Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-01-22, n. 202100666
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Pubblicato il 22/01/2021
N. 00666/2021REG.PROV.COLL.
N. 03321/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3321 del 2020, proposto da
R M, rappresentato e difeso dall'avvocato D L L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Sant'Angelo di Piove di Sacco, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati G B ed A C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio G B in Roma, via G.P. Da Palestrina, n. 47;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto n. 1162/2019.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Sant'Angelo di Piove di Sacco;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2021 il Cons. Giordano Lamberti e dato atto che l'udienza si svolge ai sensi dell'art.4, comma 1, del Decreto Legge 28 del 30 aprile 2020 e dell'art.25, comma2, del Decreto Legge 137 del 28 ottobre 2020, attraverso videoconferenza con l'utilizzo della piattaforma "Microsoft teams", come previsto dalla circolare n.6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 – Parte appellante ha ottenuto dal Comune di S. Angelo di Piove di Sacco il permesso di costruire n. SUAP/106 per la “Posa su fondazione a plinto di un palo poligonale autoportante per l’installazione di antenne e/o ripetitori” (la struttura era autorizzata per un’altezza di ml. 30,00, dotata di scala di risalita a pioli con guardaporto, e terrazzino di riposo largo ml. 1,50), realizzato in via Giuseppe Verdi (Foglio 12 particella n. 433).
1.1 - In data 6 dicembre 2018, lo stesso aveva inoltrato richiesta di variante al permesso di costruire, consistente “nell’installazione di un manufatto di altezza pari a 40 ml contro i 30 precedentemente previsti”;la variante prevedeva inoltre la realizzazione all’altezza di ml. 30,00 – quella in origine assentita – “di una piattaforma a pianta triangolare di lato pari a ml. 4,00”. Nella relazione all’istanza di variante la maggiore altezza era giustificata col fatto che la vegetazione circostante avrebbe potuto interferire con i segnali captati e/o inviati dall’antenna.
2 - L’amministrazione comunale, a seguito del sopralluogo effettuato il 15 febbraio 2019, accertava difformità nell’esecuzione dell’opera rispetto al permesso originario, rilevando che: a) la realizzazione della piattaforma/ballatoio contrastava con le previsioni di cui all’art. 22 del PAT in quanto per forma, dimensioni, ubicazione e funzione non è paragonabile all’assentito terrazzino di riposo che poi non è stato realizzato;b) la maggiore altezza di dieci metri determina un diverso impatto visivo ed ambientale avuto anche riguardo al paesaggio agricolo circostanze nel quale il manufatto è collocato.
3 – L’appellante ha presentato un’istanza di permesso di costruire in sanatoria in data 16 marzo 2019, avente ad oggetto la mancata costruzione del terrazzino di riposo alla quota di circa 15 metri e della scala di risalita protetta, la variazione del sedime del palo, la parziale differenza del materiale di costruzione della recinzione alla base del manufatto e la maggior altezza di ml.10 del palo e per la realizzazione della cd. “piattaforma di sommità-ballatoio”.
Con il provvedimento n. 5584/19 il Comune ha respinto detta istanza.
4 - Il 6 settembre 2019, l’amministrazione comunale ha emesso l’ordinanza di demolizione delle “ opere eseguite in assenza del Permesso di Costruire ed in contrasto con quanto previsto dall’articolo 22 del PAT, consistenti nella sopraelevazione di ml. 10 del palo/manufatto e realizzazione all’altezza dei 30 ml. di una piattaforma/ ballatoio a pianta triangolare di lato pari a ml. 4,00 ”.
5 - L’appellante ha impugnato avanti il T.A.R. per il Veneto il provvedimento n. 5584/19, che ha rigettato la richiesta di sanatoria, e la conseguente ordinanza n. 37 del 6 settembre 2019 con la quale l’amministrazione comunale ha ingiunto la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi;ha altresì impugnato l’art. 22, paragrafo 8.b, delle Norme tecniche al PAT nella parte in cui non consente “l’installazione di pali o tralicci con sbracci o ballatoi”;infine, ha chiesto l’accertamento dell’intervenuto perfezionamento per silenzio–assenso, ai sensi dell’art. 87 d. lgs. n.259/2003, dell’autorizzazione sull’istanza di rilascio di permesso di costruire in variante presentata in data 6 dicembre 2018.
