Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-05-15, n. 202304847

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-05-15, n. 202304847
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202304847
Data del deposito : 15 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/05/2023

N. 04847/2023REG.PROV.COLL.

N. 01561/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1561 del 2022, proposto dal Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,



contro

il signor -OMISSIS-non costituito in giudizio,



per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Napoli, Sezione Sesta, -OMISSIS- resa tra le parti, concernente il diritto all’esonero dai servizi notturni.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 maggio 2023, in vista della quale l’Avvocatura generale dello Stato ha avanzato istanza di passaggio in decisione, il Cons. A M;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO

1. Il signor -OMISSIS-assistente capo coordinatore della Polizia di Stato in servizio presso il Commissariato di pubblica sicurezza di -OMISSIS- ha proposto ricorso innanzi al T.A.R. per la Campania, sede di Napoli - n.r.g. -OMISSIS-- per l’annullamento del provvedimento dirigenziale prot. 53151 del 28 settembre 2021 della Questura di -OMISSIS- con cui gli veniva negata l’esenzione dal lavoro notturno, richiesta in data 8 settembre 2021 per assistere la propria coniuge, riconosciuta portatrice di handicap ai sensi dell’art. 3, comma 1, della l. 5 febbraio 1992, n. 104, nonché per vedersi riconoscere il relativo diritto ai sensi dell’art. 53 del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151.

1.1. Il Tribunale adito ha accolto il ricorso, compensando le spese di giudizio, sull’assunto che nel silenzio della norma non è possibile introdurre surrettiziamente un requisito aggiuntivo (la gravità della situazione di disabilità), « non essendo giustificata una interpretazione restrittiva della disposizione che ha chiaramente la ratio di permettere una migliore organizzazione di vita a soggetti bisognosi di assistenza in ragione di una condizione di disabilità in coerenza con valori tutelati anche a livello costituzionale ».

2. Avverso tale pronuncia ha interposto appello il Ministero dell’interno, contestando con un unico articolato motivo la ricostruzione della cornice giuridica di riferimento: il combinato disposto della previsione declinata dall’art. 53 del d.lgs. n. 151 del 2001 e del quadro sistematico riveniente dalla disciplina della l. n. 104 del 1992 implica necessariamente la grave situazione della persona che si deve assistere, presupposto fondante la concessione di tutti gli istituti contrattuali finalizzati allo scopo. Ciò ha trovato da tempo conferma nella risoluzione datata 6 febbraio 2009 con la quale il Ministero del lavoro ha fornito risposta all’interpello n. 4/2009 di Confindustria avente ad oggetto proprio l’esatta accezione da attribuire alla dicitura « a proprio carico » utilizzata nel Testo unico del 2001 con riferimento al rapporto tra lavoratore e disabile. Nella stessa direzione si muovono la circolare del 3 gennaio 2011 del Comando Generale della Guardia di finanza e le Linee guida dello Stato Maggiore della Difesa, edizione 2017, in materia di pari opportunità, tutela della famiglia e della genitorialità.

3. Alla pubblica udienza del 9 maggio 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.



DIRITTO

4. Nel merito, l’appello è fondato.

5. Torna all’esame del Collegio la questione dell’esatta interpretazione dell’art. 53 del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, recante Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, laddove consente l’esonero dal c.d. servizio notturno, tra gli altri, ai « lavoratori che hanno a carico persone con disabilità ai sensi della legge 104/92 », sulla quale la Sezione ha già avuto modo di esprimersi, effettuando un’approfondita analisi, i cui principi sono da intendere integralmente richiamati (Cons. Stato, sez. II, 17 ottobre 2022, n. 8798). La questione, cioè, attiene alla necessaria valorizzazione, nella non felice formulazione di sintesi della norma, del concetto di persone « a carico », come desumibile anche dal generico richiamo alla materia oggetto della legge n. 104 del 1992.

6. Per mere esigenze di chiarezza espositiva, dunque, si riportano di seguito solo i passaggi salienti della ricostruzione della cornice giuridica, anche eurounitaria, dell’istituto, coerente peraltro con la tutela costituzionale accordata ai soggetti disabili.

7. Il diritto a non essere utilizzati in turni notturni, ovvero la facoltà di chiedere di essere esonerati dagli stessi, è disciplinato in due distinte normative, entrambe a carattere generale, che hanno mantenuto nel tempo la loro autonomia, in ragione della diversità dell’oggetto, seppure i contenuti finiscano per sovrapporsi, con comprensibili problemi di coordinamento (cfr. Cass., sez. lavoro, n. 10202 del 28 maggio 2020, ove si individua l’elemento specializzante a favore dell’applicabilità del d.lgs. n. 151 del 2001 nella qualità di genitore del lavoratore richiedente, anche avuto riguardo all’esatta perimetrazione del lasso di tempo da qualificare come “notturno”).

7.1. Ad esso si riferiscono, dunque, sia l’art. 53 del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, recante il Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, che l’art. 11 del d.lgs. 8 aprile 2006, relativo più specificamente all’orario di lavoro, individuando le categorie di lavoratori con riferimento ai quali esiste un generalizzato e inderogabile divieto di utilizzo nel lavoro notturno, nonché, distintamente, quelle con riferimento alle quali non vige il relativo obbligo di prestazione, sicché è il diretto interessato a poter scegliere se effettuarlo o meno, autovalutando il proprio personale punto di equilibrio tra i contrapposti interessi posti a base della normativa. Nell’ambito della seconda categoria rientrano - con previsione in verità asistematica rispetto ad un’elencazione riferita a lavoratrici o lavoratori genitori, anche adottivi – figurano, per quanto qui di specifico interesse, i « lavoratori che hanno a carico persone con disabilità ai sensi della legge 104/92 ». La relativa dizione, peraltro, è mutuata testualmente dalla previgente di cui all’art. 5, comma 2, lett. c), della l. 9 dicembre 1977, n. 903, sulla parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro, che peraltro continua ad essere richiamato in maniera quanto meno ultronea nel medesimo d.lgs. n. 151 del 2001.

7.2. Punto essenziale della controversia è, dunque, come già detto, l’individuazione del baricentro dal quale approcciare la norma, spostandone l’asse mediana sul concetto di “avere a carico”, piuttosto che sulla generica dizione di disabilità, quale che ne sia l’entità, in quanto comunque riconducibile alla legge n. 104 del 1992.

8. La legge 5 febbraio 1992, n. 104, rubricata « Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate », costituisce ancora oggi la normativa organica a tutela dei soggetti diversamente abili il cui scopo, in estrema sintesi e semplificazione, era - e rimane - quello di rimuovere le cause invalidanti, promuovendo l’autonomia e favorendo la socializzazione e l’integrazione dei soggetti che ne sono portatori. Principali destinatari della normativa sono dunque direttamente i disabili lato sensu intesi, seppure non manchino i riferimenti anche a chi vive con loro. Il presupposto è infatti che l’autonomia e l’integrazione sociale si raggiungono garantendo alla persona handicappata adeguato sostegno, sia sotto forma di servizi esterni, sia attraverso il rafforzamento delle possibilità di aiuto da parte del suo nucleo familiare facilitando - recte , agevolando- le attività di supporto alla stessa da parte di chi ha comunque un legame affettivo con la prima. Da qui le disposizioni sul coinvolgimento dei familiari nei programmi di cura e riabilitazione della persona con handicap, in un percorso

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi