Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-07-14, n. 202306904

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-07-14, n. 202306904
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202306904
Data del deposito : 14 luglio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/07/2023

N. 06904/2023REG.PROV.COLL.

N. 09703/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9703 del 2022, proposto dal
Comune di Centro Valle Intelvi, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati G C e S F, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso l’avv. G C in Roma, via Cicerone, n. 44;

contro

Azienda Agricola Marco Prioni rappresentata e difesa dall'avvocato M C, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

nei confronti

M B, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione Seconda, n. 1193/2022, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Agricola Marco Prioni;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 maggio 2023 il Cons. C A e uditi per le parti gli avvocati G C e Gaia Stivali per M C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.Il 15 marzo 2021 il signor Marco Prioni presentava al Comune di Centro Valle Intelvi una Segnalazione certificata di inizio attività per un intervento di restauro e risanamento conservativo di due immobili rurali esistenti, identificati al catasto rispettivamente al mappale n. 878, sub. 2, e al mappale n. 3483, ai fini del riuso per attività agrituristica di ospitalità, ai sensi della legge 20 febbraio 2006 n. 96, della legge regionale 5 dicembre 2008, n. 31 (artt. 150-164) e del regolamento regionale n. 24 luglio 2020, n. 5, con realizzazione di tre mini-alloggi, uno al fabbricato al mapp. n. 878, sub. 2, di 72 metri quadri circa, gli altri due nel fabbricato al mapp. n. 3483, di circa 28 metri quadri ciascuno. Nella relazione tecnica allegata era indicata per il fabbricato al mappale n. 878, sub. 2, la destinazione in atto a deposito attrezzi agricoli ed in parte ad abitazione rurale per il ricovero degli addetti all’alpeggio;
per il fabbricato al mappale n. 3483 era indicata la destinazione a stalla e fienile;
veniva poi richiamata la disciplina dell’art. 155 della legge regionale n. 31 del 2008, secondo cui “ le strutture e i locali destinati all'esercizio di attività agrituristiche devono avere i requisiti di abitabilità e agibilità previsti per i locali di abitazione dai regolamenti comunali edilizi e di igiene, tenuto conto delle particolari caratteristiche architettoniche e di ruralità degli edifici, specie per quanto attiene all'altezza e al volume dei locali in rapporto alle superfici aeroilluminanti ” ed era indicato che “ i fabbricati sono serviti da energia elettrica, non è prevista l’installazione di alcun sistema di riscaldamento in considerazione anche dell’utilizzo saltuario degli alloggi e comunque limitato alla stagione primaverile – estiva. Gli insediamenti non sono e non saranno collegati al civico acquedotto, che non esiste in zona. L’approvvigionamento, sia nello stato di fatto sia nello stato di progetto, avviene mediante le esistenti cisterne di accumulo delle acque meteoriche. L’utilizzo attuale è per dare da bere agli animali e quindi senza alcun trattamento, l’utilizzo di progetto sarà per uso umano e quindi verrà installato apposito sistema di potabilizzazione. Il sistema di smaltimento delle acque meteoriche è così composto, sia nello stato di fatto sia nello stato di progetto: le acque meteoriche provenienti dai pluviali del tetto vengono raccolte nelle apposite cisterne esistenti;
le acque provenienti dal troppo-pieno delle cisterne vengono disperse nel terreno di pertinenza destinato a prato. Lo scarico delle acque reflue domestiche è stato autorizzato dalla Provincia di Como con autorizzazione n. 402/2020 del 10.08.2020, allegata in copia. Le acque reflue verranno disperse col metodo della sub-irrigazione. La tubazione in progetto, che fuoriesce dai bagni e dalle cucine, convoglierà in una vasca Imhoff. Immediatamente a valle della vasca Imhoff verrà posizionato il pozzetto di cacciata, poi i reflui convogliati nella tubazione di sub- irrigazione
”.

2. Con nota del 30 marzo 2021 lo Sportello unico per l’edilizia del Comune chiedeva all’interessato di fornire entro 30 giorni (con avviso che in difetto la SCIA sarebbe stata considerata ineffica e) integrazioni documentali, in particolare, la presentazione di “ certificazione comprovante la connessione dell’attività agrituristica rispetto a quella agricola di cui all’art. 152 della L.R. n. 31/2008 rilasciata dalla Regione Lombardia ”;
il “ calcolo degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria dei volumi riutilizzati, ai fini dell’individuazione della classe dell’edificio per il calcolo del costo di costruzione ”, rappresentando che “ l’intervento in progetto comporta un mutamento d’uso urbanisticamente rilevante ed è soggetto al pagamento del contributo di costruzione ”;
l’indicazione “ della capacità delle cisterne ” e la descrizione “ del sistema di potabilizzazione”, evidenziando che “ in caso di siccità l’approvvigionamento di acqua dovrà comunque essere garantito ”;
delucidazioni in merito al calcolo dei rapporti aeroilluminanti delle camere a piano terra dell’edificio al mappale 3483;
la rappresentazione grafica del rispetto delle barriere architettoniche.

