Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-10-14, n. 201504749

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-10-14, n. 201504749
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201504749
Data del deposito : 14 ottobre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04857/2014 REG.RIC.

N. 04749/2015REG.PROV.COLL.

N. 04857/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4857 del 2014, proposto da R A, R G e R V, rappresentati e difesi dall’avvocato S C, con domicilio eletto presso Stefania Di Stefani in Roma, via P.L. da Palestrina, 19;



contro

Comune di Fondi, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato B B, con domicilio eletto presso Francesco Marconi in Roma, Piazzale Clodio, 22;



per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione staccata di Latina, n. 950/2013, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Fondi;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza del giorno 2 aprile 2015 il consigliere A P e uditi per le parti gli avvocati Avellana, per delega dell’avvocato Cassoni, e Altieri, per delega dell’avvocato Barone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. R M con atto 30 settembre 1979 acquistava dai coniugi D’Ovidio-Fortunato e dai coniugi Baghino-Duratorre un appezzamento di terreno agricolo sito in Fondi località Selva Vetere, esteso per circa 1200 mq (12 are);

Nel 1981 egli costruiva una modesta abitazione, in assenza di permesso di costruzione, ma in conformità alle disposizioni vigenti e comunque non in violazione di alcuna normativa vigente in tema di lottizzazione e pertanto, successivamente veniva presentata domanda di condono ai sensi della Legge 47/85. Tuttavia, con ordinanza n. 502 del 4 luglio 1992, il Comune di Fondi avviava i procedimenti di sequestro.

In data 17 luglio 1992, il Tribunale di Latina, sezione penale, in camera di consiglio, emetteva provvedimento di dissequestro precisando che non era stato posto in essere alcun atto di lottizzazione o di costruzione abusiva e che, pertanto, non sussistevano le esigenze di prevenzione che giustificavano il sequestro ex art. 721 c.p.c. Seguiva, quindi, il processo verbale di dissequestro ad opera del Comando Polizia Municipale di Latina.

I sig.ri R A, R G, R P e R V Michele richiedevano al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione staccata di Latina, l’annullamento dell’ordinanza n. 39 del 18 febbraio 2011 emessa dal Dirigente Settore n. 4 del Comune di Fondi, con la quale si ingiungeva agli odierni appellanti nella loro qualità di proprietari - per successione testamentaria dei sig.ri R M e Spagnolo Maria - degli immobili distinti al catasto fabbricati, foglio 86, particella 321, sub 1 e sub 3, l’immediata sospensione dei lavori di cui in premessa, con comminatoria che, in caso di inottemperanza sarebbero stati adottati ulteriori provvedimenti previsti dalle vigenti disposizione di legge o regolamento, avvertendoli che la presente ordinanza avrebbe comportato l’immediata interruzione delle opere in corso ed il divieto di disporre dei suoli e delle opere stesse con atto tra vivi, disponendo altresì che i terreni nonché i manufatti abusivi sarebbero stati acquisiti di diritto al patrimonio disponibile del Comune di Fondi ai sensi dell’art. 30 del d.P.R. 380/2001 nonché dell’art. 23 della legge regionale n. 15 dell’11 agosto 2008, disponendo infine che il presente provvedimento fosse trascritto nei registri immobiliari della Conservatoria di Latina, ai sensi dell’art. 30 del d.P.R. 06/06/2001 n. 380/2001 con esonero del conservatore da ogni eventuale responsabilità al riguardo.

Con la medesima ordinanza venivano inoltre rigettate le domande di condono edilizio presentate dai sig.ri R G e R P in data 1° aprile 1986 ed aventi prot. nn. 1/7804 e 1/7805.

2. Con il ricorso di I grado gli odierni appellanti deducevano le seguenti censure così epigrafate:

A) Erronea valutazione dei presupposti di fatto. Eccesso di potere per contraddittorietà e disparità di trattamento. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 3 della Costituzione.

