Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-11-21, n. 201907933

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-11-21, n. 201907933
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201907933
Data del deposito : 21 novembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/11/2019

N. 07933/2019REG.PROV.COLL.

N. 01703/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1703 del 2019, proposto da
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;



contro

C N, in proprio ed in qualità di legale rappresentante de Il Globo Vigilanza S.r.l., rappresentato e difeso dagli avvocati A C, A N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Claudia Molino in Roma, via Panama, 58;



per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) n. 00161/2019, resa tra le parti, concernente l'approvazione del regolamento interno dell'Istituto di Vigilanza appellato.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di C N e de Il Globo Vigilanza S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 novembre 2019 il Cons. Giovanni Pescatore e uditi per le parti l’avvocato A C e l'avvocato dello Stato Wally Ferrante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO

1. L'Istituto "Il Globo Vigilanza srl" - abilitato all'esercizio dell’attività di vigilanza privata negli ambiti territoriali di svariate province toscane - sino al 2017 ha operato in forza di un regolamento di servizio, approvato nel dicembre 2009, che prevedeva la reperibilità quale servizio aggiuntivo che ciascuna guardia giurata era tenuta ad assicurare, secondo turni settimanali, per far fronte ad eventuali esigenze sopravvenute e non previste.

Tale previsione era stata approvata dal Questore con la seguente prescrizione: " la reperibilità delle G.P.G. potrà essere disposta, nei termini previsti dalla normativa vigente, a seguito di specifici accordi con le OO.SS. più rappresentative delle province interessate o - in assenza di questi - in conseguenza di contrattazione individuale col lavoratore ".

2. Successivamente all'entrata in vigore del D.M. n. 269 del 1° dicembre 2010, è stato sottoposto all’approvazione del Questore di Pistoia il nuovo regolamento interno dell'Istituto di Vigilanza, datato 18 ottobre 2017, adeguato alla nuova normativa ed anch’esso recante, in continuità con il precedente, la previsione del servizio di reperibilità.

3. Il Questore di Pistoia, con il provvedimento del 13 dicembre 2017- oggetto dell’impugnativa di primo grado, ha approvato l'ultima versione del regolamento apponendovi, tuttavia, diverse eccezioni e prescrizioni e, in particolare, per quanto qui interessa, disapprovando l’intero paragrafo "3.P" relativo al servizio di reperibilità.

La decisione è stata adottata sulla base dell’assunto per cui il servizio in questione non è previsto dal CCNL, né da accordi sindacali locali e, comunque, “ non rientrando nell'eventuale computo degli orari di servizi stabiliti dal CCNL” e recando “..un aggravio dei compiti e delle ore lavorate” creerebbe “..un pericolo per le G.P.G. e un disservizio per i clienti ”.

4. Con sentenza n. 161/2019 il T Toscana, in accoglimento del ricorso proposto dal legale rappresentante dell’Istituto di Vigilanza, ha annullato sia le modifiche imposte dalla Questura di Pistoia relative, tra l’altro, anche al paragrafo 3P; sia la conseguente diffida questorile recante intimazione al ripristino del corretto svolgimento del servizio.

5. Appella in questa sede il Ministero dell’Interno, muovendo un unico articolato motivo di censura avverso le statuizioni della pronuncia di primo grado riferite al profilo regolamentare innanzi menzionato.

6. Il sig. G N si è ritualmente costituito in giudizio, replicando agli assunti avversari e chiedendone l’integrale reiezione.

Nel corso del giudizio si è costituito il sig. C N, in sostituzione del padre G, nel frattempo deceduto.

7. A seguito dell’accoglimento dell’istanza cautelare ai sensi dell’art. 55 comma 10 c.p.a, la causa è stata discussa e posta in decisione all’udienza pubblica del 14 novembre 2019.