3. Con comunicazione del 16 aprile 2021 il tecnico di fiducia dell’interessato chiedeva al Comune di precisare in quale categoria di intervento sarebbe rientrato il mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante;
successivamente con nota del 3 maggio 2021 contestava la richiesta di integrazioni documentali, rilevando che la SCIA era stata presentata solo per le attività edilizie, mentre successivamente sarebbe stata presentata quella per l’esercizio dell’attività agrituristica con il prescritto certificato regionale;
deduceva l’insussistenza di un mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante, essendo stata conservata la destinazione rurale, ai sensi della legge 96 del 2006, della legge regionale n. 31 del 2008 e del regolamento regionale 5/2020;
contestava la richiesta di chiarimenti in ordine alla potabilizzazione, puntualmente descritta nella relazione, evidenziando che in caso di siccità si sarebbe provveduto di volta in volta o non utilizzando gli alloggi ovvero tramite il rifornimento con autobotti;
con riguardo ai rapporti aeroilluminanti evidenziava che al piano terra vi erano altre finestre e che detti rapporti per le attività agrituristiche trovavano applicazione in quanto compatibili, ai sensi dell’art. 155 della legge regionale n. 31 del 2008;
quanto all’impianto di riscaldamento precisava che l’utilizzo era previsto come saltuario e che quindi non sarebbero stati utilizzati gli alloggi in caso di temperatura minima inferiore a quella consentita e che in ogni caso non avrebbero potuto essere utilizzati nel periodo invernale per la inutilizzabilità della strada.

4. Con la nota del 12 maggio 2021 il Comune rilevava che le integrazioni di cui alla nota del 30 marzo 2021 erano state richieste ai sensi dell’art. 19, commi 3 e 6 bis, della legge 241 del 1990 e che le altre informazioni erano state richieste “ nell’ottica del principio di leale collaborazione tra privato cittadino e PA che caratterizza il procedimento amministrativo ”;
evidenziava che “ la lettura dell’art. 152 della legge regionale 31 del 2008 può far presumere che la certificazione comprovante la connessione con l’attività agricola possa essere presentata per lo svolgimento dell’attività ma in via prudenziale è stata richiesta contestualmente alla SCIA. In ogni caso dovrà essere presentata in occasione dell’inizio dell’attività agrituristica ”;
ribadiva la sussistenza di un mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante, richiamando l’art. 3 della legge n. 96 del 2006, secondo cui i locali ad uso agrituristico sono assimilati ad abitazioni rurali, così che il cambio di destinazione d’uso si ricollegava alla trasformazione in abitazione dei locali adibiti a stalla e fienile e a deposito attrezzi;
precisava che la richiesta relativa all’acqua potabile derivava dal fatto che tra i requisiti igienico - sanitari degli alloggi era chiesto il collegamento all’acquedotto ed era finalizzata a verificare la possibilità di ritenere sussistente l’agibilità dei locali anche in mancanza di tale allacciamento;
sottolineava la persistente violazione dei rapporti aeroilluminanti, l’inagibilità dei locali per la mancanza dell’impianto di riscaldamento e richiedeva la relazione sul risparmio energetico degli edifici, esclusa solo per gli immobili di superficie inferiore a 50 metri quadri.

5. Con nota del 12 giugno 2021 il tecnico di fiducia dell’interessato, per conto di quest’ultimo, contestava nuovamente la richiesta di integrazioni documentali e, con riferimento al mutamento di destinazione d’uso, contestava l’interpretazione della legge n. 96 del 2006 sostenuta dal Comune e richiamava la giurisprudenza secondo cui l’attività agrituristica sarebbe stata compatibile con la destinazione rurale.

6. Il Comune,con atto dell’8 luglio 2021 ha vietato la prosecuzione dei lavori, richiamando l’art. 19, comma 3, della legge n. 241 del 1990, per la mancanza del rispetto dei rapporti aeroilluminanti previsti dal D.M. 5 luglio 1975;
per la mancata presentazione del calcolo del contributo di costruzione;
per la mancata presentazione della relazione sul risparmio energetico;
per la mancata indicazione della capacità della cisterna, precisando in particolare che “ nella relazione tecnica e dagli elaborati grafici presentati unitamente alla SCIA relativamente al fabbricato al mappale 3483 risulta che al piano terra dell'immobile le camere in progetto, di superficie pari a mq 9,11, sono illuminate direttamente da finestre di m.0,67 x 0,63, e che i disimpegni di superfici pari a 1,73 mq sono illuminati direttamente da portefinestre di dimensioni pari a m.0,94x2,10. Evidenziando che le portefinestre di dimensioni pari a m.0,94 x 2,10 non possono essere utilizzate per il calcolo dei r.a.i. delle camere poiché illuminano direttamente solo i disimpegni, la superficie finestrata apribile in progetto nelle camere non è sufficiente a garantire i r.a.i. delle stesse che, ai sensi dell'art. 5 del Decreto ministeriale Sanità 5 luglio 1975, non devono essere inferiori a 1/8 della superficie di pavimento. Pertanto la superficie finestrata apribile delle camere in progetto come sopra indicata, pari a circa 1/21, non risulta conforme a quanto disposto dal sopra indicato art. 5 dal Decreto ministeriale Sanità 5 luglio 1975;

- non è stato presentato il calcolo ed effettuato il versamento del contributo di costruzione ai sensi dell'art. 16 del DPR 380/2001 e s.m.i.;

- non è stata presentata la documentazione prevista dalla normativa vigente in materia di risparmio energetico (relazione tecnica prevista dall'art. 125 del DPR 380/2001 e s.m.i.) così come previsto dalla normativa regionale attualmente in vigore in materia di risparmio energetico (d.g.r.17.07.2015n.3868 e s.m. e D.d.u.o 16.12.2019 n. 18546) in quanto i fabbricati hanno superficie utile totale superiore a 50 mq;

- non è stata indicata la capacità della cisterna al fine di verificare la presenza di una idonea riserva idrica che possa garantire l'agibilità dell'edificio e l'effettivo utilizzo dello stesso a fini agrituristici;

- non è stata presentata la tavola n. 6 ristampata ”.

