Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-12-27, n. 201106845

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-12-27, n. 201106845
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201106845
Data del deposito : 27 dicembre 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04837/2011 REG.RIC.

N. 06845/2011REG.PROV.COLL.

N. 04837/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4837 del 2011, proposto dai signori:
P E B, R B, F M, F P, A R, J S e A S, rappresentati e difesi dall'avv. A M B, con domicilio eletto presso la stessa in Roma, via G. Banti, 34;

contro

Agenzia Spaziale Italiana (Asi), rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato e presso gli uffici della medesima domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'ottemperanza della sentenza del CONSIGLIO DI STATO - SEZ. VI n. 02438/2010 del 28.4.2010, resa tra le parti, concernente corresponsione di differenze retributive per mansioni superiori svolte;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi);

Viste le memorie difensive;

Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2011 il Cons. Gabriella De Michele e uditi per le parti l’avv. Bruni e l’avvocato dello Stato Di Carlo.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

Attraverso il ricorso per ottemperanza specificato in epigrafe – notificato in data 12.5.2011 e depositato il 10.6.2011 – si chiedeva l’esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, n. 2438/2010 del 28.4.2010, con la quale era stato accolto l’appello degli attuali ricorrenti (già dipendenti dell’Agenzia Spaziale Italiana) e riconosciuto il diritto dei medesimi alla corresponsione delle spettanze arretrate, corrispondenti a mansioni superiori svolte nel periodo 1991-1999.

La questione di merito sottoposta a giudizio, tuttavia, presupponeva la valutazione di una questione preliminare, sollevata d’ufficio dal Collegio con ordinanza n. 5396/11 del 28.9.2011, ai sensi dell’art. 73, comma 3 c.p.a. (D.Lgs. 2.7.2010, n. 104), in ordine all’ammissibilità del ricorso, in quanto depositato dopo la scadenza dei termini processuali dimezzati, di cui all’art. 87, comma 3, del medesimo c.p.a..

A tale riguardo i ricorrenti hanno formulato argomentazioni difensive, nel termine assegnato con la citata ordinanza, invocando l’applicabilità dell’art. 2 dell’Allegato 3 al medesimo c.p.a. (Norme transitorie), in base al quale la disposta ultrattività delle disposizioni previgenti sussisterebbe per l’intero giudizio in esame, in quanto riferito ad una pronuncia antecedente alla data di entrata in vigore del codice del processo amministrativo: a tale data (16 settembre 2010, ex art. 2 d.lgs. n. 104 del 2010), infatti, era già stata pubblicata la sentenza del Consiglio di Stato, VI, 28.4.2010, n. 22438, di cui si chiede l’esecuzione;
il citato art. 87, comma 3, c.p.a., inoltre, dovrebbe ritenersi inapplicabile all’esecuzione del giudicato, di cui l’art. 114 del medesimo codice ammette la proposizione nel termine ordinario di prescrizione, per incompatibilità con la ratio – sottostante all’abbreviazione dei termini di cui si discute – di celerità del procedimento, durata ragionevole del processo e certezza del diritto.

L’Agenzia Spaziale Italiana, costituitasi in giudizio, riconosceva che, sul piano sostanziale, il termine decennale per agire in via di ottemperanza non avrebbe potuto essere “posto nel nulla da un brevissimo termine decadenziale”;
la medesima Agenzia, però, segnalava come ulteriore causa di inammissibilità la non ancora avvenuta formazione del giudicato, alla data di avvio della procedura di cui trattasi.

Le considerazioni difensive sopra sintetizzate non sono condivise dal Collegio, che ritiene comunque di dover dichiarare l’inammissibilità del ricorso, per superamento del termine dimezzato per il deposito del medesimo.

