Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2010-11-03, n. 201007770

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2010-11-03, n. 201007770
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201007770
Data del deposito : 3 novembre 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08269/2008 REG.RIC.

N. 07770/2010 REG.SEN.

N. 08269/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 8269 del 2008, proposto dal signor
G B, rappresentato e difeso dagli avv. R C e S V, con domicilio eletto presso R C (Studio Scoca) in Roma, via G. Paisiello 55;

contro

Comune di Talamello in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. A M, con domicilio eletto presso Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;

per la revocazione

della sentenza del CONSIGLIO di

STATO

Sezione V n. 04680/2007;


Visto il ricorso in revocazione con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Vista la decisione della Sezione Quinta del Consiglio di Stato n.8429 del 2009;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 luglio 2010 il Cons. Roberto Capuzzi e uditi per le parti gli avvocati Colagrande, Vichi e Mantero;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con sentenza n.36 dell’11 gennaio 1997 il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche aveva rigettato il ricorso con il quale il sig. Bruno G aveva chiesto il riconoscimento della intervenuta sanatoria delle opere abusive pretesamente effettuate, l’annullamento delle ordinanze del Sindaco del Comune di Talamello n. 9 del 14 ottobre 1981, di sospensione di lavori eseguiti in asserita difformità parziale dalla licenza edilizia n. 10 del 17 settembre 1974 e n. 10 del 2 novembre 1981, di diffida alla demolizione di tali opere.

Il TAR riteneva che il mancato riscontro alle richieste di documentazione da parte del Comune in sede di esame della istanza di condono aveva comportato, in assenza di puntuale impugnazione giurisdizionale di tali atti, la mancata formazione del silenzio assenso sulla domanda di condono mentre gli altri motivi diretti avverso la sospensione dei lavori ed il successivo ordine di demolizione dovevano considerarsi infondati.

Il ricorrente contrastava in appello le argomentazioni del giudice di primo grado con vari motivi e dovizia di argomentazioni.

Si costituiva, per resistere all’appello, il Comune di Talamello.

Alla pubblica udienza del 28.11.06 la causa è stata chiamata per la decisione dalla medesima Sezione del Consiglio di Stato.

Con ordinanza n.4680 del 2007 la Sezione dichiarava il ricorso improcedibile sul presupposto che il sig. G era risultato privo di difensore.

Con ricorso in revocazione il signor G assumeva l’ errore revocatorio della ordinanza.

La Quinta Sezione del Consiglio di Stato con la decisione n.8429 del 2009 accoglieva la domanda revocatoria quanto alla fase rescindente mentre per quanto riguardava la fase rescissoria disponeva incombenti istruttori in contraddittorio con le parti.

Depositata la relazione del verificatore Ing. S M le parti hanno depositato ulteriori memorie difensiva.

Dopo la discussione orale alla udienza del 6 luglio 2010 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

DIRITTO

1. Dopo la decisione di questo Consiglio di Stato n.8429 del 2009 che ha accolto la parte rescindente della domanda revocatoria del ricorrente proposto dal ricorrente disponendo una verificazione in contraddittorio delle parti la Sezione è chiamata ora affrontare la seconda fase del giudizio revocatorio, quella rescissoria, che comporta l’ esame nel merito dell’appello a suo tempo proposto.

2. Quanto al primo motivo dedotto nell’atto di appello il ricorrente ha sostenuto che le opere abusive dovevano ritenersi sanate. Secondo la sua prospettazione poichè il ricorrente aveva presentato domanda di condono in data 1.12.1986, egli dal 1.12.1988, aveva maturato il diritto all’ integrale accoglimento per silenzio assenso della istanza medesima stante il maturare del biennio dalla presentazione ed il pagamento della oblazione dovuta .

Pertanto il giudice di prime cure avrebbe dovuto prendere atto delle intervenuta sanatoria ed emettere consequenziale pronunzia di cessazione della materia del contendere.