6 – Con la sentenza n. 1162/2019 il T.A.R. adito ha respinto il ricorso.
7 – Con il primo motivo, l’appellante lamenta che la sentenza impugnata conterrebbe una motivazione parziale e comunque erronea e non corretta nel merito.
7.1 - Si contesta che il TAR avrebbe indebitamente limitato la fattispecie del silenzio assenso (di cui al comma 9 dell’art. 87 del d.lgs. 259 del 2003) alla modifica delle “ caratteristiche di emissione degli impianti esistenti ”, escludendola nel caso in esame che “ attiene propriamente ad una richiesta di modifica del manufatto assentito estesa a parti strutturali e morfologiche, tanto da modificarne in maniera significativa l’altezza ”.
Secondo l’appellante, nessuna norma prevede esclusivamente l’assenso espresso per le modifiche strutturali/dimensionali alle infrastrutture per impianti radioelettrici già autorizzate o esistenti: il comma 9 cit. si riferisce infatti alla “ istanza di autorizzazione alla installazione di infrastrutture di cui al comma 1 ”.
7.2 - Quando al cd. ballatoio, rileva che lo stesso era previsto, sia dall’istanza di variante in data 6.12.2018, sia dalla istanza di sanatoria in data 16.3.2019, ad una quota di ml. 30 in sostituzione del terrazzino di riposo assentito - col permesso di costruire del febbraio 2018 - alla minor quota di ml.15 circa, di cui la motivazione del TAR non avrebbe tenuto conto.
Rileva inoltre la mancata considerazione della dedotta illegittimità della previsione locale opposta e della prospettazione che solo un vincolo di inedificabilità assoluta sarebbe ostativo all’opera in questione.
7.3 – Nel riproporre le censure svolte in primo grado, deduce che l’appellante, dopo essere stato destinatario del permesso di costruire del febbraio 2018, ne aveva richiesto un altro, in variante, al quale il Comune non ha mai dato seguito con un provvedimento espresso. Ne consegue che, trascorsi novanta giorni (e cioè alla data del 6 marzo 2019) dalla data di presentazione (il 6.12.2018) della domanda, il titolo abilitativo si doveva e si deve considerare tacitamente rilasciato, proprio in ossequio a quanto disposto dal comma 9 dell’articolo 87 del d.lgs. 259 del 2003.
In base a tale prospettazione sarebbero state tacitamente assentite le opere di innalzamento del palo di ulteriori 10 metri (da ml. 30 a ml. 40) e di costruzione di un ballatoio triangolare di dimensioni di 4 ml per lato, ubicato a 30 metri di quota.
8 – Le censure nelle loro plurime articolazioni sono infondate.
Quanto al dedotto difetto di motivazione della sentenza impugnata, è sufficiente ricordare che, per pacifica giurisprudenza, “ la censura con cui si contesta il difetto di motivazione della sentenza, ovvero l’omessa pronuncia su un motivo di ricorso, è resa inammissibile dell’effetto devolutivo dell’appello. In secondo grado, infatti, il giudice è chiamato a valutare le domande, integrando-ove necessario-le argomentazioni della sentenza appellata senza che, quindi, rilevino le eventuali carenze motivazionali di quest’ultima o omissioni di pronuncia ” (Cons. Stato, sez. II, 11 giugno 2020, n. 3722).
8.1 – Quanto al prospettata maturazione del silenzio assenso sull’istanza di variazione dell’originario permesso a costruire, vale osservare quanto segue.
