Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-08-01, n. 201204412

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-08-01, n. 201204412
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201204412
Data del deposito : 1 agosto 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05850/2011 REG.RIC.

N. 04412/2012REG.PROV.COLL.

N. 05850/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5850 del 2011, proposto da:
F C, rappresentato e difeso dall'avv. L R S, con domicilio eletto presso il medesimo, in Roma, via C.Poma,4;

contro

Ministero della Difesa - Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri in persona del ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi;

nei confronti di

Inpdap - Sede Provinciale - Sez.Pensioni Ordinarie;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I BIS n. 03012/2011, resa tra le parti, concernente PERDITA DEL GRADO PER RIMOZIONE PER MOTIVI DISCIPLINARI - RISARCIMENTO DANNI -


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 marzo 2012 il Cons. Andrea Migliozzi e uditi per le parti gli avvocati L R S e Luca Ventrella (avv. St.);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

L’appuntato dei carabinieri C Francesco, con sentenza del 24 settembre 2009, divenuta irrevocabile, veniva condannato per il reato di calunnia aggravata .

Nell’anno successivo, il graduato, nel frattempo cessato dal servizio permanente e collocato in congedo assoluto in virtù del provvedimento del comando interregionale Carbinieri “Podgora “ del 26 gennaio 2009, era sottoposto a procedimento disciplinare di stato all’esito del quale veniva disposta nei confronti del predetto, come da determina del Vice Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri del 24 luglio 2010, la perdita del grado per rimozione.

Quindi, il Centro Nazionale Amministrativo del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri con nota del 1 ottobre 20120 inviata alla sede provinciale INPDAP di Frosinone invitava l’Istituto previdenziale a voler sospendere il trattamento pensionistico provvisorio erogato in favore del C atteso che:

“- Il Comando generale dell’Arma dei Carabinieri - I reparto SM. Uff . Per. BAC con determina n.269596/D-1-11 datato 24 luglio 2010 ha disposto la cessazione dal servizio ai sensi del combinato disposto degli artt.34, 22 e 35 della legge 1168/61”;

“ lo stesso alla data del 9 dicembre 2008 avendo un servizio contributivo pari ad anni 23, mesi 3 e giorni 4 nonché un’età anagrafica di anni 38, non ha maturato i requisiti contributivi anagrafici previsti dalla Legge 449/97 nonché dal dlgs 165/1997”.

L’interessato ha impugnato il provvedimento con cui è stata disposta la perdita del grado per rimozione nonchè la nota recante richiesta di sospensione del trattamento pensionistico provvisorio innanzi al TAR per il Lazio che con sentenza n.3012/2011, resa informa semplificata, ha respinto il ricorso, ritenendolo infondato.

Il sig. C ha impugnato tale decisum, ritenuto errato ed ingiusto deducendo a sostegno del proposto gravame, i seguenti motivi:

1) in relazione al provvedimento di perdita del grado per rimozione, errata motivazione per falsa applicazione dell’art.34 della legge n.1168 del 1961;

2) con riferimento alla nota di richiesta di sospensione della pensione, violazione dell’art.13 della legge n.1168 del 1961 ed, in subordine , violazione dell’art.20 della legge n.1168 del 1961, abuso di potere ed omessa applicazione della legge.

Si è costituito in giudizio per resistere all’appello l’intimato Ministero della Difesa.

Con ordinanza n.4519 assunta nella camera di consiglio del 26 luglio 2011 la Sezione disponeva l’acquisizione al giudizio di una serie di atti e documenti cui l’Amministrazione dava adempimento come da nota del 15/9/2011.

All’odierna udienza pubblica la causa è stata introitata per la definitiva decisione.

DIRITTO

Parte appellante con riferimento al primo dei provvedimenti oggetto di impugnativa contesta la legittimità della determinazione recante la dichiarazione della perdita del grado per rimozione sotto un duplice profilo :

a) il provvedimento espulsivo è stato assunto in applicazione della sentenza penale di condanna a lui inflitta dal Tribunale di Pisa per il reato di calunnia aggravata, ma tale sentenza non conteneva alcuna pena accessoria per cui l’Amministrazione non poteva attivare il procedimento disciplinare;

b) la misura in questione è conseguente ad un procedimento disciplinare instaurato ai sensi della legge n.1168 del 1961( art.34), ma essendo decorso il termine di 180 giorni dall’accadimento dei fatti ( 2007 ) all’Amministrazione era precluso l’esercizio dell’azione disciplinare.

Entrambe le argomentazioni difensive sono prive di giuridico fondamento.

Come rilevasi dall’esame del provvedimento impugnato la sanzione in contestazione è stata irrogata ai sensi e per gli effetti dell’art.34, comma 6, della legge 18 ottobre 1961 n.1168 secondo cui il militare di truppa dell’Arma dei Carabinieri incorre nella perdita del grado “ per violazione del giuramento o per altri motivi disciplinari ovvero per comportamento comunque contrario alle finalità o alle esigenze dello stato, previo giudizio della Commissione di disciplina”.

