Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2014-07-04, n. 201403386

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2014-07-04, n. 201403386
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201403386
Data del deposito : 4 luglio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00362/2013 REG.RIC.

N. 03386/2014REG.PROV.COLL.

N. 00362/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 362 del 2013, proposto dalla:
Regione Calabria, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dall'avv. D B, con domicilio eletto presso Giuseppe Toscano in Roma, viale Giulio Cesare, n. 61;

contro

P A C, rappresentato e difeso dall'avv. M S, con domicilio eletto in Roma, presso la Segreteria del Consiglio di Stato;

nei confronti di

- Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., e U.T.G. - Prefettura di Reggio Calabria, in persona del Prefetto p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
- ARCEA - Agenzia Regione Calabria per le Erogazioni in Agricoltura, n.c.

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria, n. 607 del 10 ottobre 2012, resa tra le parti, concernente la revoca di finanziamento a causa di informativa antimafia.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di P A C e dell'Avvocatura Generale dello Stato;

Viste le memorie difensive;

Vista l’ordinanza cautelare di questa Sezione n. 468 dell’8 febbraio 2013;

Vista l’ordinanza istruttoria n. 3816 del 15 luglio 2013;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 aprile 2014 il Cons. Dante D'Alessio e uditi per le parti l’avv. D B, l’avv. M S e l’avvocato dello Stato Anna Collabolletta;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.- La Regione Calabria, dopo aver approvato la relativa graduatoria con decreto di Giunta n. 7901 del 17 maggio 2010, con atto del 23 giugno 2010 aveva notificato al signor P A C, titolare di azienda agricola, la concessione di un contributo di € 35.000,00, per la Misura 112 del Piano di Sviluppo Rurale Calabria 2007-2013. Tale contributo veniva erogato dall’ARCEA - Agenzia Regione Calabria per le Erogazioni in Agricoltura, in data 14 febbraio 2011.

2.- Avendo tuttavia acquisito sul conto del signor C la certificazione antimafia interdittiva, emessa dal Prefetto di Reggio Calabria in data 16 gennaio 2012, la Regione Calabria disponeva, con decreto n. 6116 del 7 maggio 2012, la revoca del finanziamento.

3.- Il signor P A C ha impugnato davanti al T.A.R. per la Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria, il citato decreto interdittivo antimafia nonché il pure citato decreto con il quale la Regione ha disposto la revoca del finanziamento concesso.

4.- Il T.A.R. per la Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria, con sentenza in forma semplificata, n. 607 del 10 ottobre 2012, ha accolto il ricorso, ritenendo fondato il motivo di violazione dell’art. 10 del DPR n. 252 del 1998 perché l’Amministrazione regionale non avrebbe dovuto richiedere l’informativa prefettizia in quanto il contributo concesso (per € 35.000,00) era inferiore alla soglia (di € 154.937,07) che, secondo quanto disposto dalla indicata disposizione, rendeva necessaria la richiesta di informazioni alla Prefettura.

Secondo il T.A.R., infatti, « il limite dei trecento milioni di lire (oggi € 154.937,07) è stato introdotto per contemperare in maniera ragionevole e proporzionata l’esigenza di assicurare, da un lato, le ragioni di interesse pubblico alla prevenzione (ossia a che non interloquiscano con la PA e non usufruiscano così di rimesse pubbliche soggetti che, pur incensurati, possono comunque essere direttamente o indirettamente controllati dalla criminalità) e, dall’altro, l’altrettanto qualificata esigenza di consentire libertà di impresa e speditezza degli affari ad operatori che non sono colpiti da condanne o sottoposti a conseguenti interdizioni sanzionatorie di natura penale ».

Il T.A.R. ha quindi aggiunto che « la tassatività della previsione normativa ha effetto erga omnes e dunque si impone non solo al Prefetto (di cui vincola il potere), bensì anche alle parti di un negozio di diritto pubblico (che sono i destinatari degli effetti dell’esercizio del potere interdittivo, al pari dell’impresa oggetto di accertamento), e dunque rende illegittima non solo l’emissione, ma anche la richiesta di certificazione per importi sotto soglia (concorrendo entrambe le condotte alla violazione del precetto) ».

5.- La Regione Calabria ha appellato l’indicata sentenza ritenendola erronea sotto diversi profili.

