Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2013-09-26, n. 201304791
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Testo completo
N. 04791/2013REG.PROV.COLL.
N. 06936/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. di registro generale 6936 del 2008, proposto da TO BA, rappresentato e difeso, dagli avv.ti LE Carozzo e Gabriele Pafundi del Foro di Roma e presso lo studio di quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, viale Giulio Cesare n. 14;
contro
il Comune di Cirie', rappresentato e difeso dagli avv.ti Guido F. Romanelli e Riccardo Montanaro, e con domicilio eletto presso Guido Francesco Romanelli in Roma, via Cosseria n. 5;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PIEMONTE - TORINO: SEZIONE II n. 00011/2008, resa tra le parti, concernente messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale aree inquinate.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 13 novembre 2012 il Cons. Giancarlo Luttazi;
Uditi per le parti gli avvocati Pafundi e Romanelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.0 - L’appellata sentenza del T.a.r. Piemonte ha respinto il ricorso proposto dall'attuale deducente TO BA per l'annullamento dell’ordinanza del Sindaco del Comune di Cirié n. 239 in data 29 settembre 1998, con la quale è stato ordinato al ricorrente, nonché alla IM LE s.a.s., “ di provvedere, secondo quanto previsto dall’art. 17 comma 2 del D.Lgs. n. 22/97 e s.m.i., alla messa in sicurezza, alla bonifica ed al ripristino ambientale delle aree inquinate e degli impianti dai quali derivi pericolo di inquinamento ”.
1.1 - L’appellante riferisce in fatto quanto segue.
La citata ordinanza n. 239/1998 impugnata in primo grado trae origine dalla individuazione di un inquinamento di acque sotterranee, site al di sotto di un'area a destinazione industriale nel Comune di Ciriè; inquinamento che l'ARPA - condotte le analisi e le indagini in loco - ha ritenuto in particolare di ricondurre per tipologia ai materiali presenti in una vasca interrata posta in un sito prima di proprietà del deducente signor TO BA, e poi da questi ceduto alla Redglow Finance Ltd, e da questa locato, all'epoca dei fatti per cui è causa, alla IM LE s.a.s..
Quest’ultima – prosegue l’appello - pur essendo locataria del sito non ne aveva disponibilità né giuridica né materiale.
La vasca in questione, anch'essa di proprietà prima del signor TO e poi della Redglow Finance Ltd, era stata originariamente venduta al signor TO dalla PC (industria che occupava la vasta area confinante) in quanto interrata nel sito oggetto di compravendita (ove l'acquirente TO stabilì per alcuni anni una propria impresa).
Tale sito, della superficie di circa mq. 10.500, confina da tempo risalente con aree occupate da stabilimenti chimici ed industriali, ed in particolare, per un lato, con una proprietà ex PC (dal 1930 al 1984), ex IC (sino al 1985), ex HI s.p.a. (dal 1985 al 1989), e ora di proprietà del Comune di Ciriè, ed oggetto in passato di note vicende di grave inquinamento.
Al momento della compravendita fra PC e il sig. TO, la PC, pur trasferendo la proprietà anche della vasca, se ne riservò l'uso esclusivo per dieci anni (dal 1980 al 1990), onde utilizzarla quale deposito per la nafta, essendo la vasca, ancorché collocata sul sito ceduto al TO, posta a confine con lo stabilimento PC ed a questo collegata mediante tubature ancora oggi visibili.
Quando poi successivamente subentrò alla PC (nelle more fallita) la citata HI, il diritto di utilizzo della vasca, già riservato ed esercitato dalla PC, passò senza soluzione di continuità alla nuova società, in forza di contratto di comodato d'uso stipulato con il signor TO.
Quando infine anche HI fallì, tutti i beni, compresa la vasca, furono inventariati nella procedura fallimentare, senza che la vasca potesse tornare nella piena disponibilità del proprietario TO, avendo il Curatore - afferma l'appellante - subordinato la restituzione alla preventiva bonifica, se necessaria.
La vasca quindi - conclude l'appellante - non è mai stata nella esclusiva disponibilità materiale e, dopo il fallimento, neppure giuridica, né del signor TO né dell'IM LE s.a.s (anch'essa erroneamente coinvolta dal Comune), essendo stata utilizzata esclusivamente da PC prima ed HI poi, di fatto e sulla base di specifici ed idonei titoli giuridici; sicché lo stoccaggio e l'abbandono nella vasca delle sostanze tossiche riscontrate dall'ARPA è da imputare solo ed esclusivamente a quelle industrie.
1.2 - In diritto l’appellante ripropone i motivi del ricorso in primo grado: violazione dell'art. 7 della legge n. 241/1990, per assenza di comunicazione di avvio del procedimento e per essere stato il destinatario dello stesso del tutto escluso da ogni forma di partecipazione all'istruttoria; violazione dell'art. 17 dell'allora vigente d.lgs. n. 22/1997, eccesso di potere per difetto od insufficienza di istruttoria, travisamento dei fatti e dei presupposti, contraddittorietà ed illogicità, nonché, ancora, per carenza dei presupposti di legge per l'adozione del provvedimento da parte del Sindaco; violazione di legge con riferimento alla legge n. 142/1990, indeterminatezza del provvedimento, sviamento di potere; vizi intrinseci correlati alle suddette violazioni di legge difetto ed incongruenza di motivazione.
