Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-01-26, n. 202200539
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
Pubblicato il 26/01/2022
N. 00539/2022REG.PROV.COLL.
N. 07625/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7625 del 2015, proposto da
M V, rappresentato e difeso dall'avvocato G M, domiciliato presso la Segreteria Consiglio Di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
contro
Comune di Bari, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato A F, con domicilio eletto presso lo studio Fabio Caiaffa in Roma, via Nizza, 53;
Comune Bari, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) n. 00073/2015, resa tra le parti, concernente diniego condono edilizio
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Bari;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 gennaio 2022 il Cons. Ulrike Lobis e uditi per le parti gli avvocati Fabio Caiaffa per delega di A F;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con l’appello in esame l’odierna parte appellante impugnava la sentenza n. 73 del 2015 del Tar Puglia, sede di Bari, recante rigetto dell’originario gravame, proposto dalla stessa parte al fine di ottenere l’annullamento del diniego di condono edilizio opposto dal Comune di Bari, con provvedimento prot. n. 290131 del 30 ottobre 2007, all’istanza depositata in qualità di asserito promissario acquirente.
In particolare le opere oggetto delle istanze avevano ad oggetto una “modesta costruzione”, adibita ad abitazione ubicata nella frazione di Loseto. Il diniego di condono si basava sulla circostanza che l’intero complesso (realizzato dal proprietario originario, nel medesimo arco temporale), superava la volumetria di 3000 mc, prevista come limite massimo dall’art. 32 comma 25 della legge n. 326/2003 nonché sull’avvenuto riconoscimento, con sentenza passata in giudicato, dell’intervento quale fattispecie di lottizzazione abusiva.
All’esito del giudizio di prime cure il Tar condivideva i motivi di diniego, rigettando le censure dedotte.
Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante formulava i seguenti motivi di appello:
- erroneità della sentenza nella parte in cui non ha accolto l’istanza di rinvio dell’udienza e rimessione in termini per la produzione di documenti necessari non esibiti in primo grado;
- violazione del divieto di integrazione postuma della motivazione e dei connessi principi;
- violazione degli artt. 38 della legge n. 47 del 1985 e 39 della legge n. 724 del 1994, circa l’annullamento della trascrizione del provvedimento di acquisizione, e dell’art. 32 d.l. n. 269 del 2003, per omessa valutazione dell’effetto estintivo della sanzione amministrativa dell’acquisizione, derivante dalla presentazione della domanda di definizione dell’illecito edilizio;
- mancato riconoscimento della formazione del silenzio assenso per inutile decorso del termine di 24 mesi di cui all’art. 32 comma 37 del d.l. n. 269/2003;
- violazione dell’art. 32 comma 25 del d.l. n. 269/2003, per aver ritenuto corretto il rigetto della sanatoria in quanto l’immobile in oggetto concorre a determinare la volumetria di 3000 mc;
- riproposizione del quarto motivo di ricorso, non esaminato, per violazione degli artt. 18 della legge n. 47 /1985 e dell’art. 30 del DPR 380 del 2001.
L’amministrazione appellata si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.
Alla pubblica udienza del 20 gennaio 2022 la causa passava in decisione.
DIRITTO
1. La fattispecie controversa concerne uno dei dinieghi opposti alle diverse istanze di “terzo condono” (ex d.l. n. 269 del 2003 cit.), presentate da proprietari o promissari acquirenti (nella specie l’appellante M V), riferite alle singole unità di un compendio immobiliare costituito da quattro corpi di fabbrica, realizzato originariamente su aree facenti capo ad una unica proprietaria (sig.ra M S).
Le medesime opere, come compendio, sono state oggetto dei diversi procedimenti amministrativi e penali, richiamati nell’approfondimento istruttorio svolto in prime cure.
1.1 In particolare, sul versante amministrativo risulta che, all’esito dei diversi procedimenti, veniva adottata una ordinanza di demolizione delle opere, prot. n. 10721 del 28 febbraio 1992. Il ricorso proposto avverso tale ordinanza veniva respinto con sentenza n. 349 del 1998, passata in giudicato.
