Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-08-02, n. 201905502

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-08-02, n. 201905502
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201905502
Data del deposito : 2 agosto 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/08/2019

N. 05502/2019REG.PROV.COLL.

N. 01092/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 1092 del 2019, proposto da
D s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato P A, con domicilio digitale come da PC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Corso d'Italia 97;

contro

Consip s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

C.N.S. - Consorzio Nazionale Servizi società cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Aristide Police, Fabio Cintioli, Gennaro Rocco Notarnicola, con domicilio digitale come da PC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Aristide Police in Roma, via di Villa Sacchetti, 11.

per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 425/2019, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Consip s.p.a. e di C.N.S. Consorzio Nazionale Servizi Società Cooperativa;

visti gli appelli incidentali di Consip s.p.a. e di C.N.S. Consorzio Nazionale Servizi società cooperativa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 giugno 2019 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e uditi per le parti gli avvocati Adami Pietro, dello Stato Figliolia, Notarnicola, Lo Pinto su dichiarata delega di Cintioli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.Con la sentenza indicata in epigrafe, 14 gennaio 2019, n. 425, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha respinto il ricorso proposto dalla società D s.r.l. avverso il diniego opposto da Consip s.p.a. all’ostensione di documentazione inerente l’esecuzione del “ Servizio Integrato Energia per le Pubbliche Amministrazioni ” svolta dal Consorzio Nazionale Servizi soc. coop. – CNS, a seguito dell’aggiudicazione a quest’ultimo in qualità di capogruppo r.t.i. del lotto n. 5 – Toscana della gara indetta da Consip , con bando pubblicato il 23 maggio 2012, ai sensi dell’art. 54 del d.lgs. n. 163 del 2006, per la stipula di una convenzione ai sensi dell’art. 26 l. n. 488 del 1999 e succ. modd., dell’art. 58 l. n. 388 del 2000, del d.m. 24 febbraio 2000 e del d.m. 2 maggio 2001;
la convenzione è stata stipulata il 3 dicembre 2014 e successivamente, con nota del 17 aprile 2015, Consip ha acconsentito alla richiesta di assegnare i servizi oggetto degli ordinativi di competenza di CNS alla consorziata Cooplast soc. coop. , in sostituzione delle consorziate SFL Services Facility Logistics soc. coop. e Ariete soc. coop., indicate tra le esecutrici in sede di gara.

1.1. Dopo di ciò, con una prima istanza in data 26 settembre 2017, C.P.M., capogruppo del r.t.i. secondo graduato, del quale fa parte D s.r.l., ha chiesto ed ottenuto da Consip, in data 17 ottobre 2017, l’accesso agli atti relativi alla detta sostituzione tra le consorziate di CNS. Sulla base di tali atti, D s.r.l. ha presentato a Consip, il 18 gennaio 2018, un’istanza di autotutela diretta ad ottenere l’annullamento dell’aggiudicazione all’a.t.i. avente il Consorzio quale capogruppo per illegittimità della sostituzione di Cooplat alle originarie esecutrici;
l’istanza è stata respinta con nota del 2 febbraio 2018, impugnata con diverso ricorso iscritto al n. 2346/2018 del R.G. dello stesso Tribunale amministrativo per il Lazio.

1.2. Con istanza del 16 marzo 2018, D s.r.l. ha richiesto a Consip l’accesso agli atti, domandando, ai sensi degli artt. 22 e seguenti della legge n. 241 del 1990 e dell’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2016, il rilascio di: a) copia della segnalazione effettuata da Consip all’Autorità garante della concorrenza e del mercato (il cui invio era stato anticipato dalla nota del 2 febbraio 2018); b) copia dei documenti relativi all’affidamento del servizio; c) copia degli atti di subaffidamento e/o di subappalto richiesti e autorizzati. L’istanza è stata accolta quanto ai documenti sub a) e b) e respinta quanto ai documenti sub c) , con nota di Consip prot. n. 10328 del 28 marzo 2018, per mancanza, in capo all’istante, di un “ interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso ”.

Ha fatto seguito una nota della società D del 3 aprile 2018, con la quale era contestata l’incompletezza dei documenti trasmessi in risposta alle richieste sub a) e b) , mancando, in particolare, quanto ai subaffidamenti l’indicazione dell’operatore economico esecutore del servizio, rendendo impossibile il controllo sul rispetto delle quote di esecuzione dichiarate in sede di gara e sull’effettiva presenza delle consorziate di CNS;
era inoltre contestata l’illegittimità del diniego dei documenti richiesti sub c) , necessari per verificare il rispetto del limite normativo al subappalto.

Consip ha opposto un nuovo diniego con nota del 2 maggio 2018, ribadendo la mancanza dell’interesse ed escludendo che questo potesse essere ancorato all’eventualità di una risoluzione della convenzione stipulata con CNS.

1.3. La società D ha avanzato un’ulteriore istanza di accesso agli atti, in data 30 maggio 2018, richiedendo, ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 33 del 2013, di prendere visione della documentazione già richiesta in data 3 aprile 2018, specificandone ancora una volta il contenuto, e facendo seguire un’ulteriore nota di richiesta del 13 giugno 2018.

