Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-01-02, n. 201800001

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-01-02, n. 201800001
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201800001
Data del deposito : 2 gennaio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/01/2018

N. 00001/2018REG.PROV.COLL.

N. 00235/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 235 del 2012, proposto dalla s.r.l. Edilizia Lamar., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Enrico D'Antrassi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Massimo D'Ambrosio in Roma, Piazza Marconi, n. 15;



contro

Il Comune di San Felice Circeo, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Nicola Ielpo, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via del Corso, n. 504;



per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sez. II bis, n. 7520/2011, resa tra le parti, in tema di improcedibilità di domande di condono edilizio e di demolizione di opere.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di San Felice Circeo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 ottobre 2017 il Cons. Italo Volpe e uditi per le parti l’avvocato Clizia Calamita De Tria, per delega dell’avvocato Enrico D'Antrassi, e l’avvocato Nicola Ielpo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. Col ricorso in epigrafe, la Edilizia Lamar s.r.l. (di seguito “EL”) ha impugnato la sentenza del Tar per il Lazio, Sede di Roma, n. 7520 del 22 settembre 2011, che – a spese compensate – ha respinto il suo originario ricorso proposto avverso la dichiarazione del Comune di San Felice Circeo, di cui all’ordinanza n. 60 del 13 maggio 2000, volta a disporre – oltre alla demolizione e, in mancanza, all’acquisizione dell’intero lotto di terreno – la improcedibilità delle sue domande di condono edilizio prot. nn. 14462, 14463, 14464, 14465 del 28.6.1986 per la mancata produzione, nonostante solleciti, dei nulla-osta di cui alla legge n. 1497/1939 (vincolo di tutela ambientale), di cui al r.d.l. n. 3267/1923 (vincolo idrogeologico), del Parco Nazionale del Circeo, nonché del piano di lottizzazione dell’area con relativa proposta di convenzione, stante l’avvenuto annullamento, per lottizzazione abusiva, delle originarie licenze edilizie.

1.1. In sintesi, la sentenza impugnata ha affermato che:

- l’ordinanza del Comune (e la sussistenza di una precedente lottizzazione di fatto) trovava conferma nel giudicato formatosi inter partes con la sentenza del Consiglio di Stato n. 308/1985 e nel fatto che, secondo la sentenza dell’Ad. plen. n. 4/2009, le opere edilizie eseguite su concessioni annullate sono escluse dalla possibilità di condono ai sensi degli artt. 32 del d.l. n. 269/2003 e 39 della l.n. 724/1994 (che invece si riferiscono a nuove costruzioni ovvero ad ampliamenti di costruzioni esistenti);

- anche a prescindere dal mancato ottenimento da parte della società dei necessari nullaosta ambientali, il Comune aveva bene archiviato la domanda di concessione in sanatoria per l’avvenuto annullamento delle originarie licenze edilizie per lottizzazione abusiva, oltre che per la mancata produzione del più volte richiesto nuovo piano di lottizzazione dell'area e della relativa proposta di convenzione;

- in ogni caso, la società non aveva prodotto i nulla-osta, neanche nel più lungo termine di 180 giorni previsto dallo stesso art. 32 della l.n. 47/1985 da essa invocato, né – pur avendoli essa chiesti tempestivamente – la società aveva poi impugnato il silenzio-rifiuto che s’era formato;

- il Comune aveva correttamente operato, anche perché la necessità dei nulla-osta (per il rilascio di una concessione in sanatoria) trovava sostanziale conferma anche nella pronuncia dello stesso Tar n. 7743/2007, peraltro ancora sottoposta a gravame;

- era corretta anche la previsione dell’acquisizione dell’intero lotto interessato dall’edificazione (e non piuttosto del mero sedime coincidente con le costruzioni o, al più, di un’area pari fino al suo decuplo), ricadendosi in una fattispecie di pregressa lottizzazione abusiva.

2. L’appello è affidato ai seguenti motivi:

a) motivazione erronea e violazione di legge;

b) violazione del divieto di motivazione postuma e conseguente erroneità della sentenza impugnata;

c) errata applicazione dei criteri sanciti dalla sentenza dell’Ad. plen. n. 4/2009;

d) erronea applicazione dell’art. 32 della l.n. 47/1985 nel testo vigente ratione temporis .

Ad avviso della società appellante, in sostanza, la sentenza è erronea:

a.1) nelle sue conclusioni, dato che, nella motivazione, essa riconosceva invece l’applicabilità nella specie dell’art. 32 della l.n. 47/1985, come sostenuto dall’originaria ricorrente;

b.1) per avere fatto propria quella che era stata una vera motivazione postuma (dell’ordinanza comunale impugnata) esposta dalla difesa del Comune, ossia che la decisione dell’ente locale posasse anche sulla considerazione che i manufatti per cui si chiedeva il condono erano gli stessi per i quali s’era in precedenza assodata, con forza di giudicato, la lottizzazione abusiva perpetrata anche dalla società;

c.1) per avere male applicato i principi di cui alla citata Adunanza plenaria, dato che questa, nell’affermare la non condonabilità di interventi edilizi eseguiti sulla base di titoli abilitativi poi annullati, non ha inteso esprimersi anche con riguardo all’art. 31 della l.n. 47/1985 (la cui applicazione era invocata dalla società nella fattispecie), per il quale invece possono conseguire il titolo edilizio in sanatoria anche le opere realizzate sulla base di licenza o concessione edilizia (tra l’altro) annullata;

d) il citato art. 32 della l.n. 47/1985, nella versione applicabile all’epoca, prevedeva una semplice facoltà, non già un obbligo, di impugnazione del silenzio-rifiuto che si fosse formato nei 180 giorni previsti per il pronunciamento sulla domanda di privati volta ad ottenere il parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela di vincoli insistenti sulle aree di loro interesse. Di conseguenza, nella specie, dalla mancata impugnazione del silenzio non poteva discendere quell’effetto preclusivo ritenuto dal Comune e, poi, condiviso dal TAR.

Ha aggiunto peraltro la società che con nota n. 25866 del 2 novembre 2011 l’Ufficio tecnico del Comune le aveva chiesto ulteriore documentazione a corredo delle domande di condono, sicchè lo stesso ente locale non avrebbe considerato ancora chiuso il procedimento amministrativo attivato con le domande di sanatoria risalenti al 1986.

3. Il Comune si è costituito con memoria del 9 gennaio 2012:

- replicando agli argomenti avversari;

- in particolare contestando che le sue difese in primo grado potessero intendersi come volte a configurare una motivazione postuma dell’ordinanza impugnata;

- in particolare osservando che la citata nota n. 25866/2011 dell’Ufficio tecnico era stata prontamente annullata in autotutela per sua erroneità, dato che la mancata impugnazione da parte della società del silenzio-rifiuto formatosi al decorso dei citati 180 giorni valeva quale fatto dirimente ai fini della chiusura del procedimento di condono in argomento.

Il Comune, con atto del 27 gennaio 2012, ha quindi depositato copie di sentenze del Consiglio di Stato

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