Con successiva ordinanza prot. n. 63945 del 14 dicembre 1993, trascritta presso la Conservatoria del Registri immobiliari in data 3 marzo 1994 e notificata ai titolari Michele Pepe e M S in data 24 dicembre 1994, veniva disposta l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle suddette opere, nonché della relativa area di sedime, nei termini di cui all’ordinanza predetta. Il relativo ricorso veniva dichiarato perento con decreto n. 4648 del 2005.
1.2 Sul parallelo versante penale, con sentenza del 27 novembre 1993 (confermata in appello con sentenza 3 marzo 1995 e divenuta irrevocabile in data 20 marzo 1998), è stato così statuito: “ dichiara non doversi procedere nei confronti dei suddetti imputati in ordine alle contravvenzioni loro ascritte, essendo tali reati estinti per prescrizione. Visto l’art. 19 della legge 47/85, dispone la confisca del suolo abusivamente lottizzato e delle opere abusivamente costruite ”.
1.3 La stessa Stea, quale proprietaria del complesso in oggetto, presentava diverse istanze di condono ai sensi e per gli effetti sia del primo condono (legge n. 47 del 1985) che del secondo condono (legge n. 724 del 1994), tutte respinte.
Seguivano quindi le istanze di condono, presentate ai sensi della sopraggiunta normativa del 2003, oggetto del presente contenzioso e degli altri promossi dai restanti aventi causa dell’originaria proprietà.
2. Così ricostruita la complessa vicenda che ha interessato il complesso immobiliare in cui si trova l’oggetto del diniego impugnato in prime cure, è possibile passare all’esame dei vizi di appello.
3. Premessa l’ammissibilità della documentazione invocata in base al primo motivo di mera valenza processuale, a fronte del quale è applicabile il principio dell’errore scusabile, nel merito delle restanti censure l’appello è destituito di fondamento.
3.1 In proposito, assumono rilievo assorbente le risultanze della accertata lottizzazione abusiva e conseguente confisca.
Se è pur vero che, in generale, il condono degli abusi edilizi ai sensi dell' art. 43 della legge n. 47 del 1985, non è precluso dal provvedimento di acquisizione gratuita dell'immobile abusivo al patrimonio del Comune, né sono preclusivi l'avvenuta trascrizione del provvedimento sanzionatorio e la semplice presa di possesso del bene senza modificazione della sua consistenza e destinazione da parte del Comune (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. IV, 26 giugno 2019, n. 4377), nel caso di specie assume rilievo dirimente il seguente insegnamento della sezione: l’accertamento della lottizzazione abusiva — fattispecie posta a tutela del potere comunale di pianificazione in funzione dell'ordinato assetto del territorio — costituisce un procedimento autonomo e distinto dall'eventuale rilascio anche postumo del titolo edilizio, pertanto alcun rilievo sanante può rivestire il rilascio di una eventuale concessione edilizia, sia ex ante, in presenza di concessioni edilizie già rilasciate, sia successivamente, in presenza di concessioni rilasciate in via di sanatoria. Su queste basi, non è possibile la sanatoria della lottizzazione abusiva tramite il condono delle singole unità immobiliari realizzate abusivamente, non potendo le singole porzioni di suolo ricomprese nell'area abusivamente lottizzata essere valutate in modo isolato e atomistico, ma in relazione allo stravolgimento della destinazione di zona che ne deriva nel suo complesso (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 4 novembre 2019, n. 7530).
Inoltre, nel caso di specie l’avvenuta confisca in sede penale assume ulteriore rilievo dirimente in merito all’assenza di un effettivo titolo legittimante la invocata sanatoria speciale.
3.2 La presente fattispecie si caratterizza altresì per la reiterata presentazione di istanze di condono, anche anteriormente a quella in oggetto, di cui al c.d. terzo condono, tutte respinte con provvedimenti divenuti definitivi.
3.3 In ogni caso, anche rispetto all’autonoma domanda in oggetto, il Comune ha adempiuto agli oneri derivanti dal costante insegnamento, a mente del quale la presentazione di una domanda di sanatoria di abusi edilizi determina l'inefficacia dei precedenti atti sanzionatori (ordini di demolizione, inibitorie, ordini di sospensione dei lavori) atteso che, sul piano procedimentale, il Comune è tenuto innanzi tutto ad esaminare ed eventualmente a respingere la domanda di condono effettuando, comunque, una nuova valutazione della situazione (cfr. ad es. Consiglio di Stato , sez. VI , 03/10/2014 , n. 4963).