1.4. Non avendo ricevuto riscontro a tali ultime note, la società D s.r.l. ha proposto ricorso ai sensi dell’art. 116 Cod. proc. amm., deducendo la violazione dei principi e delle norme in tema di accesso, la violazione degli articoli 3 e 5 del decreto legislativo n. 33 del 2013, nonché il vizio di eccesso di potere sui presupposti e conseguente travisamento, difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità, contraddittorietà e ingiustizia grave e manifesta.

1.5. La sentenza del Tribunale amministrativo -dopo aver respinto le eccezioni in rito formulate da Consip e da CNS (l’una, di inammissibilità, nel presupposto della genericità del ricorso e l’altra, di irricevibilità, per mancata tempestiva impugnazione delle note di Consip del 28 marzo e del 2 maggio 2018, essendo stato il ricorso notificato il 25 luglio 2018) - ha respinto il ricorso, perché:

- come la giurisprudenza aveva già avuto modo di affermare, l’istituto dell’ accesso civico generalizzato non trova applicazione con riferimento agli “ atti di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici ”, secondo la formulazione utilizzata dall’articolo 53, comma 1, del Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016 (cfr. T.a.r. Emilia Romagna, Parma, 18 luglio 2018, n. 197;
nello stesso senso T.a.r. Marche, 18 ottobre 2018, n. 677);

- l’art. 5- bis , comma 3, del d.lgs. n. 33 del 2013 esclude l’ accesso civico generalizzato tra l’altro, nei casi “ in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990 ”, con una previsione che “ si lega con quella contenuta all’articolo 53 del decreto legislativo n. 50 del 2016 ”, la quale– riproducendo, sul punto, la formulazione dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 163 del 2006 – dà luogo, per l’accesso agli atti delle procedure di affidamento e della fase di esecuzione dei contratti pubblici ad “ una disciplina ad hoc, costituita dalle apposizione disposizioni contenute nel Codice dei contratti pubblici e, ove non derogate, da quelle in tema di accesso ordinario recate dalla legge n. 241 del 1990 ”;
in tale ambito non trova perciò applicazione l’istituto dell’ accesso civico generalizzato , “ stante al clausola di esclusione contenuta nel richiamato articolo 5 – bis, comma 3, del decreto legislativo n. 33 del 2013 ”;

- in senso contrario non vale opporre la successione cronologica degli interventi legislativi, dato che lo stesso decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97 ha considerato e regolamentato discipline sottratte per legge, anche se precedente l’introduzione del nuovo istituto, alla possibilità di accesso generalizzato (come detto da T.a.r. Emilia Romagna – Parma, n. 677/2018 cit.);

- l’esclusione dell’applicazione dell’ accesso generalizzato al settore dell’esecuzione dei contratti pubblici manifesta una ben precisa ratio , pure esplicitata nel precedente da ultimo menzionato (T.a.r. Emilia Romagna – Parma, n. 677/2018 cit.).

1.5. Le spese di lite sono state compensate.

2. La società D s.r.l. ha avanzato appello con unico articolato motivo.

2.1. Consip s.p.a. e C.N.S. Consorzio Nazionale Servizi società cooperativa si sono costituiti per resistere al gravame ed hanno proposto distinti appelli incidentali per censurare la decisione di rigetto dell’eccezione di irricevibilità del ricorso in primo grado;
Consip anche per censurare la decisione di rigetto dell’eccezione di inammissibilità per genericità dei motivi di impugnazione e dell’oggetto del ricorso.

2.2. All’esito della camera di consiglio del 13 giugno 2019 la causa è stata trattenuta in decisione, previo deposito di memorie e repliche da parte della società D s.r.l. e di C.N.S. Consorzio Nazionale Servizi Società Cooperativa.

3. Con l’unico articolato motivo, l’appellante richiama gli artt. 3 e 5 del d.lgs. n. 33 del 2013 e le Linee Guida ANAC di cui alla delibera n. 1309 del 28 dicembre 2016, ribadendo che tra i presupposti per la concessione dell’ accesso civico generalizzato non vi è un interesse specifico del soggetto istante.

3.1. Quanto al rapporto tra le norme su richiamate e l’art. 53 del codice dei contratti del d.lgs. n. 50 del 2016, l’appellante -criticando in particolare la motivazione del precedente del Tribunale amministrativo per l’Emilia Romagna – Parma n. 197/2018 richiamato dalla sentenza gravata- assume che il rinvio contenuto nel Codice agli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 non si dovrebbe intendere come rinvio fisso, ma come volontà del legislatore, fatte salve le deroghe contenute nello stesso Codice dei contratti, “ di sottoporre l’accesso ai documenti di gara alle norme ordinarie ”, tra le quali rientrerebbe l’intera disciplina del d.lgs. n. 33 del 2013.