B) Erronea valutazione dei presupposti di fatto. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, I comma, L. n. 241/1990 per difetto di motivazione. Eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti e carenza di istruttoria. Violazione del principio del legittimo affidamento.

C) Violazione e falsa applicazione dell’art. 30, DPR 6.6.2001 n. 380 per difetto di motivazione. Violazione delle disposizioni in materia di successione nel tempo delle leggi: divieto di retroattività. Eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti e carenza di istruttoria.

D) Violazione e falsa applicazione dell’art. 30 DPR 6.6.2010, n. 380, dell’art. 23, legge regionale 15 dell’11.8.2008, della legge 326/2003, della legge regionale 12/2004 per difetto di motivazione e falsa applicazione della procedura. Eccesso ed abuso di potere per erronea valutazione dei fatti e carenza di istruttoria.

E) Violazione e falsa applicazione della Legge. n. 241/1990 per difetto di motivazione. Eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti e carenza di istruttoria. Lesione del diritto di difesa.

F) Quanto alla conclusione della prima pratica di condono con il silenzio assenso.

G) Violazione e falsa applicazione degli articoli 31, 32 e 35 della L. 28.2.85 n. 47, per eccesso di potere sotto il profilo del difetto assoluto di motivazione.

H) Violazione e falsa applicazione della L. 28 febbraio 1985, n. 47, per eccesso di potere.

I) Quanto al giudicato penale in tema di lottizzazione abusiva.

3. Il Collegio ritiene di dover riportare, in maniera quasi integrale, il contenuto dei motivi di cui alle epigrafi F) e G).

Lettera F).

La controversia concerne la legittimità o meno della valutazione dell’immobile come se fosse parte di una lottizzazione abusiva e la conseguente non sanabilità delle opere edilizie eseguite dalla parte ricorrente; infatti, l’ordinanza impugnata di confisca rappresenta la conseguenza necessaria del diniego dell’istanza di condono del piccolo fabbricato rurale.

In realtà l’immobile doveva ritenersi condonato in base al principio del silenzio assenso ed a quello della prescrizione dell’oblazione. […].

Il silenzio - assenso in edilizia rappresenta un caso di silenzio - accoglimento, in base alla giurisprudenza preponderante, “il silenzio accoglimento trova applicazione allorquando la domanda di concessione o di autorizzazione edilizia sia conforme alla disciplina legislativa di base, per cui il relativo provvedimento positivo costituisce atto dovuto” (TAR Campania, SA, 6 novembre 1996, 889). […].

Accanto alle disposizioni più prettamente sanzionatorie, tuttavia, la stessa L. 47/85 disciplina anche alcune fasi salienti del procedimento di rilascio della concessione edilizia in sanatoria. Il procedimento ordinario prevede che il soggetto richiedente la concessione in sanatoria definisca la data di ultimazione delle opere abusive, individui compiutamente le stesse (attraverso la produzione di planimetrie e documentazione fotografica), corrisponda all’Erario le somme dovute a titolo di oblazione e (qualora siano dovute) le somme dovute a titolo di oneri concessori. Ove l’edificazione abusiva ricada in zona sottoposta a vincolo, il richiedente dovrà, inoltre, ottenere i pareri favorevoli dalle Autorità preposte alla tutela dei vincoli ambientali, paesaggistici o diversi. Il meccanismo previsto, in relazione ala pagamento dell’oblazione, dalla L. 47/85 può, dunque, riassumersi nei tre punti seguenti: A. “l’oblazione interamente corrisposta estingue i reati” (art. 38, c. 2); B. la corresponsione dell’oblazione sospende i termini dei “procedimenti amministrativi e giurisdizionali” (art. 44, c. 1); C. “decorso il termine perentorio di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda, quest’ultima si intende accolta”. Inoltre, “trascorsi trentasei mesi” dalla proposizione della domanda anzidetta “si prescrive l’eventuale diritto al conguaglio

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