Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-09-17, n. 201304613

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-09-17, n. 201304613
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201304613
Data del deposito : 17 settembre 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05596/2012 REG.RIC.

N. 04613/2013REG.PROV.COLL.

N. 05596/2012 REG.RIC.

N. 01082/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5596 del 2012, proposto da:
Comune Di Rodi Garganico, rappresentato e difeso dall'avv. V A P, con domicilio eletto presso Antonia De Angelis in Roma, via Portuense, 104;

contro

A P S D, rappresentato e difeso dagli avv. E F e G M, con domicilio eletto presso E F in Roma, viale Mazzini, 6;

nei confronti di

Acquedotto Pugliese Spa, rappresentata e difesa dall'avv. Costantino Ventura, con domicilio eletto presso Roberto Tartaglia in Roma, via Archimede N.44;
Bisceglia Pierbiagio c/o Agenzia del Territorio;



sul ricorso numero di registro generale 1082 del 2013, proposto da:
Comune Di Rodi Garganico, rappresentato e difeso dall'avv. V A P, con domicilio eletto presso Antonia De Angelis in Roma, via Portuense, 104;

contro

A P S D, rappresentato e difeso dall'avv. E F, con domicilio eletto presso E F in Roma, viale Mazzini, 6;

nei confronti di

Acquedotto Pugliese Spa;

per la riforma

quanto al ricorso n. 5596 del 2012:

della sentenza del T.a.r. Puglia – Bari, Sezione III n. 00924/2012, resa tra le parti, concernente ottemperanza sentenza Tar apuglia, Sez. I, n.3402/2010 - occupazione suolo

quanto al ricorso n. 1082 del 2013:

della sentenza del T.a.r. Puglia – Bari, Sezione III n. 00006/2013, resa tra le parti, concernente ottemperanza sentenza Tar puglia, Bari, Sez. I, n.3402/10 - occupazione d'urgenza


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di A P S D e di Acquedotto Pugliese Spa ;

Visti gli appelli incidentali di Acquedotto pugliese e di A P S D;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 25 giugno 2013 il Cons. Francesca Quadri e uditi per le parti gli avvocati V A P in proprio e su delega dell'avvocato Costantino Ventura ed E F ;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il Sig. D ha adito il Tar per la Puglia per ottenere la restituzione di due particelle di sua proprietà, occupate in forza di decreto di occupazione d’urgenza per la realizzazione da parte dell’Acquedotto Pugliese per il Comune di Rodi Garganico di opere terminali della fognatura comunale ed opere di adeguamento del depuratore consortile.

In relazione alla particella interessata dal depuratore consortile (part. n. 409, foglio 5), il Tar, con sentenza n. 3402 del 17 agosto 2010, confermata dal Consiglio di Stato con sentenza 2 agosto 2011, n. 4590, accoglieva il ricorso, condannando il Comune alla restituzione del suolo ed alla rimozione delle opere realizzate, oltre al risarcimento del danno per il mancato godimento da corrispondersi, ai sensi dell’art. 35, comma 2 d. lgs. n. 80/1998, secondo il criterio del valore di mercato, come stimato dal perito ed aumentato del tasso d’interesse legale, sottratte le somme già eventualmente versate, con la precisazione contenuta nella sentenza del Consiglio di Stato – in considerazione dell’entrata in vigore, medio tempore, dell’art. 42 bis del d.P.R. n. 327/2001- dell’applicazione ex lege della misura del 5% annuo sul predetto importo, in assenza di un danno diverso e ulteriore.

Per l’esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza del Tar Puglia, l’interessato ha proposto ricorso dinanzi al medesimo Tar, quantificando il risarcimento del danno subito in euro 235.507,91 e chiedendo la nomina del Commissario ad acta.

Il Tar, dato atto dell’applicazione dell’art. 42 bis, ha assegnato al Comune il termine di 60 giorni per l’emanazione di un provvedimento di acquisizione dell’area, con indicazione dell’indennizzo dovuto all’istante da liquidare nei successivi 15 giorni, disponendo, in mancanza, la restituzione del suolo, previa demolizione di quanto costruito, salva, in caso di inottemperanza , la possibilità per il ricorrente di richiedere la nomina di un Commissario ad acta.

Quanto al danno per l’occupazione senza titolo, il Tar ha disposto una verificazione, per stabilire l’ammontare delle somme, in applicazione dei criteri stabiliti nella propria decisione,con la precisazione contenuta nella pronuncia confermativa del Consiglio di Stato.