7. Di tale provvedimento il sig. Marco Prioni ha chiesto l’annullamento al TAR per la Lombardia alla stregua di tre motivi di censura.

Con il primo motivo ha lamentato la violazione dell’art. 3, comma 3, della legge 20 febbraio 2006, n. 96, dell’art. 152 della legge regionale 31/2008, dell’art. 23 ter del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, nonché eccesso di potere per perplessità, sviamento, contraddittorietà, ingiustizia e difetto di istruttoria, contestando la sussistenza di un mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante, in quanto l’attività agrituristica è integralmente assimilata alle abitazioni rurali.

Con il secondo motivo ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 19 della legge 7 agosto 1990 n. 241 e dell’art. 2 del d.lgs. 30 giugno 2016, n. 126, dei principi di trasparenza e buona fede, proporzionalità, adeguatezza e ragionevolezza, di non aggravamento del procedimento, di eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifesta, carenza di istruttoria, carenza e travisamento dei presupposti, carenza di motivazione, sviamento, sostenendo che l’amministrazione comunale aveva superato il termine per poter dichiarare l’inefficacia della SCIA, ai sensi dell’art. 19 della legge n. 241 del 1990, senza procedere in autotutela, e che aveva aggravato il procedimento con le varie richieste di integrazione documentale non dovute.

Con il terzo motivo ha evidenziato ulteriori profili di eccesso di potere da cui sarebbe stato afflitto il provvedimento impugnato, in particolare per la violazione del principio di buona fede, oltre che per violazione dell’art. 155 della legge regionale 31 del 2008, che, quanto ai rapporti aeroilluminanti, prevedeva che per le attività agrituristiche devono essere rispettati tenuto conto delle particolari caratteristiche degli edifici;
dell’articolo 10, comma 2, del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120, secondo cui “ le disposizioni di cui al decreto del Ministro per la sanità 5 luglio 1975, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 190 del 18 luglio 1975, si interpretano nel senso che i requisiti relativi all’altezza minima e ai requisiti igienico-sanitari dei locali di abitazione ivi previsti non si considerano riferiti agli immobili che siano stati realizzati prima della data di entrata in vigore del medesimo decreto e che siano ubicati nelle zone A o B, di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili, in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali ”;
è stata poi contestata anche la richiesta di integrazione con riferimento alla relazione energetica e alla descrizione della capacità della cisterna e dell’impianto di potabilizzazione.

8. Il Comune, costituendosi in giudizio, ha eccepito in via preliminare l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, mancando a suo avviso il presupposto per l’esercizio dell’attività di agriturismo di cui all’art. 154 della legge regionale n. 31/2008 (secondo cui “ possono essere utilizzati per attività agrituristiche tutti gli edifici in possesso del requisito di ruralità rilevante ai fini fiscali, già esistenti da almeno tre anni, a condizione che la loro destinazione all'attività agrituristica non comprometta l'esercizio dell'attività ”), con conseguente carenza dell’interesse “… a contestare il provvedimento relativo ai lavori per destinare l’immobile a un’attività che il ricorrente non è titolato a svolgere, atteso che l'accoglimento della domanda di annullamento non potrebbe comportare alcuna utilità al ricorrente ”.

Altra causa di inammissibilità sarebbe stata la mancata tempestiva impugnazione della diffida inviata il 30 marzo 2021, che aveva già prospettato l’inefficacia della SCIA in caso di mancata integrazione della documentazione.

Nel merito l’ente ha contestato la fondatezza dei motivi di censura, insistendo per l’inadeguatezza dei rapporti aeroilluminanti della camere;
per la sussistenza del mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante, essendo equiparate agli agriturismi le abitazioni rurali, ma non i depositi, i fienili e le stalle;
evidenziando inoltre che ai sensi dell’art. 60 della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12, l’esonero dal pagamento del contributo di costruzione era previsto solo a favore dell’imprenditore agricolo professionale, qualifica non posseduta dal ricorrente.

Sotto altro profilo ha anche contestato la fondatezza della censura relativa al preteso mancato rispetto del termine previsto per intervenire legittimamente sulla SCIA, rilevando che il ricorrente non aveva mai integrato la documentazione richiesta con la prima nota del 30 marzo 2021;
ha anche contestato, quanto ai rapporti aeroilluminanti, l’applicabilità dell’invocato l’art. 10, comma 2, del d.l. 76/2020, non sussistendo nel caso di specie i presupposti della realizzazione della costruzione prima del 1975, né della sua collocazione nella zona A o B del territorio comunale, e non esistendo norme del Regolamento comunale di igiene del Comune Centro Valle Intelvi derogatorie delle previsioni del D.M. 5 luglio 1975;
ha infine insistito per la necessaria presentazione della relazione energetica e della realizzazione di un impianto di riscaldamento e di un impianto di rifornimento idrico ai fini dell’abitabilità.

