Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-09-02, n. 202407339
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Testo completo
Pubblicato il 02/09/2024
N. 07339/2024REG.PROV.COLL.
N. 07443/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 7443 del 2022, proposto da
G G in proprio e quale titolare dell'omonima ditta, rappresentato e difeso dall'avvocato R C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato M M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Seconda), 22 marzo 2022, n. 3250, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 luglio 2024 il Cons. Giorgio Manca e uditi per le parti gli avvocati Ciotti e Memeo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con l’appello in trattazione, il signor Gianfranco Guarnaccia chiede la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, 22 marzo 2022, n. 3250, che ha rigettato il ricorso proposto dall’odierno appellante per l’annullamento del provvedimento con cui Roma Capitale ha respinto l’istanza per l’apertura di un esercizio di somministrazione alimenti e bevande in Via Ostilia n. 30/A, sull’assunto che il regolamento capitolino in materia esclude il rilascio di nuove autorizzazioni «negli Ambiti indicati al comma 4 dell’articolo 10, tra cui l’Ambito n. 3-bis –Zona Urbanistica 1° - Centro Storico in cui ricade Via Ostilia 30/A (Rione Celio)» .
2. In particolare, nella sentenza si sottolinea come – in sede di recepimento, con il d.lgs. n. 59 del 2010, della direttiva 2006/123/CE – il legislatore nazionale ha individuato i «motivi di interesse generale» che possono prevalere sulla tutela della concorrenza, tra i quali (secondo la definizione contenuta nell’art. 8, comma 1, lettera h) , del d.lgs. n. 59 del 2010) «l’ordine pubblico, la sicurezza pubblica, l’incolumità pubblica, la sanità pubblica, la sicurezza stradale, la tutela dei lavoratori compresa la protezione sociale dei lavoratori, il mantenimento dell’equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale, la tutela dei consumatori, dei destinatari di servizi e dei lavoratori, l’equità delle transazioni commerciali, la lotta alla frode, la tutela dell’ambiente, incluso l’ambiente urbano, la salute degli animali, la proprietà intellettuale, la conservazione del patrimonio nazionale storico e artistico, gli obiettivi di politica sociale e di politica culturale» . Questa costituirebbe, quindi, la base giuridica idonea a sostenere la norma regolamentare impugnata. In ogni caso, il primo giudice osserva che dette norme regolamentari non possono ritenersi lesive della concorrenza fra operatori commerciali, in quanto dotate di un meccanismo di adeguamento periodico alla realtà del territorio, idoneo ad escludere i vizi di illegittimità denunciati (il riferimento è all’art. 11, comma 7, del regolamento di cui alla D.C.C. 35/2010, il quale prevede che «Gli Ambiti e le disposizioni ad essi relative sono soggetti a revisione triennale in relazione agli eventuali mutamenti degli elementi fattuali sottesi alla loro individuazione, monitorati dai Municipi territorialmente competenti, ovvero in caso di sopravvenute ragioni di pubblico interesse» ).
3. Il ricorrente, rimasto soccombente, ha proposto appello reiterando i motivi del ricorso in chiave critica della sentenza