L’art. 87, comma 9, del d.lgs. 259 del 2003, prevede che “ le istanze di autorizzazione e le denunce di attività di cui al presente articolo, nonché quelle relative alle modifiche delle caratteristiche di emissione degli impianti già esistenti, si intendono accolte qualora, entro novanta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda, fatta eccezione per il dissenso di cui al comma 8, non sia stato comunicato un provvedimento di diniego o un parere negativo da parte dell’organismo competente ad effettuare in controlli, di cui all’articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36 ”.
Tale norma rappresenta una fattispecie procedurale di carattere speciale che esclude l’applicazione della normativa di carattere generale di cui al DPR n. 380/2001 e che “ assorbe in sé e sintetizza anche la valutazione edilizia che presiede al titolo ” ( cfr . Cons. St. n.1887/2018) ed esprime la volontà del legislatore di concludere il procedimento in un termine breve, per l’evidente favore che assiste il sollecito rilascio delle autorizzazioni relative alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici ( cfr . Cons. St. n.5257/2015).
La prospettazione di parte appellante circa l’ambito di applicazione di tale norma è dunque corretta, non essendo condivisibile la sua delimitazione alla “ modifica delle caratteristiche di emissione degli impianti esistenti ” sostenuta dal TAR.
8.2 - Tuttavia, nel caso in esame, detta disposizione non risulta di fatto applicabile, posto che le opere oggetto della richiesta in variante sono state eseguite prima del decorso del termine di novanta giorni previsto dalla norma.
E’ infatti palese che la fattispecie agevolativa di cui all’art. 87 citato individua comunque un modulo procedimentale autorizzatorio, che può perfezionarsi anche tacitamente, ma che deve chiaramente precedere l’esecuzione dei lavori.
In nessun caso un permesso di costruire può retroagire, legittimando opere già realizzate. Per conseguire questo effetto, come noto, occorre infatti ottenere un permesso in sanatoria (come in effetti è poi avvenuto nel caso di specie).
Tanto precisato, deve ricordarsi che l’istanza di variazione del permesso di costruire è stata presentata in data 6 dicembre 2018 e l’inizio dei lavori relativi alle opere contestata è stata accertata durante il sopralluogo del febbraio 2019, ben prima del decorso del termine di novanta giorni necessario al perfezionamento del titolo per silenzio-assenso (nel verbale del sopralluogo del 18 febbraio 2019 si legge: “ si è accertato che, in assenza del Permesso di Costruire relativamente alla Variante, ed in contrasto con quanto previsto dall’art. 22 del PAT, sono state eseguite le seguenti opere: sopraelevazione di ml 10 del palo/manufatto con realizzazione all’altezza dei 30 ml di una piattaforma/ballatoio a pianta triangolare di lato pari a ml. 4.00 ”).
Dette opere devono dunque ritenersi abusive in quanto non assistite da alcun titolo nel momento in cui sono state realizzate, né lo speciale modello procedimentale di cui all’art. 87 cit. risulta idoneo a legittimarle.
A questo riguardo, su un piano generale, la giurisprudenza ha chiarito che la formazione tacita del silenzio assenso presuppone, quale condizione imprescindibile “ non solo il decorso del tempo dalla presentazione della domanda senza che sia presa in esame e sia intervenuta risposta dall’Amministrazione, ma la contestuale presenza di tutte le condizioni, i requisiti e i presupposti richiesti dalla legge, ossia degli elementi costitutivi della fattispecie di cui si deduce l’avvenuto perfezionamento, con la conseguenza che il silenzio assenso non si forma nel caso in cui la fattispecie rappresentata non sia conforme a quella normativamente prevista ” (Cons. Stato, sez. VI, 21 gennaio 2020, n. 506).
Inoltre, non può non constatarsi la contraddittorietà della condotta dell’appellante che, da un lato, rivendita la formazione del titolo edilizio per silenzio assenso, dall’altro ha presentato per le medesime opere l’istanza di sanatoria.
9 – In riferimento al diniego di sanatoria, l’appellante rileva che nessuna norma giustificherebbe il diniego della maggiore altezza, con una palese violazione quindi nella fattispecie della norma-base del procedimento di cui all’art. 3 comma 1 L. n.241/1990, in quanto non sarebbe dato comprendere il concreto disvalore apportato da una tecnicamente giustificata maggior altezza del palo di ml.10 (complessivamente ml. 40 invece dei ml. 30 assentiti inizialmente).