La Regione, in particolare, dopo aver ricordato che il signor C, con istanza del 10 dicembre 2010, aveva chiesto un contributo per € 300.000,00, molto superiore al limite, richiamato dal T.A.R., indicato nell’art. 10 del DPR n. 252 del 1998, ha evidenziato che al contributo di € 35.000,00 (concesso per la Misura 112), doveva essere aggiunto l’ulteriore contributo di € 180.000,00, previsto per la collegata misura 121 (per un totale di € 215.000,00), con la conseguenza che correttamente era stata richiesta l’informativa antimafia alla Prefettura di Reggio Calabria.

La Regione ha poi aggiunto che la richiesta di informazioni fatta alla Prefettura, se fosse stata al di sotto del limite legale, poteva essere non obbligatoria ma certamente non era illegittima, ed ha ricordato che la natura interdittiva dell’informativa rendeva consequenziale l’adozione del provvedimento di revoca del contributo.

6.- L’appello è fondato.

Non risulta, infatti, censurabile l’operato della Regione Calabria che, a seguito della interdittiva emessa dal Prefetto di Reggio Calabria, in data 16 gennaio 2012, ha disposto, con decreto n. 6116 del 7 maggio 2012, la revoca del finanziamento concesso al signor C.

7.- Non può avere, in particolare, alcun rilievo sulla legittimità dell’impugnato decreto di revoca del finanziamento (contrariamente a quanto ritenuto dal T.A.R.) la questione riguardante il limite (di € 154.937,07) entro il quale, ai sensi dell’art. 10 del DPR n. 252 del 1998, la stessa Regione era tenuta a chiedere informazioni alla Prefettura.

7.1.- Al riguardo, risulta dagli atti che tale limite sarebbe stato superato tenendo conto che l’erogazione del contributo per la Misura 112 comportava l’obbligo di attivazione anche della Misura 121 (come era precisato nello stesso atto di assegnazione del finanziamento), per la quale l’interessato aveva chiesto un ulteriore contributo di € 180.000,00.

7.2.- Ma, a prescindere dalla questione sull’ammontare del contributo, la richiesta di informazioni fatta alla Prefettura, anche se non obbligatoria, non poteva ritenersi certo illegittima. Né tantomeno poteva ritenersi illegittima, sotto il profilo in questione, l’interdittiva emessa dal Prefetto di Reggio Calabria.

Come questo Consiglio di Stato ha già avuto modo di affermare, la scelta di una stazione appaltante di avvalersi della possibilità di richiedere l'informativa non è preclusa dal disposto di cui al citato art. 10, comma 1, del D.P.R. n. 252 del 3 giugno 1998 che impone l'obbligo di "acquisire le informazioni" qualora l'importo della gara di appalto superi la soglia comunitaria, non essendovi un divieto di richiedere informazioni al di sotto della soglia indicata (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 4533 del 19 settembre 2008).

Anche questa Sezione ha, di recente, affermato che la circostanza che la citata disposizione (ora contenuta nell’art. 91 del d.lgs. n. 159 del 6 settembre 2011, recante il Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione) sancisca l’obbligo di acquisire l’informazione esclusivamente nel caso di appalti di importo superiore alla soglia di rilevanza comunitaria non vale a fondare la tesi contraria relativamente agli appalti sotto soglia, per i quali, pertanto, l’informazione deve ritenersi comunque valida (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 2040 del 23 aprile 2014).

7.3.- Ciò del resto è coerente con la finalità dell’informativa interdittiva che è volta ad evitare che l’Amministrazione possa avere rapporti contrattuali o anche erogare risorse pubbliche ad imprese per le quali è stato accertato il rischio di condizionamento da parte della criminalità organizzata.

8. A seguito della su indicata interdittiva prefettizia correttamente, pertanto, la Regione Calabria ha disposto la revoca del contributo concesso al signor C.

9.- L’appellata sentenza del T.A.R. per la Calabria risulta, quindi, chiaramente errata e deve essere riformata.

10.- Inammissibili e comunque fondati risultano, invece, i rilievi sollevati dal signor C nei confronti della interdittiva prefettizia in questione.

10.1.- Tali rilievi devono ritenersi innanzitutto inammissibili in quanto, come eccepito dall’Avvocatura dello Stato, non sono stati riproposti formalmente in appello i motivi che erano stati assorbiti dal T.A.R.

10.2.- In ogni caso le doglianze sollevate sono anche infondate tenuto conto della natura della interdittiva antimafia e dei rilievi, riguardanti l’interessato, che nella stessa interdittiva sono stati indicati.