9. Con la sentenza n. 1193 del 23 maggio 2022 l’adito tribunale ha respindt le eccezioni preliminari di inammissibilità sollevate dal Comune ed ha accolto il ricorso, ritenendo fondato ed assorbente il secondo motivo di ricorso relativo all’avvenuto superamento del termine di trenta giorni per intervenire sulla SCIA edilizia.

Secondo il tribunale infatti l’unico provvedimento inibitorio era quello dell’8 luglio 2021, tardivo rispetto al termine di trenta giorni previsto dall’art. 19, comma 6 bis , della legge 241 del 1990, giacché con la nota del 30 marzo 2021 l’ente si era limitato a chiedere integrazioni istruttorie;
il citato provvedimento dell’8 luglio 2021 non poteva essere considerato come un intervento di autotutela non contenendo alcuna motivazione in ordine alle ragioni di interesse pubblico che potessero giustificarlo.

10. Avverso tale sentenza ha proposto appello il Comune di Centro Valle Intelvi, lamentandone l’erroneità alla stregua di un unico articolato motivo di gravame, con cui ha dedotto violazione e falsa applicazione di norme di diritto, travisamento dei fatti, carenza, erroneità e illogicità della motivazione, riproponendo anche le eccezioni di inammissibilità del ricorso di primo grado, a suo avviso siperficialemente esaminate e respinte dal tribunale.

In particolare ha innanzitutto sostenuto, quanto alla prima eccezione, che il tribunale avrebbe confuso i requisiti soggettivi dell’imprenditore agricolo con quelli oggettivi dell’immobile, costituiti non solo dalla esistenza del fabbricato da più di tre anni, ma anche dal possesso della caratteristica della ruralità ai fini fiscali, inesistente nel caso di specie, in quanto la classificazione del fabbricato di cui al mappale 3483 (ora 5571) nella categoria D10 sarebbe stata acquisita solo il 28 luglio 2021 (successivamente cioè alla presentazione della SCIA), aggiungendo che per tale bene non risulterebbe presentata la domanda per ottenere il riconoscimento della ruralità ai fini fiscali (che, oltre all’accatastamento nelle categorie D10 e A6, richiede gli specifici requisiti previsti dall’art. 9, del decreto legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133);
ciò senza contare che per entrambi gli immobili non era stato dimostrato che la destinazione degli stessi all'attività agrituristica non avrebbe compromesso l'esercizio dell'attività agricola, come richiesto dall’art. 154, comma 1, L.r. 31/2008, nulla provando al riguardo l’atto di costituzione del vincolo agricolo in data 28 dicembre 1994 (che peraltro si riferirebbe solo al fabbricato identificato dal mappale 3483).

Quanto alla seconda eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado l’ente ha dedotto che con l’atto del 30 marzo 2021 era stata richiesta un’integrazione documentale in quanto la SCIA, come presentata, non consentiva l’intervento, essendo necessarie le integrazioni rispetto all’abbattimento delle barriere architettoniche, al dimensionamento delle cisterne per l’acqua potabile, alla conformità alla disciplina sul risparmio energetico “ tutti aspetti da cui dipende l’ammissibilità dell’intervento e in assenza dei quali la SCIA non può dirsi regolarmente presentata ”;
peraltro detta comunicazione prevedeva espressamente che “ Decorso inutilmente il termine di cui sopra la pratica sarà ritenuta inefficace e verrà archiviata ”, così che, non essendo stato prodotto dall’interessato quanto richiesto, erano stati tempestivamente esercitati i poteri previsti dall’art. 19 l. 241/90, mentre il successivo atto dell’8 luglio 2021 sarebbe stato meramente ricognitivo dell’inibizione degli effetti della SCIA di cui al precedente atto in data 30 marzo 2021, già verificatasi per l’inutile decorrenza del termine ivi assegnato.

Quanto al merito l’ente ha insistito sul profilo della incompletezza della SCIA presentata a causa di tutte le lacune indicate nella richiesta di integrazione documentali, mai completamente riscontrata, con la coseguenza che essa non avrebbe potuto produrre, diversamente da quanto erroneamente sostenuto dal ricorrente ed inopinatamente avallato dal Tribunale, alcun effetto effetto utile. In ogni caso, anche a ritenere comunque decorrente il termine per la SCIA nonostante la sua incompletezza, nel caso di specie l’ente ha sostenuto di aver agito nell’esercizio dei propri poteri di soccorso istruttorio fin dal 30 marzo 2021, interrompendo il decorso del termine, che avrebbe potuto riprendere a decorrere solo a seguito della presentazione della documentazione completa, mai avvenuta;
non ha poi mancato di sottolineare che l’interessato aveva manifestato l’indisponibilità a riscontrare la richiesta istrttoria (giusta pec del 3 maggio e dell’11 giugno 2021), così che l’ente aveva reiterato la richiesta istruttoria (nota del 12 maggio 2021) e solo successivamente aveva formalizzato il divieto di prosecuzione dell’attività (essendo pervenuti solo lo schema per il superamento delle barriere architettoniche il 3 maggio 2021 e nel corso del giudizio, il 19 febbraio 2022, la Tavola 6 ristampata e la specificazione della capacità delle cisterne, senza peraltro la dimostrazione dell’adeguatezza rispetto alle esigenze abitative)