3.2. La struttura dell’art. 53 dimostrerebbe in realtà che, alla luce del Codice dei contratti pubblici, vi sono due categorie di atti: atti sensibili , regolamentati specificamente dalla norma, e atti generici , rispetto ai quali “ si applicano le norme generali anche nella loro evoluzione storica ”;
poiché il nuovo diritto di accesso civico generalizzato è stato introdotto successivamente, dal decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97, il rinvio dell’art. 53 non avrebbe potuto comprenderlo e perciò ha avuto ad oggetto soltanto la disciplina allora esistente, dettata dalla legge n. 241 del 1990 “ nella sua qualità, a quella data, di unica legge generale regolatrice del diritto di accesso ” (con un rinvio da intendersi come mobile , quindi sensibile alle riforme di sistema). Riscontro di tale interpretazione si avrebbe nella riportata motivazione della sentenza del Tribunale amministrativo per la Lombardia – Milano, IV, 11 gennaio 2019, n. 45 (che ha seguito l’orientamento contrario a quello fatto proprio dalla sentenza appellata). Le eccezioni alla regola generale dell’ accesso civico generalizzato si devono fondare sulla specificità dei documenti, che devono avere caratteristiche tali per cui, anche nella vigenza della nuova disciplina, non si possa ad essi applicare la norma generale;
tuttavia, rispetto ai documenti già soggetti alla previgente regola generale, questa non potrebbe vedere mutata la propria natura in regola eccezionale “ che sottrae classi intere di documenti alla nuova regola generale ”.

3.3. L’attuale disciplina legislativa della formazione degli appalti pubblici, attuativa delle tre direttive comunitarie n. 23, n. 24 e n. 25 del 2014 (per come si evince dal considerando 136 della direttiva “appalti” n. 24/2014), nonché la parte riferita agli obblighi internazionali del Piano Nazionale Anticorruzione 2016 dell’ANAC (par. 1 – pag. 8), imporrebbero di garantire la più ampia possibilità di accesso.

3.4. La disciplina del d.lgs. n. 33 del 2013 è riforma generale di sistema ovvero nuova legge regolatrice della materia della trasparenza , alla quale non potrebbe essere sottratta l’intera area dei contratti pubblici.

4. Gli argomenti difensivi dell’appellata Consip s.p.a. e del controinteressato CNS sono, per contro, fondati sull’interpretazione letterale e teleologica dell’art. 53 del Codice dei contratti pubblici, in riferimento a quanto previsto dall’art. 5- bis , comma 3, ultimo inciso, del d.lgs. n. 33 del 2013, già fatta propria dalla sentenza di primo grado.

5. L’appello, ritiene il Collegio, è infondato.

Va premesso che, come bene rileva la gravata sentenza, l’accesso ai documenti in possesso delle pubbliche amministrazioni è oggi regolato da tre diversi sistemi, ciascuno caratterizzato da propri presupposti, limiti ed eccezioni: l’accesso documentale (o c.d. ordinario ) degli artt. 22 e segg. della legge 7 agosto 1990, n. 241;
l’accesso civico ai documenti oggetto di pubblicazione, già regolato dal d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 (c.d. generico o semplice );
l’accesso civico (c.d. generalizzato o universale ), introdotto dalle modifiche apportate a quest’ultimo impianto normativo dal d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97 (cfr., per le differenze tra i vari tipi di accesso, tra le altre Cons. Stato, IV, 12 agosto 2016, n. 3631 e, di recente, id., V, 20 marzo 2019, n. 1817).

5.1. Tale coesistenza di tre istituti a portata generale ma a diverso oggetto comporta in principio che ciascuno sia, a livello ordinamentale, pari ordinato all’altro: di modo che nei rapporti reciproci ciascuno opera nel proprio ambito, sicché non vi è assorbimento dell’una fattispecie in un’altra;
e nemmeno opera il principio dell’abrogazione tacita o implicita ad opera della disposizione successiva nel tempo (art. 15 disp. prel. al Cod. Civ.) tale che l’un modello di accesso sostituisca l’altro, o gli altri, in attuazione di un preteso indirizzo onnicomprensivo che tende ad ampliare ovunque i casi di piena trasparenza dei rapporti tra pubbliche amministrazioni, società e individui.

5.2. Siffatta ricostruzione incentrata sulla coesistenza di più modelli legali di accesso comporta una prima conseguenza, di ordine procedurale, ed anche processuale, concernente la qualificazione dell’istanza di accesso, in prima battuta, da parte dell’amministrazione interpellata e, quindi, da parte del giudice chiamato a pronunciarsi sul diniego o sul silenzio.

Nel caso in cui l’opzione dell’istante sia espressa per un determinato modello, resta precluso alla pubblica amministrazione – fermi i presupposti di accoglibilità dell’istanza - di diversamente qualificare l’istanza stessa al fine di individuare la disciplina applicabile;
in correlazione, l’opzione preclude al privato istante la conversione in sede di riesame o di ricorso giurisdizionale (cfr., per l’inammissibilità dell’immutazione in corso di causa dell’ actio ad exhibendum , pena la violazione del divieto di mutatio libelli e di ius novorum , Cons. Stato, IV, 28 marzo 2017, n. 1406 e id., V, n. 1817/19 cit.).

Un tale rigore resta peraltro di fatto temperato dall’ammissibilità - affermata incidentalmente nei precedenti appena citati e qui ribadita- della presentazione cumulativa di un’unica istanza, ai sensi di diverse discipline, con evidente aggravio per l’amministrazione (del quale l’interprete non può che limitarsi a dare atto), dal momento che dovrà applicare e valutare regole e limiti differenti. Nulla infatti, nell’ordinamento, preclude il cumulo anche contestuale di differenti istanze di accesso.