Avverso la suindicata sentenza non definitiva ha proposto appello il Comune di Rodi Garganico, eccependo, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso al Tar, per essere competente a conoscere del giudizio di ottemperanza di cui trattasi, ai sensi dell’art. 113 c.p.a., non già il giudice di primo grado, ma il Consiglio di Stato, la cui pronuncia sarebbe modificativa del relativo precetto.

Nel merito, dato atto di avere concluso il procedimento di acquisizione del suolo ex art. 42 bis D.P.R. n. 327/2001, il Comune censura la sentenza , giudicandola erronea nella parte in cui avrebbe preso in considerazione il valore di trasformazione del suolo invece di quello, indicato dall’Ufficio tecnico comunale, risultante dalla comparazione dei prezzi noti di suoli analoghi, per non essersi, sul punto, formato il giudicato.

Ha proposto altresì appello incidentale la società Acquedotto Pugliese, censurando la sentenza non definitiva per essersi espresso il Tar sul risarcimento del danno per illegittima occupazione nonostante la sospensione del giudizio in merito all’indennizzo. Ripropone poi, richiamandole genericamente, le eccezioni non esaminate in primo grado.

Si è costituito in giudizio il Sig D, resistendo agli appelli e riproponendo, in subordine all’accoglimento dell’appello principale, la domanda non esaminata in primo grado, consistente nella subordinata quantificazione del danno in misura pari a quella riconosciuta dallo stesso Comune per un terreno confinante, pari ad euro 233.437,50.

Con successiva sentenza n. 6/2013 in data 9 gennaio 2013, il Tar , riconosciuto che la sola adozione da parte del Comune della delibera consiliare 13 luglio 2012, n. 26, ai fini dell’acquisizione del terreno conteso, non determinerebbe di per sè l’effetto traslativo della proprietà, non essendo stato ancora corrisposto alcun indennizzo, ha reiterato l’ordine nei confronti del Comune di restituzione del terreno e di rimozione delle opere , condannando il Comune al pagamento di euro 300 per ogni giorno di ritardo successivo alla scadenza del termine di trenta giorni dalla comunicazione o dalla notifica della sentenza.

Ha quindi condannato il Comune a corrispondere in favore del sig. D a titolo di risarcimento per mancato godimento del bene la somma quantificata dal verificatore in euro 67.628,30, oltre interessi legali sino al soddisfo.

La sentenza è stata impugnata dal Comune di Rodi Garganico per i seguenti motivi:

- incompetenza funzionale del Tar, dovendo essere il giudizio di ottemperanza instaurato dinanzi al Consiglio di Stato;

- erroneità della decisione nella parte in cui ritiene la delibera consiliare del 13 luglio 2012 insufficiente a dimostrare l’avvenuta esecuzione del giudicato da parte del Comune;

- conseguentemente, erroneità della condanna, ai sensi dell’art. 114, quarto comma lett. e) c.p.a., della somma di euro trecento per ogni giorno di ritardo;

- mancata corrispondenza dei criteri applicati dal verificatore alla reale consistenza e natura del suolo, il cui valore andrebbe ricercato soltanto nella comparazione con gli atti di compravendita di terreni vicini.

Si è costituito in giudizio il Sig. D, resistendo all’appello del Comune e presentando appello incidentale , per il caso di accoglimento dell’appello principale, relativamente al quantum del risarcimento.

Alla camera di consiglio del 25 giugno 2013, in vista della quale le parti hanno depositato memorie, gli appelli sono stati trattenuti in decisione.

DIRITTO

1.Preliminarmente, si ritiene di procedere alla riunione degli appelli per motivi di connessione, trattandosi di impugnazioni di sentenze (non definitiva e definitiva) emesse nello stesso giudizio, avente ad oggetto l’illegittima occupazione del suolo di proprietà del Sig. D.

2.Passando all’esame degli appelli proposti avverso la sentenza non definitiva del Tar Puglia n. 924/2012, occorre preliminarmente esaminare il motivo , comune anche al secondo appello, di incompetenza funzionale del Tar, per essere stata la sentenza modificata dalla decisione del Consiglio di Stato n. 4590/2011 del 2 agosto 2011.

Il motivo deve essere disatteso.

2.1.Secondo l’indirizzo della Sezione (Sez. IV, sent. 2183/2013 in data 18/4/2013), dal quale il Collegio non intende discostarsi, il giudice competente nel giudizio di ottemperanza va individuato, nel caso di conferma della sentenza di primo grado da parte del Consiglio di Stato, con riguardo all’indice testuale esplicito contenuto nel dispositivo della sentenza di secondo grado.