11. Si è costituita in giudizio l’Azienda agricola Marco Prioni, che ha contestato la fondatezza dell’appello, richiamando le disposizioni in ordine ai requisiti per il riconoscimento del carattere di ruralità degli immobili ai fini fiscali, di cui all’articolo 9 del decreto legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133;
ha richiamato, altresì, la Risposta dell’Agenzia delle Entrate n. 369 del 10 settembre 2019, secondo cui “ a differenza di quanto previsto per gli immobili destinati ad abitazione, il comma appena citato non prevede esplicitamente alcun requisito soggettivo e si limita ad elencare, come requisito oggettivo, le destinazioni degli immobili che possono essere riconosciuti rurali, dopo aver richiamato il concetto di strumentalità all’esercizio dell’attività agricola di cui all’art. 2135 del codice civile ;
ha aggiunto che secondo l’art. 6, comma 3, del Regolamento Regionale 24 luglio 2020, n. 5, di attuazione del titolo X della legge regionale 5 dicembre 2008, n. 31, “ il requisito di esistenza del fabbricato da almeno tre anni è attestato a partire dalla data del primo accatastamento ”;
ha anche evidenziato la giurisprudenza della Corte di Cassazione secondo cui, ai fini della classificazione catastale delle unità immobiliari, le costruzioni destinate alla ricezione ed ospitalità, nell’ambito dell’attività di agriturismo svolta da una azienda agricola, rivestono il carattere di strumentalità all’attività agricola che giustifica il riconoscimento della ruralità, ai sensi dell’art. 9, comma 3- bis , del D.L. n. 557 del 1993. Ha eccepito l’inammissibilità del riferimento alla classificazione D 10 dell’immobile non oggetto del provvedimento inibitorio. Ha insistito per il superamento del termine per intervenire sulla SCIA e, pur non riproponendole formalmente;
ha riprodotto alcune delle censure del ricorso di primo grado, sostenendo che l’Amministrazione aveva aggravato indebitamente il procedimento richiedendo documentazione non dovuta e che per l’intervento realizzato non era richiesto il pagamento del contributo di costruzione non essendovi mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante.

Ha altresì depositato una nota del proprio tecnico di fidicia, in cui si dà ha dato atto che i lavori previsti nella Segnalazione Certificata di Inizio Attività presentata il 15 marzo 2021 sarebbero stati ultimati in data 29 dicembre 2022, come risultava dalla comunicazione di fine lavori presentata il 30 dicembre 2022, che nel frattempo era stata avviata tramite le associazioni di categoria la pratica per il rilascio del certificato di connessione dell'attività agrituristica rispetto a quella agricola.

12. Nell’imminenza dell’udienza pubblica le parti hanno prodotto memoria, insistendo sulle proprie tesi difensive.

13. All’udienza pubblica del 16 maggio 2023 l’appello è stato trattenuto in decisione

DIRITTO

14. L’appello è infondato.

14.1. Devono essere innanzitutto esaminate le eccezioni di inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio per carenza di interesse che il Comune appellante ha riproposto come motivi di gravame, essendo state a suo avviso erroneamente respinte-

Dette eccezioni in realtà riguardano il merito della controversia, attenendo in effetti la prima alla stessa legittimità dell’intervento edilizio sotto un profilo non esplicitato nelle comunicazioni comunali del 30 marzo, 12 maggio e 8 luglio 2021;
la seconda alla fondatezza del secondo motivo di ricorso circa l’avvenuto superamento del termine di trenta giorni per intervenire sulla SCIA.

14.1.1. Secondo la prima eccezione, il ricorrente in primo grado (ora appellato) non avrebbe (avuto) interesse ad impugnare il provvedimento inibitorio, non potendo essere svolta la attività di agriturismo per la mancanza dei requisiti previsti dall’art. 154 comma 1 della legge regionale n. 31 del 2008. Tale disposizione, nel testo vigente al momento di adozione del provvedimento impugnato, prevedeva che “ possono essere utilizzati per attività agrituristiche tutti gli edifici in possesso del requisito di ruralità rilevante ai fini fiscali, già esistenti da almeno tre anni, a condizione che la loro destinazione all'attività agrituristica non comprometta l'esercizio dell'attività agricola ”.

Sennonché è pacifico che gli immobili oggetto dell’intervento di restauro e risanamento conservativo di cui si tratta erano esistenti da più di tre anni, avendo lo stesso Comune depositato nel giudizio di primo grado la concessione n. 17 dell’11 ottobre 1995, relativa all’ampliamento e rifacimento del deposito attrezzi al mappale 3843, e la concessione n. 21 del 29 aprile 1996, relativa alla costruzione di un ricovero animali.

In base al dato testuale della citata norma il requisito temporale dei tre anni è richiesto solo per l’esistenza dei manufatti e non per il requisito della ruralità ai fini fiscali, che può anche successivamente intervenire, facendo la norma riferimento all” “ utilizzo” per attività agrituristiche e cioè all’ esercizio dell’attività di agriturismo.

Né una diversa interpretazione può trarsi dall’art. 9, comma 3, del d.l. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbrsio 1994, n. 133, pure invocato dal Comune, che richiede la qualifica di imprenditore agricolo, ma indica i requisiti “ ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili agli effetti fiscali ” ovvero ai fini dell’assoggettamento al relativo regime fiscale dell’attività agrituristica.