3. La Sezione ritiene che le argomentazioni del T devono essere confermate.

Il primo giudice ha rilevato che la domanda presentata non era corredata della prescritta documentazione e che, in base alla legge sul condono ed in specie all’art.35 co. XVII della legge n.47 del 1985, in tale ipotesi non si forma il silenzio assenso. Che con atto del 15.4.1993 il Sindaco aveva comunicato al ricorrente che la domanda di condono doveva essere integrata con documentazione essenziale con la avvertenza che in difetto la domanda sarebbe stata ritenuta dolosamente infedele e le opere, sottoposte alle sanzioni previste dalla legge n.47 del 1985.

Tale atto veniva integrato dal Comune con una successiva nota dell’8.9.1995 recante un nuovo invito alla produzione della richiesta documentazione entro giorni 60 dalla ricezione. La documentazione richiesta riguardava la precisa individuazione delle opere per cui veniva richiesto il condono anche ai fini della corretta determinazione della oblazione dovuta.

La giurisprudenza ha rilevato al riguardo che il mero decorso del termine legale per la formazione del silenzio positivamente significativo dalla presentazione della domanda di condono non è sufficiente per integrare l'ipotesi normativa di silenzio assenso, occorrendo, altresì, la sussistenza degli ulteriori presupposti indicati dalla legge (Cons. Stato, V, 12 luglio 2004, n. 5039 ).

In particolare, la formazione del silenzio assenso richiede, quale presupposto essenziale, oltre al pagamento delle somme dovute a titolo di oblazione, che siano stati integralmente assolti dall'interessato gli oneri di documentazione (che si risolvono evidentemente nella sussistenza di requisiti sostanziali) relativi al tempo di ultimazione dei lavori, all'ubicazione, alla consistenza delle opere e ad ogni altro elemento rilevante affinché possano essere utilmente esercitati i poteri di verifica dell'amministrazione comunale (Cons. Stato, V, 25.6.2002 n.3441;
IV, 30.6.2010 n.4174).

Nel caso in esame, come anche rilevato nella consulenza tecnica d’ufficio disposta dalla Sezione, la domanda di condono non era corredata di una serie di documenti necessari per la definizione della pratica (documentazione fotografica, determinazione delle superfici al fine del calcolo della oblazione, relazione tecnico descrittiva degli abusi eseguiti, delle planimetrie riferite alle opere abusive) né tale documentazione è stata prodotta successivamente dal ricorrente di talchè, alla luce della giurisprudenza sopra richiamata, non poteva configurarsi la formazione del silenzio assenso.

4. Sostiene poi l’appellante nel secondo motivo di appello che contrariamente a quanto ritenuto dal Comune nella ordinanza di sospensione e nel successivo provvedimento di diffida a demolire, i lavori eseguiti non erano stati realizzati in difformità rispetto a quanto autorizzato con la licenza edilizia n. 10 del 17.4.1974: gli abbaini erano previsti negli elaborati progettuali, vi sarebbe un “macroscopico errore” di valutazione da parte del tecnico comunale derivante da una errata percezione del progetto assentito, il piccolo locale interrato, adibito a centrale termica e costruito prima della entrata in vigore della legge n.10 del 1977, sarebbe irrilevante dal punto di vista edilizio, anche altre opere di cui è stata contestata la abusiva realizzazione erano invece previste nel progetto assentito con la citata licenza n.10 del 1974.

Aggiunge poi il ricorrente che l’ordine di sospensione lavori è intervenuto quando la edificazione della costruzione era da tempo ultimata e che, l’ordine di demolizione, sarebbe motivato in maniera identica all’ordine di sospensione dei lavori e riferito ad opere pacificamente legittime.

5. Tali argomentazioni tuttavia non hanno pregio.

La verificazione disposta dalla Sezione con la decisione n.8429 del 2009 ha accertato come esistenti le difformità volumetriche che l’appellante sosteneva invece essere completamente assenti.