Nella specie, il dispositivo della sentenza del Consiglio di Stato n. 4590/2011 è di rigetto dell’appello del Comune e di conferma della sentenza di primo grado, senza un diverso contenuto dispositivo o conformativo della propria pronuncia rispetto a quella del Tar, ciò indipendentemente dal percorso argomentativo contenuto nella decisione di secondo grado, cui è connaturale uno sviluppo non meramente ripetitivo della sentenza di primo grado.

Inoltre, le “precisazioni” richiamate nel dispositivo della sentenza di conferma della sentenza di primo grado attengono esclusivamente all’applicazione, direttamente discendente dall’art. 42 bis del D.P.R. n. 32772001 - che si applica anche ai giudizi in corso alla data della sua entrata in vigore ai sensi del comma 8 - della misura del 5% del valore venale del suolo per la quantificazione del danno da illegittima occupazione riconosciuto dal primo giudice, che ha indicato i criteri, per il resto rimasti immutati, che il Comune avrebbe dovuto seguire per la liquidazione dell’importo.

2.2. Quanto al valore considerato dalla decisione per la quantificazione del risarcimento del danno da spossessamento del bene, occorre richiamare la prima sentenza con la quale si è pronunciato il Tar, n. 3402/2010, confermata dal Consiglio di Stato - con l’unica precisazione in merito all’applicazione della percentuale del 5% di cui all’art. 42 bis, comma 3, medio tempore entrato in vigore,ininfluente ai fini dell’esame del motivo d’appello considerato - in cui è stato stabilito che “il risarcimento per il mancato godimento debba calcolarsi assumendo a valore-base quello di mercato del bene, come stimato dal perito”.

La stima in questione, la cui funzione è quella di pervenire al valore di mercato del suolo, è rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, che è il giudice dell’ottemperanza, cui spetta la scelta – legittima, purchè congrua e ragionevole – se utilizzare un metodo analitico – ricostruttivo o un metodo sintetico – comparativo, basato sul riferimento ad aree omogenee (Cass. Civ. Sez. I, 22.3.2013, n. 7288).

Il metodo analitico – ricostruttivo, nella specie indicato , diretto ad accertare il valore di trasformazione del suolo, per ciascun anno a partire dalla illegittima occupazione, è quindi pienamente legittimo allo scopo di pervenire al valore di mercato, statuizione su cui si è formato il giudicato.

D’altra parte, il metodo suggerito dall’appellante, basato esclusivamente sulla media dei prezzi di compravendita di suoli limitrofi, non può ritenersi sicuramente attendibile, ove si considerino i fattori , sganciati da criteri oggettivi, connessi alla molteplicità di variabili rimesse all’autonomia privata, potenzialmente anche estranee al valore del suolo (Cons. St. Sez. IV, 18.4.2013, n. 2186).

Considerata , pertanto, l’inidoneità del motivo d’appello a scalfire la ragionevolezza del metodo adoperato per pervenire alla commisurazione del valore di mercato, si ritiene che il gravame debba essere respinto.

2.3. Del tutto sfornito di fondamento – in disparte ogni valutazione circa la sua ammissibilità, a seguito della dichiarazione di inammissibilità dell’appello avverso la sentenza n. 3402/2010 – deve poi ritenersi il gravame della società Acquedotto Pugliese, dal momento che non esiste nessun rapporto di pregiudizialità tra accertamento dell’indennizzo ai sensi dell’art. 42 bis, in caso di trasferimento della proprietà del bene, e risarcimento del danno da spossessamento illegittimo, aventi diversa causa e, pertanto, definibili autonomamente, senza alcun vincolo di pregiudizialità.

Inammissibile appare, inoltre, il generico richiamo per relationem alle difese già svolte dinanzi al primo giudice in quanto, per il principio di specificità dei motivi dell’appello e per il suo carattere impugnatorio, le censure in esso contenute devono investire puntualmente il decisum di primo grado e, in particolare, precisare i motivi, per i quali la decisione impugnata sarebbe erronea e da riformare, non essendo sufficiente un mero richiamo per relationem a precedenti atti processuali (Cons. Stato Sez. V, 27-03-2013, n. 1824).

2.4. Gli appelli del Comune di Rodi Garganico e della Società Acquedotto Pugliese avverso la sentenza non definitiva del Tar Puglia n. 924/2012 devono, pertanto, essere respinti.