Inoltre il Regolamento regionale 24 luglio 2020, n. 5, di attuazione della legge n. 31 del 2008, prevede all’art. 6, comma 2, che “ Il requisito di ruralità deve essere confermato dall'Agenzia delle entrate già al momento della presentazione dell'istanza relativa al rilascio del certificato di connessione. 3. Il requisito di esistenza del fabbricato da almeno tre anni è attestato a partire dalla data del primo accatastamento ”.

Tale disposizione conferma che l’esistenza del fabbricato da tre anni è un requisito differente dalla ruralità a fini fiscali, la quale è invece collegata alla domanda relativa al certificato di connessione con l’attività agricola, del quale anche il Comune, nel corso del procedimento, ha ritenuto che possa intervenire successivamente, essendo necessario per lo svolgimento dell’attività agrituristica.

Deve pertanto ritenersi sussistente l’interesse ad impugnare l’atto che riguardava la legittimità di un intervento edilizio e che prescindeva dai requisiti soggettivi o oggettivi necessari per lo svolgimento della attività di agroturismo.

Nell’atto di appello l’eccezione de qua è stata proposta anche sotto un diverso profilo, deducendo cioè che il requisito della ruralità a fini fiscali “ attiene alle caratteristiche degli immobili… e non alle qualità soggettive richieste per lo svolgimento dell’attività di agriturismo;
come tale rileva anche in sede di presentazione della pratica edilizia
”, in quanto l’art. 154 (al comma 3) consente le opere di restauro e risanamento conservativo di immobili dichiaratamente preordinate all’esercizio della predetta attività solo per immobili dotati “ del requisito di ruralità rilevante ai fini fiscali, già esistenti da almeno tre anni ”: si tratterebbe così di un requisito relativo all’attività edilizia prima ancora che a quella produttiva.

Al riguardo, in disparte i profili interpretativi dei commi 1 e 3 dell’ art. 154 della legge n. 31 del 2008 nonché del combinato disposto di tali norme con l’art. 6, comma 2, del Regolamento n. 5/2020, deve rilevarsi che non si tratta di profili aspetti che riguardano la sussistenza dell’interesse ad agire, ma eventualmente la stessa legittimità dell’intervento edilizio, che avrebbero dovuto essere indicati dal Comune nei termini previsti dall’art. 23, comma 6, del D.P.R. 380 del 2001, e che, in questa sede, costituiscono una inammissibile integrazione motivazionale del provvedimento impugnato: quest’ultima è infatti ammissibile soltanto se effettuata mediante gli atti del procedimento - nella misura in cui i documenti dell'istruttoria offrano elementi sufficienti ed univoci dai quali possano ricostruirsi le concrete ragioni della determinazione assunta - oppure attraverso l'emanazione di un autonomo provvedimento di convalida, mentre è inammissibile un'integrazione postuma effettuata in sede di giudizio, mediante atti processuali, o comunque scritti difensivi ( cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 20 febbraio 2023, n. 1703;
4 aprile 2022, n. 2441;
Sez. III, 28 novembre 2022, n.10448).

14.1.2. Quanto alla seconda eccezione le conclusioni raggiunte dal Tribunale in ordine alla natura meramente interlocutoria della richiesta di integrazione documentale del 30 marzo 2021, come tale priva di portata lesiva e quindi non necessitante di impugnazione, non meritano censure, essendo ragionevoli, pertinenti e condivisibili.

Tale nota, oltre a richiedere documentazione, è intervenuta su aspetti non immediatamente attinenti alla legittimità del titolo edilizio SCIA, riguardando piuttosto profili relativi al successivo esercizio dell’attività agrituristica, quali la connessione con l’attività agricola, ai sensi della legge regionale n. 31 del 2008 (aspetto su cui successivamente lo stesso Comune ha poi convenuto che poteva non essere attinente alla legittimità del titolo edilizio) o all’agibilità dei locali come il rispetto dei rapporti aeroilluminanti, la richiesta di precisare la capacità delle cisterne e di descrivere il sistema di potabilizzazione. Quanto alla richiesta di calcolo del contributo di costruzione, in disparte il merito della questione, deve rammentarsi che gli atti con i quali la pubblica amministrazione determina e liquida il contributo di costruzione, previsto dall'art. 16 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, non hanno natura autoritativa, non essendo espressione di una potestà pubblicistica, ma costituiscono l'esercizio di una facoltà connessa alla pretesa creditoria riconosciuta dalla legge al Comune per il rilascio del permesso di costruire, stante la sua onerosità, nell'ambito di un rapporto obbligatorio a carattere paritetico e soggetta, in quanto tale, al termine di prescrizione decennale, sicché ad essi non possono applicarsi né la disciplina dell'autotutela dettata dall'art. 21 nonies della l. n. 241 del 1990 né, più in generale, le disposizioni previste dalla stessa legge per gli atti provvedimentali (Cons. Stato, Ad. pl. 30 agosto 2018, n. 12;
di recente Sez. IV, 7 febbraio 2023, n. 1320). Poiché il pagamento del contributo di costruzione riguarda un rapporto paritetico, anche la richiesta in ordine al calcolo o al versamento del contributo di costruzione - che non era basata su alcuna riqualificazione dell’intervento edilizio - non attribuiva natura autoritativa all’atto del 30 marzo 2021

14.2. L’infondatezza di tale eccezione rende altrettanto infondate le censure sollevate col gravame in trattazione riguardo all’accoglimento del secondo motivo del ricorso di primo grado.