Infatti, nel caso di specie il Comune ha valutato adeguatamente la nuova istanza, evidenziando due autonomi motivi ostativi, concernenti il superamento del limite volumetrico imposto anche dal terzo condono e l’ostatività della accertata lottizzazione, entrambi resistenti alle censure dedotte e confermati dalle risultanze degli atti.
3.3.1 Per ciò che concerne il limite volumetrico, va condivisa la valutazione unitaria svolta dall’amministrazione odierna appellata.
In proposito, va ribadito che l’opera edilizia abusivamente eseguita va identificata con riferimento all'unitarietà dell'immobile o del complesso immobiliare ove realizzato in esecuzione di un disegno unitario, essendo irrilevante la suddivisione in più unità abitative e la presentazione di istanze separate;deve ritenersi illegittimo l'inoltro di diverse domande di sanatoria tutte imputabili ad un unico centro sostanziale di interesse, in quanto tale espediente rappresenta un evidente e ricorrente tentativo di aggirare i limiti consentiti per il condono relativamente al calcolo della volumetria consentita;non è dunque ammissibile il condono al di sopra del limite legale quando la richiesta di sanatoria sia stata presentata frazionando artatamente l'unità immobiliare in plurimi interventi edilizi da parte dei diversi soggetti, essendo in tal caso evidente la riconducibilità delle domande ad un'unica finalità (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. IV, 12 giugno 2014, n. 2995).
3.3.2 Per ciò che concerne l’accertamento della contestata lottizzazione, e della conseguente confisca dell’intero manufatto, assumono rilievo dirimente le predette risultanze amministrative e penali.
3.4 Risulta pertanto infondata la censura dedotta in termini di integrazione postuma della motivazione, atteso che già il diniego impugnato conteneva due autonomi motivi di diniego, entrambi di per sé sufficienti a sostenere il rigetto delle ennesime istanze.
3.5 L’accertata consistenza di entrambi i motivi di diniego comportano l’infondatezza delle ulteriori censure, sia in ordine al presunto rispetto del limite di cubatura, sia in merito al presunto venir meno dell’effetto acquisitivo nonché alla sussistenza della lottizzazione, che anzi la vendita frazionata conferma in toto.
3.6 Infine, parimenti infondata è l’invocazione del meccanismo del silenzio assenso, risultando pienamente condivisibile la ricostruzione posta a fondamento del rigetto di prime cure.
3.6.1 In generale, ai fini della formazione del silenzio - assenso su domanda di condono edilizio, il termine biennale, non decorre nel caso in cui la domanda sia carente dei documenti necessari ad identificare compiutamente le opere oggetto della richiesta sanatoria, conseguentemente quando manca la prova della sussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti, il termine di ventiquattro mesi decorre, in caso di incompletezza della domanda o della documentazione inoltrata a suo corredo, dal momento in cui tali carenze siano state eliminate ad opera della parte interessata.
Nel caso del terzo condono assume altresì rilievo specifico la disciplina di cui al comma 37 del citato art. 32, che così statuisce: “ 37. Il pagamento degli oneri di concessione, la presentazione della documentazione di cui al comma 35, della denuncia in catasto, della denuncia ai fini dell'imposta comunale degli immobili di cui al decreto legislativo. 30 dicembre 1992, n.504, nonché, ove dovute, delle denunce ai fini della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e per l'occupazione del suolo pubblico, entro il 31 ottobre 2005, nonché il decorso del termine di ventiquattro mesi da tale data senza l'adozione di un provvedimento negativo del comune, equivalgono a titolo abilitativo edilizio in sanatoria”.
3.6.2 O, come compitamente argomentato dai Giudici di prime cure, nel caso di specie il provvedimento di diniego risulta adottato (nei termini specificati dalla norma) in data 30 ottobre 2007, quindi entro il predetto termine di 24 mesi dal 31 ottobre 2005.
4. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso va pertanto respinto.
Le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.