insussistenza dei presupposti oggettivi.
Deduce parte ricorrente che il primo giudice avrebbe omesso di considerare che nel caso di specie non sussistono i presupposti per l’applicabilità dell’art. 160 del codice dei beni culturali, in quanto la palazzina Petrocchi non sarebbe stata demolita indebitamente, né in violazione di quanto stabilito dalla legge e pertanto la disposizione sanzionatoria invocata con il provvedimento impugnato non potrebbe trovare applicazione. I sigg. Egidi, non sarebbero incorsi in alcuna “violazione” degli obblighi di protezione e conservazione dei beni culturali di cui agli artt. 20 ss. del codice dei beni culturali in quanto il provvedimento di vincolo è stato notificato ai ricorrenti solamente in data 24 aprile 2014 e dunque oltre il termine decadenziale d’efficacia della salvaguardia collegata all’ avvio del procedimento di 120 giorni stabilito per legge;pertanto la demolizione dell’edificio intervenuta il giorno precedente sarebbe stata realizzata in maniera del tutto legittima.
7.4. La censura non è meritevole di accoglimento in quanto questa Sezione (sentenza n. 5953/2017) ha accertato in via definitiva la legittimità del provvedimento di costituzione del vincolo culturale sulla palazzina Petrocchi e tale vincolo deve considerarsi tuttora efficace nonostante l’avvenuta demolizione dell’immobile, tenuto conto di quanto precisato dalla stessa sentenza n. 5953 sulla natura reale e non recettizia del vincolo adottato in data precedente alla parziale demolizione.
Essendo il parere della Soprintendenza, come precisato, volto esclusivamente a denegare l’autorizzazione per la variante del permesso di costruire (atto dovuto in presenza del vincolo), il Ministero dovrà procedere a definire la situazione adottando, in tempi ragionevoli e ove ne sussistano i presupposti, il provvedimento sanzionatorio ai sensi dell’art. 160 del codice.
7.5. Con il terzo ed ultimo motivo si chiede la riforma della sentenza di primo grado nella parte in cui ha dichiarato infondate le censure con le quali si erano dedotti ulteriori profili di violazione dell’art. 160 del d.lgs. 42/2004 per errato apprezzamento e travisamento dei presupposti, irrazionalità manifesta, difetto di motivazione, sviamento di potere. Relativamente ai presupposti per la costituzione del vincolo culturale, il TAR Marche avrebbe erroneamente rilevato nel ricorso di prime cure “ profili già trattati da questo Tribunale con la ricordata sentenza n. 302/2016 ormai passata in giudicato per avvenuta conferma in appello”, ciò anche con riferimento alla “ritenuta insussistenza di un interesse pubblico attuale (stante l’avvenuta demolizione dell’edificio)” , giungendo alla illogica conclusione di considerare il “ vincolo” come “ legittimamente imposto”.
Assume parte appellante che il decreto di vincolo sarebbe stato adottato dall’amministrazione al solo scopo di compiacere i proprietari confinanti alla palazzina demolita, prediligendo rispetto all’interesse dei ricorrenti e ad altri interessi pubblici confliggenti l’interesse di questi ultimi di mantenere la vista verso il lungomare. Insiste ancora la difesa degli appellanti nel riproporre le censure mosse in primo grado relativamente alla insussistenza di un interesse pubblico attuale al mantenimento prima e alla ricostruzione ora della palazzina secondo la originaria architettura e volumetria e alla carenza di alcun pregio storico-artistico dell’edificio in parola tale da giustificare la conservazione del provvedimento di costituzione del vincolo a maggior ragione in considerazione del fatto che l’immobile è stato demolito. Avrebbe da ultimo errato il TAR nel non considerare la circostanza che il Piano attuativo di riqualificazione e salvaguardia del patrimonio edilizio urbano del Comune di San Benedetto del Tronto, redatto nel dicembre del 2000 ed approvato nel febbraio del 2003, non fa menzione alcuna della Palazzina Petrocchi.
7.6. Sulla base di quanto chiarito sui precedenti motivi, anche le suddette censure devono ritenersi infondate. La perdurante efficacia del decreto di vincolo rende irrilevante il mancato inserimento della Palazzina Petrocchi nel piano di riqualificazione del Comune, come pure non sono meritevoli di apprezzamento le valutazioni sul pregio artistico dell’immobile. Quanto alla comparazione degli interessi in gioco, prescindendo dalle congetture relative all’intendimento dell’amministrazione di voler favorire l’interesse dei vicini, deve essere considerato prevalente l’interesse pubblico alla tutela del vincolo sussistente sull’immobile da perseguire con l’adozione, ove ne ricorrano le condizioni, dell’ordine di ripristino da parte del Ministero.
8. Alla luce delle esposte considerazioni l’appello deve essere respinto ferma restando l’esigenza di una ulteriore determinazione dell’amministrazione nel senso indicato al punto 7.4.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.