Posto che l’atto del 30 marzo 2021 non può che ritenersi una mera richiesta di integrazione, effettuata a mero titolo collaborativo, secondo quanto successivamente esplicitato nella nota del 12 maggio 2021, deve osservarsi che, anche a voler prescindere dalla considerazione che il tenore letterale dell’art. 23, comma 6, del D.P.R. 380 del 2001 (secondo cui “ Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, ove entro il termine indicato al comma 1 sia riscontrata l'assenza di una o più delle condizioni stabilite, notifica all'interessato l'ordine motivato di non effettuare il previsto intervento e, in caso di falsa attestazione del professionista abilitato, informa l'autorità giudiziaria e il consiglio dell'ordine di appartenenza. E' comunque salva la facoltà di ripresentare la denuncia di inizio attività, con le modifiche o le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed edilizia ”) neppure prevede richieste istruttorie o interlocutorie da parte dell’ente ed anche tener conto dell’indirizzo giurisprudenziale secondo cui una SCIA incompleta come tale non è idonea a far decorrere i termini di esercizio del potere inibitorio del Comune, non può sottacersi che nel caso di specie i profili di incompletezza e/o di lacunosità che, secondo il Comune, caratterizzavano la richiesta dell’interessato non riguardavano affatto elementi attinenti il profilo urbanistico – edilizio e come tali indoneo ad impedissero l’esercizio del potere di controllo e verifica del Comune sulla legittimità dell’intervento edilizio (quali, per esempio, gli elaborati progettuali ovvero carenze della relazione tecnica, la sua eventuale mancata asseverazione ovvero specifiche indicazioni urbanistiche), bensì aspetti differenti, relativi all’agibilità dell’immobile (rispetto dei rapporti aeroilluminanti e capacità della cisterna), alla mancanza della relazione di cui all’art. 125 del Testo unico dell’edilizia (che concerne gli specifici impianti indicati dagli artt. 122 e 123 del D.P.R. 380 del 2001), profili tutti del tutto estranei al titolo edilizio.

14.2.1. In tale prospettiva non può infatti sottacersi che, ai sensi dell’art. 24 del D.P.R. 380 del 2001, nel testo allora vigente, “ 1. La sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente, nonché la conformità dell'opera al progetto presentato e la sua agibilità sono attestati mediante segnalazione certificata. 2. Ai fini dell'agibilità, entro quindici giorni dall'ultimazione dei lavori di finitura dell'intervento, il soggetto titolare del permesso di costruire, o il soggetto che ha presentato la segnalazione certificata di inizio di attività, o i loro successori o aventi causa, presenta allo sportello unico per l'edilizia la segnalazione certificata, per i seguenti interventi: a) nuove costruzioni; b) ricostruzioni o sopraelevazioni, totali o parziali;

c) interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni di cui al comma 1 ”.

L’agibilità costituisce quindi oggetto di una successiva SCIA, che deve essere presentata a seguito della conclusione dei lavori.

Gli aspetti relativi ai rapporti aeroilluminanti e alla cisterna dell’acqua (peraltro quest’ultima documentazione successivamente depositata il 19 febbraio 2022) erano pertanto irrilevanti rispetto alla formazione del titolo edilizio, anche prescindendo dalla valutazione in ordine alla effettiva applicabilità dei criteri indicati dall’art. 5 del D.M. 5 luglio 1975 ai manufatti in questione, considerato che sia la legge n. 96 del 2006 che la legge regionale n. 31 del 2008, ne prevedono l’applicazione agli immobili da utilizzare per le attività agrituristiche, tenendo conto delle particolari caratteristiche architettoniche e di ruralità degli edifici.

Infatti, ai sensi dell’art. 5 della legge 20 febbraio 2006 n. 96, “ i requisiti igienico-sanitari degli immobili e delle attrezzature da utilizzare per attività agrituristiche sono stabiliti dalle regioni. Nella definizione di tali requisiti si tiene conto delle particolari caratteristiche architettoniche e di ruralità degli edifici, specie per quanto attiene l'altezza e il volume dei locali in rapporto alle superfici aeroilluminanti, nonché delle limitate dimensioni dell'attività esercitata” .

In base all’art. 155, comma 1, della legge regionale 5 dicembre 2008, n. 31, “ Le strutture e i locali destinati all'esercizio di attività agrituristiche devono avere i requisiti di abitabilità e agibilità previsti per i locali di abitazione dai regolamenti comunali edilizi e di igiene, tenuto conto delle particolari caratteristiche architettoniche e di ruralità degli edifici, specie per quanto attiene all'altezza e al volume dei locali in rapporto alle superfici aeroilluminanti ”.

14.2.2. Ugualmente estranea al profilo di conformità edilizia è la relazione energetica, ai sensi dell’art. 125 del D.P.R. 380 del 2001, rispetto alla quale, in primo luogo, l’art. 122, comma 2. prevede “ Nei casi di recupero del patrimonio edilizio esistente, l'applicazione del presente capo è graduata in relazione al tipo di intervento, secondo la tipologia individuata dall'articolo 3, comma 1, del presente testo unico ”.

Peraltro l’art. 125 prevede che “ Il proprietario dell'edificio, o chi ne ha titolo, deve depositare presso lo sportello unico, in duplice copia la denuncia dell'inizio dei lavori relativi alle opere di cui agli articoli 122 e123, il progetto delle opere stesse corredato da una relazione tecnica, sottoscritta dal progettista o dai progettisti, che ne attesti la rispondenza alle prescrizioni del presente Capo.