5.2.1. Tale ultima evenienza non rileva ai fini della decisione sull’appello principale. Infatti, sebbene la D s.r.l. abbia avanzato le diverse istanze a Consip, sopra indicate, richiamando, sia gli artt. 22 e seg. della legge n. 241 del 1990 e l’art. 53 d.lgs. n. 50 del 2016, nella prima (cui la seconda fa riferimento), sia gli art. 3 e 5 del d.lgs. n. 33 del 2013, nella terza, si è infine opposta, col ricorso introduttivo notificato il 25 luglio 2018, al silenzio serbato sull’istanza del 30 maggio 2018, deducendone l’illegittimità per violazione degli artt. 3 e 5 del d.lgs. n. 33 del 2013, nonché per il vizio di eccesso di potere sotto vari profili in riferimento alle modalità ed ai limiti dell’accesso secondo tale ultima disciplina.

Relativi a quest’ultima, come detto, sono i motivi di gravame formulati da D s.r.l.

5.2.2. Giova precisare che, con gli appelli incidentali, è stata impugnata la decisione di rigetto dell’eccezione di irricevibilità del ricorso, per mancata tempestiva impugnazione delle note di diniego del 28 marzo e del 2 maggio 2018.

Il Tribunale amministrativo regionale ha respinto l’eccezione perché –distinguendo le istanze di accesso in base alla normativa richiamata dall’istante, in linea con quanto sopra enunciato- ha reputato che soltanto l’ultima fosse stata avanzata ai sensi del d.lgs. n. 33 del 2013, sicché l’omessa impugnazione dei provvedimenti espressi di diniego delle istanze precedenti non è stata reputata ostativa alla ricevibilità del ricorso proposto avverso la mancata risposta all’ultima istanza.

Sebbene Consip e CNS censurino, con i detti distinti appelli incidentali, la statuizione di ammissibilità del ricorso -sostenendo che la qualificazione delle istanze avrebbe dovuto essere compiuta dal giudice secondo un’interpretazione sostanziale, e non puramente formale-, il rigetto dell’appello principale priva di interesse gli appelli incidentali e quindi esclude la questione del rapporto tra le diverse istanze di accesso presentate dalla società D s.r.l. a Consip dal perimetro della presente decisione.

5.3. Questo perimetro è piuttosto segnato dalla delimitazione fissata dalla stessa D s.r.l. quando ha precisato che, dopo aver agito in qualità di partecipante alla procedura ad evidenza pubblica ed essersi sentita opporre la mancanza di un interesse concreto, si è determinata alla proposizione dell’istanza del 30 maggio 2018 ai sensi delle norme del d.lgs. n. 33 del 2013.

5.3.1. L’oggetto del giudizio porta quindi alla questione del rapporto tra la normativa in tema di accesso civico e la normativa in tema di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici.

Tale rapporto è condizionato dalla detta coesistenza ordinamentale dei tre modelli di accesso ai documenti in possesso delle pubbliche amministrazioni (e soggetti equiparati) attualmente disciplinati in via generale.

Se, come sopra rilevato, essi operano in posizione pari ordinata, risulta complesso il coordinamento di ciascuno con le discipline settoriali in tema di accesso tuttora vigenti con regole e limiti propri (non solo in materia di contratti pubblici, ma anche, tra l’altro, in materia ambientale e dell’ordinamento degli enti locali, nonché in materia di atti dello stato civile e di atti tenuti negli archivi di Stato e negli altri archivi disciplinati dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, o in materia tributaria).

Si tratta di un coordinamento da effettuare volta a volta, verificando se la disciplina settoriale, da prendere prioritariamente in considerazione in ossequio al principio di specialità, consenta la reciproca integrazione ovvero assuma portata derogatoria.

6. Per come fatto palese dalla motivazione della sentenza impugnata e dai motivi di appello, nel caso di specie la questione si risolve nel giudicare se l’art. 53 ( Accesso agli atti e riservatezza ) del d.lgs. n. 50 del 2016 -il quale stabilisce che “ salvo quanto espressamente previsto nel presente codice, il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ivi comprese le candidature e le offerte, è disciplinato dagli artt. 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 ”- comporti l’esclusione dell’applicabilità della disciplina dell’accesso civico , in particolare ai sensi dell’art. 5- bis , comma 3, del d.lgs. n. 33 del 2013, per il quale “ il diritto di cui all’art. 5, comma 2, è escluso nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’art. 24, comma 1, della l. 241 del 1990 ”.

6.1. Come è noto e come appare anche dai contrapposti richiami giurisprudenziali delle parti, sulla questione l’orientamento dei tribunali amministrativi regionali è diviso: per un primo indirizzo i documenti afferenti alle procedure di affidamento ed esecuzione di un appalto sono esclusivamente sottoposti alla disciplina di cui all’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2016 e pertanto restano esclusi dall’ accesso civico generalizzato di cui all’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33 del 2013;
per l’indirizzo contrapposto, si deve invece riconoscere l’applicabilità della disciplina dell’ accesso civico generalizzato anche alla materia degli appalti pubblici.

6.2. La presente vicenda, allo stato decisa dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio - Roma, con la sentenza qui appellata, pubblicata il 14 gennaio 2019, n. 425, riflette tale contrasto.