2.5. L’appello condizionato proposto dal sig. D deve essere, conseguentemente, dichiarato improcedibile.

3. Occorre ora esaminare l’appello proposto dal Comune di Rodi Garganico avverso la sentenza definitiva del Tar Puglia n. 6/2013, depositata in data 9 gennaio 2013.

3.1. Sul primo motivo, con il quale parte appellante censura la sentenza per non avere rilevato il difetto di competenza funzionale in ordine al giudizio di ottemperanza, vale quanto già detto a proposito del rigetto del medesimo motivo sollevato avverso la sentenza non definitiva.

3.2. Quanto alla asserita avvenuta integrale esecuzione della sentenza non definitiva, nella parte in cui il Tar ha assegnato al Comune il termine di 60 giorni per l’emanazione del provvedimento ex art. 42 bis D.P.R. n. 327/2001 (acquisizione sanante) e successivi 15 giorni per la liquidazione del relativo indennizzo, deve rilevarsi come , avuto riguardo alla portata dispositiva della pronuncia, gli obblighi ivi indicati non siano stati integralmente eseguiti entro i termini assegnati, scaduti i quali, secondo la medesima decisione, il Comune è tenuto a restituire il suolo, previa rimozione delle opere realizzate.

Se, invero, per un verso può convenirsi con il Comune sul fatto che il Consiglio Comunale abbia provveduto, nel termine di 60 giorni dall’assunzione al protocollo del Comune della sentenza del Tar, alla deliberazione della disposizione ai fini dell’acquisizione, il cui effetto traslativo è sospensivamente condizionato al buon fine degli adempimenti indicati al 4° comma dell’art. 42 bis, altrettanto non può dirsi in merito alla liquidazione dell’indennizzo, per il quale il Comune disponeva di un ulteriore termine di 15 giorni e che non è mai avvenuta.

Diversa dalla liquidazione dell’indennizzo, cui il Tar ha ancorato l’esecuzione dell’obbligo conformativo, deve infatti considerarsi la liquidazione dell’indennità provvisoria , secondo le modalità di cui all’art. 20, comma 14 D.P.R. 327/2001, che, sebbene rilevante ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 42 bis, non acquista valore ai fini dell’esatta esecuzione del giudicato, secondo quanto stabilito dal Tar nella sentenza non definitiva, sotto tale profilo non appellata dal Comune.

Pertanto, deve ritenersi corretta la sentenza del primo giudice nella parte in cui ha rilevato l’inottemperanza alla propria decisione.

3.3. Dalla correttezza della sentenza in ordine alla mancata esecuzione di quanto disposto, discende anche la correttezza dell’imposizione della misura di cui all’art. 114, comma 4, lett. e) c.p.a. che consegue ad ogni ulteriore ritardo nell’esecuzione del giudicato, per la cui decorrenza il Tar ha fissato un ulteriore termine dalla sentenza definitiva.

3.4. Quanto, poi, al metodo seguito per calcolare il valore di mercato che costituisce la base per l’applicazione del 5% di legge corrispondente al danno patito per il mancato godimento del bene, anno per anno, valgono le considerazioni esposte in ordine alla censura del computo del valore di trasferimento, già esaminate in ordine all’appello della sentenza non definitiva, da considerarsi conformi alla finalità di individuazione del valore di mercato in considerazione delle caratteristiche individuali dell’area e non delle variabili soggettive che possono influire sui prezzi di compravendita di altri suoli, e che , comunque, risultano smentite dai dati addotti dal resistente sul prezzo di vendita dallo stesso Comune ad un privato di un’area confinante, dotata di analoghi indici di edificabilità rispetto a quella oggetto di occupazione illegittima.

La quantificazione operata, inferiore a quella richiesta dal proprietario, fissata dal Tar, secondo le risultanze della verificazione condotta dalla Direzione regionale della Puglia dell’Agenzia del territorio, in euro 67.628,30 non presenta, pertanto, i vizi denunciati.

3.5. Anche l’appello avverso la sentenza definitiva deve, quindi, essere respinto, con conseguente dichiarazione di improcedibilità dell’appello condizionato del sig. D.

3.6. In conclusione, previa riunione, gli appelli del Comune di Rodi Garganico e della Società Acquedotto Pugliese devono essere integralmente respinti mentre gli appelli incidentali proposti dal Sig. D devono essere dichiarati improcedibili.

La complessità delle questioni trattate induce il Collegio a compensare le spese di giudizio.

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