9.1 - La censura deve trovare accoglimento.
Dalla lettura del provvedimento impugnato emerge che le ragioni poste a giustificazione del diniego, rispetto alla maggiore altezza rispetto all’assentito, risiedono nel fatto che l’idoneità dell’altezza di 30 metri era stata in origine certificata dallo stesso richiedente, il quale aveva indicato questa altezza, e non quella di 40 metri, come altezza pienamente sufficiente a garantire la funzionalità delle trasmissioni nel suo primo progetto.
L’amministrazione ha inoltre rilevato che – tenuto conto della relazione illustrativa allegata dal ricorrente alla domanda di variante e alle successive osservazioni da questi presentate, in cui spiega che la sopraelevazione del traliccio si sarebbe resa necessaria per impedire che “ostacoli fissi” interferissero con la propagazione del segnale delle antenne - non erano intervenuti dei mutamenti ambientali tali da compromettere il corretto funzionamento dell’impianto e da rendere necessaria una sua sopraelevazione rispetto al progetto iniziale, in quanto lo stato dei luoghi era rimasto immutato.
Tale valutazione del comune non può ritenersi idonea a giustificare il provvedimento impugnato, introducendo sostanzialmente una valutazione discrezionale di disfavore in un ambito che si caratterizza per la vincolatività del potere che viene esercitato.
E’ noto che l’accertamento di conformità, quale strumento attraverso cui si consente la sanatoria di opere realizzate in assenza di titolo edilizio, ma conformi alla normativa applicabile, richiede che gli interventi abusivi siano conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al tempo della realizzazione dell’opera, sia al momento della presentazione della istanza.
Il rilascio del titolo in sanatoria non è subordinato ad alcuna valutazione discrezionale dell’amministrazione, né all’indagine circa le motivazioni soggettive e le finalità del richiedente la sanatoria, dovendosi avere riguardo alla sola conformità delle opere alla disciplina urbanistica ed edilizia dell’area.
Al riguardo, come rilevato da parte appellante, il comune non ha indicato quale norma sia stata in concreto violata, da cui la sussistenza del dedotta difetto di motivazione.
Tale lacuna non può essere superata dall’ulteriore valutazione contenuta nel provvedimento secondo cui “ l’opera determina un diverso impatto visivo ed ambientale tenuto conto del contesto agricolo nel quale ricade ”. Tale valutazione – che pare presupporre la sussistenza di un vincolo di tutela sull’area di cui il provvedimento non dà conto (né ne viene evidenziata la sussistenza negli atti di causa) - si risolve, pertanto, anch’essa in una valutazione discrezionale al di fuori degli ambiti in cui la stessa può essere ammessa e senza alcun riferimento alla disciplina normativa concretamente applicata.
Al riguardo, non appare invero idoneo l’art. 22, comma 8, delle norme tecniche del P.a.t., citato dal comune nel presente giudizio, secondo cui gli impianti devono essere realizzati “con materiali e tecnologie tali da assicurarne, anche sotto l’aspetto estetico, il miglior inserimento nell’ambiente”, posto la norma contempla l’aspetto estetico del traliccio solo per quanto riguarda i materiali e le tecnologie impiegate, aspetti del tutto trascurati nel provvedimento impugnato.
Vale una analoga conclusione circa la considerazione contenuta nel provvedimento impugnato secondo la quale la maggiore altezza sarebbe volta a soddisfare le esigenze di ditte estranee all’iniziale richiesta, trattandosi di un aspetto assolutamente irrilevante e, oltretutto, in apparente contrasto con l’art. 22 paragrafo 8.b NT del PAT secondo cui “ in ogni caso i pali-tralicci dovranno essere dimensionati per ricevere gli impianti di almeno n.3 gestori al fine di favorirne, salvo motivi di ordine tecnico, l’uso in comune ”.