Il diritto soggettivo all’esecuzione del giudicato resta infatti esercitabile nel termine ordinario di prescrizione, come ribadito dall’art. 114, comma 1, del codice, indipendentemente dalle modalità di esercizio dell’azione, proponibile per l’attuazione di sentenze passate in giudicato (ovvero, per quanto riguarda le pronunce del Consiglio di Stato, quando siano decorsi i termini del ricorso per Cassazione o per revocazione, ex art. 324 c.p.c.: cfr. in tal senso, fra le tante, Cons. St., sez. VI, 20.7.2009, n. 4497);
la medesima azione, in ogni caso, può essere esercitata per l’esecuzione non solo del giudicato, ma anche di sentenze o altri provvedimenti del giudice amministrativo che abbiano carattere di esecutività, ex art. 112, comma 2, c.p.a., con conseguente infondatezza delle argomentazioni dell’ASI sopra riportate.

Ugualmente infondate, tuttavia, risultano le tesi difensive dei ricorrenti.

E’ vero che – in deroga al principio generale di immediata applicabilità di norme procedurali, sopravvenute in corso di causa – la disposizione transitoria di cui all’art. 2 dell’Allegato 3 al d.lgs. n. 104 del 2010 dispone che si applichino le norme previgenti “per i termini che sono ancora in corso alla data di entrata in vigore del codice”: la nuova disciplina sui termini non sarebbe stata applicabile, pertanto, se il ricorso per ottemperanza fosse stato notificato (con conseguente decorrenza del relativo termine di deposito) in data antecedente al 16 settembre 2010, ma non anche in pendenza del termine decennale (comunque non modificato, né messo in discussione nel caso di specie), per l’eventuale avvio del giudizio di ottemperanza.

È del resto chiaro il riferimento della norma transitoria sopra indicata a singoli termini processuali di un giudizio in corso, come inducono a ritenere sia il contenuto letterale della norma stessa che la relativa ratio: nel rispetto del principio generale di certezza e in vista della pianificazione individuale dell’esercizio del diritto di difesa, infatti, è ragionevole che le scadenze di termini processuali vengano calcolate con riferimento alla legge, vigente alla data di inizio della relativa decorrenza, perché solo in tal caso l’interessato è in condizione di averne responsabile consapevolezza, senza essere esposto ad un’imprevedibile modifica in itinere.

Non altrettanto ragionevole sarebbe stata invece – a seguire l’interpretazione prospettata dall’appellante - la posticipazione dell’operatività delle nuove norme per giudizi di esecuzione eventuali e futuri, quando la sentenza da eseguire fosse anteriore all’entrata in vigore del codice, con illogico doppio binario procedurale, da protrarre addirittura per un decennio.

Deve ritenersi invece che le esigenze difensive, connesse alla nuova disciplina processuale, siano state soddisfatte con una lunga vacatio legis (dal 2 luglio al 16 settembre 2010), in grado di realizzare, in pratica, un temperamento del ricordato principio generale di immediata applicazione delle norme di procedura. Sembra appena il caso di precisare, infine, che disposizioni di abbreviazione dei termini processuali corrispondono, di per sé, ad esigenze di maggiore speditezza del giudizio, quali esigenze che il legislatore intendeva assicurare in determinati settori, come quello dell’”actio iudicati”, fermo restando l’onere degli interessati di rispettare le scadenze prescritte a pena di decadenza e senza che possano sovrapporsi – o essere considerate contraddittorie – norme che disciplinano l’esercizio del diritto soggettivo al perseguimento di un bene della vita e norme processuali sull’esercizio dell’azione (contenute rispettivamente, per quanto qui interessa, negli articoli 87 comma 3 e 114, comma 1, c.p.a.).

Per le ragioni esposte, il Collegio ritiene che il ricorso per ottemperanza in esame, allo stato, debba essere allo stato dichiarato inammissibile, non potendo nemmeno ravvisarsi gli estremi dell’errore scusabile – a norma dell’art. 37 Cod. proc. amm. – in assenza di incertezze interpretative (non ravvisabili per i motivi esposti) ovvero di gravi impedimenti di fatto (nella fattispecie non segnalati).

Quanto alle spese giudiziali, tuttavia, il Collegio stesso ne ritiene equa la compensazione, tenuto conto della fase di transizione normativa che ha interessato, in tempi ancora relativamente recenti, il processo amministrativo.

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