DIRITTO

1. Il giudice di primo grado, aderendo alla ricostruzione interpretativa perorata dalla difesa della parte ricorrente, ha ritenuto che:

- nel silenzio della legge e della contrattazione collettiva, oltre che in difetto di disposizioni normative ostative, nulla vieta che siano gli accordi aziendali o addirittura i contratti individuali di lavoro a prevedere la reperibilità quale modalità legittima di impiego; dal che consegue che, nel silenzio sul punto dei contratti collettivi, non vi sono ostacoli a che il servizio di reperibilità possa essere legittimamente disciplinato a livello di singola contrattazione;

- sempre sul piano normativo, il divieto di prevedere il servizio di reperibilità per gli addetti alla vigilanza privata non può farsi derivare dalla non applicabilità a costoro delle disposizioni del d.lgs. 8 aprile 2003, n. 66 (ed in particolare dell’art. 7, il quale afferma il diritto del lavoratore al riposo giornaliero): ciò in quanto, l’espressa eccettuazione contemplata in tal senso all’art. 2 comma 3 del medesimo decreto legislativo (" Le disposizioni del presente decreto non si applicano .. agli addetti ai servizi di vigilanza privata ") è da intendersi, semmai, come giustificata dalla necessità pubblicistica - opposta a quella ipotizzata dal Ministero - di non assoggettare tale categoria di lavoratori alle limitazioni di orario previste nel d.lgs. del 2003 e, quindi, di estendere la durata temporale dei servizi di vigilanza;

- neppure il DM 269/2010 ha introdotto innovazioni di rilievo sotto il profilo qui rilevante: si appalesa, dunque, una contraddizione non ragionevole tra l’approvazione del servizio di reperibilità assunta dalla Questura nel 2009 ed il provvedimento reiettivo del 2017, adottato sulla base di assetto normativo, per gli aspetti che qui rilevano, rimasto sostanzialmente invariato nel tempo;

- infine, anche se valutato nella consistenza intrinseca, il servizio di reperibilità, in quanto accessorio e strumentale alla principale prestazione di lavoro, non può ritenersi a questa equiparabile; e, comunque, in quanto attivabile solo in via eventuale, esso non è in grado di alterare negativamente l’efficienza complessiva del servizio e di compromettere le finalità pubblicistiche di tutela della sicurezza pubblica sulle quali il Questore è chiamato a vigilare.

1.1. Il Ministero appellante contesta l’ordito motivazionale così sunteggiato e, a tal fine, torna a ribadire le seguenti tesi:

i) la formulazione dell’art. 2, comma 3, del d.lgs. 8 aprile 2003, n. 66 esclude l’applicabilità dell’intero decreto legislativo “ agli addetti ai servizi di vigilanza privata ” e, dunque, anche dell’art. 7, che al regime della reperibilità fa riferimento. La diversa interpretazione avanzata dal T è del tutto immotivata e contra litteram ;

ii) la contrattazione collettiva di secondo livello allegata dalla parte appellata non regolamenta l’istituto della reperibilità, limitandosi a disciplinarne solo alcuni aspetti (retributivo e tecnico-operativi) e tralasciando completamente quelli riferiti alla compatibilità e al rispetto del diritto al riposo giornaliero nell’ipotesi della c.d. reperibilità attiva. La stessa regolamentazione contrattuale, inoltre, facendo richiamo “ a quanto previsto per il servizio di reperibilità dal Regolamento Interno approvato dal Questore a pag. 2, punto 2 ” (ovvero ad un contratto individuale di lavoro) pretende di disciplinare la materia pattizia del servizio di reperibilità mediante rinvio a fonti ontologicamente inidonee ad istituire il predetto regime;

iii) diversamente da quanto ritenuto dal T, dalla disposizione del D.M. 269/2010, all. D), sez. II, punto 2.c) si evince che il contratto individuale di lavoro non ha alcuno spazio autonomo nella regolamentazione del rapporto di lavoro; tale è la ragione per cui nel 2009 la Questura ha assentito la clausola sulla reperibilità, poi disapprovata nel 2017;

iv) il servizio di reperibilità, quantomeno nella sua forma “attiva” (implicante, cioè, a seguito della richiesta di intervento, l’effettiva esecuzione della vigilanza, al di fuori dell’orario ordinario), comporta un oggettivo aggravio dei compiti e dei carichi di lavoro. Dunque, il sistematico ricorso alla “ reperibilità ” - sia pure mediante rotazione dei dipendenti che abbiano in precedenza effettuato il proprio turno - può seriamente minare la prontezza e la lucidità psico-fisica dei lavoratori coinvolti ed inficiare l’efficienza complessiva del servizio di pubblica

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