11.- Al riguardo, si deve ricordare che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Sezione (fra le più recenti, la sentenza n. 570 del 5 febbraio 2014):

- l'interdittiva prefettizia antimafia (cd. interdittiva antimafia "tipica"), prevista dall’art. 4 del d. lgs. n. 490 del 1994 e dall’art. 10 del D.P.R. 3 giugno 1998, n. 252 (ed oggi dagli articoli 91 e segg. del d. lgs. 6 settembre 2011, n. 159, recante il Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione), costituisce una misura preventiva volta a colpire l'azione della criminalità organizzata impedendole di avere rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione;

- l’interdittiva, trattandosi di una misura a carattere preventivo, prescinde dall'accertamento di singole responsabilità penali nei confronti dei soggetti che, nell’esercizio di attività imprenditoriali, hanno rapporti con la pubblica amministrazione e si fonda sugli accertamenti compiuti dai diversi organi di polizia valutati, per la loro rilevanza, dal Prefetto territorialmente competente;

- tale valutazione costituisce espressione di ampia discrezionalità che può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo solo sotto il profilo della sua logicità, in relazione alla rilevanza dei fatti accertati;

- la misura interdittiva, essendo il potere esercitato espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata, non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certi sull'esistenza della contiguità dell’impresa con organizzazione malavitose, e quindi del condizionamento in atto dell'attività di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi del pericolo che possa verificarsi il tentativo di ingerenza nell’attività imprenditoriale della criminalità organizzata;

- anche se occorre che siano individuati (ed indicati) idonei e specifici elementi di fatto, obiettivamente sintomatici e rivelatori di concrete connessioni o possibili collegamenti con le organizzazioni malavitose, che sconsigliano l’instaurazione di un rapporto dell’impresa con la pubblica amministrazione, non è necessario un grado di dimostrazione probatoria analogo a quello richiesto per dimostrare l’appartenenza di un soggetto ad associazioni di tipo camorristico o mafioso, potendo l’interdittiva fondarsi su fatti e vicende aventi un valore sintomatico e indiziario che possono risalire anche ad eventi verificatisi a distanza di tempo;

- il mero rapporto di parentela con soggetti risultati appartenenti alla criminalità organizzata di per sé non basta a dare conto del tentativo di infiltrazione (non potendosi presumere in modo automatico il condizionamento dell’impresa), ma occorre che l’informativa antimafia indichi (oltre al rapporto di parentela) anche ulteriori elementi dai quali si possano ragionevolmente dedurre possibili collegamenti tra i soggetti sul cui conto l’autorità prefettizia ha individuato i pregiudizi e l’impresa esercitata da loro congiunti;

- gli elementi raccolti non vanno considerati separatamente dovendosi piuttosto stabilire se sia configurabile un quadro indiziario complessivo, dal quale possa ritenersi attendibile l’esistenza di un condizionamento sull’impresa da parte della criminalità organizzata.

12.- Ciò chiarito, nella fattispecie, non può ritenersi viziata l’interdittiva adottata dal Prefetto di Reggio Calabria, in data 16 gennaio 2012, tenuto conto dei diversi elementi indiziari che ne hanno determinato l’adozione e che sono stati ricordati nello stesso decreto.

L’interdittiva è stata, infatti, adottata in relazione ad una serie di circostanze che, nel loro complesso, hanno fatto ritenere possibile agli organi preposti che l’attività della ditta del resistente potesse, anche in maniera indiretta, essere condizionata dalla contiguità con la criminalità organizzata.

13.- Tali elementi indiziari sono stati poi confermati dalla Prefettura di Reggio Calabria, sebbene all’esito di ulteriori accertamenti ancora non completati, con nota inviata il 29 ottobre 2013, a seguito dell’istruttoria che era stata disposta da questa Sezione, con ordinanza n. 3816 del 15 luglio 2013, in relazione all’analoga richiesta che era stata fatta dal T.A.R. di Reggio Calabria nel giudizio proposto dalla signora A F P, coniuge del signor C, avverso il decreto di revoca di altro contributo concesso dalla Regione Calabria.

14.- In conclusione l’appello deve essere accolto e l’appellata sentenza del T.A.R. per la Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria, n. 607 del 10 ottobre 2012, deve essere integralmente riformata.

15.- Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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