Infatti, l’istanza di accesso a Consip s.p.a. è stata seguita da analoghe istanze rivolte dalla società D s.r.l. al Comune di Scandicci, che aderendo alla convenzione di cui alla gara indetta da Consip con bando del 23 maggio 2012 e stipulata, per il Lotto 5 – Toscana, con l’aggiudicatario r.t.i. costituito tra CNS (mandataria) e Prima Vera s.p.a., Termotecnica Sebina s.r.l., Sof s.p.a. e Exitone s.p.a. (mandanti), ha affidato a quest’ultimo il servizio nel proprio ambito territoriale. A seguito del diniego opposto dal Comune di Scandicci alle istanze volte ad ottenere l’ostensione degli atti della fase esecutiva del rapporto, D s.r.l. ha proposto un separato ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Toscana, competente per territorio, notificato il 29 ottobre 2018.

Quest’ultimo ricorso è stato deciso in primo grado con sentenza pubblicata il 25 marzo 2019, n. 422, che l’ha accolto, esprimendo l’indirizzo contrario a quello fatto proprio dalla sentenza oggetto del presente gravame.

La sentenza n. 422/2019 del Tribunale amministrativo per la Toscana è stata, a sua volta, appellata con ricorso proposto da CNS, iscritto al n. 3070/2019 R.G., trattato –in presenza delle parti private coincidenti con quelle del presente giudizio, ma a posizioni processuali invertite- nella stessa camera di consiglio del 13 giugno 2019 e deciso con separata sentenza.

7. Al fine di dare soluzione convergente alla medesima questione -differentemente risolta, nel giudizio di primo grado, nei confronti delle stesse parti private- si osserva quanto segue, onde confutare le contrarie argomentazioni dell’appellante.

L’art. 5- bis del d.lgs. n. 33 del 2013, introdotto dall’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 97 del 2016, intitolato “ esclusioni e limiti all’accesso civico ” va considerato nella sua interezza, e non solo per quanto previsto dal comma 3.

I primi due comma si occupano dei limiti legali all’ accesso civico generalizzato . Questi operano nel presupposto della legittimazione soggettiva generalizzata, data a chiunque agisca uti civis , senza dover dimostrare la titolarità di una determinata situazione soggettiva.

Al riguardo, nonostante negli orientamenti di primo grado siano presenti affermazioni intese a valorizzare la motivazione della richiesta di accesso, va preferita l’opposta interpretazione, coerente con la previsione dell’art. 5, comma 3, d.lgs. n. 33 del 2013, che esclude la preventiva “funzionalizzazione” dell’accesso al raggiungimento delle finalità indicate nell’art. 5, comma 2 ( favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico ). Siffatte finalità vanno intese come quelle in base alle quali è riconosciuto al cittadino un diritto di accesso generalizzato (collegato peraltro all’esercizio di funzioni istituzionali nel senso già valorizzato nel precedente di questo Consiglio di Stato, VI, 25 giugno 2018, n. 3907) da bilanciare, nel caso concreto, con gli interessi confliggenti, pubblici e privati, elencati nei primi due comma dell’art. 5- bis in commento. Resta poi – ma il tema è estraneo all’economia della presente decisione e dunque non qui è il caso di affrontarlo - la questione della serietà e della congruenza dell’istanza di accesso, che concerne il livello di apprezzabilità dell’interesse che la muove e della sua relazione con le finalità proprie dell’istituto.

La portata di detto bilanciamento di interessi contrapposti -che l’amministrazione deve effettuare ponendo in concreto a confronto l’interesse generale ed astratto alla conoscibilità del dato (prescindendo, quindi, come detto, dalla motivazione che muove l’istante) con il pericolo, invece concreto, di lesione che dalla pubblicazione e dalla divulgazione potrebbe ricevere il confliggente specifico interesse, pubblico o privato- palesa la significativa differenza tra la disciplina dell’accesso civico e quella dell’accesso documentale ;
in quest’ultima, infatti, la titolarità in capo all’istante di una posizione differenziata e specifica gli assicura una maggiore tutela nel rapporto con interessi contrapposti (tanto che è ripetuta, anche in giurisprudenza, l’affermazione che si rinviene nelle Linee Guida dell’ANAC, approvate con la deliberazione del 28 dicembre 2016, che l’accesso documentale consente “ un accesso più in profondità a dati pertinenti ” laddove l’ accesso generalizzato è “ meno in profondità ”, ma “ più esteso ”: cfr. Cons. Stato, VI, 31 gennaio 2018, n. 651 e, di recente, id., V, n.1817 /2019 cit.).

7.1. La previsione dell’art. 5- bis , comma 3, si distingue da quella dei comma 1 e 2, appena detti, perché è disposizione volta a fissare, non i limiti relativi all’ accesso generalizzato consentito a “ chiunque ”, bensì le eccezioni assolute, a fronte delle quali la trasparenza recede.

Anche la tecnica redazionale del comma 3 si distingue da quella dei comma precedenti, poiché se è vero che l’art. 5- bis , comma 3, non sottrae al bilanciamento materie direttamente individuate dalla norma medesima (a differenza degli interessi , pubblici e privati, che sono individuati dal primo e dal secondo comma), resta che utilizza l’espressione generica di casi , che fanno eccezione assoluta, in modo da rinviare, per la loro individuazione, ad altre disposizioni di legge, direttamente o indirettamente, richiamate dallo stesso comma 3 (sicché l’ampiezza dell’eccezione dipende dalla portata della normativa cui l’art. 5- bis , comma 3, rinvia).