Ha infatti accertato come esistente il locale sul retro per un volume non autorizzato pari a mc. 35,15, di consistenza tale da non potere essere considerato semplice volume tecnico;
inoltre ha accertato la difformità consistita nella sopraelevazione dell’edificio a monte fino al colmo della costruzione autorizzata a valle, che ha comportato un innalzamento dell’altezza di colmo pari a ml 1,35 raccordando in tale modo le coperture a monte . Ha confermato un incremento volumetrico di mc. 252,81 ed inoltre la difformità nella realizzazione dei tre abbaini che viceversa l’appellante sosteneva come ricompresi nel progetto approvato, con un incremento volumetrico di mc.88,62 che si aggiungono alle precedenti eccedenze volumetriche. Inoltre è stata accertata la realizzazione dell’allungamento del balcone (struttura portante in cemento armato) sulla facciata fronte strada che ha comportato un aumento della superficie calpestabile non autorizzata per mq. 15,84. Ed ancora sono state effettuate modifiche estetiche e cioè 4 nuove finestre, 4 nuove grandi aperture al piano terra fronte strada e modifiche delle specchiature di quelle autorizzate.

Conclusivamente la relazione dichiara che i volumi non autorizzati ammontano a mc. complessivi 376,58 sia pure indicando dei valori inferiori a quelli rappresentati nella relazione del tecnico comunale in data 10.10.1981.

Quel che rileva è che non risponde a verità quanto asserito dal signor G nel secondo motivo di appello che ha affermato la inesistenza dell’aumento di volumetria e la aderenza delle opere al progetto approvato.

E’ evidente che la realizzazione di numerose opere non previste dal progetto ha concretato difformità del manufatto da quello autorizzato ed ha giustificato l’intervento sanzionatorio del Comune. Come rilevato dal primo giudice nella vigenza della legge n.10 del 1977 la diversità è individuabile allorchè le divergenze siano tali da determinare un quid novi od un quid pluris sia in termini quantitativi che qualitativi da cui si possa arguire che le opere condotte a termine concretizzano un organismo edilizio privo di corrispondenza nel modello sottostante all’assenso edilizio e diverso per conformazione e strutturazione, incidendo le modificazioni su elementi essenziali dell’opera.

Conclusivamente il motivo non puo’ che essere respinto.

6. Aggiunge ancora l’appellante che la ordinanza di sospensione e conseguentemente la diffida a demolire era stata censurata in primo grado sotto l’aspetto che la stessa è stata emessa a lavori già ultimati ed eseguiti. La sentenza avrebbe violato la regola secondo la quale l’ordine di sospensione dei lavori in tanto puo’ essere emanato in quanto la edificazione della costruzione assentita sia ancora in corso ed ha mancato di rilevare la grave contraddittorietà ed illogicità della motivazione dell’ordine di sospensione assunto sulla dichiarata premessa che il signor G aveva eseguito l’opera.

Va premesso che la relazione del tecnico comunale rilevava che all’epoca del sopralluogo i lavori erano ancora in corso.

Al riguardo la Sezione richiama in primis la giurisprudenza del giudice amministrativo che ha riconosciuto che il verbale di sopralluogo con cui tecnici comunali od agenti di polizia municipale accertano abusi edilizi sono atti dotati di fede privilegiata nel senso che fanno fede dei fatti accertati fino a querela di falso (da ultimo, Consiglio Stato , sez. I, 08 gennaio 2010 , n. 250).

Peraltro l’affermazione che si legge nella relazione del tecnico comunale, che l’opera era stata eseguita in difformità dalla licenza edilizia, non ha portata risolutiva ai fini della asserita illegittimità dell’ordine di sospensione di lavori ormai terminati, come tende ad accreditare l’appellante, dovendosi ragionevolmente coordinare con altri passi della relazione dai quali risulta che l’opera non era stata completata.

7.In conclusione l’appello non merita accoglimento.

8. In relazione alla complessivo andamento della vicenda contenziosa in appello spese ed onorari del presente grado possono essere compensati.

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