Sottolinea l’appellante che fra tutti i suddetti motivi di impugnazione assume valore centrale e dirimente la dedotta violazione e falsa applicazione dell'art. 17 del d.lgs. n. 22/1997, vigente alla data dei fatti.
2. – Il Comune di Cirie' ha depositato controricorso in data 16 gennaio 2009.
In data 6 marzo 2012 è stata depositata dichiarazione di rinuncia al mandato, a firma dell'avv. LE Carozzo del Foro di Torino e dall'avv. Gabriele Pafundi del Foro di Roma.
Entrambe le parti hanno depositato documenti e memorie.
Il Comune ha riproposto l’eccezione di inammissibilità proposta in primo grado e assorbita dal Tar: difetto d’impugnazione di un atto presupposto essenziale, la nota ARPA Piemonte 21 agosto 1998, prot. n. 10005, citata nel provvedimento impugnato in primo grado.
Nella memoria di replica depositata il 22 ottobre 2012 l'appellante, vista la memoria del Comune di Ciriè depositata il 12 ottobre 2012, ha prospettato che, re melius perpensa , nel proprio ricorso si è integrata una fattispecie di cessazione della materia del contendere o, quanto meno, una ipotesi di sopravvenuta carenza di interesse.
3. – La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 13 novembre 2012.
DIRITTO
In limine.
Entrambi i difensori dell’ appellante hanno rinunciato al mandato.
Ai sensi dell'art. 85 del Cod. proc. civ., applicabile al processo amministrativo in virtù dell'art. 39 Cod. proc. amm., il difensore può sempre rinunciare alla procura, ma la rinuncia non ha effetto nei confronti dell'altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore.
Invero, la rinuncia al mandato alla lite del difensore del ricorrente non determina effetti interruttivi né sospensivi del processo e non impedisce il passaggio in decisione del ricorso, in quanto ai sensi del predetto art. 85 gli stessi difensori sono tenuti a svolgere la loro funzione fino alla loro sostituzione (cfr., per tutte, Cons. Stato, Sez. VI, 13 settembre 2012, n.4853).
In coerenza con tale principio, l’avv. Pafundi ha proseguito il mandato sottoscrivendo le ulteriori memorie dell'appellante.
1. – L’appello è infondato nel merito, sicché si prescinde dalla eccezione di inammissibilità assorbita dal Tar e qui riproposta dall’appellato Comune.
Per altro verso non sussiste la fattispecie, prospettata dall’appellante nella memoria di replica depositata il 22 ottobre 2012, di cessazione della materia del contendere o di sopravvenuta carenza di interesse.
L'appellante prospetta quelle cause di improcedibiltà allegando le seguenti circostanze:
- gli interventi di cui all’ordinanza n. 239 del 29 settembre 1998, oggetto di impugnativa in primo grado, riguardano una vasca posta nel sottosuolo di uno dei fabbricati dell’area TO;
- stante l’inerzia dei soggetti obbligati, gli interventi di bonifica sono stati realizzati d’ufficio dal Comune di Ciriè (la deliberazione di Giunta n. 202 del 28 settembre 2000 ha approvato il progetto definitivo di bonifica) e finanziati dalla Regione Piemonte nell’ambito del Piano di bonifica dei siti inquinati di cui alla legge regionale n 42/2000;
- la Regione Piemonte, con determinazioni n. 221 del 5 settembre 2005 e n. 238 del 27 settembre 2005, ha preso atto della conclusione dell’intervento di bonifica nel sito;
- conseguentemente l’ordine, contenuto nel provvedimento impugnato, “ di provvedere, secondo quanto previsto dall’art. 17 comma 2 del D.Lgs. 22/97 e s.m.i., alla messa in sicurezza, alla bonifica ed al ripristino ambientale delle aree inquinate e degli impianti dai quali deriva il pericolo di inquinamento ”, nonché la prescrizione strumentale di provvedere alla presentazione del progetto di bonifica, non avrebbero più alcuna ragion d’essere.
Questi rilievi non sono fondati.
In via di principio (cfr. C.d.S., Sez. V, 5 marzo 2010, n. 1280) la declaratoria di improcedibilità di un ricorso giurisdizionale per sopravvenuta carenza di interesse può derivare o da un mutamento della situazione di fatto o di diritto presente al momento della presentazione del ricorso, che faccia venire meno l'effetto del provvedimento impugnato, ovvero dall'adozione, da parte dell'Amministrazione, di un provvedimento che, idoneo a ridefinire l'assetto degli interessi in gioco, pur senza avere alcun effetto satisfattivo nei confronti del ricorrente, sia tale da rendere certa e definitiva l'inutilità della sentenza, in ciò distinguendosi dalla cessazione della materia del contendere, che si verifica allorquando l'Amministrazione, in pendenza del giudizio, annulli o comunque