In particolare, sono sottratti al bilanciamento ed esclusi senz’altro dall’ accesso generalizzato : i casi di segreto di Stato ed i casi di divieti di accesso o di divulgazione previsti dalla legge, i casi elencati nell’art. 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990 (che, al suo interno, ricomprende intere materie ), i casi in cui “ l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti ”.

7.2. Il Collegio ritiene che, anche in ragione della peculiare tecnica redazionale appena detta, tale ultima eccezione assoluta ben possa essere riferita a tutte le ipotesi in cui vi sia una disciplina vigente che regoli specificamente il diritto di accesso, in riferimento a determinati ambiti o materie o situazioni, subordinandolo a “ condizioni, modalità o limiti ” peculiari;
quindi, che l’eccezione non riguardi le ipotesi in cui la disciplina vigente abbia quale suo unico contenuto un divieto assoluto (o relativo) di pubblicazione o di divulgazione: se non altro perché tale ipotesi è separatamente contemplata nella medesima disposizione.

Con ciò -richiamando altresì quanto detto sopra a proposito dei rapporti tra discipline generali e discipline settoriali sull’accesso- non si ritiene che a queste seconde vada attribuita sempre e comunque portata derogatoria, quanto piuttosto che, come anticipato, occorra, volta a volta, verificare la compatibilità dell’ accesso generalizzato con le “ condizioni, modalità o limiti ” fissati dalla disciplina speciale.

8. L’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2013 è in linea di sostanziale continuità con l’art. 13 del d.lgs. n. 163 del 2006 ed è coerente sia con la normativa eurounitaria precedente (art. 13 della direttiva 2004/17/CE e 6 della direttiva 2004/18/CE) sia con quella oggetto del recepimento di cui al vigente Codice dei contratti pubblici (art. 28 direttiva 2014/23/UE, art. 21 direttiva 2014/24/UE e art. 39 direttiva 2014/25/UE).

In coerenza con le disposizioni sovranazionali settoriali, nell’ordinamento interno l’accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici è regolato in termini impersonali quanto ai soggetti tenuti a garantirlo (che necessariamente si identificano con i soggetti che, indipendentemente dalla natura pubblica o privata, conducono la procedura secondo le regole del Codice) e ai soggetti titolari del diritto di accesso (che, per contro, non necessariamente si identificano nei “concorrenti”, salvo che non sia previsto come al comma 6).

I limiti oggettivi del diritto sono invece espressamente perimetrati mediante il rinvio agli artt. 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 e, quindi, mediante la fissazione delle deroghe del comma 2 (che elenca ipotesi di mero differimento) e del comma 5 (che elenca diverse ipotesi di esclusione assoluta ed un’ipotesi di esclusione relativa – quest’ultima dovuta all’eccezione alla lettera “a” posta dal comma 6). Tali specifiche ipotesi derogatorie rispondono a scopi connaturati alla particolare tipologia di procedimento ad evidenza pubblica, quale quello di preservarne la fluidità di svolgimento (tanto da sottrarre i documenti procedimentali, mediante il differimento, anche all’accesso che l’art. 10 della legge n. 241 del 1990 riconosce in ogni momento e fase a ciascun partecipante) e di limitare la possibilità di collusioni o di intimazioni degli offerenti.

Al divieto di accesso (temporaneo, mediante differimento, od assoluto) si accompagna inoltre il divieto di divulgazione di cui all’art. 53, comma 3.

8.1. Tali deroghe specifiche ben potrebbero rientrare tra le eccezioni assolute anche all’ accesso civico generalizzato riconosciute dall’art. 5- bis , comma 3, del d.lgs. n. 33 del 2013 perché si tratta di divieti di accesso e di divulgazione espressamente previsti dalla legge (come, d’altronde, è per i contratti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, per i quali è appunto dettata un’apposita disciplina di secretazione, richiamata pure dalle Linee Guida ANAC del 2016).

Pertanto, rispetto alle ipotesi di cui ai comma dell’art. 53 successivi al comma 1 è del tutto “neutro” l’inciso finale dell’art. 5- bis , comma 3, laddove comprende tra le esclusioni assolute della disciplina dell’ accesso generalizzato i casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti ”. Invero, se servisse a richiamare soltanto divieti di pubblicazione o di divulgazione previsti da altre disposizioni normative sarebbe inutilmente ripetitivo.

8.2. Invece, la previsione in questione assume significato autonomo e decisivo se riferita alle discipline vigenti settoriali in tema di accesso, e, per quanto qui rileva, al primo inciso del comma 1 dell’art. 53.

Ne consegue che il richiamo testuale alla disciplina degli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990 n. 241 va inteso come rinvio alle “ condizioni, modalità e limiti ” fissati dalla normativa in tema di accesso documentale, che devono sussistere ed operare perché possa essere esercitato il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici.