In definitiva, dal tessuto motivazione del provvedimento non emerge alcuna norma dalla quale emerga la necessità di rispettare un limite dell’altezza dell’opera in questione, da cui la sussistenza del vizio motivazionale dedotto da parte appellante.
10 – Alla luce delle considerazione che precedono, in riferimento all’impugnato diniego di sanatoria, deve altresì trovare accoglimento il motivo con cui si censura la valutazione del comune secondo cui “ la realizzazione della piattaforma/ballatoio contrasta di fatto con quanto previsto dall’art. 22 del PAT, in quanto per forma, dimensioni, ubicazione e funzione non è paragonabile all’assentito terrazzino di riposo previsto, e non realizzato, nell’originario Permesso di Costruire SUAP/106 ”.
Appare invero condivisibile anche in riferimento a tale aspetto il difetto di motivazione dedotto da parte appellante, che ha messo in luce come il terrazzino di riposo a suo tempo autorizzato dal comune presentava uno sbraccio (su tre lati) di oltre ml. 1,50 rispetto al palo, ovvero di poco inferiore a quello realizzato (tutt’intorno al palo) che sporge di poco meno ml. 2.
A fronte dell’assentimento del precedente terrazzino, non essendo medio tempore intervenute modifiche nella disposizione regolamentare, che non ammette l’istallazione di pali o tralicci a sbracci o con ballatoi, doveva necessariamente esigersi un maggior sforzo motivazionale da parte del comune, al fine di escludere una valutazione contradditoria della stessa amministrazione in riferimento alla medesima norma regolamentare.
Tale conclusione si impone anche alla luce dei precisi e concreti rilievi sollevati dall’appellante al riguardo, secondo cui: a) dagli elaborati grafici si evincerebbe come le differenze (tra quanto autorizzato e quanto realizzato) siano marginali; b) la norma invocata dal Comune nulla dice circa la “forma, dimensioni, ubicazione e funzione”;c) il ballatoio realizzato, così come il terrazzino autorizzato, hanno entrambi come scopo quello di permettere agli operai addetti alla manutenzione dell’impianto di poter lavorare in sicurezza (si vedano sul punto le disposizioni del D. Lgs. n.81/2008 sui cd. lavori in quota, segnatamente quelle di cui agli artt.115 e 116).
11 – Con l’accoglimento delle censure che precedono, ed il conseguente annullamento del diniego di sanatoria, il Comune dovrà riprovvedere sulla relativa istanza.
Tale conseguenza assorbe le ulteriori censure di parte appellante circa la dedotta violazione dell’art. 10 bis L. n. 241/1990 e circa l’illegittimità della disposizione regolamentare di cui all’art. 22 del PAT.
12 – Quanto ai motivi avverso l’ordinanza di demolizione, non essendosi mai formato alcun titolo di autorizzazione delle opere (vedasi punto 8.2), queste allo stato non possono che considerarsi abusive, da cui la legittimità del provvedimento di demolizione.
Deve tuttavia precisarsi che gli effetti di tale provvedimento risultano sospesi in attesa che il comune si ridetermini sulla domanda di sanatoria.
Invero, la presentazione di una istanza di sanatoria non rende inefficace il provvedimento sanzionatorio pregresso;non vi è dunque una automatica necessità per l’amministrazione di adottare, se del caso, un nuovo provvedimento di demolizione. La domanda di accertamento di conformità determina un arresto dell’efficacia dell’ordine di demolizione, ma tale inefficacia opera in termini di mera sospensione. In caso di rigetto dell’istanza di sanatoria, l’ordine di demolizione riacquista la sua efficacia ( Cfr . Cons. St. 2681/2017, Cons. St. 1565/2017, Cons. St. 1393/2016, Cons. St. 466/2015, Cons. St. 2307/2014).
13 – In definitiva l’appello deve trovare parziale accoglimento ed in riforma della sentenza impugnata deve essere accolto il ricorso avverso il provvedimento di diniego di sanatoria nei sensi innanzi esposti.
La soccombenza reciproca giustifica la compensazione delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.