E’ in questa specifica ipotesi normativa che va collocata la determinazione sfavorevolmente assunta a carico dell’appuntato C, laddove l’Amministrazione ha esercitato un potere disciplinare che ha solo il suo originario abbrivio nelle vicende di carattere penale che a suo tempo hanno visto protagonista l’appellante, ma che trae fondamento dall’autonomo giudizio disciplinare in cui l’amministrazione ha avuto cura di procedere ad una apposita valutazione dei fatti oggettivi accertati in sede penale, il tutto a mezzo di un apprezzamento che ha messo in evidenza la condotta censurabile sul piano disciplinare.

Al riguardo, vale la pena di sottolineare che nel procedimento disciplinare nei confronti dei pubblici dipendenti ( ivi compresi i militari ) il giudizio si svolge da parte dell’amministrazione procedente con una larga discrezionalità in ordine al convincimento circa la gravità degli addebiti ( Cons. Stato, Sez. IV, 15 settembre 2010 n.6877;
Cons Stato, Sez. VI, 10 maggio 1996 n.670) e l’apprezzamento può essere messo in discussione solo per errori di travisamento ed illogicità, vizi nella specie non rinvenienti, come si può rilevare dalla lettura degli atti depositati in giudizio.

Dunque, la perdita del grado per rimozione è stata irrogata all’esito di una valutazione correttamente culminata con la rilevata sussistenza di responsabilità disciplinare cui ha fatto contestualmente seguito l’individuazione della sanzione di stato di che trattasi e, se così è, i profili di doglianza dedotti dall’interessato sono del tutto estranei alla fattispecie in rilievo.

Parte appellante eccepisce poi l’intervenuta decadenza dell’esercizio del potere disciplinare, ma la censura non coglie nel segno.

Invero, il dies a quo cui far decorrere lo spatium temporis posto a disposizione dell’Amministrazione per attivare il procedimento disciplinare non va ancorato, come erroneamente ritenuto dalla difesa del C, all’epoca in cui i fatti sono accaduti, bensì, come costantemente affermato in giurisprudenza, al momento in cui l’Amministrazione è stata formalmente notiziata, mediante notificazione e/o comunicazione, della intervenuta sentenza penale di condanna.

Sul punto dell’avvenuto inoltro della sentenza penale all’amministrazione alcunché viene lamentato nei motivi d’appello, sicchè la censura di decadenza deve ritenersi infondatamente dedotta.

Passando ad esaminare i profili di illegittimità formulati nei confronti del secondo degli atti impugnati, appare indispensabile effettuare alcune considerazioni di carattere preliminare che incidono concretamente sulla soluzione da dare alle questioni giuridiche sollevate.

L’Amministrazione con la nota del 1 ottobre 2010 qui in contestazione si è determinata in concreto a chiedere la sospensione del trattamento pensionistico già attribuito al C in ragione dell’intervenuta adozione della sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione che, ai sensi dell’art.34 della legge n.1168 del 1961, opera con effetto retroattivo: l’Arma dei Carabinieri ha così ritenuto che gli effetti della sanzione si applicano a decorrere dal 9 dicembre 2008, data di collocamento in congedo assoluto dell’appuntato C.

Ora alla luce delle precisazioni testè evidenziate in ordine alla contestazione della legittimità della richiesta di sospendere il trattamento economico di quiescenza questo giudice deve declinare la propria giurisdizione.

Invero, qui il rapporto giuridico che viene in rilievo attiene unicamente alla rilevanza e agli effetti della sanzione disciplinare della perdita del grado rispetto all’anzianità contributiva necessaria per l’accesso a pensione.

Ma che la sanzione in questione possa o meno incidere retroattivamente o in pejus è questione che questo giudice non può decidere per non rientrare il apporto giuridico de quo nel perimetro della giurisdizione del giudice amministrativo. ( cfr. Corte dei Conti, Sez. Giuris. Emilia Romagna n.1876 del 25/11/2010 ).

Nella specie, è intervenuto un formale provvedimento dell’Amministrazione ( vedi determina del Comando Interregionale Carabinieri Podgora del 26 gennaio 2009) che decreta ufficialmente la cessazione dal servizio del C con collocamento in congedo assoluto dal 9 dicembre 2008 risultando altresì pacifico che al predetto militare è stato corrisposto il trattamento previdenziale ritenuto a lui spettante.

Se così è, in presenza di uno status che non è più quello del dipendente in servizio, la cognizione ad occuparsi della questione di tipo squisitamente previdenziale spetta unicamente al giudice munito della relativa giurisdizione, per cui in parte qua va dichiarato il difetto di giurisdizione, con applicazione del principio della traslatio iudicii, per cui parte appellante si farà carico di riassumere il giudizio nella parte che interessa innanzi al giudice deputato a definire la relativa controversia.

Per quanto sin qui esposto, la sentenza resa dal primo giudice va in parte confermata ed in altra parte riformata nei sensi sopra indicati.

Sussistono peraltro giusti motivi, attesa la peculiarità della vicenda all’esame, per compensare tra le parti le spese e competenze del doppio grado del giudizio

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