9. Tale soluzione è contraria alle conclusioni raggiunte, in un caso analogo, dalla recente decisione di questo Consiglio di Stato, III, 5 giugno 2019, n. 3780, che ha preso le mosse dall’inciso finale dell’art. 5- bis , comma 3, del d.lgs. n. 33 del 2013, onde escluderne la possibilità di riferirlo ad intere “ materie ” e sostenere che “ diversamente interpretando, significherebbe escludere l’intera materia relativa ai contratti pubblici da una disciplina, qual è quella dell’accesso civico generalizzato, che mira a garantire il rispetto di un principio fondamentale, il principio di trasparenza ricavabile direttamente dalla Costituzione ”.

9.1. Si è detto sopra delle ragioni di tecnica normativa e letterali per le quali le eccezioni assolute della disciplina dell’ accesso civico generalizzato prescindano dalla riferibilità a determinati settori o materie altrimenti disciplinati dall’ordinamento.

Parimenti si è detto sopra delle ragioni per le quali non appare praticabile, allo stato, una lettura evolutiva della disciplina del diritto di accesso per cui una tipologia di accesso a portata generale, come l’ accesso civico generalizzato , debba ritenersi prevalente sull’altra, in particolare sull’accesso procedimentale o documentale (sicché, per le dette ragioni, non si condividono le affermazioni della richiamata sentenza per cui “ non può … ipotizzarsi una interpretazione “statica” e non costituzionalmente orientata delle disposizioni vigenti in materia di accesso allorché, intervenuta la disciplina del d. lgs 97/2016, essa non risulti correttamente coordinata con l’art. 53 codice dei contratti e con la ancor più risalente normativa generale sul procedimento […]” e per cui “ una interpretazione conforme ai canoni dell’art. 97 Cost. (deve) valorizzare l’impatto “orizzontale” dell’accesso civico, non limitabile da norme preesistenti (e non coordinate con il nuovo istituto), ma soltanto dalle prescrizioni “speciali” e interpretabili restrittivamente, che la stessa nuova normativa ha introdotto al suo interno ”).

9.2. Appaiono invece non in contrasto con quanto qui ritenuto altre significative affermazioni della decisione n. 3780/19 cit., e precisamente in punto di:

- difetto di coordinamento tra le normative generali e quelle settoriali, specificamente la normativa del Codice dei contratti pubblici;

- importanza e ragione dell’intervento di cui al d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97, che ha introdotto l’accesso civico novellando l’art. 5 d.lgs. n. 33 del 2013, in quanto “ dichiaratamente ispirato al cd. “Freedom of information act” che, nel sistema giuridico americano, ha da tempo superato il principio dei limiti soggettivi all’accesso, riconoscendolo ad ogni cittadino, con la sola definizione di un “numerus clausus” di limiti oggettivi, a tutela di interessi giuridicamente rilevanti, che sono appunto precisati nello stesso art. 5 co. 2 d.lgs. n. 33/2013 ”, al fine di “ favorire forme diffuse di controllo nel perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche ”, promuovendo così “ la partecipazione al dibattito pubblico ”; ratio , quest’ultima “ declinata in tutte le sue implicazioni ” da questo Consiglio di Stato nel parere favorevole sullo schema di decreto legislativo di cui alla Commissione speciale 24 febbraio 2016 n. 515.

Ma si tratta di considerazioni che non smentiscono – fatto il debito riferimento alle “ intenzioni del legislatore ” (cfr. art. 12, comma 1, disp. prel. al Cod.civ.) e allo scopo dell’innovazione legislativa – l’opposta conclusione sopra raggiunta all’esito dell’interpretazione c.d. letterale.

9.3. Entrambe le questioni sottese alle dette affermazioni della sentenza n. 3780/19 cit. sono state affrontate dalle difese delle parti resistenti, laddove:

- bene hanno evidenziato che l’ accesso civico generalizzato è stato introdotto nel corpo del d.lgs. n. 33 del 2013 con il d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97, sicché avrebbe potuto essere inserito nel Codice dei contratti pubblici con il c.d. correttivo di cui al d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56, se si fosse voluto consentire l’ accesso civico generalizzato per la materia dei contratti pubblici;
pertanto anche a non applicare la massima ubi lex voluit, dixit, ubi noluit, tacuit (al fine di desumere la volontà di escludere la materia dei contratti pubblici dall’ambito di applicazione dell’istituto), la circostanza è tale quantomeno da ridimensionare l’assunto che fa leva sulla prevalenza della legge successiva generale;
al contrario, come rileva la sentenza impugnata, il d.lgs. n. 97 del 2016 si è fatto carico di considerare e regolamentare, sia pure in via generale, le ipotesi delle discipline sottratte per voluntas legis , anche precedente l’introduzione del nuovo istituto, all’ accesso civico generalizzato ;

- hanno aggiunto considerazioni di ordine teleologico e sistematico che ben possono giustificare la deroga all’ accesso civico generalizzato agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, consentendolo quindi soltanto a coloro che –nel rispetto delle specifiche “condizioni” e “limiti” di cui agli artt. 22 e seg. della legge n. 241 del 1990, come richiamati dall’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2016- siano portatori di un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata.

9.4. A tale ultimo riguardo non può non essere considerato il dato oggettivo che si tratta di atti formati e depositati nell’ambito di procedimenti assoggettati, per intero, ad una disciplina speciale ed a sé stante.

Questa disciplina attua specifiche direttive europee di settore che, tra l’altro, si preoccupano già di assicurare la trasparenza e la pubblicità negli affidamenti pubblici, nel rispetto di altri principi di rilevanza eurounitaria, in primo luogo il principio di concorrenza, oltre che di economicità, efficacia ed imparzialità.