2. Nel caso in cui la denuncia e la documentazione di cui al comma 1 non siano state presentate prima dell'inizio dei lavori, il Comune, fatta salva la sanzione amministrativa di cui all'articolo 133, ordina la sospensione dei lavori sino al compimento del suddetto adempimento ”.

Si trattava dunque di un profilo regolato da una apposita denuncia da presentarsi al momento di inizio dei lavori, con correlativo potere del Comune di ordinarne eventualmente la sospensione.

14.2.3. Quanto alla questione del mancato calcolo del contributo di costruzione deve rilevarsi che, qualora dovuto o anche quando fosse stato pagato in misura inferiore al dovuto, l’ente avrebbe in ogni caso potuto richiederne il pagamento nel termine di prescrizione a prescindere da un intervento inibitorio della SCIA, mentre l’eventuale riqualificazione dell’intervento edilizio, indicato nella SCIA, sarebbe dovuta intervenire tempestivamente, essendo l’intervento di restauro e risanamento conservativo compiutamente descritto nella Segnalazione presentata.

Si deve infatti considerare che, ai sensi dell’art. 16, comma 10, d.p.r. 380 del 2001 “ Nel caso di interventi su edifici esistenti il costo di costruzione è determinato in relazione al costo degli interventi stessi, così come individuati dal comune in base ai progetti presentati per ottenere il permesso di costruire. Al fine di incentivare il recupero del patrimonio edilizio esistente, per gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), i comuni hanno comunque la facoltà di deliberare che i costi di costruzione ad essi relativi siano inferiori ai valori determinati per le nuove costruzioni ”.

L’art. 43 della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12, prevede poi il pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione per “ I titoli abilitativi per interventi di nuova costruzione, ampliamento di edifici esistenti e ristrutturazione edilizia”.

Né per contro può rilevare nella presente vicenda l’art. 60 della legge regionale n. 12 del 2005, che prevede il rilascio del permesso di costruire a titolo gratuito per l’'imprenditore agricolo professionale, in quanto tale norma fa riferimento alla realizzazione di nuovi fabbricati, laddove quello di cui si discute era stato qualificato nella SCIA come di restauro e risanamento conservativo di immobili da destinare ad agriturismo. La richiesta del contributo di costruzione presupponeva la qualificazione dell’intervento edilizio in modo differente da quanto indicato nella SCIA, riqualificazione mai esplicitata dall’Amministrazione e che comunque doveva intervenire nel termine di trenta giorni dalla presentazione della SCIA.

Sotto tale profilo deve rilevarsi che, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera c), del D.P.R. 380 del 2001, sono “ interventi di restauro e di risanamento conservativo ”, “ gli interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano anche il mutamento delle destinazioni d'uso purché con tali elementi compatibili, nonché conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio ”.

Quindi tale intervento consentiva anche un eventuale mutamento di destinazioni d’uso.

Peraltro, in base all’art. 154, comma 1, della legge regionale n. 31 del 2008, più volte citata, “ possono essere utilizzati per attività agrituristiche tutti gli edifici in possesso del requisito di ruralità rilevante ai fini fiscali, già esistenti da almeno tre anni, a condizione che la loro destinazione all'attività agrituristica non comprometta l'esercizio dell'attività ”. Il successivo comma 2 prevede: “ gli edifici rurali di cui al comma 1 sono compatibili con ogni destinazione d’uso prevista dagli strumenti urbanistici comunali e sovracomunali ”.

Ai sensi del comma 3 “ il riuso degli immobili rurali destinati ad agriturismo, anche distaccati, può avvenire attraverso interventi di ristrutturazione edilizia, di restauro e risanamento conservativo e attraverso ampliamenti necessari all'adeguamento igienico-sanitario e tecnologico ”.

La ratio della norma era dunque proprio quella di consentire il riutilizzo di immobili originariamente destinati all’attività agricola e non solo ad abitazione rurale: ciò in linea anche con le leggi di riforma statale (legge n. 96 del 2006 e d.lgs. 18 maggio 2001, n. 228) secondo cui “ l'agriturismo diviene normativamente uno dei possibili modi di pratica agricola, destinato a fruire dei medesimi benefici riservati alla stessa, purché si mantenga con essa in rapporto di correlazione ” (Cons. Stato, sezione II, 13 gennaio 2022, n. 235).

14.3. L’Amministrazione nel caso di specie ha in definitiva superato i termini per potere intervenire sulla SCIA, non potendo neppure ritenersi che le precedenti note riguardassero strettamente l’attività edilizia oggetto della SCIA, salva ovviamente la possibilità di intervenire in autotutela sull’intervento edilizio - qualora si ritenesse illegittimamente effettuato in mancanza dei presupposti previsti dalla legge - ma in tal caso con l’osservanza dei requisiti richiesti dall’art. 21 nonies per l’esercizio dell’autotutela.

Come correttamente ritenuto dal giudice di primo grado, il potere di autotutela non può infatti ritenersi esercitato nel caso di specie, mancando qualsiasi riferimento nell’atto impugnato sia all’art. 21 nonies, sia alle ragioni di interesse pubblico che devono essere valutate per l’annullamento dell’atto.

15. In conclusione l’appello deve essere respinto.

In considerazione della particolarità della controversia le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate.

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