In tale contesto, la qualificazione del soggetto istante, al fine di vagliare la meritevolezza della pretesa di accesso individuale, è perciò ampiamente giustificata.

Per di più – avuto riguardo al contesto ordinamentale - il perseguimento di buona parte delle finalità di rilevanza pubblicistica poste a fondamento della disciplina in tema di accesso civico generalizzato è assicurato, nel settore dei contratti pubblici, da altri mezzi, ed in particolare: con i compiti di vigilanza e controllo attribuiti all’ANAC, soprattutto quanto allo scopo di contrasto alla corruzione, nonché con l’accesso civico c.d. semplice di cui all’art. 3 e all’art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 33 del 2013, dato che molto ampia è la portata dell'obbligo previsto, dalla normativa vigente, in capo alle pubbliche amministrazioni, di pubblicare documenti, informazioni o dati riguardanti i contratti pubblici (ampiezza che, in una prospettiva sistematica, è indicativa della volontà legislativa di garantire per questa via, mediante la pubblicità ed il diritto alla conoscibilità di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 33 del 2013, le finalità di controllo generalizzato dell’impiego delle risorse e di promozione della qualità dei servizi sottese al principio di trasparenza).

9.5. Quanto ai valori e agli interessi in conflitto, merita osservare che, allo stato, l’interpretazione qui preferita esclude qualsivoglia rilevanza diretta del limite di cui all’art. 5- bis , comma 2, lett. c) , del d.lgs. n. 33 del 2013 (“ gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d'autore e i segreti commerciali ”), laddove, diversamente opinando:

- l’amministrazione che detiene i documenti per i quali è chiesto l’accesso dovrebbe tenere conto, caso per caso, delle ragioni di opposizione degli operatori economici coinvolti, con prevedibile soccombenza nella maggioranza dei casi concreti dello stesso principio di trasparenza, che si intende astrattamente tutelare, poiché altrettanto rilevanti sono gli interessi privati contrapposti all’ostensione di atti ulteriori, rispetto a tutti quelli per il quali la pubblicazione è obbligatoria per legge (e quindi consentito l’accesso civico c.d. “semplice” ) e poiché, come già detto, quanto maggiore è la “ profondità ” ( id est , il dettaglio) dell’informazione richiesta da chi non è portatore di uno specifico interesse diretto, tanto più ampi sono i margini di tutela dei controinteressati;

- notevole sarebbe l’incremento dei costi di gestione del procedimento di accesso da parte delle singole pubbliche amministrazioni (e soggetti equiparati), del quale -nell’attuale applicazione della normativa sull’ accesso generalizzato , che si basa sul principio della gratuità (salvo il rimborso dei costi di riproduzione)- si è fatto carico l’interprete (in particolare, con riferimento alle richieste “ massive o manifestamente irragionevoli ”, cfr. Linee Guida ANAC, par. 4.2, nonché gli arresti giurisprudenziali che fanno leva sulla nozione di “abuso del diritto”), ma che, per una diffusa applicazione dell’ accesso civico generalizzato a tutti gli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione di contratti pubblici, necessita di apposita disposizione di legge;

- infine, il caso di specie è esemplificativo -per come ben evidenziato dalle parti resistenti- di come la lettura qui confutata dell’art. 5- bis , comma 3, del d.lgs. n. 33 del 2013 nei suoi rapporti con l’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2016 potrebbe finire per privare di senso il richiamo che il comma 1 fa agli artt. 22 e seg. della legge n. 241 del 1990 ed, al contempo, per distorcere le finalità perseguite con l’introduzione nell’ordinamento dell’ accesso civico generalizzato di cui all’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33 del 2013, in quanto questo -come dichiaratamente fatto da D s.r.l.- verrebbe utilizzato per la soddisfazione di interessi economici e commerciali del singolo operatore, nell’intento di superare i limiti interni dei rimedi specificamente posti dall’ordinamento a tutela di tali interessi ove compromessi dalla conduzione delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici (senza che rilevi -nella prospettiva ordinamentale dei costi da sopportarsi dalla pubblica amministrazione, compresi i costi dell’aumento del contenzioso- che detto intento, volta a volta, risulti o meno raggiunto nel caso concreto).

10. Dato tutto quanto sopra, non resta che concludere che la legge propende per l’esclusione assoluta della disciplina dell’ accesso civico generalizzato in riferimento agli atti delle procedure di affidamento dei contratti pubblici.

Tale esclusione consegue non ad incompatibilità morfologica o funzionale ma al delineato rapporto positivo tra norme, che non è compito dell’interprete variamente atteggiare, richiedendosi allo scopo, per l’incidenza in uno specifico ambito di normazione speciale, un intervento esplicito del legislatore.

11. Dato quanto fin qui esposto, l’appello di D s.r.l. va respinto.

11.1. Come anticipato, sono improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse gli appelli incidentali di Consip s.p.a. e di CNS.

11.2. La novità della questione interpretativa degli artt. 5 e 5- bis del d.lgs. n. 33 del 2013, come modificato col d.lgs. n. 97 del 2016, ed il relativo contrasto giurisprudenziale giustificano la compensazione delle spese processuali.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi